Sintesi di Monitoraggio Legislativo 28 Settembre-9 Ottobre 2015
NOTA POLITICA
La resa di Marino
Nella serata di giovedì 8 ottobre 2015 Ignazio Marino ha rassegnato le dimissioni da sindaco di Roma al culmine di una giornata convulsa apertasi con la decisione del Partito Democratico di ritirare definitivamente il proprio sostegno al sindaco della Capitale. Già sotto attacco per l’inchiesta relativa alle note spese per le cene di rappresentanza scattata dopo gli esposti presentati dalle opposizioni (FdI e M5S), nelle ultime ore Marino ha dovuto fronteggiare un vero e proprio assedio fatto di ultimatum, dimissioni dei suoi assessori e contestazioni di piazza.
Riforma costituzionale
Prosegue a Palazzo Madama l’iter di approvazione del ddl Boschi grazie all’intesa raggiunta fra Governo e minoranza Pd su una serie di articoli della riforma.
Precedentemente, il Governo era riuscito a evitare il temuto voto segreto sull’articolo 1 del ddl grazie all’approvazione di un emendamento che recepiva l’accordo di maggioranza su quello stesso articolo. La modifica, approvata con 177 voti, ha fatto inoltre decadere tutti gli emendamenti successivi e ha scatenato la protesta delle opposizioni, leste ad annunciare la loro non partecipazione al voto finale fissata per il 13 ottobre.
Sembra infine meno compatto il fronte delle opposizioni, soprattutto dopo che in un’occasione Forza Italia ha scelto di votare con il Governo, prendendo così in contropiede gli altri partiti che invece puntavano a inviare una lettera comune al Presidente della Repubblica Mattarella per contestare l’operato del Presidente del Senato Grasso.
Scontro Confindustria-sindacati
Il Ministro del Lavoro Poletti ha promesso l’intervento del Governo sulla riforma della contrattazione nel caso di mancato accordo fra le parti sociali. In precedenza, il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi si era riferito ai negoziati sui contratti di lavoro spiegando come questi fossero arrivati a un punto morto. A dividere le parti sociali l’intenzione di Confindustria di rafforzare i contratti di lavoro aziendali a scapito di quelli collettivi nazionali per accrescere flessibilità salariale e tenerli maggiormente legati alla produttività. Di qui la proposta di approvare con regole nuove i contratti di lavoro in scadenza nei prossimi mesi, per dare più spazio a quelli aziendali a scapito di quelli nazionali. Di parere opposto i sindacati: prima il rinnovo nei tempi naturali dei contratti in scadenza e poi, successivamente, la discussione sulle nuove regole.
Riunione dei fondi sovrani
Mercoledì 30 il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha incontrato a Milano le massime autorità dei fondi sovrani di Australia, Kuwait, Cina, Libia e Singapore a margine dei lavori dell’assemblea annuale dell’International Forum of Sovereign Wealth Funds, l’associazione che riunisce capitali pari a 2,8 volte il Pil italiano. Dopo aver illustrato il piano di riforme avviato dal Governo e la roadmap delle privatizzazioni in corso, Padoan ha spiegato come l’Italia sia aperta agli investitori internazionali soprattutto a lungo termine e che il tema della crescita deve essere al centro di ogni dibattito. Obiettivo dell’esecutivo quello di stimolare gli investimenti esteri in mercato che agli occhi degli investitori appare ancora contenuto e con una liquidità non comparabile a quella di Stati Uniti o Regno Unito. Nel mirino dei fondi sovrani le infrastrutture, le utility e l’energia.
SINTESI DI MONITORAGGIO LEGISLATIVO E REGOLATORIO
LAVORI PUBBLICI
Delega appalti: ok in Commissione all'attuazione in due tempi: prima le Direttive, poi il nuovo Codice Riforma spacchettata in due tempi, cancellazione dell'incentivo 2% per i progettisti interni alla Pa, superamento della legge obiettivo, promozione del Bim, introduzione di nuovi poteri sanzionatori da parte dell'Anac, stretta sugli arbitrati e sui collaudi eseguiti dai dipendenti della Pa, divieto di assegnazione delle gare sulla base di progetti preliminari, misure a favore della partecipazione delle Pmi negli appalti, inserimento del rischio operativo negli appalti di project financing. Sono molte le novità di rilevo che i 61 emendamenti approvati dalla commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera nella seduta notturna di mercoledì 30 settembre, che ha chiuso l'esame sul testo che ora è pronto per il passaggio all'Aula. Tra questi anche diversi ritocchi su alcuni dei passaggi più "delicati" del provvedimento uscito dal Senato, su cui ha evidentemente giocato la ricerca di un compromesso. A partire dall'obbligo di gara sui contratti delle concessionarie che riguarderà l'80% degli appalti, invece che tutti i contratti, fino alla scelta di ritenere assolti con cinque inviti (invece che cinque offerte) gli obblighi di trasparenza nelle procedure semplificate sottosoglia Ue. Meno stringenti anche i paletti sull'obbligo di centralizzazione degli appalti dei comuni non capoluogo e a ben guardare anche sui divieti alle deroghe. Mentre non è passata l'abolizione immediata del performance bond sulle grandi opere, che arriverà soltanto con l'entrata in vigore del nuovo codice.
Attuazione in due fasi. Confermata la scelta di spacchettare la riforma. Non ci sarà più il decreto unico che avrebbe dovuto cogliere l'occasione delle nuove direttive per riformare l'intero sistema e mandare in pensione codice e regolamento. Il rischio di mancare l'occasione con il recepimento delle direttive europee (fissato al 18 aprile 2016) ha prodotto la scelta di separare le strade. Da una parte il recepimento delle direttive. Dall'altra la rifondazione del sistema degli appalti. La seconda scadenza è fissata al 31 luglio 2016: termine ravvicinato per mantenere alta l'attenzione sull'urgenza della riforma, ma proprio per questo ad alto rischio. Del resto la linea maggioritaria al tavolo chiamato a riscrivere le regole del mercato è che la priorità è recepire le direttive. Mentre molti dei criteri della delega (nel frattempo saliti a 57) hanno più a che fare con l'idea di rifondare un sistema più che scricchiolante, come hanno messo in chiaro scandali e inchieste. Non ci sarà più il regolamento, sostituito da linee guida elaborate in coabitazione da Anac e Infrastrutture, con un'inedita formula normativa ispirata al modello della regolamentazione flessibile («soft law»).
Deroghe. Resta il divieto di deroghe rispetto alle procedure ordinarie, ma cambia la formula. Mentre prima le "scorciatoie"erano ammesse solo per appalti legati a calamità naturali, ora si chiede di disegnare uno standard specifico per gli appalti di protezione civile, garantendo meccanismi di controllo e pubblicità. Le deroghe poi restano ammesse per «situazioni emergenziali». Stretta sui contratti secretati, sottoposti al controllo preventivo e successivo della Corte dei conti.
Sottosoglia. Cambia la formula scelta per l'affidamento degli appalti sottosoglia europea con procedure semplificate. Nel testo del Senato si prevedeva la necessità di garantire la presenza di almeno cinque offerte. Ora si scende a cinque inviti, se ci sono abbastanza imprese. Una soluzione che sembra meno rigorosa di quella addirittura in vigore oggi. Visto che nelle procedure negoziate fino a 500mila euro vige l'obbligo di invitare almeno cinque imprese. Mentre tra 500mila e un milione di euro, l'obbligo è di invitare almeno10 operatori.
In house. Le concessionarie (tutte, ma la norma è particolarmente sensibile in ambito autostradale) potranno affidare senza gara a società partecipate solo il 20% degli appalti sopra i 150mila euro, dunque l'80% dovrà andare in gara. La formula in vigore oggi è 60% in gara, 40% in house. Ma il testo uscito dal Senato prevedeva una soluzione più radicale: tutto in gara. Maggiori paletti invece per gli affidamenti in house tra società pubbliche con l'obbligo di pubblicare tutti gli atti «connessi all'affidamento» e di valutare la congruità dell'offerta anche in caso di aggiudicazione diretta.
Incentivo 2%. Il bonus cambia pelle. Non sarà più possibile assegnarlo per le attività di progettazione svolte dai tecnici interni alle amministrazioni. L'incentivo però resta: premierà le attività svolte nel campo della programmazione e del controllo.
Progettazione e Bim. Rafforzati i limiti all'appalto integrato. Assegnare insieme progetto e lavori sarà possibile solo per gli appalti ad alto contenuto tecnologico (oltre il 70% dell'appalto), ma dalla Camera arriva anche il divieto espresso alla possibilità di bandire gare sulla base di un semplice progetto preliminare. Si attenua invece "l'invito" a considerare come norma l'assegnazione dei contratti sulla base di progetti esecutivi. Indicazione valida «in particolare per le opere puntuali», dunque non per strade e ferrovie. Tra le misure dirette a innalzare la qualità della progettazione anche la promozione dell'uso del Bim. I progetti dovranno poi essere pubblicati on line per permettere un'adeguata «ponderazione dell'offerta».
Subappalti. Il nuovo codice dovrà indicare espressamente i casi in cui diventa obbligatorio indicare tre subappaltatori per ogni categoria di lavori da subaffidare. Il titolare dell'appalto si dovrà impegnare a garantire l'assenza di cause di esclusione e a sostituire le imprese prive dei requisiti di qualificazione. Altra novità riguarda i pagamenti diretti da parte della stazione appaltante. Diventano obbligatori in caso di inadempimento del titolare del contratto «o anche su richiesta del subappaltatore se la natura del contratto lo consente».
Sanzioni Anac. Crescono i poteri sanzionatori dell'Autorità guidata da Cantone. Potranno essere colpite le Pa inadempienti sulla comunicazione delle varianti, le stazioni appaltanti carenti nei controlli in cantiere, le imprese che non denunciano fenomeni di estorsione e corruzione. Un emendamento impone poi di individuare le norme del codice che se violate fanno scattare le penali dell'Anticorruzione.
