RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 5/2023
TAR Piemonte, sez. II, sent. n. 405/2023: limiti alle gare sottosoglia nel nuovo Codice Appalti.
La sentenza del TAR Piemonte in commento consente alcune considerazioni sull'utilizzo della procedura ordinaria nel sottosoglia. La sentenza, pur riferita al d.l. n. 76/2020, in relazione all'obbligo, o meno, di utilizzare, nel sottosoglia, le procedure emergenziali del decreto, induce ad alcune riflessioni che riguardano anche il nuovo Codice.
Nel caso esaminato, il giudice ha respinto la pretesa del ricorrente, secondo cui la stazione appaltante, pur avendo operato con la procedura aperta (ex art. 60 d.lgs. n. 50/16), doveva, comunque, ritenersi obbligata ad applicare l'esclusione automatica "emergenziale" (ex art. 1, co. 3, del d.l. n. 76/2020).
Il fondamento della pretesa è che, nel periodo "emergenziale", in caso di adozione della determinazione a contrarre prima del 30 giugno 2023, per appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria – da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo -, le stazioni appaltanti hanno un precipuo obbligo di procedere con le ipotesi stabilite dal legislatore dell'emergenza e, quindi, nel caso di specie, utilizzando la procedura negoziata ex art. 1, co. 2, lett. b), del d.l. n. 76/2020.
Dovrebbe ritenersi irrilevante, secondo questa tesi, il fatto che il RUP abbia deciso di utilizzare una procedura ordinaria al ribasso. Il giudice non ha condiviso detta impostazione.
In sentenza viene evidenziato che le procedure emergenziali non possono essere intese come obbligatorie (a pena di illegittimità), visto che il legislatore non ha sospeso né revocato le procedure stabilite nell'art. 36 del Codice del 2016, ma si è limitato ad introdurre una deroga (al co. 2 dello stesso articolo e dell'art. 157). Con il d.l. n. 76/2020, pertanto, il legislatore non ha inteso vietare l'utilizzo, in luogo degli strumenti "semplificati" apprestati nel provvedimento in parola, della classica procedura ordinaria aperta (come, appunto, avvenuto nel caso di specie). Affermazioni condivisibili visto che, effettivamente, l'esistenza di un vincolo era stato palesato dalla stessa ANAC con il commento del 4 agosto 2020 – al d.l. n. 76/2020 -, con cui chiedeva al Governo che, in fase di conversione, innestasse la possibilità, pur con motivazione a carico del RUP, di utilizzare le procedure ordinarie.
Da notare che il suggerimento, non seguito in fase di redazione della legge di conversione del d.l. n. 76/2020, era stato previsto, almeno inizialmente, nello schema per le procedure sottosoglia del nuovo Codice. Con la sentenza in commento, però, il giudice ricorda che la decisione di utilizzare procedure differenti da quelle prefissate dal legislatore dell'emergenza “può essere fonte di responsabilità per gli organi dell'amministrazione in ordine alla tempestività dell'affidamento e dell'avvio dell'esecuzione”.
Ciò, conferma anche la posizione espressa ripetutamente dall'ufficio di supporto del Ministero delle Infrastrutture, che ha evidenziato che una scelta diversa (pur se possibile) impone, comunque, una motivazione. Motivazione che deve essere configurata come a valenza interna, non essendo richiesta ai fini della legittimità della procedura utilizzata. In questo senso, si pone la sentenza del TAR Piemonte (anche nel richiamo alla pronuncia del TAR Sicilia, sez. III, n. 1536/2021), nella quale, pur ammettendo che il RUP possa determinarsi diversamente – quanto a procedura di affidamento -, viene precisato che ciò è possibile “laddove lo richiedano la natura dell'affidamento o altre esigenze dell'amministrazione”, che se esistono, evidentemente, andranno declinate nella determinazione a contrarre.
