RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 9/2025
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5299/2025: vietato ritirare l’offerta con l’esecuzione anticipata delle prestazioni.
Il caso trattato con la recente sentenza del Consiglio di Stato investe una questione civilistica (non a caso fin dal primo grado si evidenzia la competenza del Giudice ordinario) che consente di analizzare il passaggio dalla fase pubblicistica (che si conclude, normalmente, con la stipula del contratto) e la fase successiva che, in certi casi, può prendere avvio anche prima della stipula del contratto attraverso l’esecuzione anticipata delle prestazioni.
Nel caso di specie, in particolare, dall’accettazione – da parte dell’aggiudicatario -, di avviare l’esecuzione prima della stipula del contratto (ed anche prima della formulazione del provvedimento di aggiudicazione) discende l’impossibilità di avvalersi della facoltà di ritirare la propria offerta.
Nel caso di specie, a fronte di una serie di censure sull’esecuzione delle prestazioni mosse dai direttori dell’esecuzione e dal RUP, la stazione appaltante si determinava, in sintesi, alla revoca della consegna anticipata con escussione della cauzione, comunicazione ad ANAC ed addebiti per le spese sostenute determinate dallo scorrimento della graduatoria e assegnazione dell’appalto ad altro soggetto.
I provvedimenti venivano impugnati dall’affidatario per l’accertamento “del diritto di scioglimento dal vincolo derivante dall’offerta presentata ai sensi degli artt. 17 e 18 d.lgs. n. 36 del 2023”.
Articoli che consentono di ritenere vincolante la propria offerta (salvo altro termine indicato nella legge speciale di gara) “per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione”.
L’art. 18, co. 5, invece, consente all’aggiudicatario “Se la stipula del contratto non avviene nel termine per fatto della stazione appaltante o dell’ente concedente” di far “constatare il silenzio inadempimento o, in alternativa, può sciogliersi da ogni vincolo mediante atto notificato”.
Già la stazione appaltante evidenziava che la richiesta di applicare le disposizioni sopra richiamate non poteva essere accettata per effetto dell’avviata esecuzione anticipata del contratto.
Il Giudice di appello conferma l’impostazione della sentenza del TAR e, in pratica, la posizione espressa dalla stazione appaltante. L’accettazione incondizionata di eseguire anticipatamente le prestazioni aggiudicate introduce la fase civilistica a prescindere, si legge in sentenza, dal fatto che sia intervenuto un espresso provvedimento di aggiudicazione e la formalizzazione della graduatoria di merito.
La pronuncia ricorda che “dal consolidato orientamento della giurisprudenza civile, l’accettazione dell’esecuzione anticipata e d’urgenza implica la conclusione di un accordo di matrice negoziale, la cui esecuzione si identifica con quella del rapporto negoziale”.
Diventa irrilevante, quindi, che non si fosse ancora addivenuti alla formazione della graduatoria o “non fosse stata ancora emessa l’approvazione dell’aggiudicazione, né, quindi, fosse stato stipulato il contratto, atteso che, a partire dall’avvio dell’esecuzione d’urgenza, accettata senza alcuna riserva dall’appellante unitamente a tutte le modalità di svolgimento del servizio in conformità a quanto indicato nel capitolato, ha avuto inizio la fase esecutiva”.
L’avvio della fase esecutiva determina l’impossibilità di applicare norme che riguardano la fase pubblicistica – come il co. 4 dell’art. 17 circa la possibilità di ritirare la propria offerta - e l’affidatario non può più esercitare “il diritto di scioglimento dal vincolo derivante dall’offerta presentata per decorso del termine di vincolatività della stessa”.
Trattandosi, quindi, di inadempimenti relativi all’esecuzione “seppur anticipata, la controversia - che risulta estranea alla tematica dell’aggiudicazione, ovvero al procedimento attraverso il quale il committente pubblico sceglie il proprio contraente - appartiene alla cognizione del giudice ordinario”.
In senso conforme la Cassazione (Cass. Civ., Sez. Un., 10 gennaio 2019, n. 489) che rimette, tradizionalmente, le controversie “aventi a oggetto la fase di esecuzione del contratto” alla giurisdizione del Giudice ordinario, “in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti e obblighi”.
Gare sottosoglia dopo il correttivo al Codice.
Il decreto legislativo 209/2024 ha apportato modifiche di rilievo, in particolare per la procedura negoziata (a cui si applica, ovviamente, l’intero corpus del correttivo appalti).
La modifica di maggior rilievo (nell’ambito del microsistema normativo costituito dagli artt. 48/55 dedicato al sottosoglia) è quella in tema di pubblicizzazione dell’avvio della consultazione e, quindi, il nuovo co. 2-bis dell’art. 50.
