RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 12/2023
TAR Umbria, sez. I, sent. n. 758/2023: anche alle gare PNRR può applicarsi il nuovo Codice degli Appalti.
Il TAR Umbria, con la pronuncia in commento, conferma l’applicazione del nuovo Codice degli Appalti anche alle procedure PNRR/PNC in caso di assenza di richiami specifici contenuti nel d.l. n.77/2021, come già affermato, peraltro, anche dal MIT con i recenti pareri n. 2203/2023 e n. 2295/2023.
Nel caso esaminato dal Giudice Amministrativo, in relazione all’applicabilità, o meno, della fattispecie del soccorso istruttorio come oggi disciplinato dall’art. 101 del nuovo Codice, il TAR analizza l’aspetto della disciplina correttamente applicabile. I riferimenti normativi a cui si affida il Giudice sono, nell’ordine, l’art. 225 e l’articolo 226, da cui si desume il microsistema normativo che chiarisce la problematica delle disposizioni applicabili al PNRR/PNC avviati dalla data di efficacia del nuovo Codice.
L’art. 226, co. 2, chiarisce che il nuovo Codice si applica solo alle procedure avviate a far data dalla sua efficacia, indicando i casi, ad esempio per le procedure ed i contratti i cui “bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati prima della data in cui il codice acquista efficacia”. Per il PNRR/PNC, subentra, poi, l’art. 225 e, in particolare, il co. 8, che delinea il quadro normativo applicabile a questo tipo di appalti, anche se avviati successivamente alla data di efficacia del nuovo Codice.
In particolare, la disposizione precisa che “si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal Pnrr, dal Pnc nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018”.
Ora, se il d.l. n. 76/2020 contiene i riferimenti alle procedure di affidamento applicabili è altresì vero che il d.l. n. 77/2021, come puntualizza il giudice, “non reca una compiuta disciplina delle procedure di affidamento degli appalti finanziati con le risorse del Pnrr”. Pertanto, se è vero che alcune norme del Codice del 2016 continuano ad applicarsi agli appalti finanziati, anche solo in parte, dal PNRR/PNC, è altresì vero che per “quanto non derogato o comunque non diversamente disciplinato dal Dl 77/2021, alle suddette procedure debba applicarsi il d.lgs. n.36/2023, secondo la regola generale di cui all’art. 226, co. 2, del nuovo codice, o, per una sorta di effetto di trascinamento, la fonte derogata dalle succitate disposizioni del d.l. n. 77/2021, ovvero il d.lgs. n. 50/2016”. In questo senso, del resto, dispone sempre l’art. 226, quando, al co. 5, puntualizza che “ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso”.
In pratica, secondo anche un primissimo orientamento, nel momento in cui non è perfettamente rinvenibile una norma del Codice del 2016, per superare la carenza di disciplina dovrà farsi riferimento al nuovo Codice degli Appalti. Ciò, viene bene espresso dal TAR, che chiarisce come “al di là delle disposizioni di cui al Dl n.77/2021 e delle altre fonti espressamente richiamate dall’art. 225, co. 8, del d.lgs. n.36/2023, applicabili anche alle procedure finanziate con i fondi del Pnrr pur se bandite successivamente all’efficacia del nuovo codice, dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi” di quest’ultimo.
TAR Campania, sez. VII, sent. n. 7037/2023: procedure di affidamento al di sotto di 1 milione di euro.
La recente sentenza in commento affronta il tema degli affidamenti dei contratti sottosoglia, con alcune affermazioni di grande interesse sotto diversi profili.
Il primo profilo riguarda la questione centrale della controversia e cioè la delimitazione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di procedere all’esclusione automatica delle offerte anomale, secondo la specifica previsione contenuta nel d.l. n. 76/2020.
Il secondo tema affrontato è se la disciplina contenuta nel citato decreto consenta alle stazioni appaltanti di ricorrere, per gli affidamenti sottosoglia, non solo alle procedure dallo stesso esplicitamente previste (affidamento diretto e procedura negoziata), ma, anche, alle procedure ordinarie (aperta e ristretta) del d.lgs. n. 50/2016.
Infine, viene affrontata, incidentalmente, la questione se le nuove disposizioni sulle modalità di affidamento dei contratti sottosoglia, contenute nel d.lgs. n. 36/2023, obblighino le stazioni appaltanti ad utilizzare, in via esclusiva, l’affidamento diretto e la procedura negoziata – salva la specifica ipotesi dei lavori di importo superiore a 1 milione di euro – ovvero consentano, comunque, il ricorso alle procedure ordinarie.
