RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 8/2025
TAR Sicilia – Catania, sez. IV, sent. n. 1850/2025: ammissibile l’offerta a costo zero per la PA.
È sicuramente ammissibile la fornitura di prodotti a costo zero (per la stazione appaltante) e, quindi, forniti gratuitamente, sempre che l’offerente giustifichi, in sede di verifica della potenziale anomalia, le motivazioni. In questo senso la recente sentenza del Tar Sicilia, Catania, sez. IV, n. 1850/2025.
In relazione ad una procedura negoziata per l’assegnazione di un contratto di “noleggio di Prodotti Software e Servizi Qualificati per la progettazione, pianificazione e ottimizzazione dei servizi di trasporto pubblico”, la potenziale aggiudicataria veniva esclusa per non aver specificato – in sede di giustificazioni prodotte per la verifica della potenziale anomalia – il costo del noleggio dei prodotti software.
In pratica, il software veniva offerto gratuitamente e l’offerente giustificava detta scelta visto che la fornitura del software non costituiva un costo per l’impresa, considerato che il software risultava “interamente sviluppato dalla società” e, in ogni caso, gli stessi costi risultavano già “ammortizzati e pagati dai clienti” (tra cui la stessa stazione appaltante) attraverso l’acquisito delle licenze.
Il ribasso offerto, e quindi la gratuità del software (nell’ambito di una offerta articolata), non poteva essere considerato come “sintomo di cattiva qualità delle prestazioni offerte, bensì giustificato da una serie di fattori strutturali, organizzativi ed economici, nonché da condizioni favorevoli di cui la società dispone e che le avrebbero permesso di offrire condizioni vantaggiose”. Al Giudice, quindi, si presenta la non rara questione sulla possibilità o meno di proporre un’offerta (o parte di questa) “a zero” e, di conseguenza, se questa sia comunque valutabile dalla stazione appaltante o debba essere considerata per ciò stesso una offerta anomala.
In premessa, il Giudice rammenta la ratio del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, sottolineando i tre punti fondamentali (tratti dall’orientamento giurisprudenziale consolidato):
• “nelle gare pubbliche la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata alla verifica dell’attendibilità e della serietà della stessa ed all’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte” (Consiglio di Stato sez. III, sent. n. 30/2025);
• “il giudizio di anomalia di un’offerta richiede, nel caso di una valutazione sfavorevole all’offerente, una motivazione rigorosa e analitica, determinata dalla immediata lesività del provvedimento che determina l’esclusione dalla procedura” (T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. I, sent. n. 143/2024);
• “la valutazione di anomalia costituisce espressione della discrezionalità tecnica di cui l’amministrazione è titolare per il conseguimento e la cura dell’interesse pubblico ad essa affidato dalla legge, e, come tale, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento dei fatti” (Consiglio di Stato sez. V, sent. n. 10542/2024).
Entrando, quindi, nel merito delle censure, in relazione all’offerta gratuita del software (nell’ambito di una proposta articolata), in sentenza si sottolinea come non appaia del tutto inusuale una loro concessione “in uso a titolo gratuito o per prezzi simbolici, atteso che, da un lato, ove trattasi di programmi già elaborati, i relativi costi di realizzazione sono già stati sostenuti dall’operatore economico; dall’altro lato, la mancata corresponsione di un prezzo relativo alla licenza del programma è comunque ampiamente compensata dalla prestazione delle ulteriori attività riguardanti la manutenzione e l’assistenza dei macchinari e dell’hardware”.
Più in generale, la stessa giurisprudenza ha chiarito che “nel concetto di offerta economicamente più vantaggiosa rientra, sicuramente, anche l’offerta a costo zero” e, soprattutto, che “nell’ambito del settore commerciale relativo ai programmi informatici (c.d. software), è di comune dominio che offerte in licenza d’uso a costo zero non sono inusuali né eccezionali, poiché di frequente l’interesse maggiore del produttore o del fornitore di software non è quello di percepire immediatamente un prezzo, bensì quello di acquisire esperienza (know how) attraverso la concreta sperimentazione del prodotto e di conseguire il vantaggio economico, sia pure posticipato, derivante dalla valorizzazione sul mercato nazionale e internazionale che ad esso riviene dalla sua utilizzazione presso una determinata struttura burocratica o aziendale (Tar Roma, (Lazio) sez. III, 1 agosto 2011, n. 6825)”.
Affermazioni, prosegue la sentenza, che risultano poggiare su principi espressi a livello unionale.
