Sintesi di monitoraggio legislativo 2 - 16 febbraio 2018
LAVORI PUBBLICI
Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove linee guida sui commissari di gara
Sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le linee guida dell’Anac, attuative del Codice Appalti, sui commissari di gara.
Le linee guida prevedono che i commissari di gara possono essere sia interni sia esterni alla stazione Appaltante e che siano iscritti ad un albo tenuto dall’Anac.
Qualora l’importo della gara sia inferiore alle soglie comunitarie, e a un milione di euro per i lavori, in mancanza di particolari complessità, la Stazione Appaltante potrà nominare alcuni componenti interni nella commissione ma il presidente dovrà invece essere esterno.
Le linee guida contengono inoltre un Allegato in cui è possibile visionare l’elenco dei professionisti, suddivisi per ambito professionale, che possono far parte delle commissioni giudicatrici.
La normativa del subappalto al vaglio della Corte di Giustizia UE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Lombardia ha posto alla Corte di Giustizia dell’Unione un quesito di interpretazione del diritto comunitario, per verificare se l’articolo 105, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo il quale il subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture, osti o meno con la disciplina comunitaria.
Riguardo al subappalto, la Corte di Giustizia UE aveva già bacchettato la Lituania per aver posto limiti più restrittivi a quelli previsti dalle Direttive UE.
Nel caso di specie, l'Ordinanza n. 148/2018 del TAR lombardo è stata emessa a seguito del ricorso presentato da un'impresa per essere stata esclusa dalla procedura di gara per aver superato la percentuale del 30% prevista come limite al subappalto dalla normativa nazionale.
In particolare, le norme in questione sono quelle contenute nel Codice dei contratti:
- art. 105, comma 2, terzo periodo, ai sensi del quale "Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l’eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture"; - art. 105, comma 5, a tenore del quale “Per le opere di cui all’articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l’eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell’importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso”; - art. 89, comma 11 che fa riferimento alle “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”.
Sul tema subappalto si era già espresso il Consiglio di Stato con il Parere n. 855/2016 e con il Parere n. 782/2017.
Con il primo, i giudici di Palazzo Spada avevano osservato che il legislatore nazionale potrebbe porre limiti di maggior rigore rispetto alle direttive europee, che non costituirebbero un ingiustificato goldplating, ma sarebbero giustificati da pregnanti ragioni di ordine pubblico, di tutela della trasparenza e del mercato del lavoro. Nello stesso parere il Consiglio di Stato ha anche affermato, in termini più generali, che “il maggior rigore nel recepimento delle direttive deve, da un lato, ritenersi consentito nella misura in cui non si traduce in un ostacolo ingiustificato alla concorrenza; dall’altro lato ritenersi giustificato (quando non imposto) dalla salvaguardia di interessi e valori costituzionali, ovvero enunciati nell’art. 36 del TFUE”.
Con il secondo parere, il Consiglio di Stato, dopo aver dato atto della giurisprudenza della Corte di Giustizia secondo cui il diritto europeo non consente agli Stati membri di porre limiti quantitativi al subappalto, e dopo aver chiarito che tale giurisprudenza eurounitaria si è formata in relazione alla previgente direttiva 2004/18, si è espresso nei seguenti termini: “La nuova direttiva 2014/24 consente agli Stati membri di dettare una più restrittiva disciplina del subappalto, rispetto alla maggiore libertà del subappalto nella previgente direttiva. (...) la complessiva disciplina delle nuove direttive, più attente, in tema di subappalto, ai temi della trasparenza e della tutela del lavoro, in una con l’ulteriore obiettivo, complessivamente perseguito dalle direttive, della tutela delle micro, piccole e medie imprese, può indurre alla ragionevole interpretazione che le limitazioni quantitative al subappalto, previste dal legislatore nazionale, non sono in frontale contrasto con il diritto europeo. Esse vanno infatti vagliate, e possono essere giustificate, da un lato alla luce dei principi di sostenibilità sociale che sono alla base delle stesse direttive, e dall’altro lato alla luce di quei valori superiori, declinati dall’art. 36 TFUE, che possono fondare restrizioni della libera concorrenza e del mercato, tra cui, espressamente, l’ordine e la sicurezza pubblici”.
