SINTESI DI MONITORAGGIO LEGISLATIVO NOVEMBRE 2019
GOVERNO E ISTITUZIONI
DL Sisma: Fondazione Inarcassa ascoltata alla Camera
Ci deve essere un’equa divisione di responsabilità tra liberi professionisti e pubblica amministrazione (PA) nella certificazione della conformità edilizia e urbanistica per il completamento dei lavori di ricostruzione privata nelle regioni colpite dal sisma del 2016 (Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo). Questo in sintesi il contributo di Fondazione nel corso dell’audizione in Commissione Territorio della Camera nell’ambito dell’esame del Decreto Sisma. La Fondazione, pur riconoscendo lo sforzo dell’esecutivo per il provvedimento, ha chiesto che alcuni articoli fossero rivisti al fine di garantire un’esecuzione dei lavori più rapida e un effettivo bilanciamento di responsabilità tra PA e liberi professionisti.
In particolare, la Fondazione ha chiesto una modifica dell’articolo 3 che, nell’ambito delle misure per agevolare l’approvazione dei progetti per la ricostruzione privata, prevede l’ottenimento immediato del contributo grazie alla documentazione presentata dal professionista che certifica il progetto sotto il profilo della completezza, della regolarità amministrativa e tecnica, compresa la conformità edilizia e urbanistica. Fondazione Inarcassa ha sottolineato che la certificazione deve essere rilasciata dalla PA e che i tecnici liberi professionisti non possano sollevare gli uffici pubblici dalle proprie responsabilità; anche il contributo concedibile, determinato dal tecnico, deve essere approvato dalla PA.
L’aumento delle responsabilità dei professionisti nella certificazione degli atti pubblici, pur essendo criticata (in questo caso) da Fondazione Inarcassa, è prevista da una norma (in attesa di attuazione) del Jobs Act Autonomi. Ricordiamo, infatti, che il provvedimento prevede una delega al Governo circa “l’individuazione degli atti delle amministrazioni pubbliche che possono essere rimessi anche alle professioni organizzate in ordini o collegi in relazione al carattere di terzietà di queste”. Tale disposizione, anche se non è ancora stata attuata, investe i professionisti di maggiori responsabilità. Fondazione Inarcassa è soddisfatta per l’anticipazione, ai tecnici e ai professionisti, del 50% dei loro onorari alla presentazione del progetto; tuttavia sottolinea la necessità di stabilire la retroattività. Infine, la Fondazione ha chiesto di introdurre procedure telematiche chiare e trasparenti, che vadano a semplificare e velocizzare i tempi legati ai lavori della ricostruzione. Qui per approfondire - Qui per approfondire
LAVORI PUBBLICI
Regolamento unico sugli appalti: bozza da 273 articoli da “limare” entro il 15 dicembre
La disciplina degli appalti di servizi, forniture, lavori ed opere subirà presto sensibili modifiche. E’ questo il monito lanciato dalla Ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli, intenzionata ad accelerare l’iter per la redazione di un nuovo Regolamento unico degli appalti. La ministra, ha già provveduto alla nomina della Commissione - composta da 13 esperti e guidata dal Presidente di sezione del Consiglio di Stato Raffaele Greco - che dovrà lavorare al nuovo regolamento degli appalti, perfezionando la bozza, attualmente, composta da 273 articoli scritti dai tecnici incaricati del Mit.
L’obiettivo è arrivare entro il 15 dicembre, o al massimo entro la fine dell’anno, a una versione definita e “limata” dell’articolato. Il provvedimento riguarda lavori, servizi e forniture, coprendo un mercato che nel 2018 ha mosso 139 miliardi ed è atteso da migliaia di pubbliche amministrazioni e imprese. La speranza sarebbe quella di avere una bussola unica per orientarsi nella giungla di norme che governano il settore dopo che il decreto Sblocca-cantieri ha mandato in pensione le linee guida dell'Anticorruzione, senza però archiviarle del tutto. Difficile però che questo obiettivo venga raggiunto senza un ulteriore sforzo di semplificazione.
