RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 2/2024
TAR Lazio, sez. III, sent. n. 655/2024: illegittima l’esclusione non adottata dal RUP.
Con la sentenza in commento, relativa alla competenza del RUP sull’adozione del provvedimento di non aggiudicazione/esclusione, pur relativa al pregresso regime normativo, contiene indicazioni che confermano anche l’attuale impostazione del nuovo Codice dei Contratti (e, segnatamente, nell’allegato I.2, relativo alle prerogative/responsabile del responsabile unico di progetto).
Nel caso di specie, il ricorrente impugna il provvedimento di esclusione per vizio di incompetenza, visto che lo stesso non veniva adottato dal RUP – che ha svolto le verifiche sul possesso dei requisiti –, ma dal diretto superiore gerarchico di questo soggetto (in particolare dal “Provveditore per le Opere Pubbliche”). Il giudice ha condiviso la censura, risultando chiara l’indicazione contenuta nell’art. 31 del pregresso Codice.
Secondo il Giudice, il co. 3, art. 31, d.lgs. n. 50/16, nell’affermare la c.d. competenza residuale del RUP, sottolineava che la “competenza…si estende anche all’adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio di Stato ha definito “pacifico” (cfr. Cons. St., III, n. 2983/2017”.
Come ampia giurisprudenza ha avuto modo di precisare, prosegue il giudice, “la competenza del Rup nell’adozione dei provvedimenti di esclusione trova piena corrispondenza nel particolare ruolo attribuito a tale figura, nel contesto della gara, e alle funzioni di garanzia e controllo che allo stesso sono intestate, anche in ragione dei tempi e delle modalità della sua preposizione, che è sempre anteposta (anche logicamente) all’avvio della procedura di affidamento, così da collocarlo in una posizione di originaria terzietà e separazione nel corso dell’intero ciclo dell’appalto” (cfr. T.A.R. Friuli Venezia-Giulia, I, n. 450/2019)”.
A queste conclusioni, del resto, giungevano anche le pregresse Linee Guida ANAC 3, dalle quali emergeva – sempre secondo la sentenza -, che una mancata esplicita indicazione della figura abilitata a svolgere certi compiti/funzioni aveva come necessario epilogo l’attribuzione automatica dello stesso potere/compito al RUP. In assenza di una diversa indicazione, pertanto, deve ritenersi illegittimo “per difetto di competenza, il provvedimento di esclusione da una gara di appalto disposto da un soggetto diverso dal Rup anche qualora lo stesso non risulti investito di poteri a valenza esterna”.
La sintesi riportata nella sentenza risulta utile per un importante chiarimento rispetto al vigente Codice. Se nel pregresso regime, effettivamente, la configurazione in termini di competenza residuale dei compiti del RUP poteva portare la stazione appaltante ad individuare, nella legge di gara, un soggetto diverso, purché dotato di poteri gestionali, quale responsabile dell’adozione dei provvedimenti di esclusione, ora tale prerogativa non sembra potersi affermare con il nuovo Codice.
L’art. 7, co. 1, lett. d), dell’all. I.2 (relativo all’attività del RUP) afferma, infatti, che in relazione alla fase di affidamento il RUP “dispone le esclusioni dalle gare”. L’allegato non ha la valenza delle pregresse Linee Guida, risultando norma autentica che non ammette deroghe, anche a prescindere dal fatto che il responsabile unico di progetto abbia poteri dirigenziali e poteri a valenza esterna.
L’impossibilità della deroga risulta confermata dal fatto che, mentre l’impianto normativo del nuovo Codice consente l’individuazione di un responsabile di fase dell’affidamento (che ha la competenza sull’acquisizione del CIG), equiparato, in pratica, ad un mero responsabile di procedimento ex lege 241/90, allo stesso, le nuove disposizioni, non hanno assegnato il potere/responsabilità di adottare il provvedimento di esclusione.
Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 44/2024: decadenza dall’aggiudicazione in caso di rifiuto immotivato di firmare il contratto.
Il rifiuto di stipulare il contratto da parte dell’aggiudicatario richiede motivi sostanziali debitamente dimostrati. L’assenza di ragioni dimostrate legittimanti determina la decadenza dall’aggiudicazione.
Da notare che l’epilogo in parola, della decadenza dall’aggiudicazione, oggi risulta chiaramente esplicitata nel nuovo Codice dei Contratti.
Nel caso trattato dal Consiglio di Stato viene in considerazione il rifiuto del ricorrente di stipulare il contratto per pretese modifiche sostanziali rispetto allo schema conosciuto. Già in primo grado la doglianza veniva respinta.
Più nel dettaglio, anche in appello il ricorrente ribadiva che il rifiuto alla sottoscrizione del contatto era dovuto ad un peggioramento delle condizioni tecniche/economiche declinate nel “foglio patto e condizioni” allegato al bando di gara.