Secondo una riflessione del TAR "la misura drastica della limitazione quantitativa del subappalto al 30% dell’importo complessivo del contratto non sembra rappresentare lo strumento più efficace ed utile (che “non vada oltre quanto è necessario a tal fine”) al soddisfacimento dell’obiettivo di assicurare l’integrità del mercato dei contratti pubblici; tale obiettivo, infatti, pare potersi ritenere già adeguatamente soddisfatto per mezzo delle nuove previsioni che consentono (purché correttamente applicate) di effettuare verifiche e controlli più pregnanti rispetto al passato, finalizzate a garantire che il subappalto venga affidato, in condizioni di trasparenza, ad operatori capaci e immuni da controindicazioni".
In definitiva, quindi, i giudici lombardi hanno riproposto all’attenzione europea la compatibilità di una norma il cui destino, anche alla luce dei precedenti, sembra a questo punto abbastanza segnato.
A meno che non si affermi la tesi del Governo italiano, che ha più volte sostenuto l’attuale disciplina del subappalto rilevando la particolare “sensibilità” della materia in termini di presidio della legalità e di lotta alla corruzione.
Dpcm Dibattito pubblico: emanato il parere del Consiglio di Stato
Il dpcm sul dibattito pubblico, previsto dall'articolo 22, comma 2 del Codice dei contratti, dopo essere stato sottoposto all’esame delle Commissioni parlamentari competenti, ha ottenuto il parere da parte del Consiglio di Stato.
Il parere che il Consiglio ha reso sullo schema di Dpcm suggerisce le correzioni che contribuiscono a rendere il testo coerente con le finalità per le quali il codice lo ha previsto.
In particolare la prima osservazione riguarda il fatto che il decreto - per come è stato scritto – è di scarsa applicazione, poichè impone il dibattito pubblico per infrastrutture a rete da almeno 500 milioni di euro e per infrastrutture puntuali da almeno 300 milioni di euro.
Queste soglie economiche sono di importo troppo elevato da finire per rendere, nella pratica, minimale il ricorso a tale istituto, che rappresenta invece una delle novità di maggior rilievo del nuovo Codice dei contratti e che, se bene utilizzato, potrebbe costituire anche un valido strumento deflattivo del contenzioso.
Pertanto il Consiglio di Stato suggerisce di intervenire modificando il livello delle soglie dimensionali indicate per le diverse tipologie di opere allo schema di decreto previa analisi spettrale dell'andamento delle rilevazioni statistiche a curva statistica degli importi di gara.
La seconda osservazione riguarda l’aver reso poco incisiva l'attività della Commissione nazionale per il dibattito pubblico. I giudici rilevano la necessità di potenziare l'attività di monitoraggio successivo ad essa demandato dalla legge, prevista dall'articolo 4, comma 6, lettera e), dello schema di decreto.
Si suggerisce altresì di includere nel perimetro di applicazione non solo i beni del patrimonio culturale e naturale tutelati dall'Unesco ma anche i «beni culturali e del paesaggio tutelati dal d.lvo 22 gennaio 2004, n. 42» (articolo 3). Inoltre i giudici suggeriscono di prevedere un numero di componenti dispari all'interno della commissione nazionale per il dibattito pubblico, «per evitare situazioni di stallo nei casi in cui una decisione debba essere presa a maggioranza» (articolo 4). Ai fini dell'efficacia del dibattito pubblico, appare ragionevole anche il suggerimento di indicare un termine entro cui il coordinatore del dibattito pubblico deve concludere i lavori (articolo 6), e anche un termine entro il quale avviare il dibattito pubblico sull'opera (articolo 8).
Adesso il testo verrà nuovamente sottoposto all’esame della Commissione parlamentare Ambiente della Camera dei deputati il prossimo 20 Febbraio ai fini dell’espressione del parere.