Il numero corposo di articoli, sembra destinato a lievitare nel corso delle prossime settimane, alla luce del confronto che la commissione ministeriale è chiamata a svolgere con gli operatori del settore per evitare il rischio di rigetto di un provvedimento calato dall'alto, nonostante la ministra De Micheli abbia chiesto di snellire ulteriormente il testo. Una delle principali novità previste dalla bozza riguardano soprattutto l'assegnazione dei piccolissimi contratti (sotto i 40mila euro) dove l'obiettivo sembra quello di snellire ancora di più le procedure, riducendo i controlli a carico degli enti. Questi appalti possono essere affidati, senza gara, a imprese di fiducia dei funzionari pubblici. Il regolamento alleggerisce i controlli "suggeriti" dalle linee guida dell'Anticorruzione e prevede che questi contratti possano essere assegnati verificando che le imprese siano in possesso davvero solo alcuni dei requisiti autodichiarati e previsti per gli appalti di maggiore importo (in particolare condanne penali e violazione degli obblighi fiscali e contributivi) lasciando da parte gli altri. Procedure più semplici anche per la fascia di importo tra 40mila e 150mila euro, dove i funzionari possono aggiudicare l'appalto dimostrando di aver consultato tre preventivi. La bozza di regolamento precisa innanzitutto che i preventivi devono essere richiesti in forma scritta, anche se «con modalità informale» e che la verifica sulla bontà dell'offerta («congruità») è limitata agli aspetti relativi a costi della manodopera e al rispetto della sicurezza. Un'altra novità di rilievo riguarda il settore delle costruzioni, che ha pagato in maniera più severa gli effetti della crisi economica, con migliaia di imprese uscite dal mercato, big in difficoltà e ripercussioni pesanti anche sull'andamento dei cantieri, spesso messi sotto scacco anche dalla fragilità finanziaria delle imprese. Qui l'idea è quella di incentivare la ricerca di solidità patrimoniale, garantendo un "vantaggio competitivo" alle imprese che dimostrano di avere spalle larghe. Gli incentivi consentiranno alle imprese con le carte in regola da un punto di vista finanziario di scalare le classifiche di qualificazione accedendo ad appalti di importo maggiore rispetto ai diretti concorrenti. A essere presi in considerazione saranno patrimonio netto, liquidità e redditività. Il primo trampolino sarà messo a disposizione dei costruttori con un patrimonio netto pari ad almeno il 5% della cifra d'affari annuale. Chi garantirà una percentuale del 10% potrà saltare ancora più in alto. La norma non scatterà però subito. Entrerà in vigore solo un anno dopo il varo del regolamento. Qui per approfondire
Anac - Criteri ambientali minimi: conclusa la consuntivazione sulle Linee guida
La richiesta di certificazioni ambientali (tipo Emas o Iso 14001) alle imprese che partecipano ad appalti pubblici coperti dall'obbligo di rispettare i Criteri ambientali minimi (Cam) sanciti dal ministero dell'Ambiente con il Dm 11 ottobre 2017 è una facoltà non un obbligo per le stazioni appaltanti. Anzi, il consiglio è quello di limitare questa richiesta a casi particolari o ad appalti di importo elevato, evitando di inserirla nei bandi relativi a manutenzioni ordinarie e piccole ristrutturazioni. È questa una delle indicazioni più importanti tra quelle contenute nella linea guida sull'applicazione dei Criteri ambientali minimi in edilizia che l'Autorità Nazionale Anticorruzione ha messo in consultazione. Il documento è rimasto aperto alle proposte degli operatori e delle amministrazioni fino al 29 novembre. L'obiettivo di queste nuove linee guida (facoltative) è quello dare alle stazioni appaltanti una bussola per scrivere bandi e documenti di gara che rispettino l'obbligo di adeguarsi ai Cam, senza però limitare la possibilità di partecipazione agli appalti delle Pmi, che è invece uno dei traguardi principali che l'Unione europea si è prefissata