RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE n. 10/2025
TAR Calabria, sez. I, sent. n. 1638/2025: il principio di corrispondenza tra capacità tecnica e quote di esecuzione non trova applicazione nei servizi dove prevale la competenza complessiva del raggruppamento.
Negli appalti di servizi e forniture, in assenza di un’espressa previsione della lex specialis, non opera ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra quota di qualificazione posseduta dal singolo componente del raggruppamento e quota di esecuzione del servizio allo stesso affidata, essendo sufficiente che i requisiti richiesti siano posseduti dal raggruppamento nel suo complesso. Resta impregiudicata la possibilità per la stazione appaltante di introdurre, nella disciplina di gara, specifici obblighi di ripartizione proporzionale delle capacità tecniche e professionali.
La vicenda sottoposta al TAR Calabria trae origine da una gara avente ad oggetto un affidamento di servizi di ingegneria e architettura relativi allo sviluppo delle infrastrutture di un aeroporto. L’appalto comprendeva prestazioni complesse che richiedevano la dimostrazione di requisiti tecnico-professionali qualificanti, tra i quali, in particolare, competenze nella categoria tecnologie della informazione e della comunicazione.
L’aggiudicazione era stata disposta in favore di un costituendo RTP, composto da mandataria e due mandanti.
L’operatore concorrente, secondo classificato, proponeva ricorso deducendo diversi profili di illegittimità, fra i quali il più significativo riguardava l’asserita violazione del principio di corrispondenza tra requisiti posseduti ed esecuzione della prestazione da parte del soggetto indicato come esecutore.
In particolare, la ricorrente sosteneva che la mandataria del raggruppamento, indicata come esecutrice, avesse assunto l’impegno a svolgere integralmente le prestazioni della categoria T.02 pur non possedendo i relativi requisiti di capacità tecnico-professionale, che risultavano invece in capo a una sola delle mandanti. Da ciò, a suo avviso, derivava la violazione dell’art. 68, co. 11, del d.lgs. n. 36/2023, nonché l’illegittimità dell’art. 8.5.3 del disciplinare di gara, nella parte in cui affermava che “non è richiesto il possesso di una percentuale minima di requisito ai membri del R.T.”.
Accanto a tale censura, la ricorrente contestava la mancata dimostrazione, da parte dell’RTP aggiudicatario, dell’esistenza – entro il termine di presentazione delle offerte – di validi rapporti contrattuali con due professionisti esterni (un archeologo e un tecnico acustico), richiesti come figure minime dal disciplinare. Su questo punto si incentrava il motivo relativo all’insufficienza della documentazione prodotta (preventivi privi di accettazione, contratti stipulati successivamente alla scadenza), questione che il TAR ha parzialmente accolto, ritenendo mancante la prova della tempestiva instaurazione dei rapporti.
Il tema più rilevante riguarda, tuttavia, l’interpretazione dell’art. 68, co. 11, del Codice, riguardo alla necessaria corrispondenza tra requisiti di qualificazione ed esecuzione delle prestazioni.
Il TAR, richiamando una consolidata linea giurisprudenziale, ha ribadito che, negli appalti di servizi e forniture, non è più vigente il principio di necessaria corrispondenza tra i requisiti posseduti dal singolo operatore del raggruppamento e la quota di esecuzione delle prestazioni allo stesso assegnata. Tale principio, originariamente concepito per i lavori pubblici, non trova automatica applicazione ai servizi, dove prevale un approccio “sostanzialistico” legato alla valutazione della capacità complessiva del raggruppamento.
Il Collegio, a sostegno del proprio orientamento, ha valorizzato due argomenti principali:
la responsabilità solidale dei componenti del RTP. L’art. 68, co. 9, del d.lgs. n. 36/2023 sancisce, invero, la responsabilità solidale di tutti i membri del raggruppamento per l’intera prestazione contrattuale. Ciò esclude il rischio che la mancanza di qualificazione in capo ad uno dei soggetti pregiudichi l’affidabilità dell’esecuzione complessiva;
la discrezionalità della lex specialis. In assenza di una norma imperativa di rango etero-integrativo, la stazione appaltante può scegliere se prescrivere o meno una quota minima di qualificazione in capo a ciascun partecipante. Spetta quindi alla lex specialis determinare se imporre corrispondenza tra requisiti e prestazioni oppure se consentire il cumulo indistinto dei requisiti da parte del raggruppamento.
