RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE N. 3/2022
C.G.A.R.S., sent. n. 114/2022: la mancata aggiudicazione non costituisce esercizio di poteri in autotutela della stazione appaltante
La mancata aggiudicazione dell'appalto, e quindi la mancata approvazione della proposta di aggiudicazione, non rappresenta esercizio di poteri in autotutela della stazione appaltante e non è necessaria la previa comunicazione, al controinteressato, dell' avvio del procedimento. Così la sentenza in commento.
Nel caso di specie, la ricorrente ha lamentato, tra gli altri, il mancato rispetto, da parte del RUP, dei principi in materia di annullamento in autotutela, vista la mancata approvazione della proposta di aggiudicazione, in proprio favore, presentata dalla commissione di gara. Sulla proposta di aggiudicazione presentata dal collegio e sottoposta a controllo da parte del RUP veniva rilevato, da quest'ultimo, una “disomogeneità dei prodotti ivi descritti”. In pratica, il RUP ha rilevato, anche con l'ausilio di consulenti appositamente individuati, una sorta di inadeguatezza della fornitura rispetto all'oggetto dell'appalto. Il giudice di primo grado aveva respinto le doglianze sul presupposto che non si trattasse di esercizio di poteri in autotutela, visto che l'intervento operato dal RUP non ha riguardato “l'aggiudicazione definitiva, ma la semplice proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione di gara” e, quindi, un mero atto endoprocedimentale. Da ciò la conclusione che nessun atto di avvio del procedimento dovesse essere comunicato al controinteressato.
Una volta intervenuta la proposta di aggiudicazione da parte della commissione, il RUP deve effettuare le proprie valutazioni sull'operato della commissione di gara, risultando altresì libero di “avvalersi di propri consulenti per procedere alle verifiche richieste dalla stazione appaltante”.
La conclusione della prima sentenza è stata confermata anche in secondo grado, nel quale si puntualizza che la “proposta di aggiudicazione […] non determina la conclusione del procedimento di gara”.
A conferma di ciò, si richiama il disposto contenuto nell'articolo 33, com. 1, del Codice, a lume del quale la proposta di aggiudicazione deve essere approvata dall'organo competente (il dirigente/responsabile del servizio) su proposta del RUP.
L'approvazione, espressa con determinazione dirigenziale, sostanzia l'aggiudicazione definitiva pur non efficace stante la necessità di procedere con la previa verifica sul possesso dei requisiti richiesti dalla stazione appaltante. In questo frangente, prima di giungere all'aggiudicazione definitiva, si opera con meri atti interni che non sono impugnabili autonomamente e che danno luogo non ad autentiche posizioni soggettive ma a “mere aspettative” che la stazione appaltante (e segnatamente il RUP) adeguino i propri comportamenti ai principi di correttezza e imparzialità.
Il giudice rammenta, quindi, che è “l'aggiudicazione definitiva che chiude il procedimento di affidamento, all'esito della verifica del precedente atto, attraverso un subprocedimento i cui principi, generali ed applicabili in ogni tipo di gara, si rinvengono nell'art. 33 del codice dei contratti pubblici rubricato controllo sugli atti delle procedure di affidamento”.
Operando, pertanto, in un ambito interno al procedimento amministrativo, se l'amministrazione non provvede “ad aggiudicare la gara” non sta agendo con “poteri dell'autotutela decisoria”, visto che, ancora, “non sussiste un atto amministrativo definitivo, stabile ed immediatamente lesivo della posizione giuridica vantata che possa, appunto, essere oggetto di revocazione”.
Il momento procedurale (passaggio dalla proposta di aggiudicazione all'aggiudicazione vera e propria) è già stata efficacemente chiarita dal Consiglio di Stato, sentenza n. 6904/2019, a mente della quale “l'art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016 - al fine di assicurare con la massima celerità la certezza delle situazioni giuridiche ed imprenditoriali - ha del tutto eliminato la tradizionale categoria della ‘aggiudicazione provvisoria', ma distingue solo tra: - la ‘proposta di aggiudicazione', che è quella adottata dal seggio di gara, ai sensi dell'art. 32, co.5, e che ai sensi dell'art. 120, co. 2-bis ultimo periodo del codice del processo amministrativo non costituisce provvedimento impugnabile; - la ‘aggiudicazione' tout court che è il provvedimento conclusivo di aggiudicazione”.