Nel caso di specie, un ente locale aveva indetto, ai sensi del d.l. n. 76/2020, una procedura aperta per l’affidamento del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso. A seguito dell’intervenuta aggiudicazione, un concorrente proponeva ricorso sostenendo che la stazione appaltante avrebbe illegittimamente omesso di procedere all’esclusione automatica delle offerte ritenute anomale.
Infatti, sia l’offerta del concorrente aggiudicatario che quella del secondo classificato si collocavano al di sopra della soglia di anomalia, con la conseguenza che le stesse dovevano essere automaticamente escluse in virtù della disposizione speciale contenuta nell’art. 1, co. 3, del d.l. n. 76/2020. Inoltre, veniva contestata la clausola del disciplinare di gara in base alla quale la stazione appaltante aveva ritenuto che, in virtù del fatto che la stessa era ricorsa a una procedura aperta (e non alla procedura negoziata), il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale non trovava applicazione.
Il TAR Campania ha respinto il ricorso, ritenendo infondati entrambi i motivi sollevati.
Il Giudice Amministrativo ricorda, anzitutto, la finalità cui è preordinata la disciplina del d.l. n. 76/2020, come chiaramente indicata all’art. 1, co. 1. Tale finalità va identificata nell’incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, unitamente all’esigenza di far fronte alle ricadute economiche negative legate all’emergenza COVID.
Coerentemente con tale finalità, il successivo co. 2 prevede modalità semplificate per l’affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie comunitarie. In particolare, tali modalità vengono identificate con l’affidamento diretto e la procedura negoziata, diversamente articolate secondo la tipologia di appalti e i relativi importi. Il co. 3, inoltre, stabilisce che per gli affidamenti da operare tramite procedura negoziata, nel caso di aggiudicazione secondo il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica delle offerte che presentano una percentuale di ribasso superiore alla soglia di anomalia.
Il TAR Campania ricorda i precedenti giurisprudenziali che hanno evidenziato come la disciplina degli affidamenti dei contratti sottosoglia dettata dal d.l. n. 76/2020 abbia carattere derogatorio rispetto alla disciplina ordinaria contenuta nel d.lgs. n. 50/2016. La deroga risponde a una funzione acceleratoria, pienamente coerente con la finalità che il legislatore ha inteso perseguire, che è quella di rendere più rapida l’erogazione delle risorse finanziarie pubbliche per sostenere l’economia in un periodo emergenziale.
Nel quadro normativo appena delineato, appare pienamente coerente l’introduzione di un meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale. È, infatti, innegabile che l’eliminazione del procedimento di verifica, in contraddittorio, dell’anomalia dell’offerta rechi con sé una significativa accelerazione nell’aggiudicazione della gara.
D’altro canto, il citato co. 3 contiene una regolamentazione autonoma ed esaustiva della disciplina applicabile – con particolare riferimento alle offerte anomale - alle procedure negoziate svolte ai sensi del d.l. n. 76/2020, che, in quanto tale, sostituisce la disciplina ordinaria contenuta nel d.lgs. n. 50. Di conseguenza, le stazioni appaltanti sono obbligate al rispetto di tale disciplina. Ne deriva che se svolgono una procedura negoziata ai sensi del d.l. n. 76/2020, non possono che procedere all’esclusione automatica delle offerte anomale, senza alcuna possibilità di ricorrere al procedimento di verifica in contraddittorio.
Tuttavia, il Giudice Amministrativo ha ritenuto che l’esclusione automatica delle offerte anomale operi solo nell’ipotesi in cui la stazione appaltante ricorra alla procedura negoziata.
Questa affermazione costituisce l’elemento dirimente ai fini della decisione di rigetto del ricorso. Infatti, siccome nel caso di specie v’è stato l’utilizzo della procedura aperta, il meccanismo di esclusione automatica non poteva trovare applicazione.
A questo punto, l’oggetto della decisione si sposta su un altro profilo, ossia se, in base alla disciplina del d.l. n. 76/2020, le stazioni appaltanti, per l’affidamento dei contratti sottosoglia, debbano ricorrere obbligatoriamente all’affidamento diretto o alla procedura negoziata – uniche modalità indicate dalla norma – o possano, comunque, utilizzare le procedure ordinarie (aperta e ristretta).