Alla luce di ciò, il Giudice ha respinto la censura della ricorrente, affermando che l’art. 68, co. 11, non introduce un obbligo automatico di corrispondenza, ma richiede soltanto che il raggruppamento, nel suo insieme, possieda i requisiti richiesti e che la legge di gara possa, se lo ritiene, esigere il possesso individuale di determinati requisiti.
La pronuncia del TAR Calabria si colloca lungo una linea interpretativa che, sulla scia dell’Adunanza plenaria n. 27/2014 e della giurisprudenza unionale (CGUE, 28 aprile 2022, causa C-642/20, Caruter), ridimensiona il principio di necessaria corrispondenza nei raggruppamenti di operatori economici nei settori dei servizi e delle forniture tra requisiti di qualificazione e quota di esecuzione da parte del singolo partecipante al raggruppamento.
Secondo tale orientamento, l’esigenza primaria è garantire che l’RTP, considerato nella sua globalità, possieda i requisiti richiesti; l’individuazione delle quote interne rimane oggetto di autonomia privata e discrezionalità della stazione appaltante.
Tuttavia, tale lettura solleva qualche perplessità se confrontata con la lettera dell’art. 68, co. 11, del Codice, il quale – dopo aver ribadito la possibilità del cumulo dei requisiti in capo al raggruppamento – aggiunge l’inciso “ferma restando la necessità che l’esecutore sia in possesso dei requisiti prescritti per la prestazione che lo stesso si è impegnato a realizzare”. Questa clausola sembra voler preservare un principio di minima corrispondenza tra requisiti ed esecuzione, impedendo che un’impresa priva di qualificazione assuma impegni prestazionali che non è in grado di svolgere.
La soluzione del Tar appare dunque in tensione con il dato normativo. Essa privilegia una logica di massima apertura alla partecipazione e di riduzione degli oneri documentali, ma rischia di ridurre la funzione selettiva dei requisiti tecnico-professionali, che servono appunto a garantire la corrispondenza tra competenze dichiarate e prestazioni da eseguire.
Cons. Stato, sez. V, sent. n. 8078/2025: affidamento al secondo classificato alle stesse condizioni del primo salvo deroga espressa.
In caso di risoluzione contrattuale, la stazione appaltante che procede allo scorrimento della graduatoria deve affidare l’appalto al concorrente interpellato alle medesime condizioni economiche offerte dall’aggiudicatario originario, salvo che nella lex specialis di gara abbia introdotto una espressa clausola derogatoria.
In tal modo si esprime il Consiglio di Stato, chiamato a dirimere una questione relativa alle modalità di interpello del secondo classificato di un appalto pubblico, secondo le previsioni dell’art. 124 del Codice.
Un operatore economico aggiudicatario di un appalto, prima della stipula del contratto perde uno dei requisiti richiesti dal bando, e non comunica il nuovo stato all’ente committente. La stazione appaltante, accertata in fase esecutiva la perdita del requisito essenziale, annulla l’aggiudicazione in autotutela, risolve il contratto con conseguente escussione della cauzione definitiva e affida l’appalto alla seconda classificata alle condizioni economiche offerte da quest’ultima.
Da qui l’impugnativa al TAR, che accoglie i motivi aggiunti sull’errata modalità di interpello alla seconda: la discrezionalità pubblica si esaurisce nella scelta preliminare tra riedizione della gara e prosecuzione tramite scorrimento. Una volta optato per la prosecuzione del servizio l’esecuzione dello scorrimento risponde a un modello legale vincolato.
Segue la necessità di provvedere, in ragione dell’effetto conformativo della pronuncia, a interpellare nuovamente il secondo classificato proponendo una aggiudicazione alle corrette condizioni economiche.
Si arriva, così, all’intervento del Consiglio di Stato, appellato dal secondo classificato, che insiste sulla legittimità dell’affidamento al prezzo dallo stesso offerto. Il punto dirimente della questione è il co. 2 dell’art. 124 del Codice, che prevede, in caso di interpello, l’affidamento alle stesse condizioni proposte dall’originario aggiudicatario, con l’unica eccezione che sia diversamente previsto nella lex specialis di gara. In assenza di tale clausola derogatoria l’amministrazione non ha alcuna discrezionalità: la nuova aggiudicazione a condizioni economiche diverse da quelle proposte dal primo classificato rende l’atto illegittimo e, anche per i giudici di secondo grado, ne giustifica l’annullamento.