La questione dell'utilizzabilità, o meno, delle procedure ordinarie per gli appalti nel sottosoglia è destinata a porsi – a far data dal 1° luglio 2023 - anche per il nuovo Codice dei Contratti. Per gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, invero, il nuovo impianto normativo segue una logica differente sia rispetto al Codice del 2016, sia rispetto al d.l. n. 76/2020. In primo luogo, l'art. 50 (che disciplina le procedure utilizzabili nel sottosoglia) non salva (a differenza del co. 2 dell'art. 36 dell’attuale Codice) la possibilità di utilizzare le procedure ordinarie. A differenza del d.l. n. 76/2020 (art. 1, co. 2, che non richiama la facoltà di utilizzare le procedure ordinarie, ammessa comunque dalla giurisprudenza), la nuova norma esige che il RUP effettui la verifica se l'appalto, pur nel sottosoglia, abbia interesse transfrontaliero (art. 48, co. 2, del nuovo Codice). È questo un primo caso in cui la norma impone al RUP di utilizzare la procedura ordinaria anche nel sottosoglia. Un secondo caso è previsto nella lett. d), co. 1, dell'art. 50, per lavori di importo pari o superiori al milione di euro fino al sottosoglia. In siffatta ipotesi, il RUP può decidere – e non è più richiesta una motivazione rispetto a quanto previsto nello schema iniziale - di non utilizzare la procedura negoziata per procedere con il classico bando.
Al di fuori di queste ipotesi, secondo anche il recente commento dell'ANAC al nuovo Codice, non sarebbe possibile utilizzare le procedure ordinarie nel sottosoglia comunitario. È una affermazione, questa, che interpreta una esposizione normativa, come detto, non dissimile da quello espressa nel d.l. n. 76/2020, con la differenza sostanziale, però, che il decreto emergenza ha introdotto solo una deroga, mentre il nuovo Codice si sostituirà all'attuale impianto normativo per le procedure avviate (tranne per gli appalti del Pnrr/Pnc) a far data dal 1° luglio 2023.
Si tratta di aspetti, quindi, che troveranno un primo chiarimento a livello giurisprudenziale.
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 3432/2023: il progettista dell'opera pubblica non può concorrere per l'affidamento dell'appalto.
L'art. 24, co. 7, d.lgs. n. 50/2016 prevede che “gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione”.
La ratio della previsione, da tempo chiarita dalla giurisprudenza, è quella di evitare che nella fase di selezione dell'appaltatore dei lavori sia “attenuata la valenza pubblicistica della progettazione” di opere pubbliche (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2012, n. 3656), e cioè che gli interessi di carattere generale alla stessa sottesi possano essere sviati a favore dell'interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto “ritagliato 'su misura' per quest'ultimo, anziché per l'amministrazione aggiudicatrice” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2020, n. 2333), e la competizione per aggiudicarsi i lavori risulti falsata – anche alla luce del maggior compendio tecnico-informativo disponibile al progettista – a vantaggio dello stesso operatore (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2015, n. 5454).
Sotto diverso profilo, il divieto normativo in parola si propone di assicurare le condizioni di indipendenza e di imparzialità del progettista rispetto all'esecutore dei lavori, condizione necessaria affinché il primo possa svolgere nell'interesse della stazione appaltante la funzione assegnatagli dall'amministrazione, anche “di ausilio alla P.A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati” (Cons. Stato, n. 3656/2012 e 2333/2020, cit.).
Vero è che la norma non introduce una causa automatica ed insuperabile di esclusione a carico del progettista coinvolto nella successiva fase esecutiva, determinando esclusivamente – a seguito dei correttivi introdotti in conseguenza della procedura d'infrazione europea Eu Pilot 4860/13/Markt e della modifica legislativa di cui alla l. 161/2014, all'epoca intervenuta sul d.lgs. 163/2006, con una novella sostanzialmente corrispondente al testo dell'attuale art. 24, co. 7, d.lgs. n. 50/2016 – un regime di “inversione normativa dell'onere della prova” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853). E ciò, in ragione dell'onere posto a carico dell'operatore economico di dimostrare che l'esperienza acquisita nell'espletamento dell'incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara (Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2020, n. 1691); possibilità, questa, che deve essere necessariamente assicurata all'operatore.
Nondimeno, se non vi è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all'avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire, caso per caso, in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista (cfr. Cons. Stato, comm. spec., parere 3 novembre 2016, n. 2285), vi è, comunque, una presunzione normativa d'incompatibilità che l'interessato deve ribaltare (Cons. Stato, sez. V, n. 511/2023, cit.).
La posizione di vantaggio, rilevante ai fini dell'alterazione del meccanismo concorrenziale, che la norma dell'art. 24, co. 7, d.lgs. n. 50/2016 mira a impedire è quella spesa nell'espletamento della gara, quando il concorrente si sia potuto avvalere dell'apporto di conoscenze e di informazioni del progettista, al fine di predisporre un'offerta tecnica meglio rispondente alle esigenze ed agli obiettivi della stazione appaltante.