Al riguardo, il giudice amministrativo richiama l’orientamento giurisprudenziale prevalente, che ritiene sempre possibile il ricorso alle procedure ordinarie. Secondo tale orientamento, il Legislatore, con il d.l. n. 76/2020, ha introdotto previsioni derogatorie con finalità acceleratorie - con efficacia temporalmente limitata – con riferimento allo svolgimento dell’affidamento diretto e della procedura negoziata. Tuttavia, non ha revocato o sospeso la disciplina ordinaria. Conseguentemente, resta nella discrezionalità della stazione appaltante ricorrervi e, quindi, utilizzare la procedura aperta o ristretta anche per gli affidamenti dei contratti sottosoglia.
In sostanza, la disciplina speciale introdotta dal d.l. n. 76/2020 opera nel senso che stabilisce in maniera inderogabile le regole semplificate che le stazioni appaltanti devono seguire qualora decidano di procedere tramite affidamento diretto o procedura negoziata. Ma non può essere interpretata nel senso di imporre esclusivamente queste due modalità di affidamento per i contratti sottosoglia, restando nella discrezionalità delle stazioni appaltanti optare per le procedure ordinarie (aperta o ristretta).
Il TAR Campania aderisce a questo orientamento, ritenendo, quindi, che legittimamente, nel caso di specie, la stazione appaltante sia ricorsa alla procedura aperta, non trovando quindi applicazione il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale.
Di grande interesse sono le affermazioni che, anche se in via incidentale, il TAR Campania opera in relazione alla nuova disciplina degli affidamenti dei contratti sottosoglia, contenuta nel d.lgs. n. 36/2023.
L’art. 50 ha, infatti, dettato una disciplina che riprende quanto già previsto dal d.l. n. 76/2020, con la conseguenza che affidamento diretto e procedura negoziata diventano le modalità ordinarie da seguire per l’affidamento dei contratti sottosoglia (con l’eccezione dei lavori di importo superiore a 1 milione di euro, per i quali viene riconosciuta la possibilità del ricorso alle procedure ordinarie).
Il Giudice Amministrativo non ha, tuttavia, ritenuto che tale disciplina sopravvenuta potesse considerarsi interpretativa della normativa del d.l. n. 76/2020. Ciò in quanto, trattandosi di una disciplina peculiare e derogatoria rispetto ai principi generali di non discriminazione e libera concorrenza, il divieto di optare per le procedure ordinarie deve trovare esplicita previsione nelle norme, che invece non sono contenute nel d.l. n. 76/2020.
Al di là di questa affermazione, ancora più significativo è il presupposto su cui la stessa si basa. Il TAR Campania sottolinea, infatti, che la disciplina contenuta nell’art. 50 fa espressamente salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, esclusivamente con riferimento all’ipotesi dell’affidamento dei lavori di importo superiore a 1 milione di euro. In questo modo, però, pare accogliere l’interpretazione secondo cui, in tutti gli altri casi, le uniche modalità di affidamento dei contratti sottosoglia sono l’affidamento diretto e la procedura negoziata.
Si tratta, come è noto, di una questione di grande attualità, su cui è intervenuta recentemente anche la circolare del MIT del 20 novembre 2023, che accoglie la tesi opposta.
TAR Sicilia-Catania, sez. III, sent. n. 3738/2023: legittimo il diniego ad effettuare il sopraluogo oltre il termine stabilito.
Qualora la stazione appaltante abbia esplicitamente previsto il sopralluogo obbligatorio, stabilendo che la sua effettuazione sia necessaria ai fini della partecipazione alla gara, è legittimo il rifiuto dell’istanza con cui il concorrente chieda di svolgere lo stesso oltre il termine indicato nella documentazione di gara. Il diniego della stazione appaltante deve ritenersi corretto anche alla luce del principio del risultato e del principio della fiducia sanciti dagli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 36/2023.
Sono queste le affermazioni operate dal TAR nella sentenza in parola, il cui interesse deriva, da un lato, nella definizione dei caratteri propri della disciplina del sopralluogo alla luce del d.lgs. n. 36, dall’altro, nel rilievo che viene attribuito ai principi generali del risultato e della fiducia ai fini della corretta interpretazione ed applicazione dell’istituto.