L’interpello rappresenta un “segmento di un’unica procedura di affidamento”, attivato per porre rimedio a una patologia del rapporto con l’aggiudicatario iniziale. Consentire una rinegoziazione delle condizioni economiche con il secondo classificato significherebbe, di fatto, alterare l’esito della competizione originaria, premiando un’offerta che non era risultata la migliore, e introdurre spazi di discrezionalità che potrebbero ledere il principio di “par condicio competitorum”.
TAR Lazio, sez. IV-bis, sent. n. 18277/2025: la verifica dell’anomalia non può riguardare aspetti qualitativi dell’offerta.
La sentenza del TAR Lazio fornisce una serie consistente di indicazioni sull’applicazione di diversi istituti del d.lgs. n. 36/2023. In essa il Giudice amministrativo affronta, in modo sistematico, alcune questioni delicate del Codice Appalti, fornendo chiarimenti preziosi su verifica dell’anomalia dell’offerta, indicazione dei compiti nei raggruppamenti temporanei di imprese, immodificabilità soggettiva e oggettiva dell’offerta, distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione e, infine, consegna del servizio in via d’urgenza.
La controversia sottoposta al TAR trae origine da una procedura di evidenza pubblica bandita per l’affidamento di un servizio. All’esito della gara, la stazione appaltante disponeva l’aggiudicazione in favore di una ATI, mentre un altro operatore, collocatosi in seconda posizione, impugnava il provvedimento, deducendo una serie di violazioni del Codice e della disciplina di gara.
Le doglianze, per limitarci a quelle qui d’interesse, riguardavano l’illegittimità del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta e la tardiva presentazione dei giustificativi, la modifica della ripartizione dei compiti interni al raggruppamento e la consegna d’urgenza del servizio. L’operatore ricorrente invocava, in via principale, l’annullamento dell’aggiudicazione e, in via subordinata, la riedizione della gara o il risarcimento del danno.
Dopo aver respinto le eccezioni di rito, il Tribunale accoglie il ricorso, ritenendo fondate le censure relative:
all’erronea gestione del subprocedimento di anomalia, utilizzato per chiarire profili estranei ai costi e prorogato oltre i termini di legge;
alla mancata indicazione e successiva modifica della ripartizione interna delle prestazioni tra i membri del raggruppamento;
all’ingiustificata sospensione della verifica di anomalia, in contrasto con i principi di speditezza e di certezza dei tempi procedimentali;
alla distinzione tra requisiti di partecipazione e di esecuzione;
all’illegittimità della consegna urgente del servizio.
La decisione offre una ricostruzione particolarmente articolata di diversi istituti del d.lgs. n. 36/2023. Cinque gli snodi principali sui quali il Tar incentra la propria analisi.
Il primo tema affrontato concerne la verifica di anomalia, disciplinata dall’art. 110 del Codice. Il Tribunale ricorda che tale fase non può trasformarsi in uno strumento per modificare o integrare l’offerta, ma deve restare confinata alla valutazione della congruità economica, della sostenibilità dei costi e della serietà complessiva della proposta. L’istruttoria deve, quindi, riguardare le componenti quantitative dell’offerta e non può estendersi a profili soggettivi, che non pertengono al prezzo o ai costi proposti. Laddove la stazione appaltante solleciti chiarimenti che incidano sulla struttura o sulla ripartizione interna dell’offerta, la verifica di anomalia perde la propria funzione e si trasforma in una inammissibile rinegoziazione del contenuto proposto, in contrasto con i principi di trasparenza e parità di trattamento.
Un ulteriore profilo di illegittimità, rilevato dal Giudice, riguarda il superamento del termine massimo di quindici giorni previsto dall’art. 110, comma 2, del codice per la presentazione delle giustificazioni. La norma stabilisce che, in presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante assegna all’operatore un termine non superiore a quindici giorni per fornire chiarimenti. Nel caso esaminato, tale termine era stato dilatato per oltre un mese, giustificandolo con la pendenza di un ricorso relativo a un’altra fase della procedura.
Il TAR evidenzia che una simile sospensione è incompatibile con il principio di speditezza e con l’obbligo di certezza dei tempi procedimentali. Il legislatore, infatti, ha inteso rendere il subprocedimento di anomalia rapido e definito, in linea con la logica del nuovo Codice e con gli obiettivi del PNRR. La verifica di congruità dell’offerta è, dunque, un procedimento autonomo, che non può essere sospeso o dilatato per ragioni estranee, salvo i poteri cautelari del Giudice o l’esercizio di un’autotutela motivata. La dilatazione dei tempi, osserva il TAR, svuota la norma della sua funzione acceleratoria e introduce un’irragionevole disparità di trattamento tra i concorrenti, minando l’efficienza della gara.