La modifica, a cui si è fatto riferimento sopra, ha anche altri effetti, considerato che segna la forte distinzione tra affidamento diretto e procedura negoziata. L’affidamento diretto, infatti, è caratterizzato dalla scelta discrezionale dell’affidatario (ed in fase propedeutica dalla scelta discrezionale degli operatori da coinvolgere nell’indagine di mercato informale) visto che non insistono gravose disposizioni in tema di pubblicità.
La stessa ANAC ritiene sufficiente la pubblicazione della decisione di affidamento nella sezione trasparenza quale unico atto – nell’assegnazione diretta -, collocato a valle del procedimento che risulta costitutivo dell’assegnazione del contratto e che consente di assumere direttamente l’impegno di spesa anche senza perfezionamento dell’obbligazione giuridica. Ciò, per effetto di quanto chiarito dal d.m. del MEF del 10 ottobre 2024, che modifica, tra gli altri, il principio contabile 4/2 allegato al d.lgs. n. 118/2011.
Una situazione diversa, invece, si registra per la procedura negoziata.
La procedura negoziata impone al RUP una scelta non discrezionale degli operatori da consultare (in realtà da far competere), che deve avvenire o tramite l’avviso pubblico a manifestare interesse, oppure tramite scelta dall’albo degli operatori predisposto dalla stazione appaltante.
Il correttivo, pertanto, con la predetta modifica impone al RUP di pubblicare un diverso ed ulteriore avviso che pubblicizzi/renda noto l’avvio della consultazione. Avviso che dovrebbe certificare la scelta non discrezionale degli operatori da far competere, consentendo, pertanto, il controllo da parte di operatori non invitati sulle dinamiche concrete sviluppate dal RUP.
Aspetto non secondario visto che consente, altresì, di verificare anche che criteri (oggettivi) siano stati utilizzati per individuare la platea dei competitori.
L’avviso in parola deve essere pubblicato all’atto dell’invio degli inviti.
L’aspetto sulle modalità di scelta degli operatori da far competere rappresenta – al netto del fatto che, evidentemente, l’intero complesso di modifiche apportate dal correttivo si applica alle procedure negoziate in quanto autentiche procedure di gara - il momento centrale/caratterizzante di questa procedura di gara.
Sotto questo profilo, la procedura negoziata si colloca tra una dinamica (quella dell’affidamento diretto) priva di regole sulla scelta dell’affidatario (che appunto avviene con discrezionalità tecnica del RUP) e le più classiche procedure ad evidenza pubblica (che esigono un rigoroso atto a monte che disciplina la partecipazione).
Nel caso della procedura negoziata, occorre distinguere tra le due possibilità dell’avviso pubblico a manifestare interesse che, probabilmente, tollera anche criteri oggettivi stabiliti ad hoc – chirurgicamente indicati nell’avviso pubblico con esclusione di criteri ad estrazione a sorte o di estrazione casuale – e, quindi, specifici per l’appalto da assegnare e differenti della scelta dall’albo interno.
In questo secondo caso, come spiegato dall’allegato II.1, la disciplina dei criteri per la scelta degli operatori deve essere “centralizzata” (ovvero decisa dalla stazione appaltante) non potendo ritenersi rimessa alla discrezionalità del RUP.
Se si opta per la selezione all’albo interno è necessaria la previa adozione di un regolamento che disciplini le modalità di costituzione dello stesso (secondo quanto indicato dall’allegato II.1 che, sul tema, riprende in pratica quanto già chiarito dall’ANAC con le linee guida n. 4).
L’altra particolarità del sottosoglia, infatti, è che la disciplina è strutturata sulle norme del codice e sugli allegati che hanno, si ritiene, natura regolamentare. Sui criteri, potenzialmente utilizzabili per l’individuazione degli operatori da far competere, risulta di particolare utilità quanto indicato nella comunicazione del 5 giugno 2024 dal Presidente dell’ANAC quale guida necessaria per il RUP.
Viene innestato in funzione di chiarimento, invece, il co. 4-bis dell’art. 53, in cui si prevede che per la cauzione “provvisoria e definitiva non si applicano le riduzioni previste dall’articolo 106, comma 8, e gli aumenti previsti dall’articolo 117, comma 2”.