Linee guida Anac sulle procedure per l'affidamento dei contratti pubblici sottosoglia: parere del Consiglio di Stato
Il parere rilasciato dai giudici di Palazzo Spada riguarda le procedure che le stazioni appaltanti devono seguire per garantire la rotazione degli incarichi.
Il Consiglio di Stato condivide le indicazioni dell'Anac sui paletti necessari per scongiurare il rischio che i piccoli appalti vengano affidati - senza gara - sempre alle stesse imprese. E anzi fa un passo di più per evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al contraente uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento) soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.
Il Consiglio ribadisce che il principio di rotazione comporta in linea generale che l'invito all'affidatario uscente rivesta carattere eccezionale e debba essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto
contrattuale ovvero all'oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento. Pertanto il principio è derogabile ma con motivazioni stringenti, seppure meno rigorose per chi ha semplicemente partecipato alle precedenti procedure senza essere uscito vincitore.
Il Consiglio di Stato promuove infine la scelta di semplificazione delle operazioni di verifica dei requisiti delle imprese puntando sulle autodichiarazioni per gli incarichi sotto i 20mila euro. Tuttavia precisa che bisogna tener conto di tre indicazioni: la prima è che l'autodichiarazione dei requisiti posseduti dalle imprese deve essere effettuata tramite Dgue; la seconda riguarda i funzionari pubblici incaricati del ruolo di Responsabile del procedimento (Rup) dell'appalto a cui tocca il delicato compito di valutare se effettuare, preventivamente e successivamente, le verifiche ritenute opportune. Di qui il suggerimento di chiedere alle stazioni appaltanti di dotarsi di un regolamento ad hoc in cui prevedere lo svolgimento di controlli a campione sui micro-affidamenti. Infine l’ultimo rilievo riguarda le modalità per risolvere il contratto nel caso in cui i controlli sui requisiti dichiarati dalle imprese evidenziassero delle falle. Questa conseguenza deve essere sempre oggetto di una apposita, specifica, previsione contrattuale, inserita a cura della stazione appaltanti.
Decreto Mit funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione: emanato il parere del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha reso il parere sullo schema del decreto elaborando delle osservazioni complessivamente positive.
Una prima osservazione riguarda la regola delle incompatibilità fissata dal decreto, nella parte in cui stabilisce che al direttore dei lavori è precluso accettare nuovi incarichi professionali da parte dell'esecutore, dall'aggiudicazione sino all'approvazione del certificato di collaudo.
Da un lato, infatti, la Commissione ha ribadito che la sede appropriata per la disciplina delle incompatibilità è la legge e che le indicazioni fornite dal Ministero potrebbero essere viziate tra l'altro da eccesso di delega; dall'altro lato, ha invece posto in rilievo che, in caso di conferma della norma, non bisognerebbe circoscrivere il suo ambito di applicazione ai "nuovi" incarichi professionali, in quanto un'incompatibilità può essere ravvisata anche se il direttore non ha mai ricevuto incarichi dall'esecutore.
Ulteriore osservazione invece fa riferimento alla disciplina dei rapporti tra il direttore dei lavori ed il Rup.
Il Consiglio di Stato si è interrogato sulla utilità del Responsabile del procedimento, considerato che l'articolo 101, comma 1, del Codice, già assegna al Rup la funzione di direzione dell'esecuzione del contratto, nell'ambito della quale egli "si avvale" del direttore dei lavori. Di conseguenza - in caso di mantenimento del testo - la norma dovrebbe essere riformulata individuando come destinatario del precetto il direttore dei lavori. Allo stesso modo, è stata rilevata l'opportunità di riformulare la norma, anche nella parte relativa ai rapporti tra il direttore dei lavori e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori previsto dal T.U. sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
Secondo il decreto ministeriale, nell'ipotesi in cui l'incarico di coordinatore venga affidato ad un soggetto diverso dal direttore dei lavori, lo stesso coordinatore assume le responsabilità per le funzioni assegnategli dalla normativa sulla sicurezza, «operando in piena autonomia, ancorché coordinandosi con il direttore dei lavori». Ma, a tal ultimo riguardo, non è chiara la funzione di questo inciso finale, dopo l'enunciazione del principio secondo cui il coordinatore opera «in piena autonomia», considerato che, in base al d.lgs. n. 81/2008, tale soggetto già assume tutti i compiti connessi alla sicurezza nella fase esecutiva dei lavori e le relative responsabilità; e, quindi, andrebbero evitate previsioni normative che possano dar luogo ad interpretazioni derogatorie rispetto alle regole di carattere generale contenute nel testo unico di settore.