Un secondo snodo di rilievo riguarda l’obbligo, sancito dall’art. 68, co. 2, del Codice, di specificare in sede di offerta le parti del servizio o della fornitura che ciascun operatore del raggruppamento eseguirà. Il TAR evidenzia che tale obbligo non ha carattere formale, ma sostanziale, poiché garantisce la tracciabilità delle responsabilità e la possibilità, per la stazione appaltante, di valutare la capacità tecnica e professionale effettiva di ciascun soggetto coinvolto. La mancata o contraddittoria indicazione di tali parti genera incertezza sull’impegno assunto e preclude la verifica della corrispondenza tra requisiti posseduti e prestazioni da eseguire. Il Collegio sottolinea che questa previsione risponde a un principio generale, volto a evitare che i raggruppamenti siano utilizzati come meri veicoli di partecipazione da parte di imprese non qualificate.
Un terzo profilo, connesso al succitato obbligo, è il principio dell’immodificabilità dell’offerta, che il TAR richiama in tutta la sua ampiezza. L’offerta, una volta presentata, deve rimanere immutata non solo nel suo contenuto tecnico ed economico, ma anche nella struttura soggettiva dei soggetti che la compongono. Ogni variazione, anche indotta da richieste della stazione appaltante, altera la par condicio tra i concorrenti e determina l’illegittimità dell’aggiudicazione. Il Tribunale richiama l’orientamento consolidato secondo cui la ripartizione dei compiti tra le imprese del raggruppamento costituisce parte integrante dell’offerta e non può essere successivamente modificata o chiarita, nemmeno attraverso il soccorso istruttorio o la fase di verifica dell’anomalia.
Un quarto aspetto attiene alla distinzione tra requisiti di partecipazione alla gara e requisiti di esecuzione del contratto, oggi disciplinata dagli artt. 100 e 113 del Codice. La sentenza precisa che tale distinzione non può essere intesa in senso rigido: qualora la lex specialis colleghi un determinato requisito tecnico o funzionale alla qualità della prestazione e alla idoneità dell’operatore a svolgerla, esso assume natura di requisito di partecipazione e deve essere posseduto già al momento della presentazione dell’offerta. Il Giudice ritiene, dunque, che la mancanza di elementi progettuali indispensabili — come nel caso specifico l’indicazione delle soluzioni tecnologiche o infrastrutturali necessarie alla continuità del servizio — integri una carenza di requisiti di partecipazione, comportando l’esclusione del concorrente.
Ultimo tema affrontato è quello della consegna in via d’urgenza dell’appalto, prevista dall’art. 17, co. 9, del Codice. Il TAR afferma che la possibilità di disporre l’esecuzione anticipata ha natura eccezionale e deve essere sorretta da una motivazione puntuale, volta a dimostrare l’effettiva esigenza di continuità del servizio. La consegna anticipata, osserva il Giudice, non può mai trasformarsi in un automatismo né in uno strumento per aggirare l’effetto sospensivo del contenzioso pendente. Essa trova giustificazione solo in presenza di una urgenza reale, debitamente accertata e compatibile con i principi di legalità e buon andamento.
La sentenza del TAR Lazio offre alcune indicazioni per orientare l’attività di stazioni appaltanti e operatori economici. La verifica di anomalia deve restare confinata al piano economico e rispettare i termini perentori previsti dalla legge, giacché non è un momento di rinegoziazione, ma un controllo tecnico-finanziario rapido e circoscritto. L’esatta indicazione della ripartizione delle attività tra i componenti nei raggruppamenti temporanei è parte integrante dell’offerta e condizione essenziale di validità della stessa. L’immodificabilità dell’offerta, anche sotto il profilo soggettivo, tutela la par condicio e impedisce aggiustamenti ex post che altererebbero la competizione. La distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione è funzionale e sostanziale: ciò che incide sulla capacità tecnica o professionale deve essere valutato in fase di gara. La consegna d’urgenza del servizio può avvenire solo in presenza di eventi oggettivamente imprevedibili e documentati, per scongiurare le situazioni previste dall’art. 17, co. 9, del codice.