In questo senso, la Corte di Giustizia in relazione alle offerte complessivamente pari a zero, ha espresso il principio per cui “l’art. 2, par. 1, pt. 5, della direttiva 2014/24/Ue, come modificata dal regolamento 2017/2365 della Commissione”, deve essere interpretato nel senso l’eventuale offerta a zero non può costituire un motivo perché la stessa venga automaticamente respinta (Corte di Giustizia, 10 settembre 2020, in causa C-367/19).
Una simile situazione impone (sempre) la previa verifica dell’anomalia dell’offerta fermo restando che “le amministrazioni aggiudicatrici, in caso di sospetto di offerta anormalmente bassa, sono tenute a verificare l’effettiva sussistenza di tale carattere anormalmente basso prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti del bando di gara e del capitolato d’oneri» (Corte di Giustizia, 15 settembre 2022, in causa C-669/20)”.
Operazione (la verifica) sicuramente necessaria visto che non è dato individuare, in astratto, una soglia di utile “al di sotto della quale l’offerta va considerata anomala, potendo anche un utile modesto comportare un vantaggio significativo (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 8 aprile 2025, n. 2980)”. Pertanto, la stazione appaltante viene invitata ad avviare una nuova analisi delle offerte e quindi a rideterminarsi sull’aggiudicazione.
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5299/2025: vietato ritirare l’offerta con l’esecuzione anticipata delle prestazioni.
Il caso trattato con la recente sentenza del Consiglio di Stato investe una questione civilistica (non a caso fin dal primo grado si evidenzia la competenza del giudice ordinario) che consente di analizzare il passaggio dalla fase pubblicistica (che si conclude, normalmente, con la stipula del contratto) e la fase successiva che, in certi casi, può prendere avvio anche prima della stipula del contratto attraverso l’esecuzione anticipata delle prestazioni.
Nel caso di specie, in particolare, dall’accettazione – da parte dell’aggiudicatario -, di avviare l’esecuzione prima della stipula del contratto (e anche prima della formulazione – formale -, del provvedimento di aggiudicazione) discende l’impossibilità di avvalersi della facoltà di ritirare la propria offerta.
Nel caso di specie, a fronte di una serie di censure sull’esecuzione delle prestazioni mosse dai direttori dell’esecuzione e dal RUP, la stazione appaltante si determinava, in sintesi, alla revoca della consegna anticipata con escussione della cauzione, comunicazione ad ANAC ed addebiti per le spese sostenute determinate dallo scorrimento della graduatoria e assegnazione dell’appalto ad altro soggetto.
I provvedimenti venivano impugnati dall’affidatario per l’accertamento “del diritto di scioglimento dal vincolo derivante dall’offerta presentata ai sensi degli artt. 17 e 18 d.lgs. n. 36 del 2023”.
Articoli che consentono (art. 17, co. 4) di ritenere vincolante la propria offerta (salvo altro termine indicato nella legge speciale di gara) “per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione”.
L’art. 18, co. 5, invece, consente all’aggiudicatario, “Se la stipula del contratto non avviene nel termine per fatto della stazione appaltante o dell’ente concedente”, di far “constatare il silenzio inadempimento o, in alternativa, può sciogliersi da ogni vincolo mediante atto notificato”.
Già la stazione appaltante evidenziava che la richiesta di applicare le disposizioni sopra richiamate non poteva essere accettata per effetto dell’avviata esecuzione anticipata del contratto.
Il secondo grado conferma l’impostazione della sentenza del primo Giudice e, in pratica, la posizione espressa dalla stazione appaltante. L’accettazione incondizionata di eseguire anticipatamente le prestazioni aggiudicate introduce la fase civilistica a prescindere - si legge in sentenza - dal fatto che sia intervenuto un espresso provvedimento di aggiudicazione e la formalizzazione della graduatoria di merito.
La pronuncia ricorda che “dal consolidato orientamento della giurisprudenza civile, l’accettazione dell’esecuzione anticipata e d’urgenza implica la conclusione di un accordo di matrice negoziale, la cui esecuzione si identifica con quella del rapporto negoziale”.
Diventa irrilevante che non si fosse ancora addivenuti alla formazione della graduatoria o “non fosse stata ancora emessa l’approvazione dell’aggiudicazione, né, quindi, fosse stato stipulato il contratto, atteso che, a partire dall’avvio dell’esecuzione d’urgenza, accettata senza alcuna riserva dall’appellante unitamente a tutte le modalità di svolgimento del servizio in conformità a quanto indicato nel capitolato, ha avuto inizio la fase esecutiva”.