scrivendo le nuove direttive sugli appalti. Per questo, particolare attenzione è stata dedicata nel testo ai criteri di «selezione dei candidati» (criterio 2.1 del Dm 11 ottobre 2017) con i quali si specificano le certificazioni ambientali di cui devono essere in possesso le imprese che concorrono agli appalti pubblici. Il primo chiarimento dato dall'Anac è che l'inserimento dei criteri relativi alla selezione dei candidati e quindi la richiesta di certificazioni ambientali alle imprese «è da ritenersi facoltativo, a discrezione della stazione appaltante». Dunque, non ci sono obblighi. Non solo, L'Anac aggiunge anche che «tenuto conto dell'effetto preclusivo alla partecipazione degli operatori economici» che questo tipo di criteri può determinare nelle gare per i lavori «l'inserimento degli stessi nella documentazione di gara deve essere attentamente ponderato in funzione della tipologia di intervento e della rilevanza dello stesso, avendo come principio ispiratore quello di consentire la più ampia partecipazione alle procedure di gara». Per questo, si legge nelle linee guida in consultazione, «non appare opportuna la richiesta dei predetti criteri per interventi di manutenzione ordinaria di ridotta rilevanza, per interventi di riparazione o di ristrutturazione di piccola entità». Qui per approfondire
Centrale di progettazione, Ministro Patuanelli: errore madornale
“La centrale di progettazione è un errore madornale. Mi auguro che quella struttura, che non è ancora partita, si trasformi in qualcosa di utile”. Lo ha detto il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, nel suo intervento al sessantennale di InArch, Istituto Nazionale di Architettura. Negli enti locali - ha spiegato il Ministro - vi sono elementi di criticità nella gestione dei progetti. È giusto accompagnare questo processo e che ci sia una struttura centrale che dia linee guida per i responsabili del procedimento. Ma pensare di tornare al prototipo progettuale di una scuola media o elementare è la morte dell’architettura. Il progetto è un elemento fondamentale nella vita dei cittadini, anche in modo inconsapevole - ha proseguito Patuanelli. Il ruolo dell’architetto e dell’ingegnere è fondamentale per coniugare esigenze diverse, dare risposte e trovare soluzioni. Eppure, la centrale di progettazione è “tra le cose da fare” del Governo Conte 2, come emerge dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef) presentata all’inizio di ottobre, nella quale il Governo spiega che “è urgente rendere operativa la centrale e diffonderne la conoscenza presso le Amministrazioni locali e regionali, per verificarne in seguito l’incisività e i risultati”. Inoltre, nella Nadef il Governo sostiene di averne definito gli aspetti organizzativi e funzionali con il Dpcm 15 aprile 2019, decreto annunciato lo scorso aprile dal presidente del Consiglio ma mai messo in circolazione.
Si precisa, infine, che al disegno di legge di bilancio è stato presentato un emendamento a firma PD per l’abrogazione della norma che ha introdotto la centrale. Qui per approfondire
Edilizia scolastica: nel 2020 il Miur ha previsto bandi per un miliardo di euro
Nel 2020 il Ministero dell’Istruzione bandirà gare per la messa in sicurezza delle scuole per un valore complessivo di un miliardo di euro. Lo ha annunciato il Ministro Lorenzo Fioramonti durante la riunione dell’Osservatorio nazionale per l'Edilizia scolastica, che si è svolta a Rivoli in occasione della Giornata Nazionale per la Sicurezza nelle Scuole.
Come spiegato dal Ministro, non si tratta di nuove risorse stanziate ex novo, ma di economie di gara registrate dal Miur nell’ambito degli interventi realizzati con i finanziamenti per l’edilizia scolastica, come ad esempio i Mutui Bei e le iniziative “Scuole Sicure” o “Scuole Antisismiche”. Le risorse, ha affermato Fioramonti, saranno erogate con assegnazione diretta, con bandi che saranno pubblicati dal prossimo anno.