Si legge, nella relazione illustrativa che accompagna il correttivo, che la modifica è stata decisa al fine di “chiarire i dubbi interpretativi emersi circa l’applicabilità” o meno delle riduzioni e/o degli incrementi, previsti nelle norme citate, ai contratti di importo inferiore alle soglie europee. La relazione ricorda anche che il MIT è intervenuto in più occasioni (cfr. pareri 2129/2023, 2174/2024 e 2386/2024), per ribadire “come l’intento del legislatore, già ab origine, poi concretamente realizzatosi, fosse quello di prevedere due distinti e non sovrapponibili regimi normativi: uno per i contratti di importo inferiore e un altro per i contratti superiori alle soglie europee”.
In sostanza, per effetto dell’innesto del nuovo comma si è definitivamente “tradotto in norma quanto già ritenuto in sede consultiva, prevedendosi espressamente la non applicabilità delle riduzioni previste dall’articolo 106, comma 8, del Codice, e degli incrementi dell’articolo 117, comma 2, del Codice, ai contratti di importo inferiore alle soglie europee”.
TAR Campania – Salerno, sez. II, sent. n. 1149/2025: giustificativi all’offerta anomala sempre integrabili in fase di verifica.
Negli appalti a corpo elemento essenziale della proposta economica è il solo importo finale offerto, in quanto copre tutte le prestazioni, mentre il computo metrico estimativo ha un valore meramente indicativo delle voci di costo e, pertanto, risulta irrilevante al fine di determinare il contenuto dell’offerta economica.
In sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili in quanto consentono di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta.
Questo è quanto enunciato con sentenza in commento dal TAR Campania-Salerno. La sentenza riguarda una procedura aperta all’esito della quale la seconda in graduatoria ha presentato ricorso contestando, tra l’altro, l’offerta dell’aggiudicataria per incongruenza ed integrazioni non ammesse sui giustificativi.
Il Collegio rileva, in primis, che l’appalto è strutturato a corpo e, pertanto, “la somma complessiva offerta copre l’esecuzione di tutte le prestazioni contrattuali” dunque “il computo metrico estimativo risulta irrilevante al fine di determinare il contenuto dell’offerta economica […] In siffatta tipologia di appalti - spiegano i Giudici - il corrispettivo è determinato in una somma fissa e invariabile derivante dal ribasso offerto sull’importo a base d’asta. Elemento essenziale della proposta economica è, quindi, il solo importo finale offerto, mentre il computo metrico estimativo ha un valore meramente indicativo delle voci di costo che hanno concorso a formare il detto importo finale”.
Con riferimento alla modificabilità delle giustificazioni in sede di anomalia dell’offerta, il TAR, richiamando la costante giurisprudenza, afferma che “le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili: ciò del resto coerentemente alla finalità, precipua del sub-procedimento di verifica, di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta (rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto), finalità che giustifica pertanto del tutto ragionevolmente la modificazione delle giustificazioni e dei chiarimenti”. Nel caso in esame, l’aggiudicatario non ha modificato, ma ha provveduto all’integrazione delle giustificazioni che hanno soddisfatto le valutazioni del RUP.
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5011/2025: responsabilità precontrattuale della PA negli appalti.
La fase di evidenza pubblica costituisce parte integrante delle trattative e, pertanto, anche se ancora non è stato adottato il provvedimento di aggiudicazione, non si può escludere la responsabilità precontrattuale in capo alla stazione appaltante che abbia tenuto un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza.
Questo è quanto disposto dal Consiglio di Stato con una pronuncia che riguarda una procedura di gara indetta sotto la vigenza del vecchio Codice, ma che può essere applicata anche sotto la vigenza del d.lgs. n. 36/2023 e che si discosta in parte da quanto enunciato dal TAR per il Friuli Venezia Giulia, sez. I, n. 229/2025.
In particolare, un operatore economico ha presentato ricorso al TAR chiedendo il risarcimento dei danni alla stazione appaltante per aver adottato la determina di revoca della procedura concorsuale per l’affidamento di un servizio dopo diverso tempo dall’avvio della procedura. Avverso la sentenza del TAR, che riconosce la responsabilità precontrattuale della PA e il conseguente risarcimento del danno, la stazione appaltante soccombente presenta ricorso in appello. La stazione appaltante spiega che il provvedimento di revoca si era reso necessario in seguito all’approvazione di una legge regionale che ha avocato a sé il servizio oggetto di appalto.
Il Collegio conferma quanto affermato dal Giudice di prime cure. Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, può sussistere una responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che revoca legittimamente gli atti di aggiudicazione per sopravvenuta indisponibilità delle risorse finanziarie se questa ha tenuto un comportamento “contrario ai canoni di buona fede e correttezza”, soprattutto se non ha agito con tempestività, in quanto pur “accortasi delle ragioni che consigliavano di procedere in via di autotutela mediante la revoca della già disposta aggiudicazione” non ha “immediatamente ritirato i propri provvedimenti, prolungando inutilmente lo svolgimento della gara, così inducendo le imprese concorrenti a confidare nelle chances di conseguire l’appalto”.