Arbitrati. Giro di vite sugli arbitrati. Il testo uscito dalla commissione rende possibili solo quelli amministrati. E comunque sotto il controllo pubblico e riducendo i costi. Il codice dovrà indicare «puntualmente» i casi in cui vi si potrà fare ricorso «secondo modalità idonee a garantirne adeguatamente trasparenza, celerità ed economicità, nonché ad assicurare requisiti di integrità, imparzialità e responsabilità degli arbitri e degli eventuali ausiliari».
Collaudi. Non saranno più possibili collaudi di opere soprasoglia nella regione sede dell'amministrazione di appartenenza dell'ente e bisognerà anche stabilire un tetto ai corrispettivi. Il giro di vite riguarderà anche i dipendenti in trattamento di quiescenza. per il futuro i collaudatori dovranno essere scelti in un albo tenuto dal Mit «sulla base di procedure concorsuali».
Centrali di committenza. Cambia la formula scelta per stabilire l'obbligo di centralizzare gli appalti. Con paletti meno rigorosi. Ora si precisa che per gli appalti sopra a centomila euro l'obbligo può essere assolto facendo riferimento a «ambiti ottimali», riferiti a unioni di comuni. Mentre sparisce il vincolo di fare riferimento a una centrale di committenza di libello quantomeno regionale per gli appalti soprasoglia comunitaria. Così se la stima sul numero delle stazioni appaltanti relativa al testo del Senato, stando alle parole del relatore Stefano Esposito, era di «circa 230» soggetti abilitati a bandire le gare, ora si rischia di salire parecchio. Chiunque bandirà le gare però sarà costretto a pubblicare on line un resoconto finanziario dell'opera al termine del cantiere.
Contratti secretati. Più controlli sui contratti secretati. La delega prevede che debbano essere sottoposti al controllo preventivo e successivo della Corte dei conti, che si dovrà pronunciare «sulla legittimità e sulla regolarità dei medesimi, nonché sulla regolarità, sulla correttezza e sull'efficacia della gestione, individuando le circostanze che ne giustificano il ricorso e, ove possibile, le modalità realizzative». Andra anche garantita « la partecipazione di un numero minimo di operatori economici, nonché l'adeguata motivazione nel caso in cui non sia possibile esperire la procedura con un numero minimo di partecipanti ovvero i casi in cui la negoziazione con più di un operatore economico sia incompatibile con le esigenze di segretezza e sicurezza».
Bandi sui giornali. Altra novità è la cancellazione dell'obbligo di pubblicità di bandi e avvisi di gara sui giornali. Una modifica, sostenuta da deputati del Pd e del movimento Cinque Stelle, che non cambia nulla per le casse dello Stato. Visto che anche ora la pubblicazione dei bandi degli avvisi di gara e dei risultati della competizione è posta a carico del vincitore della commessa, chiamato a rimborsare (entro 60 giorni)le spese della pubblicazione anticipate dalla stazione appaltante. La novità non entrerà in vigore da subito. Fino al primo gennaio 2016 infatti continueranno ad applicarsi le regole attuali (stabilite da una modifica al codice appalti stabilita dal decreto Irpef , n.66 del 2014) che prevedono l'obbligo di pubblicazione sui quotidiani con rimborso a carico dell'aggiudicatario. Da quel momento in poi, anche senza la modifica introdotta nella delega, l'obbligo di pubblicazione dei bandi sui quotidiani sarebbe comunque caduto.
Addio all'incentivo 2% per i progettisti della P.A.: bonus destinato a programmazione e controllo
Il due per cento cambia pelle. Con le modifiche approvate dalla commissione Ambiente della Camera, l'incentivo per la progettazione interna alla pubblica amministrazione diventerà qualcosa di radicalmente diverso rispetto al passato: non più una somma destinata a pagare i tecnici interni per preparare elaborati da usare per realizzare le opere, ma un plafond dedicato soprattutto alle attività di programmazione e controllo. Esattamente, quello che chiedono da anni progettisti e società di ingegneria che, allora, accolgono la novità con grande soddisfazione.
La riforma arriva alla lettera ii) del testo modificato dalla commissione Ambiente mercoledì notte. Qui si dispone la destinazione di «una somma non superiore al 2 per cento dell'importo posto a base di gara per le attività tecniche svolte dai dipendenti pubblici». È il famigerato incentivo alla progettazione interna che, al momento (anche se in misura leggermente inferiore al 2%), serve a pagare le attività che i tecnici della Pa fanno nella preparazione degli elaborati tecnici commissionati dalle amministrazioni.
Secondo i professionisti e le società di ingegneria, però, questa somma era un modo per togliere risorse al mercato dei bandi, impiegando male il denaro pubblico. Al di là delle interpretazioni divergenti, il nuovo emendamento parla chiaro. E dice che questi soldi ora andranno utilizzati per la programmazione della spesa per investimenti, per la predisposizione e controllo delle procedure di bando e per l'esecuzione dei contratti pubblici, di direzioni lavori e dei collaudi, «con particolare riferimento al profilo dei tempi e dei costi». Insomma, la Pa non progetta più.
Ma, nella visione del nuovo Codice appalti, si dedica principalmente a programmare, a controllare le procedure e a vigilare sulla fase di esecuzione. Il principio è che, aumentando la qualità dei progetti e definendo meglio il ruolo delle stazioni appaltanti pubbliche, si possano centrare risultati migliori rispetto al passato.
Questa è la linea da tempo sostenuta in tutte le sedi dalla Fondazione Inarcassa come ricorda Andrea Tomasi, presidente della Fondazione: «E' il primo passo verso una netta distinzione tra i compiti degli impiegati pubblici e quelli dei liberi professionisti e delle società di ingegneria. In questo modo si rimuove una gravosa discrasia, che ha sempre generato confusione tra i ruoli di controllore e controllato. E' un tema cruciale che impatta inevitabilmente sulla trasparenza dell'azione amministrativa, sulla qualità delle opere, sui costi nonché sui tempi di realizzazione».
Appalti. Michele Corradino, consigliere Anac: “Prioritario dare certezza a imprese e P.A.”
In questo momento la priorità è dare certezza a chi vive nel mondo degli appalti. E di certo non possiamo farci trovare in ritardo con il recepimento delle nuove direttive europee». C'è piena sintonia dell'Anac guidata da Raffaele Cantone con il piano di separare il destino del recepimento delle nuove direttive Ue su appalti e concessioni da quello del riordino complessivo del codice dei contratti che, su impulso del governo, ha preso forma in un emendamento presentato dai relatori alla legge delega in discussione alla Camera.
Lo dice chiaramente Michele Corradino, consigliere dell'Autorità con delega agli appalti, in un’intervista rilasciata lo scorso 30 settembre.
Secondo Corradino, l'attuazione in due tempi non rischia di disorientare il mercato, al contrario può dare certezze agli operatori. C'è grande attesa sulle nuove direttive, destinate a modificare profondamente il sistema degli appalti, introducendo nuove opportunità di sviluppo. Molte misure sono «self-executing»: non hanno bisogno neppure di essere recepite per diventare operative. Imprese e Pa vogliono sapere quali sono valide e quali no, senza che ci sia bisogno dell'intervento di un giudice. Certo, poi bisogna che il riordino complessivo arrivi in un tempo breve, come del resto prevede l'emendamento dei relatori.
Realacci: con la riforma degli appalti la progettazione torna al centro del sistema
Nel passaggio in Aula c’è ancora spazio per qualche correzione, nella direzione della trasparenza e della ritrovata centralità del progetto, ma sulla legge delega appalti la commissione Ambiente e Territorio ha fatto un buon lavoro, rafforzando l’impianto del Senato. L’unico scostamento importante è la scelta, voluta dal governo, di introdurre un processo legislativo più leggero con il rafforzamento della soft law e del ruolo dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Una soluzione che risponde all’esigenza, avvertita anche dagli operatori, di adeguare più rapidamente le norme alle evoluzioni del mercato». Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente e Territorio della Camera, ci tiene a sottolineare altre «due innovazioni importanti» rafforzate nel passaggio in commissione: il débat public e i concorsi di progettazione. Il testo arriverà nell’Aula di Montecitorio lunedì prossimo.
Secondo Realacci, tutta la legge delega va nel senso di ridare qualità e centralità alla progettazione. Senato e Camera condividono a pieno questa considerazione: per ripartire, il mercato dei lavori pubblici ha bisogno anzitutto di buoni progetti e di progettazione di qualità. “È una priorità forte che il legislatore pone al centro della legge. Anche l’eliminazione del massimo ribasso per le gare di progettazione, introdotta dal Senato e confermata da noi, va in questa direzione. In questo quadro ho rilanciato due mie vecchie proposte su débat pubblic e concorsi di progettazione, considerati due passaggi chiave per democratizzare il percorso di realizzazione delle opere pubbliche, ridare la giusta dignità al progetto come atto pubblico, trasmettere ai cittadini il senso di un’utilità generale dell’opera. Questa tendenza è presente anche nel sostanziale azzeramento della legge obiettivo”.
In particolare, “nella legge delega c’è l’esplicita scelta di superare la legge obiettivo che è stata inefficace, ma in alcuni punti ha anche introdotto elementi di opacità: oltre alle modalità in cui il general contractor affida i lavori e alla direzione lavori subordinata a chi ha vinto l’appalto, c’è proprio l’abbassamento dell’attenzione sul progetto”.
Realacci inoltre afferma che avrebbe “preferito l’attuazione della legge tutta e subito e non in due tempi, ma è un prezzo per consentire il rafforzamento della soft law in capo ad Anac. Non penso sia un problema se i due tempi sono effettivamente ravvicinati e il governo rispetta le priorità date dal Parlamento con i criteri di delega. Una garanzia in più, in questo senso, arriva dalla doppia lettura che farà il Parlamento dei decreti attuativi delle delega in caso di mancato recepimento delle osservazioni parlamentari”.