Durante la riunione, la Viceministra con delega all’edilizia scolastica, Anna Ascani ha ricordato le risorse in campo per l’edilizia scolastica, tra cui: “1,5 miliardi di euro del piano mutui BEI 2018; oltre 65 milioni destinati a un Piano straordinario per la verifica dei solai e dei controsoffitti, 120 milioni per gli interventi di messa in sicurezza nelle scuole delle aree colpite dal sisma in Centro Italia”. Ma è importante - ha concluso Ascani - che gli stanziamenti si trasformino presto in ‘cantieri’ perché quando parliamo della sicurezza dei nostri studenti non possiamo perdere tempo. Qui per approfondire
Ministero dell’Ambiente - Piano operativo sul dissesto idrogeologico: stanziati 361 milioni
Il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha trasmesso alla Presidenza del Consiglio il decreto per rendere immediatamente effettivo lo stanziamento di ulteriori 361 milioni di euro per 236 interventi sul territorio nazionale, volti a contrastare il fenomeno del dissesto idrogeologico e rientranti nel “Piano operativo sul dissesto idrogeologico per l’anno 2019. Costa spiega che “si tratta di risorse ulteriori e immediatamente disponibili per la messa in sicurezza idrogeologica e per progetti immediatamente cantierabili. Non lavoriamo sulla logica dell’emergenza, ma con una programmazione costante e interventi specifici per attenuare i rischi e le criticità sull’intero territorio nazionale”. I fondi verranno erogati in via diretta, senza la stipula di successivi accordi di programma, come previsto dalla delibera CIPE 64/2019. Gli interventi vanno dalla sistemazione di versanti franosi, al consolidamento e alla difesa idraulica, al ripascimento e difesa delle aree costiere, alla messa in sicurezza di abitati. Qui per approfondire
EQUO COMPENSO
Equo compenso: anche nella Regione Marche sarà garantito per legge
Il Consiglio regionale delle Marche ha approvato all’unanimità la legge per l’equo compenso, “un’ulteriore tutela per i liberi professionisti, affinché venga garantito e promosso il valore delle loro prestazioni.” La legge punta a promuovere e valorizzare le attività professionali attraverso il riconoscimento del diritto ad un equo compenso, necessariamente proporzionato alla quantità, alla qualità, al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione resa, oltre che conforme ai parametri applicabili alla specifica professione, così come stabilito anche dal legislatore nazionale. Gli stessi parametri dovranno essere utilizzati, quale criterio o base di riferimento, ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara e nei contratti di incarico professionale non dovranno essere inserite clausole vessatorie. Gli specifici atti di indirizzo dovranno essere adottati dall’Ufficio di presidenza dell’Assemblea legislativa e dalla Giunta regionale. È previsto, inoltre, che la Regione promuova l’adozione, da parte degli Enti locali, di misure atte a garantire quanto stabilito dall’intervento legislativo in questione.
“L’introduzione dell’equo compenso, voluta in una prima fase dal legislatore nazionale limitatamente ad alcune categorie - sottolinea il Presidente del Consiglio, Antonio Mastrovincenzo (primo firmatario) - è stata poi estesa ad altri soggetti fino a contemplare anche i contratti stipulati con la pubblica amministrazione”. “È in questo contesto che si colloca la nostra proposta - continua Mastrovincenzo -, frutto di un confronto diretto con gli ordini e le organizzazioni di settore, che hanno contribuito in modo significativo alla elaborazione dell’atto”. Il Presidente non manca di puntualizzare che “alla base di tutto, resta fermo l’impegno affinché il lavoro, le competenze e l’equità ritornino ad essere centrali in tutte le strategie regionali di intervento. Siamo particolarmente soddisfatti perché, attraverso questo provvedimento, le Marche si pongono tra le prime regioni italiane a legiferare in materia”.
Infine, ricordiamo che, prima della Regione Marche, hanno legiferato sull’equo compenso le Regioni Calabria, Basilicata, Piemonte, Campania, Sicilia, Lazio, Abruzzo, Puglia, Veneto.