L’avvio della fase esecutiva determina l’impossibilità di applicare norme che riguardano la fase pubblicistica – come il comma 4 dell’articolo 17 circa la possibilità di ritirare la propria offerta - e l’affidatario non può più esercitare “il diritto di scioglimento dal vincolo derivante dall’offerta presentata per decorso del termine di vincolatività della stessa”.
Trattandosi, quindi, di inadempimenti relativi all’esecuzione “seppur anticipata, la controversia - che risulta estranea alla tematica dell’aggiudicazione, ovvero al procedimento attraverso il quale il committente pubblico sceglie il proprio contraente - appartiene alla cognizione del giudice ordinario”.
In senso conforme la Cassazione (Cass. Civ., Sez. Un., n. 489/2019) che rimette, tradizionalmente, le controversie “aventi a oggetto la fase di esecuzione del contratto” alla giurisdizione del Giudice ordinario, “in quanto riguardanti un rapporto di natura privatistica caratterizzato dalla posizione di parità delle parti, titolari di situazioni giuridiche qualificabili come diritti e obblighi”.
Gare sottosoglia dopo il correttivo al Codice.
Il decreto legislativo n. 209/2024 ha apportato modifiche di rilievo, in particolare per la procedura negoziata (a cui si applica, ovviamente, l’intero corpus del correttivo appalti). Nello specifico, la modifica di maggiore rilievo (nell’ambito del micro sistema normativo costituito dagli artt. 48/55, dedicato al sottosoglia) è quella in tema di “pubblicizzazione” dell’avvio della consultazione e quindi il nuovo comma 2-bis dell’articolo 50.
La modifica, a cui si è fatto riferimento sopra, ha anche altri effetti, considerato che segna una netta distinzione tra affidamento diretto e procedura negoziata. L’affidamento diretto, infatti, è caratterizzato dalla scelta discrezionale dell’affidatario (ed in fase propedeutica dalla scelta discrezionale degli operatori da coinvolgere nell’indagine di mercato informale) visto che non insistono gravose disposizioni in tema di pubblicità.
La stessa ANAC ritiene sufficiente, infatti, la pubblicazione della decisione di affidamento nella sezione trasparenza quale unico atto – nell’assegnazione diretta -, collocato a valle del procedimento che risulta costitutivo dell’assegnazione del contratto e che consente di assumere direttamente l’impegno di spesa anche senza perfezionamento concreto dell’obbligazione giuridica. Ciò, per effetto di quanto chiarito dal DM del MEF 10 ottobre 2024, che modifica, tra gli altri, il principio contabile 4/2 allegato al decreto legislativo 118/2011.
Una situazione diversa, invece, si registra per la procedura negoziata.
La procedura negoziata impone al RUP una scelta non discrezionale degli operatori da consultare (in realtà da far competere) che deve avvenire o tramite l’avviso pubblico a manifestare interesse o oppure tramite scelta dall’albo degli operatori predisposto dalla stazione appaltante. Il correttivo, pertanto, con la modifica predetta impone al RUP di pubblicare un diverso ed ulteriore avviso che pubblicizzi/renda noto l’avvio della consultazione. L’avviso, che dovrebbe certificare la scelta non discrezionale degli operatori da far competere, consente, pertanto, il controllo da parte di operatori non invitati sulle dinamiche concrete sviluppate dal RUP.
Aspetto non secondario visto che consente, altresì, di verificare anche che criteri (oggettivi) siano stati utilizzati per individuare la platea dei competitori.
L’avviso deve essere pubblicato all’atto dell’invio degli inviti (che evidentemente avverranno sulle Pad).
L’aspetto sulle modalità di scelta degli operatori da far competere rappresenta – al netto del fatto che, evidentemente, l’intero complesso di modifiche apportate dal correttivo si applica alle procedure negoziate in quanto autentiche procedure di gara - il momento centrale/caratterizzante di questa procedura di gara.
Sotto questo profilo, la procedura negoziata si colloca tra una dinamica (quella dell’affidamento diretto) priva di regole sulla scelta dell’affidatario (che appunto avviene con discrezionalità tecnica del RUP) e le più classiche procedure ad evidenza pubblica (che esigono un rigoroso atto a monte che disciplina la partecipazione).
Nel caso della procedura negoziata, occorre distinguere tra le due possibilità dell’avviso pubblico a manifestare interesse che, probabilmente, tollera anche criteri oggetti stabiliti ad hoc – chirurgicamente indicati nell’avviso pubblico con esclusione di criteri ad estrazione a sorte o di estrazione “casuale” – e, quindi, specifici per l’appalto da assegnare ed il caso differente della scelta dall’albo interno.