Per il Consiglio di Stato la fase di evidenza pubblica “non si colloca al di fuori delle trattative, ma ne costituisce parte integrante” e, pertanto, anche se ancora non è stato adottato il provvedimento di aggiudicazione, non si può escludere la responsabilità precontrattuale in capo alla stazione appaltante.
Nel caso in esame, la decisione di revocare la gara è motivata unicamente in ragione del fatto che, a seguito dell’approvazione della legge regionale, l’Amministrazione non avrebbe potuto più godere della contribuzione regionale per finanziare il servizio e tale comportamento non è corretto. Infatti, se avesse revocato la gara subito dopo aver ricevuto la nota della Regione e prima della scadenza della presentazione delle offerte, avrebbe impedito il verificarsi di danni patrimoniali connessi ai costi per la predisposizione dell’offerta. Pertanto, la condotta dell’Amministrazione è da considerarsi come “colpevole e contraria al principio di buona fede e sussiste certamente il nesso eziologico tra la suddetta condotta, il danno evento e il danno conseguenza”.
TAR Lombardia, sez. IV, sent. n. 2498/2025: valido il contratto di avvalimento con oggetto non specificato ma determinabile.
Ai fini della validità del contratto di avvalimento è sufficiente che il suo oggetto sia in astratto determinabile, anche per relationem, sulla base del complesso delle risorse aziendali dell’ausiliaria per l’ottenimento del requisito prestato. In caso contrario, l’esclusione di un operatore economico per tale motivazione determinerebbe un eccessivo formalismo in contrasto con il principio di risultato.
Questo è quanto disposto con sentenza dal TAR Lombardia. La questione nasce in seguito al ricorso al TAR di un operatore escluso per ritenuta non conformità e nullità del contratto di avvalimento e conseguente difetto in capo alla ricorrente del requisito di partecipazione. Secondo la commissione di gara il contratto di avvalimento prodotto in gara non sarebbe stato sufficientemente specificato ed adeguato in relazione alle risorse che l’ausiliaria avrebbe messo a disposizione dell’ausiliata.
Per il TAR Lombardia il ricorso è fondato. Il Collegio, richiamando il contenuto del contratto di avvalimento, rileva che sebbene la clausola contrattuale di messa a disposizione del requisito in favore del ricorrente risulti “particolarmente stringata” non può certo riconoscersi l’indeterminatezza o la genericità, essendo state specificate le risorse conferite alla concorrente e consentendo in tal modo alla stazione appaltante di individuare con precisione l’oggetto del requisito dato in prestito. Perché “risulta evidente che l’ausiliaria ha concesso in uso il proprio programma informatico e ne ha garantito il corretto utilizzo e funzionamento tramite il proprio personale, risultando di conseguenza del tutto ultronee ulteriori specificazioni che avrebbero avuto al limite una finalità puramente descrittiva dell’impegno assunto dall’ausiliaria, volto a chiarire ai non addetti ai lavori i dettagli in ordine al funzionamento del richiamato programma software, nulla potendo aggiungere né sotto il profilo sostanziale né rispetto all’oggetto del contratto di avvalimento”. L’ausiliaria ha assunto in proprio l’esecuzione di una parte delle prestazioni dell’appalto e, pertanto, “l’indicazione delle risorse strumentali e umane messe a disposizione dell’operatore economico si [sarebbe tradotta] in un inutile formalismo”.
Il punto è che il d.lgs. n. 36/2023, a differenza del d.lgs. n. 50/2016, non richiede più, a pena di nullità del contratto di avvalimento la necessaria specificazione delle risorse delle dotazioni messe a disposizione ed è certamente legittimo un oggetto del contratto di avvalimento tecnico operativo che, seppur manchevole della specificazione dei mezzi prestati, risulti in astratto determinabile. Quanto esposto è conforme al principio di risultato che, in attuazione dei principi di economicità, efficienza ed efficacia «impone una più ampia interpretazione del contratto di avvalimento che non soggiace a rigidi formalismi, rectius ad aprioristici schematismi concettuali volti ad irrigidire la disciplina sostanziale della gara (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 marzo 2023, n. 3300; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4860). ... la verifica di idoneità del contratto allegato ad attestare il possesso dei relativi titoli partecipativi va svolta in concreto, avuto riguardo al tenore testuale dell’atto e alla sua idoneità ad assolvere la precipua funzione assegnata all’istituto”.