Imprese specialistiche contro la scelta di spacchettare la Riforma in due decreti
Imprese impiantistiche contro la decisione di spacchettare la riforma del sistema degli appalti. A prendere posizione è Anie Confindustria, federazione che raccoglie 1.200 aziende per circa 410.000 occupati, con un fatturato aggregato di 55 miliardi di euro. «Il cambio di rotta sulla legge delega degli appalti, che fino a pochi giorni fa prevedeva l'emanazione di un unico decreto di modifica dell'attuale Codice degli Appalti, oggi sostituito – tramite un emendamento - dalla previsione di due diversi provvedimenti da adottarsi in due momenti diversi, ci lascia perplessi», dice Maria Antonietta Portaluri, direttore generale di Anie Federazione.
Per Anie si rischia che la scelta procedurale si trasformi in un «un ostacolo alla riscrittura dell'intera disciplina del sistema degli appalti, riforma di cui il nostro sistema necessita ormai da molti anni». In particolare, continua Portaluri «recepire in un primo momento soltanto le direttive, senza operare una riforma completa ed organica del codice, potrebbe comportare il fatto di non intervenire in tempi brevi e in maniera puntuale su istituti rilevanti quali il sistema di qualificazione degli esecutori dei lavori
Non solo. L'associazione chiede anche che nella revisione del sistema si dia maggiore attenzione alle imprese specializzate nelle attività ad alto contenuto tecnologico. Visto che «l'edificio non può più essere visto come solo e semplice involucro, perché l'evoluzione ci porta verso un "sistema" in cui i diversi impianti tecnologici evolvono e si integrano tra loro e con lo spazio in cui sono inseriti».«Ripensare gli appalti in chiave moderna significa quindi creare una domanda pubblica qualificata, innovativa e sostenibile. Se - conclude Portaluri - si vuole percorrere la strada del Decreto di recepimento delle Direttive per rispettare i tempi imposti dalla Commissione, sarebbe auspicabile prevedere due provvedimenti distinti, uno per i settori ordinari e uno per i settori speciali, da recepire in modo autonomo e autosufficiente, evitando la tecnica del rinvio», tra parti diverse del codice come invece avviene ora finendo « per gravare sulle imprese con formalismi e vincoli ulteriori rispetto a quanto disposto dal diritto comunitario, incidendo negativamente sulla competitività delle imprese stesse nell'ambito del mercato europeo».
Appalti: M5S, superamento legge obiettivo è solo bluff
"Il superamento della legge obiettivo di cui si sta facendo bello Delrio che ha dato parere positivo e ha fatto approvare l'emendamento Realacci sarà in realtà tutto un bluff". Lo dichiarano il capogruppo Michele Dell'Orco e i deputati M5S della IX Commissione Trasporti che hanno discusso il parere in consultiva sulla legge delega al Codice appalti. "Temevamo già - sostengono i deputati M5S - che in realtà non ci fosse reale volontà politica di bloccare i numerosi sprechi e scempi dovuti alle grandi opere nel nostro Paese ma oggi, in Commissione, ne abbiamo avuto la prova quando la deputata del Pd Romina Mura, su richiesta di Ncd, ha fatto approvare un passaggio del parere votato dalla Commissione che peggiora il testo originario dando il via libera a un incontrollato elenco di opere".
Appalti, ok del Senato a Commissione di inchiesta
La Commissione Lavori pubblici, giovedì 8 ottobre, ha concluso l'esame congiunto dei ddl n. 1881 e n. 1897 in materia di Commissione di inchiesta sugli appalti pubblici, conferendo mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea sul disegno di legge n. 1881.
L'obiettivo principale della commissione, spiega la relazione di accompagnamento al provvedimento, "è quello di analizzare il settore degli appalti pubblici e il fenomeno della corruzione, che presenta per la sua dimensione, estensione e profondità, connessioni dirette con il sistema politico, con la pubblica amministrazione, con il sistema delle autonomie locali e con i corpi tecnici e con i funzionari dello Stato, con il mondo delle imprese e più in generale dell'economia e della finanza, con la stessa criminalità organizzata, il cosiddetto 'mondo di mezzo'".
Non saranno interesse della commissione, invece, le attività e le indagini in corso di competenza delle autorità giudiziarie e dell'Autorità nazionale anticorruzione. L'obiettivo ultimo - spiega ancora la relazione - è quello di arrivare ad un efficiente assetto del futuro codice dei contratti pubblici, ad un utilizzo controllato di taluni istituti, al rafforzamento delle autorità e delle istituzioni preposte al controllo e al monitoraggio e alla concorrenza del mercato delle commesse pubbliche.
Project financing, la guida di Cantone per imprese e P.A.: applicare subito le regole Ue per stimare le concessioni
Applicare da subito le norme della direttiva Ue che impongono di stimare il valore massimo delle concessioni da mettere a gara, chiarendo quali sono gli indicatori (sette) da temere in considerazione quando si valuta l'importo dei contratti da scrivere su un bando. È una delle indicazioni contenute nelle linee guida per l'affidamento delle concessioni, appena pubblicate dall'Autorità Anticorruzione, al termine di un lungo periodo di gestazione. Un'indicazione importante perché chiede di anticipare i contenuti della direttiva 2014/23 , ancora da recepire in Italia, con l'obiettivo di arginare il fenomeno delle concessioni sottostimate per aggirare le gare europee. Importante, ma non l'unica di rilievo, in un documento di 47 pagine atteso da amministrazioni e operatori che fornisce una guida passo per passo all'avvio e alla gestione di un'operazione di project financing e boccia anche alcune delle novità varate solo due anni fa con il «decreto Fare», invitando a raccogliere il consenso sugli interventi con un «débat public» alla francese al momento della presentazione degli studi di fattibilità, per evitare il rischio di operazioni lanciate su un binario morto.
Valore dei contratti. Basta concessioni sottostimate, dice Cantone. Le norme previste dal codice degli appalti (articolo 29 del Dlgs 163/2006) hanno dato adito a «numerose difficoltà interpretative, soprattutto rappresentate dalla mancata comprensione da parte delle stazioni appaltanti del fatto che nel calcolo di tale valore debbano essere ricompresi tutti i proventi di qualsiasi natura a favore del concessionario», tra cui, ma non solo «le entrate provenienti dagli utenti del servizio». Ostacolo che, segnala Cantone, «ha portato spesso a non riconoscere la dimensione comunitaria ad affidamenti idonei a generare elevati introiti per il concessionario». Dunque interventi importanti, di potenziale interesse per un numero elevato di operatori, trattati come una gara di portata locale. Di qui l'indicazione d anticipare l'applicazione della direttiva che elenca nel dettaglio «gli elementi che le amministrazioni aggiudicatrici devono considerare ai fini del calcolo del valore della concessione». «Sebbene la Direttiva non sia stata ancora recepita - si legge nelle linee guida - , è necessario che le amministrazioni aggiudicatrici si conformino fin da subito alle indicazioni contenute nel predetto articolo, in quanto si tratta di una norma che esplica principi di concorrenza, ai quali l'Autorità si è sempre ispirata nei propri provvedimenti»
No al dialogo competitivo ibrido. Nel tentativo di semplificare le procedure per rilanciare il project financing il decreto Fare ha portato alcune correzioni alle procedure codificate dal Dlgs 163 (tra l'altro bersagliate dalle correzioni negli ultimi anni). Tra queste l'introduzione di un dialogo competitivo ibrido. Cioè la possibilità per le amministrazioni di avviare «una consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte, al fine di verificare l'insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità». Preso atto delle richieste arriva la possibilità di modificare il bando «aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non può essere inferiore a trenta giorni decorrenti dalla relativa comunicazione agli interessati ». Innovazione suscettibile di generare rapporti opachi, bocciata dall'Anticorruzione con la motivazione che «il dialogo competitivo è già utilizzabile per l'affidamento della concessione di lavori».
Débat public sugli studi di fattibilità. Per risolvere sul nascere i conflitti da sindrome Nimby l'Anac propone di prevedere una consultazione preventiva con i soggetti interessati dagli interventi che si intende realizzare. «Troppo spesso - si legge nel documento - si assiste, infatti, all'opposizione di parte della popolazione alla realizzazione di interventi sul territorio». Fenomeno che riguarda «non solo la realizzazione di importanti infrastrutture ma, in numerosi casi, interventi anche limitati, come la costruzione di un parcheggio». Cantone osserva «che attualmente non esiste alcuna norma ostativa allo svolgimento di una consultazione preventiva in un momento che precede la definizione dello studio di fattibilità e, quindi, la predisposizione dei documenti di programmazione». E fornisce anche le indicazioni per svolgere questo tipo di consultazione.
Dall’Anac stop ai bandi di gara che condizionano i pagamenti. Illegittimo subordinare i versamenti all’arrivo di un finanziamento
Gli appalti che condizionano i pagamenti delle prestazioni all’erogazione effettiva di un finanziamento sono illegittimi, e violano praticamente tutte le fonti del diritto, dalla Costituzione alle norme Ue, dalla legge ordinaria alle regole di concorrenza.
A sottolinearlo è il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, che in un comunicato diffuso dall’Autorità anticorruzione interviene sul tema per rispondere alle sollecitazioni arrivate dalle imprese.
All’Authority è stato infatti segnalato che «diversi bandi di gara relativi all’affidamento di lavori pubblici» contengono la clausola che subordina il pagamento all’arrivo di finanziamenti da terzi, che possono essere l’Europa oppure per esempio le Regioni nel caso di gare bandite da un Comune. In questo modo, l’impresa che vince esegue il lavoro, ma per essere pagata deve sperare che alla Pa arrivi in fretta il finanziamento.
Il meccanismo è contrario alle logiche di mercato, e soprattutto illegittimo. Per sostenere questo secondo aspetto, Cantone richiama prima di tutto la Costituzione, che impone di assumere un provvedimento di spesa solo quando la copertura finanziaria è certa (articolo 81) anche per assicurare il «buon andamento» della Pa (articolo 97); di qui l’articolo 191 del Testo unico degli enti locali, che consente di impegnare spese quando la copertura è “certificata”.