Da ciò deriva, sempre con le parole del Consiglio di Stato (sentenza n. 5689/2017), “che la stazione appaltante che si determini al ritiro od annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, avente per sua natura, […] efficacia destinata ad essere superata con l‘emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, conclusiva del procedimento, non determina un vulnus in capo al soggetto beneficiato”.
Per effetto di quanto, sempre sulla base della stessa sentenza appena richiamata, “la revoca, come pure il ritiro o l'annullamento dell'aggiudicazione provvisoria, non richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto endoprocedimentale che si inserisce nell'ambito del procedimento di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo” e “solamente l'aggiudicazione definitiva attribuisce in modo stabile il bene della vita ed è pertanto idonea ad ingenerare un legittimo affidamento in capo all'aggiudicatario, sì da imporre l'instaurazione del contraddittorio procedimentale”.
Nel caso trattato dal giudice siciliano non è stato né “formalmente e sostanzialmente annullato alcun atto di gara”, ma la stazione appaltante “si è unicamente determinata a non procedere all'aggiudicazione definitiva, disattendendo la proposta avanzata dalla Commissione di gara”.
TAR Campania, sez. II, sent. n. 639/2022: la decadenza dall'aggiudicazione non è un grave illecito da dichiarare.
La decadenza dall'aggiudicazione, che abbia colpito un concorrente in relazione a una precedente procedura di gara, non costituisce grave illecito professionale, che riguarda, invece, inadempienze ad obbligazioni contrattuali relative alla fase esecutiva dell'appalto.
Di tale decadenza il concorrente non è tenuto a fornire informazione in sede di gara, poiché l'obbligo informativo che grava sullo stesso riguarda esclusivamente gli atti e i fatti inerenti la procedura di gara cui partecipa e che attengono al regolare svolgimento della stessa.
Nel caso esaminato dal TAR, il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche per la Campania, in qualità di Stazione Unica Appaltante, aveva indetto una procedura aperta per l'affidamento di un servizio. A fronte dell'intervenuta aggiudicazione, il concorrente secondo classificato proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. Secondo il ricorrente il concorrente aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara in quanto carente del requisito dell'affidabilità professionale, sulla base di alcune evidenze che non erano state adeguatamente valutate dalla stazione appaltante. Nello specifico, il ricorrente formulava alcuni motivi di censura, tutti inerenti la totale o parziale omissione da parte del concorrente aggiudicatario di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della gara, in quanto incidenti sull'apprezzamento della sua moralità professionale.
In particolare, per quanto riguarda le informazioni integralmente omesse, il ricorrente faceva riferimento al fatto che l'aggiudicatario non aveva fatto alcun cenno al provvedimento di decadenza dall'aggiudicazione che, in relazione a una precedente gara d'appalto, l'ente appaltante aveva disposto nei suoi confronti a seguito della mancata trasmissione della documentazione necessaria ai fini del rilascio dell'informativa antimafia. Con riferimento, invece, alle informazioni solo parzialmente omesse, il ricorrente evidenziava che l'aggiudicatario aveva dato notizia generica di un provvedimento di risoluzione di un contratto di appalto per rilevate inadempienze in fase esecutiva, senza, tuttavia, fornire il necessario corredo informativo necessario per valutare natura e entità di tali inadempienze.
Secondo il ricorrente, entrambe queste omissioni informative avrebbero dovuto comportare l'automatica esclusione dalla procedura del concorrente poi risultato aggiudicatario. Ciò in quanto, ai sensi dell'art. 80, co. 5, lett. c)-bis del d.lgs. n. 50/2016, la violazione degli obblighi informativi, in relazione a circostanze rilevanti ai fini della valutazione dell'integrità e affidabilità dell'impresa, costituirebbe di per sé grave illecito professionale, come tale causa di esclusione dalla gara. Le censure mosse dal ricorrente sono state in termini generali respinte dal giudice amministrativo, che ha, tuttavia, censurato l'operato della stazione appaltante sotto altro profilo.