Il testo proseguirà il suo iter e verrà nuovamente sottoposto all’esame della Commissione parlamentare Ambiente della Camera dei deputati il prossimo 20 Febbraio ai fini dell’espressione del parere.
Dpcm di Qualificazione delle Stazioni appaltanti
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto all'art.38 comma 2 del Codice appalti è stato trasmesso dalla stessa Presidenza ai ministeri competenti per la messa a punto definitiva della norma.
La disciplina ha istituito presso l'Anac un elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di committenza, al quale le amministrazioni dovranno iscriversi per poter esercitare tutte le attività legate ai contratti pubblici, eccezion fatta per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (e i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche), Consip, Invitalia ed i soggetti aggregatori regionali, che sono considerati già qualificati di diritto.
L'iscrizione all'elenco sarà necessaria per bandire le gare di lavori di importo pari o superiore a 150mila euro, oltre che quelle di servizi e forniture di importo pari o superiore a 40 mila euro; e la qualificazione così ottenuta attesterà la capacità della P.a. di gestire direttamente gli ambiti di attività relativi alla programmazione e alla progettazione (AP), alla gestione e al controllo della fase di affidamento (AA), e infine alla gestione e al controllo della fase di esecuzione, collaudo e messa in opera (AE). Si tratta infatti di ridurre il numero dei centri di spesa. Il regolamento obbliga gli enti a investire sulle professionalità tecnico-economiche necessarie a gestire appalti, anche complessi.
Inoltre di particolare importanza è il tema della qualificazione riferita ai servizi di architettura e ingegneria. Attività che il Dpcm di fatto assimila e lega a doppio filo agli appalti di lavori. Al comma 4 dell'articolo 4 si legge infatti che le stazioni appaltanti e le centrali di committenza possono procedere all'acquisizione di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, se sono in possesso della qualificazione corrispondente all'importo stimato dei lavori posti a base di gara per i quali vengono richiesti predetti servizi. Una prescrizione che potrebbe limitare drasticamente lo spazio di manovra degli enti locali sui concorsi di idee o sui servizi di pianificazione urbanistica.
Sullo schema di Dpcm serve il parere del Consiglio di Stato e dell'Anac. Poi serviranno - una volta approvato il Dpcm - altre due misure attuative.
La prima è un provvedimento dell'Anac per stabilire l'attuazione della qualificazione. Questa sorta di sub-regolamento (previsto dal codice appalti) dovrà arrivare entro sei mesi a partire dall'entrata in vigore del Dpcm. Dopodiché, entro i successivi 90 giorni, il sistema di qualificazione entra finalmente in vigore.
Il secondo provvedimento attuativo consiste in un decreto dell'Economia (entro 90 giorni dall'entrata in vigore del Dpcm) sulle «apposite linee guida esplicative» dei criteri sull'organizzazione delle stazioni appaltanti che svolgeranno le funzioni per conto degli enti che non hanno ottenuto la qualificazione.
Poi c'è il periodo transitorio, che nel testo inviato a regioni e comuni è indicato in 18 mesi, durante i quali le stazioni appaltanti che hanno fatto domanda di qualificazione conservano, fino ad avvenuta qualificazione, la capacità di espletare la propria attività, e di acquisire il codice indentificativo di gara (Cig).
CAM
Il Ministero dell’Ambiente interviene di nuovo per fornire una serie di chiarimenti sui Criteri ambientali minimi (CAM) da seguire nell’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione degli edifici pubblici.