Sul punto, l’obiezione potrebbe essere legata per esempio al fatto che il finanziamento è stato ottenuto, ma se ne attende l’erogazione effettiva. L’osservazione, però, cade di fronte a un’altra regola, cioè al Dlgs 231/2002, modificato tre anni fa per adeguarsi alla disciplina Ue sui tempi certi di pagamento. In questo quadro, non è possibile per esempio invocare i vincoli del Patto di stabilità per giustificare un pagamento che ritarda: il programma dei pagamenti deve tener conto di tutti i fattori in gioco, e il bando funziona solo se si può chiudere la partita in modo puntuale.
In realtà, questa rimane un’utopia, come dimostrano le tante norme che hanno provato a realizzarla senza successo, a partire dal decreto anti-crisi del 2009 (articolo 9, comma 2 del Dl 78/2009) che ha previsto tagli di stipendio al funzionario che non accerta l’assenza di ostacoli ai pagamenti prima di firmare impegni di spesa. La norma, che sulla carta è durissima, è in vigore da più di sei anni, ma non ha impedito la crescita dei debiti commerciali della Pa.
L’ultima tranche dello sblocca-debiti è stata attivata dal decreto enti locali approvato prima dell’estate (Dl 78/2015), e vale due miliardi per le Regioni e 850 milioni per i Comuni. Nel capitolo enti locali, l’Economia ha pubblicato il decreto attuativo il tasso d’interesse, ma per far partire davvero il meccanismo, però, bisogna aggiornare l’Addendum che regola i rapporti con Cdp: ieri il presidente dell’Anci Piero Fassino ha scritto al Governo chiedendo di accelerare.
Ticket fisso sui ricorsi negli appalti. Corte Ue. I giudici europei ritengono legittimo il contributo da 2mila a 6mila euro modulati in base all’entità dei lavori o dei servizi in gara
La Corte di giustizia dell’Unione europea si pronuncia sui contributi che vanno pagati quando si impugna una gara di appalto. La sentenza è del 6 ottobre 2015 (C-61/14) e ritiene legittimi gli importi (da 2mila a 6mila euro) dovuti contestualmente al deposito di ricorsi in primo e in secondo grado. La sentenza stessa, tuttavia, consentirà agli operatori notevoli risparmi lungo il procedimento giurisdizionale, con riferimento ai motivi aggiunti e ai ricorsi incidentali. Questa seconda affermazione della Corte di giustizia interessa, in quanto principio generale, tutti i tipi di contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi, cioè anche quelli che non riguardano appalti di lavori, servizi o forniture.
Per ciò che riguarda il primo tema, cioè la fase iniziale della lite, i giudici europei ritengono che la soglia di peso eccessivo del contributo iniziale sia individuabile nel 2% del valore dell’appalto: solo un contributo che superi tale percentuale limiterebbe l’esercizio del diritto alla giustizia. Non ha quindi rilievo il vantaggio che l’impresa può attendersi dall’aggiudicazione dell’appalto (il cosiddetto utile d’impresa, che può anche essere modesto), con la conseguenza che è corretto pretendere il pagamento di importi fissi (2, 4 e 6mila euro) a seconda del valore dell’appalto (inferiore a 200mila euro, tra 200mila e 1 milione, superiore al milione di euro). Rimane quindi il rilevante peso economico del contributo iniziale, che in materia di appalti aggiunge ad altri ostacoli quali i tempi ridotti per agire in giudizio (30 giorni per le gare), i limiti alla lunghezza degli atti giudiziari (25 pagine) e infine le difficoltà, per chi risulta vincitore in giudizio, di ottenere l’effettiva assegnazione dei lavori nel frattempo iniziati da un altro, scorretto concorrente.
Ogni problema sull'entità del contributo, sottolinea la Corte, deve poi tenere presente che, in caso di vittoria in giudizio, vi è il diritto a ottenere il rimborso del contributo pagato. Il secondo principio espresso dalla Corte, può giovare a tutti coloro i quali hanno liti giudiziarie, ed è quello che dà rilievo al «bene della vita» cui la lite tende. Quando infatti in un unico procedimento giurisdizionale la parte interessata presenti poche richieste successive, quali motivi aggiunti o ricorsi incidentali, tutti convergenti verso un unico risultato, dovrà accertarsi se vi sia un «ampliamento considerevole» dell’oggetto della controversia già pendente: mancando tale ampliamento, non vi è nemmeno l’obbligo di pagare ulteriori tributi giudiziari. Ciò consentirà risparmi consistenti, in quanto ogni ricorso si arricchisce, in attesa della sentenza, di fasi successive quali i motivi aggiunti o le domande incidentali man mano che si chiarisce l’operato dell’amministrazione.
Se i vari segmenti della lite convergono verso un unico oggetto (l’annullamento del provvedimento lesivo), il contributo sarà unico. Spetta al giudice amministrativo l’accertamento su tali elementi: fino a oggi si è applicata una circolare del Segretariato della giustizia amministrativa (18 ottobre 2011) che esigeva un contributo ogni volta che si ampliasse l’oggetto del giudizio, impugnando provvedimenti diversi o connessi. Di fatto, ogni volta che si depositava un ulteriore atto notificato alle controparti, scattava l’onere di pagare un nuovo contributo, perché in ogni atto si leggeva un ampliamento del giudizio.
Oggi invece, sulla base del chiaro indirizzo della Corte di giustizia si potrà adottare il criterio del «bene nella vita» (Consiglio di Stato, adunanza plenaria 15/2011) tenendo cioè presente il risultato cui tende la parte ricorrente. Se tale risultato è unico (la vittoria di una gara, un titolo edilizio, un posto messo a concorso), non conta il numero degli atti giudiziari se questi servono solamente a circostanziare la pretesa.
Link con testo della sentenza:
Appalti: con le grandi opere dimezzate il mercato perde in otto mesi il 20% dei valori
Frenata del mercato dei lavori pubblici ad agosto. Il settore degli appalti non cambia marcia nel mese centrale dell'estate e chiude con risultati negativi: -0,8% per il numero dei bandi (1.221) rispetto allo stesso periodo del 2014 e -31,5% per i valori (2,371 miliardi). Con questi risultati, i primi otto mesi dell'anno totalizzano 11.657 appalti (+2,1%) per 16,374 miliardi (-20,1%).
Secondo il monitoraggio del Cresme Europa Servizi, le amministrazioni comunali rimangono in linea con il 2014 con 6.983 lavori (+1,9%) per un importo di 4,244 miliardi (-0,5%). Al secondo posto si piazzano le aziende speciali, in forte crescita, con 922 lavori (+18,7%) per 2,921 miliardi (+82,6%). Meno bandi, ma più ricchi per le Ferrovie, che hanno promosso 140 lavori (-21,3%) per 3,292 miliardi (+142%), mentre l'Anas aumenta la quota dei bandi (395, +4,5%) ma dimezza quella degli importi (401 milioni, -58%).
Uno dei migliori risultati arriva dall'edilizia abitativa, capace di mandare in gara 281 nuovi interventi (+102%) per 341 milioni (+75%). Perdono terreno invece le amministrazioni provinciali: le 738 gare per 445 milioni corrispondono a un calo del 17% per il numero e del 19,8% per il valore.
Continuano a mancare all'appello le grandi opere. Nel periodo gennaio-agosto 2014 il Cresme aveva rilevato 72 bandi oltre i 50 milioni per 10,4 miliardi. Un anno dopo questo segmento totalizza solo 41 avvisi (-43%) per 5,6 miliardi (-46%). Andamento opposto per le fasce immediatamente a ridosso dei maxitagli: tra 15 e 50 milioni sono stati promossi 118 lavori (+34,1%) per 2,758 miliardi (+18,6%), tra 5 e 15 milioni sono stati pubblicati 298 bandi (+10%) per 2,5 miliardi (+8,9%).Stabile la fascia tra uno e cinque milioni (in calo dell'1% circa), impennata degli appalti tra 500mila euro e un milione (+9% sia per numero di gare che per i valori), frenata per i piccoli lavori tra 150mila e 500mila euro (-4% per entrambi gli indici).
Regioni: la Campania, pur perdendo il 19% di gare e valori, rimane prima in graduatoria con 1.380 bandi per 1,836 miliardi. Seguono il Trentino Alto Adige con 1,635 miliardi (+504%), la Lombardia con 1,615 miliardi (+8,5%) e il Lazio con 1,611 miliardi (-35%).
Acquisti P.A.: in 4-5 anni 30 miliardi di risparmi
Con il nuovo sistema semplificato di 34 centrali di acquisto in 4-5 cinque anni l’asticella “dell’intermediato” per le forniture della Pa, da cui si generano i risparmi veri e propri, si potrà posizionare attorno a quota 30 miliardi. Circa la metà di questa “dote” sarebbe garantita direttamente da Consip che già nel triennio 2016-2018 punta a far salire l’intermediato realizzato con i suoi strumenti (gare, mercato elettronico e via dicendo) dagli attuali 6,5 miliardi a 10-12 miliardi, con “risparmi” di circa un paio di miliardi già dal prossimo anno.
Questo obiettivo sarebbe perseguibile facendo rapidamente salire la quota di spesa per acquisti di beni e servizi presidiata da Consip ad almeno circa 50 miliardi rispetto ai circa 40 miliardi aggrediti fino ad oggi. Un’operazione possibile grazie all’ampliamento del suo raggio d’azione e andando a incidere maggiormente su aree su cui già interviene la centralizzazione degli acquisti, come la sanità, e toccandone di nuove come ad esempio le mense scolastiche, le manutenzioni (comprese quelle stradali ad esempio a carico dei comuni) e i servizi di vigilanza anche armata. Il tutto grazie al nuovo meccanismo centralizzato che rappresenta uno dei pilastri della spending review 2.0 targata Yoram Gutgeld. Che il Governo sta affinando in vista del varo della prossima manovra.