Relativamente all'intervenuta decadenza dall'aggiudicazione, riferita a una precedente gara, il giudice amministrativo ha evidenziato che tale evento non può essere inquadrato nella categoria del grave illecito professionale. Quest'ultimo attiene, infatti, ad accadimenti relativi alla fase di esecuzione del contratto di appalto, mentre la decadenza dall'aggiudicazione si riferisce alla precedente fase di affidamento del contratto, rispetto al quale il quadro normativo prevede un compiuto sistema sanzionatorio fondato su autonome cause di esclusione, tutte riferite a irregolarità e inadempienze poste in essere dai concorrenti nel corso della procedura di gara. In sostanza, la decadenza dall'aggiudicazione interviene sempre nell'ambito della sequenza procedimentale che, pur collocandosi a valle dell'atto conclusivo della procedura, riguarda atti o comportamenti compiuti dai concorrenti in sede di gara. In questo contesto rimane valido il principio secondo cui i concorrenti non sono tenuti a dichiarare le esclusioni – e quindi neanche i provvedimenti di decadenza dall'aggiudicazione – in cui sono incorsi in occasione di precedenti procedure di gara.
In relazione all'altro profilo di censura sollevato dal ricorrente, inerente il provvedimento di risoluzione di altro contratto di appalto per grave inadempimento, il TAR Campania ha rilevato che, pur ammettendo si potesse riscontrare una totale o parziale omissione informativa, ciò non avrebbe comunque potuto comportare un'automatica esclusione del concorrente aggiudicatario. Al riguardo, la pronuncia ricorda come il quadro normativo operi una distinzione tra omissione delle informazioni e falsità delle dichiarazioni. Nel caso di omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di gara, che comprende l'incompletezza delle stesse, la stazione appaltante è tenuta a operare una valutazione di tale omissione al fine di verificare se incida sull'attendibilità e integrità morale dell'operatore economico.
Solo nella diversa ipotesi della falsità di dichiarazioni, infatti, consegue l'automatica esclusione dalla procedura di gara, poiché l'evento in sé – cioè l'aver reso dichiarazioni non corrispondenti al vero – è elemento sintomatico dell'inaffidabilità e non integrità morale dell'operatore economico. Le due ipotesi, peraltro, hanno effetti diversi anche sotto il profilo del loro ambito di rilevanza. Mentre l'omissione informativa esaurisce i suoi effetti nell'ambito della procedura di gara in cui si verifica, la falsità delle dichiarazioni ha anche un rilievo esterno, in quanto comporta l'obbligo di segnalazione all'ANAC e la possibile iscrizione nel relativo casellario, con conseguente estensione degli effetti anche alle altre gare (nei limiti del biennio).
In sintesi, le dichiarazioni false hanno un effetto automatico escludente, relativamente alla procedure di gara in cui vengono rese e, potenzialmente, anche in relazione alle gare successive. A contrario, l'omissione informativa può comportare l'esclusione solo in relazione alla procedura di gara cui si riferisce e, comunque, mai in via automatica, ma solo dopo una valutazione discrezionale dell'ente appaltante, che porti a un giudizio di inaffidabilità e inidoneità morale del concorrente. Valutazione che deve essere svolta in contraddittorio col concorrente.
Sotto quest'ultimo profilo, l'omissione o la reticenza deve essere valutata dalla stazione appaltante in relazione alla idoneità a occultare informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di gara, nel senso di influenzare indebitamente il processo decisionale della stessa stazione appaltante. All'esito di tale valutazione l'omissione informativa potrà comportare l'esclusione dalla gara solo qualora la stazione appaltante ritenga, nell'ambito della sua discrezionalità, che la stessa abbia intaccato l'attendibilità professionale e morale del concorrente, essendo venuta a minare la relazione di fiducia necessaria ai fini della partecipazione alla gara.