In questo secondo caso, come spiegato dall’allegato II.1, la disciplina dei criteri per la scelta degli operatori deve essere centralizzata (ovvero decisa dalla stazione appaltante) non potendo ritenersi rimessa alla discrezionalità del RUP.
Se si opta per la selezione dall’albo interno è necessaria la previa adozione di un regolamento che disciplini le modalità di costituzione dello stesso (secondo quanto indicato dall’allegato II.1 che, sul tema, riprende quanto già chiarito dall’ANAC con le linee guida n. 4).
L’altra particolarità del sottosoglia, infatti, è che la disciplina è strutturata sulle norme del Codice e sugli allegati che hanno, si ritiene, natura regolamentare.
Viene innestato in funzione di chiarimento, invece, il co. 4-bis dell’art. 53, in cui si prevede che per la cauzione “provvisoria e definitiva non si applicano le riduzioni previste dall’articolo 106, comma 8, e gli aumenti previsti dall’articolo 117, comma 2”. Si legge, nella relazione illustrativa che accompagna il correttivo, che la modifica è stata decisa al fine di “chiarire i dubbi interpretativi emersi circa l’applicabilità” o meno delle riduzioni e/o degli incrementi, previsti nelle norme citate, ai contratti di importo inferiore alle soglie europee.
La relazione ricorda anche che il MIT è intervenuto in più occasioni (cfr. pareri 2129/2023, 2174/2024 e 2386/2024), per ribadire “come l’intento del legislatore, già ab origine, poi concretamente realizzatosi, fosse quello di prevedere due distinti e non sovrapponibili regimi normativi: uno per i contratti di importo inferiore e un altro per i contratti superiori alle soglie europee (anche in tema di garanzie)”.
In sostanza, per effetto dell’innesto del nuovo comma si è definitivamente “tradotto in norma quanto già ritenuto in sede consultiva, prevedendosi espressamente la non applicabilità delle riduzioni previste dall’articolo 106, comma 8, del Codice, e degli incrementi dell’articolo 117, comma 2, del Codice, ai contratti di importo inferiore alle soglie europee”.
TAR Campania – Salerno, sez. II, sent. n. 1149/2025: giustificativi all’offerta anomala sempre integrabili in fase di verifica.
Negli appalti a corpo elemento essenziale della proposta economica è il solo importo finale offerto, in quanto copre tutte le prestazioni offerte, mentre il computo metrico estimativo ha un valore meramente indicativo delle voci di costo e, pertanto, risulta irrilevante al fine di determinare il contenuto dell’offerta economica. In sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili in quanto consentono di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta.
Questo è quanto enunciato con sentenza del TAR della Campania, Salerno. La sentenza riguarda una procedura aperta all’esito della quale la seconda in graduatoria ha presentato ricorso al TAR contestando, tra l’altro, l’offerta dell’aggiudicataria per incongruenza e integrazioni non ammesse sui giustificativi.
Il Collegio rileva, in primis, che l’appalto, oggetto di esame, è strutturato a corpo e, pertanto, “la somma complessiva offerta copre l’esecuzione di tutte le prestazioni contrattuali” dunque “il computo metrico estimativo risulta irrilevante al fine di determinare il contenuto dell’offerta economica…In siffatta tipologia di appalti il corrispettivo è determinato in una somma fissa e invariabile derivante dal ribasso offerto sull’importo a base d’asta. Elemento essenziale della proposta economica è, quindi, il solo importo finale offerto, mentre il computo metrico estimativo ha un valore meramente indicativo delle voci di costo che hanno concorso a formare il detto importo finale”.
Con riferimento alla modificabilità delle giustificazioni in sede di anomalia dell’offerta, il Giudice, richiamando la giurisprudenza formatasi sul punto, afferma che “le giustificazioni sono sicuramente modificabili e integrabili: ciò del resto coerentemente alla finalità, precipua del sub-procedimento di verifica, di appurare ed apprezzare l’idoneità, l’adeguatezza e la congruità dell’offerta (rispetto alla corretta esecuzione dell’appalto), finalità che giustifica pertanto del tutto ragionevolmente la modificazione delle giustificazioni e dei chiarimenti”. Nel caso in esame, l’aggiudicatario non ha modificato, ma ha provveduto all’integrazione delle giustificazioni che hanno soddisfatto le valutazioni del RUP.