Cifre e obiettivi potranno essere limati con la definizione del nuovo piano di spending da parte del Governo e la presentazione a metà ottobre del piano industriale di Consip in versione definitiva. Ma le coordinate e il punto di approdo della rotta su cui si svilupperà il nuovo dispositivo di centralizzazione degli acquisti sono ormai stati individuati. «Siamo al servizio degli obiettivi del Governo», dice con chiarezza l’ad di Consip, Luigi Marroni. Che aggiunge: «Stiamo migliorando la nostra attività sia sotto il profilo della qualità che della quantità in funzione del miglioramento dei conti dello Stato ma prestando anche molta attenzione all’innovazione e alle esigenze del mondo delle imprese, soprattutto delle Pmi». Una mission rivista, insomma, quella di Consip anche tenendo conto delle altre centrali prevalentemente regionali che viene sviluppata – sottolinea Marroni - «con l’indirizzo del nostro azionista che è il ministero dell’Economia e in totale sintonia con il lavoro del commissario per la spending Gutgeld».
L’operazione per centrare l’obiettivo dei 30 miliardi entro il 2019-2020 con il nuovo sistema semplificato a 34 stazioni appaltanti non appare però del tutto in discesa. Anzitutto perché le centrali regionali non si presentano tutte allo stesso livello: quelle di Toscana, Emilia Romagna, Campania e Veneto sembrano essere meglio attrezzate delle altre. Resta poi tutta da giocare la partita con i Comuni che di fatto non sono vincolati in toto al nuovo meccanismo centralizzato. E proprio per i Comuni passa una fetta importante degli oltre 130 miliardi di spesa complessiva per consumi intermedi, 87 dei quali riconducibili a vera e propria spesa per beni e servizi, acquistabili cioè con appalti. Ma proprio ai Comuni, anche i più piccoli, come a tutte le altre amministrazioni, si rivolge la nuova strategia di Consip. «Customer care», dice Marroni facendo riferimento a una maggiore attenzione ai clienti e alle loro esigenze. Ma un’altra priorità per la società controllata dal Mef è quella di avere un maggiore contatto con il territorio e soprattutto con le piccole e medie imprese alzando il livello di appeal anche attraverso iniziative specifiche. Un programma vasto da realizzare agendo anche sulla leva dell’innovazione e trasformando la società in una vera e propria casa di vetro garantendo a tutti dal 2016 di accedere online alle notizie sullo stato di avanzamento delle gare d’appalto.
Consiglio di Stato. Nelle Asl niente affidamenti diretti per i «servizi diversi». Stop alle corsie preferenziali in caso di bandi per servizi estranei al core business
Anche se le norme sui risparmi di spesa in sanità consentono di affidare senza gara pubblica la stessa fornitura all'impresa che ha già contratti con la Pa, quest'ultima non può abusare di questa deroga affidando in via diretta servizi diversi. È di fatto un richiamo al corretto uso e risparmio dei fondi per beni e servizi quanto precisato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 4133/2015, che ha annullato un affidamento disposto da un'azienda sanitaria locale con le norme speciali per la sanità del decreto "spending review-bis" (lettera b e d, comma 13, articolo 15, Dl n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012)
In base a queste disposizioni, le Asl «che abbiano proceduto alla rescissione del contratto, nelle more delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità dei beni e servizi indispensabili, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre aziende sanitarie mediante gare di appalto o forniture». Nel caso di specie, come contestato da un'impresa di strumenti medici, l'Asl - nata dalla fusione di due ex aziende - anziché indire una nuova gara per la vicina scadenza degli appalti di due ditte fornitrici di dispositivi diagnostici, aveva assegnato in via diretta a quest'ultime anche un distinto contratto per uniformare il sistema informatico radiologico dei vecchi enti. Per la Pa, la deroga era giustificata da un appalto già bandito per tali sistemi, ma in realtà per il globale riordino della tecnologia – il servizio in esame - non vi era alcuna delle prescritte convenzioni Consip o regionali.
Per i giudici, la deroga ammette «l'utilizzo di altre convenzioni sempre che tale utilizzo risulti più conveniente sotto il profilo economico (richiesto risparmio superiore al 20%, ndr) comparazione questa che presuppone logicamente la sostanziale omogeneità delle prestazioni richieste dall' amministrazione in entrambi i contratti». In particolare, essa «va applicata nei limiti ristretti indicati dal legislatore senza possibilità di interpretazioni estensive che sarebbero in contrasto con la portata precettiva della normativa comunitaria che obbliga l'affidamento degli appalti solo a mezzo di apposite gare a procedura aperta». Nel caso in esame, si è accertato che «non vi è identità di prestazioni» poiché oltre alla «gestione ordinaria del servizio» si bandiva anche un «servizio più complesso di quello che era stato affidato da altre stazioni appaltanti». Il collegio ha chiarito che non intende mettere in discussione l'obbligo per il servizio sanitario di utilizzare gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici Consip o delle Centrali di committenza regionale, ma «il punto rilevante è se il servizio che viene affidato senza gara sia identificabile con quello già messo a gara in altre Asl o si tratti di un servizio con caratteristiche diverse e aggiuntive tali da snaturarne l'essenza in violazione della par condicio e dell'evidenza pubblica», vista la necessaria identità delle prestazioni richieste sul piano tecnico tali da giustificare l'adesione alle convenzioni esistenti.
TAR Campania: l'indisponibilità dei costi standardizzati non impedisce la revisione prezzi negli appalti di servizi
L'istruttoria per determinare l'ammontare della revisione del prezzo spetta esclusivamente all'Amministrazione, che non potrà demandare all'impresa di dimostrare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della revisione, spettando a essa il compito di compiere gli accertamenti a tal fine necessari (Tar Campania, sezione 3, sentenza 22 settembre 2015, n. 4590 ).
La carenza delle rilevazioni statistiche e il potere-dovere di istruttoria
In ordine all'adeguamento spettante, le disposizioni normative prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi, che non potrà demandare all'impresa di dimostrare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della revisione, spettando a essa il compito di compiere gli accertamenti a tal fine necessari.
A tal fine la legge 537/1993 prevedeva che l'istruttoria fosse basata su dati forniti dall'Istat, con l'ausilio ove necessario delle Camere di commercio, per la rilevazione e la elaborazione dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle Pubbliche amministrazioni e la comparazione, su base statistica, con i prezzi di mercato.
La normativa sopravvenuta del Codice dei contratti pubblici, demanda alla sezione centrale dell'Osservatorio dei contratti pubblici la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura, in relazione a specifiche aree territoriali, avvalendosi dei dati forniti dall'Istat e tenendo conto dei parametri qualità prezzo di cui alle convenzioni stipulate dalla Consip.
Sennonché, nel periodo di vigenza della citata legge 537/1993, è stato riconosciuto che la carenza delle rilevazioni statistiche pubblicate dall'Istat non impedisce l'applicazione della revisione prezzi, rimanendo inalterato il potere-dovere dell'amministrazione di curare comunque un'istruttoria, da svolgere nel rispetto del generale limite interno di ragionevolezza.
La funzione di garanzia e il contenimento della spesa pubblica
In questo quadro non è illogica l'adozione, come parametro di valutazione dell'incremento del prezzo, dell'indice Istat che misura l'aumento medio dei prezzi per le famiglie degli operai e degli impiegati quale indicatore deputato a rilevare l'andamento del tasso generale d'inflazione.
Infatti, la considerazione del livello generale dei prezzi risponde all'esigenza di ancorare il meccanismo di revisione a criteri oggettivi, idonei a conservare l'equilibrio del sinallagma contrattuale, evitando che il riferimento ai costi particolari dell'appaltatore possa traslare sulla stazione appaltante il rischio di impresa ovvero eventuali inefficienze della funzione produttiva del singolo operatore.
Invero, qualora la misura della revisione fosse il costo per l'impresa, in tal modo l'aumento posto a carico dell'amministrazione finirebbe per riflettere le eventuali inefficienze della funzione produttiva del singolo contraente, a tutto danno delle finanze pubbliche.
Con l'entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, nelle more della elaborazione dei costi standardizzati, le istruttorie in materia possono continuare a riferirsi all'indice Istat, come essenziale parametro di riferimento del calcolo revisionale.
Peraltro, l'utilizzo di tale indicatore non esclude, in casi eccezionali e debitamente documentati, che la stazione appaltante tenga conto, nell'istruire il procedimento, di circostanze particolari afferenti a un particolare settore merceologico, fermo restando che la salvaguardia dell'equilibrio del rapporto va comunque perseguito in maniera compatibile con l'esigenza di non sconvolgere il quadro finanziario del contratto.
In tal modo, si coniuga l'esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica con quella di garantire, nel tempo, la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni, evitando che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati.
Pertanto, il modello istruttorio previsto dalla norma risulta preordinato, come recita la stessa, a orientare l'operato della parte pubblica, restando inalterato il suo potere-dovere di svolgere una istruttoria nel rispetto del generale limite della ragionevolezza.
Corruzione: Cantone, Italia in linea con disposizioni ONU
Il rapporto sull'attuazione in Italia della Convenzione Onu sulla lotta alla corruzione "presenta conclusioni favorevoli per il nostro Paese" e "mette in evidenza le capacità dimostrate dallo Stato di intervenire sul sistema". Lo ha sottolineato il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, nel suo intervento alla presentazione del Rapporto. L'Italia "viene infatti considerata largamente in linea con le disposizioni della Convenzione" ha spiegato Cantone, "sul piano della disciplina legislativa, nonché del funzionamento complessivo degli apparati giudiziari e amministrativi", e dunque "può essere soddisfatta dell'esito del rapporto" anche se " la visibilità che hanno molte classifiche rischiano di farci considerare in una posizione di retroguardia". Cantone ha evidenziato i molti passi avanti: tra l'altro, le novità in tema di collaborazione, con "le misure premiali per chi collabora con l'autorità giudiziaria", l'introduzione di codici di comportamento nella Pubblica amministrazione, "un passaggio su cui la legge Severino ha fatto scelte lungimiranti" ma che "ancora non ha un'applicazione pratica": Il presidente dell'Anac ha poi auspicato un intervento sul piano della prevenzione: "un codice degli appalti ben scritto, che è una legge anticorruzione più efficace di 100 sanzioni penali".