Nel caso esaminato dal Giudice Amministrativo, il disciplinare della gara prevedeva che per la partecipazione il concorrente dovesse effettuare un sopralluogo obbligatorio entro una certa data, con l’espressa precisazione che la data del sopralluogo doveva essere preventivamente concordata con il personale tecnico della stazione appaltante e che, al termine del sopralluogo, sarebbe stato rilasciato un attestato di avvenuto sopralluogo da allegare alla domanda di partecipazione alla gara a pena di esclusione.
Nel contempo, il capitolato tecnico prevedeva che il personale utilizzato per lo svolgimento del servizio dovesse avere determinati requisiti professionali.
Un operatore interessato a partecipare alla gara formulava alcune richieste di chiarimento in relazione ai requisiti del personale da impiegare nell’appalto. Successivamente, l’operatore trasmetteva una richiesta per l’effettuazione del sopralluogo, in una data successiva al termine ultimo previsto dal disciplinare, precisando che, in precedenza, non era stato possibile assicurare la presenza del dipendente incaricato per motivi di salute dello stesso.
Tale richiesta veniva respinta dalla stazione appaltante. Alla base del diniego la motivazione secondo cui la richiesta era ampiamente tardiva rispetto al termine di scadenza indicato nel disciplinare. Di conseguenza, in mancanza dell’attestato di avvenuto sopralluogo, che doveva essere obbligatoriamente allegato alla domanda di partecipazione alla gara, l’operatore non prendeva parte alla stessa, salvo proporre, immediatamente dopo, ricorso davanti al Giudice Amministrativo.
Con il ricorso veniva, in primo luogo, contestato che il termine per effettuare il sopralluogo obbligatorio doveva ritenersi troppo breve e, come tale, lesivo del principio del favor partecipationis ed introduttivo di un requisito di partecipazione alla gara normativamente non previsto.
Inoltre, secondo il ricorrente, la stazione appaltante avrebbe dovuto correttamente utilizzare il soccorso procedimentale. Infatti, la richiesta di sopralluogo era, comunque, intervenuta prima del termine di scadenza per la presentazione delle offerte, cosicché la stazione appaltante – anche tenuto conto che non erano ancora intervenuti i chiarimenti richiesti – avrebbe dovuto consentire l’effettuazione del sopralluogo.
Il TAR Catania ha respinto il ricorso.
Preliminarmente, il Giudice Amministrativo ha operato una ricostruzione delle norme del d.lgs. n. 36 che richiamano l’istituto del sopralluogo. Viene, in primo luogo, in rilievo l’art. 92, co. 1, a mente del quale il termine per la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte deve essere stabilito in maniera che sia adeguato in relazione alla complessità dell’appalto e del tempo necessario per la preparazione delle offerte, tenuto conto – e qui si colloca il profilo di interesse – del tempo necessario per la visita dei luoghi, ove la stessa sia ritenuta indispensabile alla formulazione dell’offerta.
Il successivo co. 2 stabilisce, inoltre, che se un concorrente ha chiesto informazioni supplementari significative ai fini della formulazione dell’offerta e le abbia ricevute con un preavviso inferiore a sei giorni dal termine ultimo per la presentazione delle offerte, tale termine deve essere prorogato.
Da questo quadro d’insieme si ricavano alcune prime conclusioni. Anzitutto, la stazione appaltante, nell’esercizio delle sue valutazioni discrezionali, può prevedere l’obbligatorietà del sopralluogo, ove ritenga che lo stesso sia indispensabile ai fini della formulazione di un’offerta ragionata. Quanto al termine per l’effettuazione del sopralluogo, anch’esso rientra nella discrezionalità della stazione appaltante ed è sulla base di questo presupposto che va valutata la congruità di tale termine. Nel caso di specie, il Giudice Amministrativo ha ritenuto che tale congruità non potesse essere messa in dubbio, considerando che il termine per l’effettuazione del sopralluogo si inseriva in una tempistica più generale dell’intera procedura che non appariva né illogica, né irragionevole.
Né può essere presa in considerazione l’obiezione, avanzata dal ricorrente, secondo cui il disciplinare di gara poteva essere stato conosciuto dai concorrenti in maniera non immediata, il che avrebbe potuto influire anche con il tempestivo assolvimento degli adempimenti in esso previsti, primo tra tutti l’obbligo del sopralluogo.
Ricorda il TAR che i potenziali concorrenti sono soggetti professionalmente qualificati che, in quanto tali, sono tenuti ad adottare comportamenti ispirati a una diligenza rafforzata, nel rispetto del principio dell’autoresponsabilità.