Se in termini generali il giudice amministrativo ha respinto le censure del ricorrente, volte a contestare la mancata esclusione (automatica) del concorrente aggiudicatario, in relazione ai due eventi segnalati (decadenza da una pregressa aggiudicazione e risoluzione di un precedente contratto di appalto), lo stesso giudice ha, invece, ritenuto illegittimo il comportamento della stazione appaltante sotto il profilo del difetto di istruttoria. In particolare, vengono in rilievo le significative carenze che hanno contraddistinto l'esecuzione del precedente contratto di appalto e che hanno portato l'ente appaltante a procedere alla risoluzione dello stesso per grave inadempimento. Si tratta dell'inosservanza di rilevanti obblighi inerenti lo svolgimento del servizio, con particolare riferimento a quelli relativi alle condizioni di lavoro e alla specifica normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
La particolare natura e la significativa rilevanza di questi inadempimenti avrebbero dovuto portare la stazione appaltante a operare, attraverso un'adeguata istruttoria, un'attenta valutazione al fine di stabilire se potesse ritenersi intaccata l'affidabilità professionale del concorrente. Diversamente, la stazione appaltante si è limitata a dichiarare in maniera asettica e laconica la ritenuta veridicità delle dichiarazioni rese dal concorrente in sede di gara, senza fornire alcuna evidenza specifica del processo istruttorio.
L'analisi della pronuncia in commento rende evidente l'estrema difficoltà di districarsi nell'insieme delle norme che disciplinano gli obblighi informativi in sede di gara e, più in generale, il regime delle esclusioni dei concorrenti. Le sottili distinzioni tra dichiarazione falsa, incompleta o reticente, con i diversi effetti che ne conseguono, pone l'interprete e, prima ancora, gli operatori – stazioni appaltanti e concorrenti – in notevole difficoltà. Occorre un'analisi puntuale dei singoli casi per capire in quale ipotesi ci si trova e porre in essere i conseguenti comportamenti. A questa complessità di fondo si devono aggiungere pronunce dei giudici non sempre concordanti o, come nel caso di specie, molto involute nell'esposizione. Un quadro d'insieme che certamente contrasta con quella esigenza di semplificazione procedurale ritenuta ormai imprescindibile per un'efficace attuazione degli investimenti pubblici.
Parere precontenzioso ANAC n. 45/2022: la possibilità di sanare in corsa un'irregolarità va comunicata a tutte le imprese del raggruppamento.
La possibilità di regolarizzare in corsa i documenti di gara, attraverso il c.d. soccorso istruttorio, deve essere comunicata a tutte le aziende del raggruppamento, non solo alla società direttamente colpita dalla carenza documentale.
Con questa motivazione, l'ANAC ha bocciato il comportamento di una stazione appaltante che aveva escluso l'intero team dei concorrenti per non aver risposto in tempo alla richiesta di integrare i documenti. L'Autorità Anticorruzione ha, inoltre, chiarito che la richiesta di integrazione dei documenti deve essere interamente gestita attraverso posta elettronica certificata, perché è questo l'unico sistema idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni.
A sollevare la questione è stato il raggruppamento escluso dalla stazione appaltante per non aver risposto nei termini previsti al soccorso istruttorio attivato a causa dell'assenza, tra la documentazione amministrativa, della cauzione provvisoria del 2% della mandante. L'impresa ha contestato che la comunicazione di soccorso istruttorio e, quindi, la richiesta di integrare la documentazione mancante, sia stata inoltrata esclusivamente alla società mandante, con la conseguenza che la richiesta non è stata riscontrata in tempo utile. Contestata anche la modalità di notifica utilizzata dal Comune per inoltrare la richiesta, tramite l'area comunicazioni dedicata della piattaforma Mepa: uno strumento che Anac definisce non adeguato al raggiungimento dello scopo.
L'ANAC ha bocciato l'operato della stazione appaltante. In primo luogo, perché le comunicazioni relative all'attivazione di soccorso istruttorio devono essere inviate dalla stazione appaltante a tutte le società che compongono il raggruppamento temporaneo di imprese, “in quanto la mancata regolarizzazione della documentazione richiesta è lesiva per tutti e comporta la sanzione dell'espulsione per tutto il raggruppamento non solo per la società inadempiente”. Inoltre, neppure la modalità con cui è stata comunicata la richiesta di soccorso istruttorio alla mandante “può considerarsi adeguata a garantire con ragionevole certezza la sua conoscibilità alla parte direttamente interessata”. Da qui la richiesta di riaprire i termini del soccorso istruttorio, per consentire al raggruppamento escluso di dimostrare di aver provveduto a costituire la garanzia provvisoria entro i termini previsti dal bando.