Appalti truccati a Milano spuntano 32 lingotti d'oro
Ci sono anche trentadue lingotti d'oro da un chilo nel tesoro sequestrato all'ex dirigente del Comune di Milano Luigi Mario Grillone, ai due presunti dipendenti infedeli di Palazzo Marino, Giuseppe Amoroso e Angelo Russo, e al titolare della "Professione edilizia" Marco Volpi, tutti arrestati per associazione a delinquere e corruzione. Per l'accusa, hanno truccato decine di gare per lavori di ristrutturazione di scuole e stabili di case popolari milanesi. Gli uomini del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, che hanno eseguito due giorni fa le perquisizioni su ordine del pm Luca Poniz, hanno sequestrato i lingotti, ognuno del valore di circa 32mila euro, ma anche 520mila euro in contanti, 19 orologi di pregio, 120 tra oggetti e monili d'oro. Un tesoro da due milioni di euro, recuperato nelle case degli arrestati e nelle loro cassette di sicurezza in banca.
Secondo l'accusa, Grillone (fino al 2011 direttore del settore tecnico "Scuole e strutture sociali"), Amoroso e Russo (entrambi dipendenti del settore "Manutenzione"), mentre gestivano le gare per l'assegnazione degli appalti per conto del Comune di Milano, erano anche «soci occulti» dell'azienda di Volpi.
L'inchiesta della procura copre la fine della giunta comunale di Gabriele Albertini ( 2005), l'intera amministrazione Moratti e i primi mesi di quella del sindaco Giuliano Pisapia ( 2012). E coinvolge sette funzionari pubblici del Comune, sette titolari di imprese edili, e due avvocati che aiutavano gli imprenditori a falsificare i documenti sui requisiti di ammissione alle gare.
Oggi, negli interrogatori di garanzia davanti al gip Alfonsa Ferraro, ai quattro arrestati verrà chiesto conto delle accuse e anche del tesoro ritrovato nella loro disponibilità. Già nell'ordinanza di arresto il gip aveva sottolineato «il tenore di vita non adeguato in quanto più alto rispetto ai loro redditi» per quanto riguarda gli uomini di Palazzo Marino finiti in carcere. Per far ottenere gli appalti a una società a lui vicina, la Giesse, Grillone ottiene di diventare socio con una quota del 40% intestata alla madre; uno stipendio mensile di cinquemila euro per lei e il fratello, che fa assumere nella stessa società; il pagamento delle rate del leasing della sua Porsche Cayenne; 50mila euro per comprare una barca da 450mila euro. Ma il «conflitto d'interessi» fondato sul suo doppio ruolo di funzionario pubblico e titolare di quote private non lo preoccupa. «Io non faccio niente di illegale — dice al telefono — non voglio neanche avere paletti perché sono un dirigente pubblico, cioè tutti hanno le società, il 90% hanno tutti il doppio lavoro». Agli atti dell'indagine anche il meccanismo di spartizione delle commesse tra imprenditori, per evitare troppi ribassi nelle gare. I due dipendenti comunali arrestati devono rispondere anche di truffa nei confronti del Comune: durante l'orario di ufficio visitavano i locali della movida di Corso Como e andavano a trovare diverse prostitute.
Progettazione, a Messina 11 incarichi per la difesa del suolo riservati solo alle pubbliche amministrazioni
Undici interventi per circa 27 milioni di euro di lavori di messa in sicurezza del territorio. E, per reclutare chi li progetterà, un avviso di manifestazione di interesse riservato alle sole pubbliche amministrazioni, che non dice nulla delle competenze tecniche richieste ai professionisti che eseguiranno l'incarico e nemmeno parla dell'importo delle prestazioni oggetto delle convenzioni da sottoscrivere. Sono questi gli ingredienti dell'avviso pubblicato lo scorso 16 settembre dal Comune di Messina.
PROFESSIONI
DDL Concorrenza approvato alla Camera
E’ stato approvato il 7 ottobre, in prima lettura alla Camera dei Deputati, il disegno di legge recante norme per il mercato e la concorrenza. Il testo, completamente rivisto nel corso del primo passaggio parlamentare, prevede importanti novità in vari settori. In particolare:
Società di ingegneria. La novità più interessante riguarda sicuramente i contratti privati delle società di ingegneria. L'emendamento votato dalla Camera cancella le novità approvate dalla commissione. In primo luogo, saranno «tenute a stipulare una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile conseguente allo svolgimento delle attività professionali dedotte in contratto»: quindi, avranno l'obbligo di garantirsi con una copertura assicurativa, esattamente come i professionisti. In secondo luogo, dovranno «garantire che tali attività siano svolte da professionisti, nominativamente indicati, iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali». Le attività inserite nei contratti dovranno, quindi, essere affidate a professionisti iscritti agli ordini.
E, infine, dovranno iscriversi a un elenco presso l'Anac: «L'Autorità nazionale anticorruzione provvede, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, alla pubblicazione, sul proprio sito internet, dell'elenco delle società di cui al presente comma». Anche se, sul punto, va fatta una precisazione. Già oggi le società di ingegneria comunicano all'Autorità, in base all'articolo 254 del Regolamento appalti (Dpr n. 207/2010), alcune informazioni, come i nomi di soci e dipendenti, entro 30 giorni dall'approvazione dei bilanci.
Di fatto, quindi, per le società sarà una novità più formale che sostanziale.
Parcelle professionali obbligatorie e in digitale. Altra novità importante per i professionisti arriva all'articolo 31 bis del disegno di legge, inserito dalle commissioni Attività produttive e Finanze della Camera. La misura del compenso dovrà essere resa nota al cliente obbligatoriamente prima della prestazione, se questi lo chiede. La comunicazione potrà avvenire sia in forma scritta che in digitale. Allo stesso modo, il professionista dovrà comunicare, sempre in forma scritta o digitale, anche il grado di complessità dell'incarico. In pratica, le disposizioni già fissate dal Dl concorrenza del 2012 (Dl n. 1/2012) vengono rafforzate, prevedendo obblighi più stringenti.
Polizze per assicurazione professionale. Fatta salva la libertà contrattuale delle parti, le nuove polizze per l’assicurazione professionale devono contemplare l'assenza delle clausole che limitano la prestazione assicurativa ai sinistri denunciati nel periodo di validità del contratto. Le compagnie devono offrire prodotti che prevedano una copertura assicurativa per richieste di risarcimento presentate entro i dieci anni dalla scadenza della polizza, riferite a "errori" del professionista accaduti nel periodo di vigenza della stessa.
Link con testo del provvedimento arrivato in Senato per la seconda lettura:
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00940669.pdf
La Corte Costituzionale boccia il taglio delle tariffe per i consulenti tecnici nominati dai giudici
No della Corte Costituzionale al taglio dei compensi per i Ctu nominati dal giudice nelle cause con gratuito patrocinio. Per la Consulta la norma della legge di Stabilità 2014 che ha disposto la sforbiciata di un terzo dell'onorario in nome della spending review è illegittima perchè non ha tenuto conto che le tariffe erano già molto al di sotto del livello dovuto, perchè mai aggiornate all'indice Istat dal 2002 in poi.
Dopo la "mazzata" sui compensi prevista dalla legge fallimenti, arriva ora dalla Corte Costituzionale (con la sentenza n. 192/2015) una boccata d'ossigeno per i Consulenti tecnici dei tribunali. Un'apertura limitata ai consulenti nominati dai giudici e solo nelle cause decise con gratuito patrocinio, ma che in teoria potrebbe avere anche un valore di indirizzo più generale visto che il mancato adeguamento dei compensi vale per tutte le attività svolte dai Ctu. I giudici definiscono «drastico» il taglio di un terzo dei compensi previsto dalla legge di stabilità 2014 che la sentenza valuta come irragionevole perché non tiene conto del fatto che quei compensi «avrebbero dovuto essere periodicamente rivalutati» per legge. Cosa mai fatta dal 2002 in poi. Cosicché, il taglio è intervenuto su una base tariffaria «seriamente sproporzionata per difetto».
Va anche considerato che gli incarichi affidati dal giudice al Ctu sono «tendenzialmente non ricusabili dall'interessato», che in quanto "pubblico ufficiale" è tenuto a svolgerli fedelmente e diligentemente, diversamente da quanto accade per gli altri soggetti indicati dalla norma, come il consulente tecnico di parte e l'investigatore privato.
La sentenza mette anche in guardia dai rischi «di sistema» derivanti dalla scelta di ridurre i compensi. A partire da applicazioni «strumentali o addirittura illegittime delle norme, a fini di adeguamento de facto dei compensi (ad esempio mediante un'indebita proliferazione degli incarichi o un pregiudiziale orientamento verso valori tariffari massimi)», fino ad arrivare all'impoverimento degli strumenti di giudizio a disposizione dei giudici attraverso «l' allontanamento, dal circuito dei consulenti d'ufficio, dei soggetti dotati delle migliori professionalità».
Link della sentenza: http://www.cortecostituzionale.it/schedaUltimoDeposito.do
Ingegneri: riformare gli albi dei Ctu collegandoli alle competenze certificate dagli ordini
Rivedere il sistema di albi dei Ctu presso i tribunali. Collegandoli ai meccanismi di certificazione delle competenze degli ordini. È la proposta appena avanzata dal Consiglio nazionale degli ingegneri, per innovare lo schema ormai obsoleto sul quale si fonda l'organizzazione del lavoro dei consulenti tecnici d'ufficio. In questo modo, nella diverse cause, il giudice potrà scegliere i suoi periti scandagliando nel dettaglio le loro competenze. I nuovi elenchi degli ordini, infatti, permetteranno di accedere anche ai curriculum dei professionisti.