Anche l’altra obiezione, secondo cui la stazione appaltante avrebbe dovuto consentire l’effettuazione del sopralluogo anche oltre il termine indicato, posto che era ancora possibile presentare l’offerta, è stata ritenuta priva di fondamento.
Occorre, infatti, considerare che il ricorrente ha manifestato la sua volontà di effettuare il sopralluogo ben oltre il termine previsto non solo per la formulazione dell’istanza, ma anche per la concreta effettuazione del sopralluogo. Ciò, deve considerarsi contrario ai criteri di buona fede e correttezza, anche perché, in questo modo, non ha messo la stazione appaltante in condizioni di valutare un eventuale differimento dei termini, a fronte dei chiarimenti richiesti. Anche tali chiarimenti, infatti, sono stati richiesti in una fase molto avanzata della procedura e, peraltro, dopo la data ultima stabilita per l’effettuazione del sopralluogo.
L’ulteriore obiezione del ricorrente si fondava sul fatto che, rendendo obbligatorio il sopralluogo, la stazione appaltante avrebbe introdotto un requisito di partecipazione non previsto dalla legge. In realtà, questa obiezione trova risposta proprio nella previsione dell’art. 92, co. 1, succitata. Tale disposizione consente, infatti, alla stazione appaltante di rendere obbligatorio il sopralluogo ogniqualvolta lo ritenga indispensabile ai fini della formulazione dell’offerta. Se la valutazione operata non appare manifestamente illogica, la relativa clausola del disciplinare deve considerarsi legittima.
Le conclusioni del Giudice Amministrativo trovano ulteriore conferma alla luce dei principi generali del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del d.lgs. n. 36/23. Il richiamo a tali principi è funzionale a respingere l’ulteriore argomentazione del ricorrente, secondo cui la stazione appaltante avrebbe dovuto attivare, a fronte dell’istanza di sopralluogo pervenuta oltre i termini previsti dal disciplinare, il soccorso procedimentale.
Il TAR rileva come, a fronte di un termine per l’effettuazione del sopralluogo che non risulta né illogico, né irragionevole, quanto alla sua durata, l’eventuale riapertura di detto termine per uno solo dei potenziali concorrenti avrebbe violato il principio della par condicio, tenuto conto che l’inutile decorso del termine era attribuibile a un comportamento negligente del concorrente stesso.
Questa conclusione è rafforzata alla luce del principio del risultato di cui all’art. 1 del Codice. Tale principio è da intendersi funzionale al perseguimento del miglior interesse pubblico nell’affidamento dei contratti. Esso è, quindi, preordinato anche alla selezione dell’operatore che dimostri, fin dalla fase della gara, diligenza e professionalità, criteri sintomatici dell’affidabilità che deve, poi, essere assicurata in fase esecutiva. Un potenziale concorrente che non assolva tempestivamente all’obbligo di sopralluogo non evidenzia né diligenza, né professionalità.
Quanto al principio della fiducia (art. 2), lo stesso è, in primo luogo, indirizzato a valorizzare l’autonomia decisionale e l’ambito di responsabilità dei funzionari della stazione appaltante. Ma tale valorizzazione deve, comunque, essere finalizzata a perseguire il miglior interesse pubblico, e non può in ogni caso tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che vanno contro tale interesse pubblico. Ma ciò che maggiormente rileva è che il principio della fiducia viene declinato dall’art. 2 non in termini unilaterali, bensì di reciprocità. Ciò, significa che anche gli operatori economici devono ispirare il loro comportamento alla fiducia e alla massima collaborazione. Anche sotto questo profilo, la presentazione di un’istanza tardiva per l’adempimento di un obbligo funzionale alla partecipazione alla gara non rientra nei predetti canoni.
Questa parte della sentenza è quella che presenta il maggior interesse. La stessa mostra, infatti, quanto la novità introdotta dal d.lgs. n. 36/23, relativa all’enunciazione di principi generali che costituiscono criteri interpretativi e applicativi delle singole disposizioni, sia idonea a orientare in maniera significativa la soluzione dei singoli casi.
Più nello specifico, è da ritenere che il principio del risultato – ma anche quello della fiducia e dell’accesso al mercato, espressamente definiti come criteri di interpretazione e applicazione delle disposizioni del Codice – sia destinato, in misura sempre maggiore, a indirizzare le decisioni giurisprudenziali, presumibilmente in un senso più orientato a privilegiare gli obiettivi sostanziali dell’azione amministrativa rispetto alla tutela dei meri aspetti formali.