La Fondazione Inarcassa ha così commentato la notizia “Siamo molto soddisfatti - afferma Egidio Comodo, che anche la Regione Marche abbia dato il via libera ad un provvedimento, sollecitato in primis dagli ordini professionali, che ha l’obiettivo di assicurare compensi proporzionali alla quantità e qualità della prestazione professionale. È ormai evidente che l’equo compenso non possa più rimanere appannaggio delle iniziative delle singole regioni, ma ci auspichiamo che presto Governo e Parlamento lavorino insieme per una legge nazionale che affronti in maniera sistematica il tema. La proposta in campo c’è. Possiamo ripartire dal ddl a prima firma del sen. Santillo che rappresenta un primo passo importante per restituire fiducia e dignità all’intera categoria professionale” ha concluso il Presidente. Qui per approfondire - Qui per approfondire
PROFESSIONI
Professionisti, cosa aspettarsi dalla legge di Bilancio 2020
Tra le centinaia di proposte emendative formulate dai Gruppi parlamentari al disegno di legge di Bilancio 2020, ce ne sono diverse di interesse per i professionisti. Tra le diverse si segnalano:
- Alcuni emendamenti presentati prevedono che le Pubbliche Amministrazioni non possano affidare servizi professionali a titolo gratuito, a eccezione dell’alta consulenza alle Amministrazioni Centrali. Non potranno neanche essere previsti corrispettivi dal valore simbolico (bandi a 1 euro). Se presenti nei contratti, queste clausole saranno considerate nulle e i compensi del professionista saranno determinati dal giudice sulla base del Decreto parametri. Altri emendamenti intervengono sul tema dell’equo compenso spiegando che per compenso equo si intende un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto. Si presume che sia sproporzionato e non equo un compenso di ammontare inferiore ai corrispettivi individuati dal DM 17 giugno 2016. In base alle proposte presentate, per far valere i propri diritti, i professionisti dovranno agire entro un termine di prescrizione, che inizierà a decorrere dal momento in cui viene eseguita la prestazione.
- Un emendamento presentato da Forza Italia propone che siano esclusi dal regime forfetario i professionisti che, parallelamente all’attività di impresa, percepiscono redditi da lavoro dipendente superiori a 40mila euro. Il ddl di Bilancio ha invece fissato questo limite a 30mila euro. Ci sono anche ipotesi più coraggiose, come quella, avanzata da fratelli d’Italia, di elevare questo limite a 60mila euro. Dai banchi del centrodestra è inoltre arrivata la richiesta di ripristinare la flat tax al 20% per i redditi da 65mila a 100mila euro.
In sintesi, il disegno di legge di Bilancio 2020 sta di ridisegnando il regime fiscale di vantaggio per i professionisti. Dal 2020, i professionisti con redditi fino a 65mila euro continueranno ad usufruire del regime forfetario, che prevede una tassazione al 15%. Rispetto al 2019, saranno introdotti degli sbarramenti: uno è il tetto ai redditi da lavoro dipendente, l’altro è il limite di 20mila euro per le spese per lavoro accessorio. Qui per approfondire
“Resto al Sud 2019”: estesi incentivi anche ai professionisti
A partire dal 9 dicembre 2019 anche gli under 46 ed i professionisti residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia potranno accedere agli incentivi previsti dalla misura “Resto al Sud” e presentare i progetti sulla piattaforma online di Invitalia.
Il Decreto della Presidenza del Consiglio (Qui il testo) definisce l’attività libero-professionale come quella svolta da soggetti iscritti in ordini o collegi professionali nonché dagli esercenti le professioni non organizzate in ordini o collegi disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4. Grazie alle modifiche apportate dal Decreto, che entrerà in vigore il prossimo 8 dicembre, possono accedere all’incentivo i liberi professionisti che, nei 12 mesi che precedono la richiesta di agevolazione, non sono stati titolari di partita Iva per un’attività analoga a quella proposta per il finanziamento e che mantengono la sede operativa nelle regioni interessate. Si tratta, ad esempio, di professionisti, ex dipendenti di uno studio, che vogliono aprirne uno proprio o di chiunque voglia uscire da una situazione di precariato o lavoro irregolare. Il finanziamento Resto al Sud copre il 100% delle spese ammissibili e consiste in:
- un contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo;
- un finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi del finanziamento sono interamente coperti da un contributo in conto interessi.
L’importo massimo del finanziamento erogabile è di 50mila euro per ciascun socio, fino ad un ammontare massimo complessivo di 200mila euro. Le domande, corredate da tutta la documentazione relativa al progetto imprenditoriale, vanno inviate a Invitalia, attraverso la piattaforma dedicata sul sito invitalia.it. L’Agenzia esaminerà i progetti in base all’ordine cronologico di arrivo e ne valuterà la sostenibilità tecnico-economica.