Questo preteso peggioramento, delle condizioni contrattuali, non è stato confermato dal primo giudice, il quale ha rilevato che l’unica sostanziale differenza “tra i due atti risiederebbe…nella previsione di una polizza assicurativa a copertura di eventuali danni cagionati a terzi, circostanza che non è sembrata configurare gli estremi di una condotta scorretta della pubblica amministrazione”. La richiesta polizza è stata ritenuta, anche in appello, “del tutto accessoria rispetto all’oggetto dell’aggiudicazione” e non un’autentica modifica rispetto allo schema di contratto, visto che costituiva onere del ricorrente verificare lo stato dei luoghi per giungere ad una adeguata formulazione dell’offerta.
Fin dalla prima sentenza, inoltre, è stata ritenuta infondata anche l’ulteriore affermazione del ricorrente secondo cui, stante la completezza del bando di gara contenente “tutti gli elementi del contratto da stipulare, la sottoscrizione”, sarebbe stata solo un adempimento di mera forma.
Il giudice di prime cure, come anche confermato in secondo grado, rimarca che la stipula del contratto è tutt’altro che adempimento di mera forma in “quanto il bando e il relativo allegato sono privi” dei riferimenti essenziali come, nel caso di specie, “del canone e, quindi, di un elemento essenziale del contratto”. Inoltre, e non a caso, “sussisteva un preciso impegno, formulato nella stessa domanda di partecipazione, a firmare il relativo contratto in caso di aggiudicazione, senza che questo sia avvenuto”.
La sentenza, tanto di primo quanto di secondo grado, nel ritenere irrituale il rifiuto di stipulare il contratto – se non in presenza di reali innesti di condizioni peggiorative/vessatorie non conosciute/chiarite in fase di gara -, e quindi legittima la decadenza dall’aggiudicazione disposta da parte della stazione appaltante, conferma l’impostazione che oggi si legge, molto più chiaramente, nell’art. 18 del nuovo Codice.
In una sostanziale, ma più chiara, riscrittura delle disposizioni comunque presenti nell’art. 32 della pregressa disciplina, l’art. 18, con due specifici commi, il quinto ed il sesto, spiegano meglio le conseguenze della mancata stipula a seconda che questa sia imputabile alla stazione appaltante o all’aggiudicatario.
Il quinto comma dell’art. 18 precisa che se la stipula non avviene nei termini fissati o concordati tra le parti l’aggiudicatario, oltre alla tradizionale possibilità di sciogliersi dal vincolo con atto notificato (senza alcun indennizzo fatto salvo il rimborso delle spese contrattuali), può, in alternativa alla prima possibilità, “farne constatare il silenzio inadempimento”. Il comma 6, invece, rappresenta la consacrazione di una prerogativa, già riconosciuta al RUP, prevedendo espressamente che “la mancata stipula del contratto nel termine fissato per fatto dell’aggiudicatario può costituire motivo di revoca dell’aggiudicazione”».
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 295/2024: soccorso istruttorio sull’offerta tecnica per imprecisioni nella formulazione degli atti di gara.
Non è disatteso il divieto normativo di soccorso istruttorio sull’offerta tecnica a fronte di imprecisioni nella formulazione degli atti di gara, quali la configurazione errata della piattaforma telematica, imputabile alla stazione appaltante, che ha indotto in errore l’operatore economico partecipante.
Nel caso di specie, una società ha impugnato l’aggiudicazione di un accordo quadro per la violazione della lex specialis di gara, dei principi di autovincolo, di autoresponsabilità dei concorrenti e di divieto di soccorso istruttorio.
L’appellante sostiene la nullità dell’offerta dell’aggiudicatario per la mancata presentazione, sulla piattaforma telematica, di parte della documentazione tecnica a valutazione discrezionale, secondo quanto prescritto inderogabilmente dal disciplinare di gara, presentata poi, a completamento, in modalità diversa ossia cartacea. L’accettazione della stessa in altra modalità ha configurato, così, un inammissibile soccorso istruttorio.
Il Consiglio di Stato, nel concreto rispetto del principio della massima concorrenzialità, cui la stessa digitalizzazione è preordinata, stante la regolarità sostanziale dell’offerta, ha respinto il ricorso.
La pronuncia parte dal presupposto che l’adempimento, riguardante il caricamento della documentazione tecnica di natura qualitativa sulla piattaforma telematica, non è stato impostato come obbligatorio, in quanto la stazione appaltante non ha opportunamente flaggato la relativa opzione e ha dato oggettivamente causa a una non corretta implementazione del sistema informatico, inducendo, conseguentemente in errore i concorrenti, nel quadro, così, di una lex specialis ambigua.
La mancata designazione in piattaforma dell’obbligatorietà di alcune schede tecniche e l’assenza di un alert circa l’incompletezza dell’offerta presentata in modalità telematica, hanno configurato una anomalia del sistema informatico; in tale ipotesi, non è applicabile il principio di autoresponsabilità, di norma richiesto ai partecipanti, perché condizionato dalla oggettiva inidoneità della piattaforma telematica, ma di converso, in forza del principio di leale collaborazione e di buona fede nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino, è ammissibile il rimedio del soccorso istruttorio.