Attualmente, la procedura di selezione e l'attività dei consulenti tecnici presso il tribunale è disciplinata dalle disposizioni di attuazione del Codice di procedura civile. Qui si stabilisce che, presso ogni tribunale, è istituito un albo dei consulenti tecnici, tenuto dal presidente e regolato dalle decisioni prese da un Comitato apposito, al quale prendono parte anche il procuratore della Repubblica e un rappresentante dell'Ordine o Collegio professionale territoriale, designato dalle diverse categorie. L'ufficio Ctu si occupa di tenere materialmente l'Albo in ogni tribunale. E risponde anche all'eventuale contestazione di addebiti disciplinari e all'irrogazione delle relative sanzioni.
L'iscrizione all'Albo dipende dal possesso di determinati requisiti di competenza e di moralità: l'articolo 62 del Codice di procedura civile parla di «particolare competenza tecnica», requisito ribadito dall'articolo 15 delle disposizioni di attuazione, dove si dice anche che «possono ottenere l'iscrizione nell'albo coloro che sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia, sono di condotta morale specchiata e sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali». Il mantenimento dell'iscrizione dipende, ovviamente, dalla «persistenza dei requisiti anzidetti al momento della revisione».
Se questo sistema funziona sotto il profilo della verifica dei requisiti di moralità, non è altrettanto efficace se parliamo di qualificazione professionale. Nel Codice di procedura civile, infatti, non viene definito in maniera dettagliata il concetto di competenza tecnica. «Sembra possibile, pertanto, - spiega il presidente Cni, Armando Zambrano - che la particolare qualificazione dei Ctu possa essere verificata a priori dagli stessi ordini, agendo esclusivamente sulle competenze organizzative e di tutela del titolo professionale riservate a questi ultimi».
In sostanza, per rendere i profili dei Ctu più dettagliati e al passo con le innovazioni della professioni, bisognerebbe rivedere il sistema. Introducendo, inizialmente su base volontaria e in seguito anche come requisito obbligatorio, la possibilità di collegare gli Albi dei tribunali ai sistemi di certificazione delle competenze ai quali sta lavorando il Consiglio nazionale, che consentono di conoscere in dettaglio il curriculum del professionista.
Quindi, dopo avere certificato la sua competenza presso le commissioni degli ordini, il Ctu potrà velocizzare la valutazione del Comitato di ammissione del tribunale e, poi, avere la priorità per l'attribuzione di incarichi legati alle sue competenze specifiche. «Questo risultato – conclude Zambrano - sembra agevolmente raggiungibile mediante l'adozione di un regolamento interno, predisposto dal Cni ed eventualmente sottoposto all'approvazione del ministero vigilante, finalizzato a far emergere le speciali qualificazioni in possesso degli aspiranti Ctu».
Project manager, pronta la guida dell’Uni su compiti e requisiti
E’ stato pubblicato il progetto di norma Uni sul project managment. Il documento ha l’obiettivo di dare formalizzazione alla figura del project manager anche in Italia, entrando in merito ai gruppi di processo di un progetto. In particolare, prendendo spunto dalla Iso 21500 il documento si pone l’obiettivo di dare una guida all’approccio metodologico e alla formalizzazione della figura del project manager (pM). Compiti e competenze specifiche della figura professionale del pM sono alla base del documento.
Le competenze tecniche sono il vero cuore del documento e fanno diretto riferimento ai processi (avvio, pianificazione, esecuzione, controllo, chiusura) e definiscono i compiti tecnico-metodologici.
Assicurazioni professionali, un progettista su tre aggira l'obbligo: polizze ancora troppo care
Un ingegnere su tre. L'assicurazione obbligatoria, a più di due anni dalla sua entrata in vigore ad agosto del 2013, è sempre più un problema per i professionisti italiani. Tanto che, secondo le rilevazioni del Centro studi del Cni, il 33% degli ingegneri al momento ne è completamente sprovvisto. Un numero altissimo, che nasce da evidenti difficoltà in fase di stipula con compagnie e broker. I costi sono troppo alti (830 euro in media) e i diritti delle partite Iva, dall'altro lato, sono poco garantiti. Per questo, il Consiglio nazionale chiede di puntare su forme di polizza collettiva, in grado di abbattere gli oneri in maniera consistente. Senza dimenticare alcune correzioni normative sollecitate da tempo, come l'obbligo per le compagnie di sottoscrivere i contratti, sul modello delle polizze per le automobili.
Ordini, su internet piani anticorruzione e redditi dei vertici. Tar del Lazio. Trasparenza estesa ai professionisti
Trasparenza per gli ordini professionali. Avvocati, ma anche architetti, ingegneri, commercialisti e tutti gli altri enti di rappresentanza dei professionisti sono obbligati a dotarsi di uno scudo anti-corruzione come gli enti pubblici. Devono predisporre un piano triennale di prevenzione, nominare un responsabile anticorruzione e rispettare incompatibilità e inconferibilità degli incarichi, oltre all’obbligo di pubblicare i dati su patrimonio e redditi dei titolari delle funzioni di indirizzo politico.
Lo ha stabilito il Tar Lazio, con la sentenza 11391 del 24 settembre, che ha rigettato il ricorso promosso da cinque ordini locali degli avvocati (Locri, Pisa, Biella, Catanzaro, Cosenza), contro le delibere (144 e 145/2014) con cui l’Anticorruzione ha applicato gli obblighi di trasparenza della legge Severino (190/2012) e dei suoi decreti attuativi (Dlgs 33/2013 e 39/2013) anche agli Ordini professionali.
Il Tar ha escluso che gli ordini non rientrino nel novero delle Pa elencate dal Dlgs 165/2001, come dimostrerebbe il fatto di non essere soggetti alla Corte dei Conti, proprio perché non a carico delle casse pubbliche ma finanziati con i contributi dei professionisti.
Argomentazioni smontate dal tribunale amministrativo, ricorrendo proprio alla legge di riforma della professione forense (247/2012) che al contrario «dispone espressamente che il Cnf e gli ordini circondariali sono enti pubblici non economici a carattere associativo». Una definizione che, qualificando gli ordini come enti pubblici «deve ritenersi di per sé sufficiente al rigetto delle censure in esame».
Non rileva l’obiezione secondo la quale gli ordini hanno natura associativa, o autonomia finanziaria. Perché «l’ordinamento non ha avuto difficoltà a riconoscere prima e a ribadire dopo, la qualificazione di enti pubblici ad altre organizzazioni di tipo associativo». Bocciato anche l’argomento relativo «all’esclusivo finanziamento mediante i contributi degli iscritti». Piuttosto, è la risposta, il fatto che la «tassa annuale» venga appunto assimilata a un «tributo» non fa che rafforzare la «qualificazione pubblicistica» degli ordini professionali.
Link della sentenza: https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mtey/~edisp/aw4vkpyhkwm3h6zzorrsbfvcza.html
Expo, assegnato il premio ance-architetti al padiglione più bello: vince il Regno Unito
È il padiglione del Regno Unito il vincitore del premio per la migliore struttura auto-costruita dalle nazioni presenti all'Expo di Milano. Il padiglione architettonicamente giudicato da una giuria di esperti come migliore esempio di «integrazione di forme e contenuto», è stato progettato dall'artista Wolfang Buttress e dallo studio di architettura Bdp e costruito da Stage One. Le preferenze del pubblico, invece, vanno, per ora al Palazzo Italia disegnato dallo studio Nemesi e realizzato con la malta innovativa ideata da Italcementi. La consultazione popolare, sulla piattaforma on line, proseguirà fino al 20 ottobre, quando si farà il bilancio finale dei "click". Gli organizzatori del premio sono l'Istituto nazionale di architettura, l'Associazione dei costruttori edili, il Consiglio nazionale degli architetti , Federcostruzioni e Oice (coordinamento di Ppan). Il padiglione del Regno unito riproduce un alveare. «Non si tratta solo di un prodotto innovativo - sottolinea una nota dei promotori - è anche in grado di creare un'esperienza suggestiva con giochi di luce e suoni che hanno emozionato i visitatori. Inoltre non è un'opera destinata a morire perché è stata progettata per essere smontata e rimontata e quindi trasferibili altrove».
Per la prima volta, fanno notare i promotori dell'iniziativa, vengono premiati insieme tutti i principali soggetti che contribuiscono alla realizzazione di un'opera: committenti, progettisti e imprese esecutrici.
A guidare la giuria di esperti che ha curato la selezione delle opere è stato chiamato Gabriele Del Mese (Arup Italia). Gli altri componenti sono Maria Claudia Clemente (studio Labics), Alessandro Cambi (premiato nel 2014 dagli architetti come giovane talento dell'architettura italiana), Adolfo Guzzini (In Arch), Leopoldo Freyrie (Cna), Rudy Girardi (Federcostruzioni) e Alfredo Ingletti (Oice). «Grazie alle grandi capacità produttive e innovative del nostro sistema imprenditoriale - ha sottolineatoil presidente dell'Ance, Claudio De Albertis, dopo aver ringraziato i singoli membri della giuria per il lavoro svolto - le nostre imprese hanno dimostrato che il miracolo Expo, nonostante mille difficoltà e ritardi, è stato possibile. Un grande sforzo di tutti». Per il presidente di Federcostruzioni Rudy Girardi «il coinvolgimento di Federcostruzioni all'iniziativa risponde a una logica estremamente semplice: mettere in evidenza come, attraverso la realizzazione di manufatti edili, viene coinvolta una pluralità di comparti produttivi specifici che trovano sbocco concreto nell'attività dell'industria delle costruzioni». «Con l'Expo, l'architettura ha saputo esprimere risultati davvero importanti fornendo una positiva immagine del Paese e offrendo soluzione e paradigmi per il futuro». Lo ha detto il presidente degli architetti, Leopoldo Freyrie. «Non tutto, tuttavia, è stato virtuoso, soprattutto all'inizio, quando non si è voluto bandire, come ripetutamente avevamo chiesto, i concorsi di architettura». «Ora - ha aggiunto Freyrie - occorre pensare al dopo Expo, non dimenticando che le soluzioni che si sceglieranno saranno per sempre. L'architettura, infatti, non è solo quella patinata delle riviste ma anche e soprattutto quella che riguarda le vita quotidiana delle persone. E il dopo Expo riguarderà davvero proprio tutti i cittadini». Accanto al premio della giuria è stata anche promossa una consultazione popolare: chiunque può andare sull'apposita piattaforma sul sito ed esprimere la sua preferenza . Sarà possibile esprimere il voto fino al 20 ottobre prossimo. Ad oggi, le preferenze vedono nettamente in testa il suggestiva Palazzo Italia, disegnato dallo studio romani Nemesi e realizzato con il materiale innovativo messo a punto nei laboratori di Italcementi.