Le specifiche tecniche e le clausole contrattuali devono essere inserite nella documentazione di gara. In particolare, i criteri progettuali vanno inseriti nel capitolato speciale d’appalto.
La stazione appaltante può inserire nella documentazione di gara uno o più dei criteri premianti presenti nel documento CAM oppure prevederne di simili, fermo restando la possibilità di elaborare criteri premianti nuovi e/o più stringenti.
Il Ministero dell’Ambiente ha chiarito che la stazione appaltante deve mettere a gara il progetto esecutivo o, in caso di lavori, deve avere un progetto esecutivo già conforme ai CAM.
Barriere architettoniche
La Conferenza Stato-Regioni ha dato parere positivo alla bozza di decreto interministeriale che rifinanzia per 180 milioni di euro il fondo della legge 13/1989 per interventi di abbattimento delle barriere architettoniche in edifici privati.
I 180 milioni provengono dal Fondo Investimenti (istituito con il comma 140 della legge di Bilancio 2017), nell'ambito delle assegnazioni 2017 del Ministero Infrastrutture (Mit), e coprono buona parte dei fabbisogni inevasi fino al 2017, segnalati negli ultimi mesi dalle Regioni al Mit (180 milioni su 230). Le Regioni ripartiranno a loro volta i finanziamenti ricevuti ai Comuni richiedenti per contribuire alle spese dei privati cittadini.
Il decreto di riparto delle risorse, proposto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sarà poi firmato dai Ministri dell’Economia delle Finanze, Pier Carlo Padoan, del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti, e dallo stesso Delrio
PROFESSIONISTI
Equo compenso
Il Ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha affermato che l’iter di revisione dei parametri ministeriali previsti dal decreto ministeriale 140/2012 per la determinazione dell’equo compenso per i professionisti è stato avviato dall’ufficio legislativo del dicastero. Ricordiamo infatti che con l’approvazione del decreto fiscale, lo scorso novembre, a tutti i professionisti sarà riconosciuto un equo compenso determinato in maniera proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, tenendo conto dei parametri previsti dai regolamenti delle singole professioni.
FISCO
Split payment: il meccanismo si applica dall’inserimento degli enti negli elenchi Mef
Il Dipartimento delle Finanze del MEF ha reso noto che, in coerenza con quanto precisato nella Circolare Agenzia delle Entrate n. 27/E del 2017 (Qui il testo) (cfr. contenuti correlati), agli elenchi dei soggetti tenuti allo split-payment pubblicati sul proprio è attribuita efficacia costitutiva.
Pertanto, al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, è da intendersi che la disciplina dello split payment ha effetto dalla data di effettiva inclusione del soggetto nell’elenco e della pubblicazione dell’elenco sul sito del Dipartimento delle Finanze.
Spesometro
L’Agenzia delle Entrate ha prorogato l’invio telematico delle fatture del secondo semestre 2017 e le integrazioni e le correzioni dei dati delle fatture del primo semestre al 6 aprile 2018.
La nuova scadenza per l’invio telematico dello spesometro, riguarda sia la comunicazione dei dati delle fatture del secondo semestre 2017 che l’invio di variazioni ed integrazioni dei dati relativi alle fatture emesse e ricevute nel primo semestre del 2017. La data per la scadenza del 6 aprile è stata dunque fissata a 60 giorni dalla pubblicazione del provvedimento del 5 febbraio nel rispetto dello Statuto del Contribuente.
Con il nuovo provvedimento lo spesometro diventa “light”: grazie alle novità introdotte dal decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2018 vengono, infatti, semplificate e ridotte le informazioni richieste. Tra le nuove misure: la comunicazione dei dati riepilogativi per le fatture emesse e ricevute di importo inferiore a 300 euro; la scelta facoltativa di trasmettere i dati con cadenza trimestrale o semestrale; l’invio delle comunicazioni integrative di quelle errate riferite al primo semestre 2017.
L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, messo a disposizione sul proprio sito internet due software di supporto: uno per il controllo dei file delle comunicazioni e l’altro per la loro compilazione. Un’azione per agevolare i contribuenti e gli intermediari.