Le dedotte violazioni del ricorrente non sono fondate, perché l’offerta è stata regolarmente caricata sulla piattaforma informatica, rispettando tutti i documenti indicati come obbligatori e l’ente ha correttamente accolto una porzione dell’offerta attraverso un mezzo diverso da quello telematico, pur sempre in forma riservata.
La gara telematica è il mezzo strumentale che deve assicurare, e non limitare, l’interesse prioritario alla massima partecipazione per selezionare l’offerta migliore.
Tutto ciò trova fondamento nelle regole dettate in tema di soccorso istruttorio dalla Corte di Giustizia Europea, nella sentenza sez. VIII, 10 maggio 2017, causa C-131/16 Archus, e nei principi di parità di trattamento e trasparenza, che devono essere interpretati nel senso che “ostano all’esclusione di un operatore economico il mancato rispetto di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi alla procedura o dal diritto nazionale vigente”.
Chiave interpretativa della sentenza è la leale collaborazione delle parti nell’ambito dei principi di buona fede e nell’ottica del principio del risultato.
Contratto diverso da quello del bando solo se equivalente.
Gli appaltatori, che applicano un contratto collettivo diverso da quello indicato nel bando dalla stazione appaltante, devono presentare la dichiarazione di equivalenza delle tutele economiche e normative applicate.
Infatti, l’art. 11, co. 1 e 2, del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che le stazioni appaltanti indichino nei bandi il contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare al personale impiegato nell’appalto. Gli appaltatori possono inserire nell’offerta il differente contratto collettivo da essi utilizzato, purché garantisca le stesse tutele di quello indicato dall’amministrazione. In questi casi, gli operatori sono tenuti a presentare la dichiarazione di equivalenza (co. 3 - 4), che deve essere controllata dalla stazione appaltante.
Nella nota 1/2023, illustrativa del bando tipo, l’ANAC consente tale verifica in sede di aggiudicazione, salvo che l’offerta presentata sia anormalmente bassa. In quest’ultima ipotesi, poiché la stazione appaltante può richiedere spiegazioni anche sui trattamenti economici e normativi applicati ai lavoratori (spiegazioni che, qualora insufficienti, potrebbero comportare l’esclusione), l’ANAC, opportunamente, richiede di anticipare la presentazione della dichiarazione in sede di offerta tecnica.
Il Codice ha quindi salvaguardato la libertà di scelta dell’operatore economico nell’applicare un diverso contratto collettivo rispetto a quello indicato nel bando, ma lo ha gravato dell’onere di dimostrare che tale scelta non pregiudica i diritti economici e normativi dei lavoratori impiegati, compresi quelli in subappalto (art. 11, co. 5).
Nella medesima nota illustrativa, l’ANAC ha precisato che la valutazione “deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile” e, quanto ai trattamenti economici, deve essere effettuata considerando le componenti fisse della retribuzione globale annua (tabellare, contingenza, mensilità aggiuntive), oltre a specifiche indennità.
Invece, per la verifica delle tutele normative e sulla scorta della circolare 2/2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’Agenzia elenca alcuni parametri che devono essere confrontati (lavoro supplementare e clausole elastiche, lavoro straordinario, disciplina compensativa delle ex festività, durata del preavviso, durata del comporto ed eventuale integrazione dell’indennità in caso di malattia ed infortunio, maternità ed eventuale integrazione, previdenza ed assistenza integrativa, bilateralità, permessi), ammettendo uno scostamento marginale limitatamente a due parametri.
Si tratta, dunque, di un’analisi molto articolata, che non sempre approda a risultati univoci e che richiede notevole esperienza nella ricostruzione del costo del lavoro e nella conoscenza dei contratti collettivi.
Inoltre, nella prassi, iniziano a manifestarsi situazioni in cui l’appaltatore sarebbe in grado di colmare, attraverso la contrattazione collettiva aziendale, il divario nelle tutele economiche e normative tra il contratto nazionale indicato nel bando e quello da lui applicato. In questi casi, sarebbe opportuno che le stazioni appaltanti e gli operatori fossero abilitati ad applicare l’art. 11 sulla base del suo significato complessivo e dell’intenzione del legislatore, che è di introdurre – mediante il rinvio ai parametri del contratto collettivo nazionale – una soglia minima di tutela per i lavoratori.
Sicché, ove tale soglia sia raggiunta dall’operatore mediante l’applicazione di un contratto integrativo, non vi sarebbero ragioni per escluderlo dalla gara. Ovviamente, in questi casi sarebbe onere dell’operatore illustrare – nella relazione da presentare nell’offerta tecnica – le modalità attraverso le quali la contrattazione di secondo livello da lui applicata integra l’equivalenza delle tutele rispetto al CCNL indicato nel bando.