Studio dell'anno e miglior giovane talento, scade il 15 ottobre il premio organizzato dagli architetti
Tempo fino 15 ottobre per i progettisti interessati alla candidatura dei premi «Architetto Italiano 2015», «Giovane talento dell'architettura italiana 2015» e «Raffaele Sirica 2015 - Start up giovani professionisti» banditi dal Consiglio nazionale degli architetti (Cnappc) -di concerto con il Maxxi e con la rete degli Ordini provinciali degli architetti - in occasione della terza edizione della «Festa dell'Architetto». Le iniziative puntano a valorizzare la cultura del progetto e la funzione civile dell'architettura promuovendo gli architetti e gli studi che svolgono la professione guardando ai bisogni delle comunità.
Il premio «Architetto Italiano 2015» - che nell'edizione 2014 è stato assegnato allo studio Tamassociati, recentemente scelto dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini come curatore del Padiglione Italia alla 15esima Biennale di Architettura di Venezia - rè rivolto a professionisti, singoli e associati che saranno valutati sulla base di realizzazioni, progetti, studi, testi critici o lavori che abbiano contribuito a trasformare in modo consapevole, a promuovere, a diffondere o salvaguardare la cultura, il territorio italiano e l'innovazione architettonica. Il «Giovane talento dell'architettura 2015», punta, invece, a promuovere l'eccellenza dei giovani progettisti under 40, in Italia e all'estero, che si sono distinti per la promozione e la diffusione della cultura architettonica sulla base di uno specifico intervento «capace di esplicitare elevata qualità disciplinare» e «rappresentativo di un esemplare percorso professionale e civile».
Originalità, attenzione all' innovazione e progetto di architettura sono, infine, gli elementi che caratterizzano il «Premio Sirica 2015, Start up giovani professionisti», dedicato agli architetti nati dopo il 31 dicembre 1985. Ai vincitori il Cnappc assegnerà un premio da 10mila euro, con il quale finanziare un progetto di ricerca e sviluppo da svolgersi nel 2015.La giuria dei tre Premi è presieduta da Stefano Boeri . Tutte le info per partecipare su www.awn.it/attivita/concorsi-e-premi-cnappc.
ITACA: Guida pratica reti di impresa
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato , nella seduta del 24 settembre 2015, una guida pratica realizzata ITACA sulla partecipazione delle Reti d’Impresa alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici.
Le reti di impresa rappresentano da alcuni anni per le Regioni uno strumento importante e strategico di politica industriale per lo sviluppo delle PMI, soprattutto in un’ottica di internazionalizzazione e di innovazione, in grado di rispondere alle attuali esigenze di riposizionamento competitivo del sistema produttivo italiano. Per questo motivo, le amministrazioni regionali hanno fortemente investito e sostenuto nei propri territori i processi di aggregazione delle imprese e ciò ha comportato la notevole crescita del numero dei contratti di rete e del numero dei soggetti coinvolti, come emerge dai dati di Unioncamere. Al contempo, hanno operato per facilitare l’accesso ai fondi della programmazione comunitaria 2014-2020 delle reti di impresa, attraverso il loro riconoscimento quali beneficiari finali ovvero soggetti ammissibili. In tale contesto si pone anche il tema della partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici che risulta importante per la vita di tutte le imprese, alle quali si rende necessario fornire strumenti utili, con la finalità di garantire condizioni di parità di accesso a questo settore.
Con questo lavoro, si intende fornire un ampio spettro di indicazioni pratiche, tanto alle stazioni appaltanti quanto agli operatori economici. In particolare, partendo da un inquadramento generale, si procede ad una puntuale analisi in ordine agli adempimenti necessari e alla modalità partecipativa delle imprese retiste alle procedure di affidamento.
Link della Guida: http://www.itaca.org/documenti/news/Guida%20contratti%20pubblici-2015-DEF.pdf
FISCO
Legge di Stabilità. Vignali (AP): “Bene Sangalli e Merletti, riduzione fisco premi”
"Mi auguro che la riduzione fiscale in legge di stabilità sia finalizzata alle micro piccole e medie imprese, comprese le ditte individuali e i professionisti, come auspicato sia da Sangalli che da Merletti. Finora delle riduzioni operate dal Governo hanno beneficiato le grandi imprese. Ora è il momento di sostenere i piccoli. Questi sono stati il fattore di tenuta in questi lunghi anni di crisi, ma fanno più fatica a ripartire, a causa delle assai minori risorse finanziarie a loro disposizione. La riduzione fiscale va rivolta innanzitutto a loro, che sono il nostro punto di forza. In particolare, mi auguro che la riduzione fiscale sia mirata agli investimenti, che sono il motore di crescita del Pil e dell'economia". A dirlo è Raffaello Vignali, Capogruppo Area Popolare (Ncd-Udc) in Commissione Attività Produttive e Responsabile Sviluppo Economico del Nuovo Centrodestra.
Professionisti, regime dei minimi verso l'innalzamento a 30mila euro con la Stabilità
Prende forma nel menù della legge di stabilità il piano del Governo per il nuovo fisco delle partite Iva. L’obiettivo è quello di rivedere e migliorare il regime fiscale di vantaggio per piccoli commercianti e artigiani, nonché per liberi professionisti rimasti penalizzati dalla riforma del regime dei minimi introdotto con la manovra dell’anno scorso.
Il piano allo studio dei tecnici di Palazzo Chigi e del Mef punta a rivedere al rialzo tutti i limiti di ricavi delle differenti categorie in cui è stato suddiviso lo scorso anno il regime agevolato per le partite Iva e non più solo quello dei liberi professionisti.
Un ritocco verso l’alto anche per il limite di reddito prevalente per pensionati e dipendenti che hanno comunque una partita Iva.Risorse permettendo e che comunque ammonterebbero a non meno di 700/800 milioni per riequilibrare il regime agevolato, l’intervento prevede al momento un aumento minimo di 5mila euro e uno massimo di 10mila delle differenti soglie di ricavi. Così ad esempio le industrie alimentari e di bevande si vedrebbero elevare il tetto dei ricavi dagli attuali 35mila a 40mila o al massimo 45mila euro, a seconda della scelta finale che farà il Governo nel varare la manovra finanziaria. O ancora, come mostra la tabella qui a fianco, il commercio all’ingrosso e al dettaglio avrebbe una soglia di 45mila o 50mila euro rispetto agli attuali 40mila. Fanno eccezione le attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie di istruzione, servizi finanziari e assicurativi che si vedranno raddoppiare l’attuale soglia dei compensi passando da 15mila a 30mila euro.
Per tutte le differenti categorie resteranno comunque invariate le percentuali di redditività necessarie alla determinazione dei redditi delle partite Iva su cui dovrà essere applicata l’imposta sostitutiva del 15 per cento. Imposta che verrebbe ridotta, però, a un terzo per i primi tre o cinque anni di attività, mantenendo così l’attuale 5% che sostituisce Irpef e addizionali, Irap e Iva. Sul tavolo ci sarebbero ancora entrambe le ipotesi di durata del prelievo ultra-agevolato, ma anche in questo caso a fissare la durata temporale saranno comunque le risorse che si renderanno disponibili.
La modifica al regime agevolato dovrebbe riguardare anche dipendenti e soprattutto pensionati che ancora lavorano con una partita Iva. Il limite attuale dei 20mila euro per entrare nel regime agevolato e oltre il quale viene meno la verifica della prevalenza tra redditi di lavoro autonomo e redditi di lavoro dipendente e assimilati potrebbe aumentare a 30mila euro (più difficilmente a 40mila).
Ma non è tutto. L’intervento di riduzione dell’Ires anticipato nel 2016 potrebbe spingere l’Esecutivo a introdurre anche la nuova imposta sul reddito dell’imprenditore, la cosiddetta Iri. Un’imposizione proporzionale e separata del reddito d’impresa con un’aliquota allineata a quella dell’Ires (ora è 27,5% ma che nel 2016 potrebbe scendere di 2 o 3,5 punti percentuali, si veda Il Sole 24 Ore di ieri) con la possibilità di dedurre dall’imponibile le somme prelevate dall’imprenditore e dai soci. In sostanza, il reddito d’impresa per società di persone e ditte individuali non entrerà più direttamente nell’Irpef ma sarà tassato con la nuova aliquota Iri. Con l’Iri tutte le imprese saranno tassate con la stessa aliquota, a prescindere dalla loro forma giuridica. E per ridurre l’impatto sui conti pubblici si studia la possibilità di introdurla e farla scattare solo dal 2017.
Agenzia Entrate: IMU Casse edili
Con la Risoluzione n. 8/DF del 5 ottobre 2015 il Dipartimento delle Finanze fornisce chiarimenti in merito all'applicazione dell'esenzione prevista dall'art. 7, comma 1, lett. i), del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 relativamente agli immobili utilizzati dalle casse edili: gli immobili posseduti e utilizzati dalle casse edili per lo svolgimento dell'attività previdenziale nei termini e alle condizioni delineate nella presente risoluzione, rientrano nella disciplina che regola l'esenzione dall'IMU e dalla TASI.
Link con testo della risoluzione: http://www.finanze.gov.it/export/download/novita2015/Risoluzione_n._8-2015_Casse_edili._xper_la_pubblicazionex_5.10.2015.pdf
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