Sintesi di Monitoraggio Legislativo 14-25 Settembre 2015
NOTA POLITICA
Le riunioni dei ministri degli Interni e dei capi di Stato e di governo dei paesi Ue andate in scena questa settimana hanno costituito l’ultimo atto, in ordine di tempo, di una crisi che in Europa sta provocando lacerazioni persino maggiori di quella dei debiti sovrani.
La crisi dei migranti ha infatti squarciato il velo sul fallimento europeo davanti a un fenomeno storico potente che per essere affrontato con buone probabilità di successo richiede tempestività, unità d’intenti e decisione. Mai come in queste ultime settimane la Commissione europea, ovvero l’organo che dovrebbe agire da “supergoverno” dell’Unione, si è mostrata inerme davanti alle ondate di profughi e rifugiati in viaggio verso il Nord Europa, attraverso il Mediterraneo o lungo la dorsale balcanica. La questione migratoria è così riuscita a far riaffiorare un antico spartiacque geoculturale che la retorica europeista sembrava aver sepolto.
In Europa centro-orientale, nella cintura ricompresa fra Baltico e Balcani, persiste una (più o meno) radicata concezione etnica dello Stato che si contrappone all’idea, forte nei Paesi dell’Ovest, secondo cui la cittadinanza sia fondata su valori e regole condivise piuttosto che sul sangue. A plastificare e complicare il quadro vi sono le barriere, prese di posizione e rifiuti che hanno scandito i tempi dell’approccio centro-orientale all’emergenza e soprattutto fatto montare l’inevitabile rancore da parte dei paesi occidentali verso partner che, nell’ultimo ventennio, hanno ricevuto sostegno, aiuti e finanziamenti durante la loro complessa transizione post-comunista.
I numeri della crisi, peraltro, non fanno che acuire la percezione del fallimento, se è vero che quest’anno, in Europa, sono giunti circa 500 mila profughi, rifugiati o richiedenti asilo: pari allo 0,1% della popolazione Ue. Paesi più piccoli e soprattutto meno ricchi come Turchia, Libano e Giordania stanno attualmente dando asilo a 1,7, 1,3 e 1 milione di persone rispettivamente.
I vertici intergovernativi dell’ultima settimana hanno stabilito che proprio questi ultimi tre Paesi mediorientali saranno i destinatari di una serie di misure finalizzate ad aiutarli nella gestione dei flussi, mentre 1 miliardo di euro verrà stanziato a favore di agenzie internazionali che assistono i rifugiati. Nei prossimi due anni saranno invece 120 mila i migranti da redistribuire fra gli altri partner europei da pare di Italia, Grecia e Ungheria. Nulla di fatto invece sulla proposta di dislocare forze europee ai confini della Grecia, divenuta oggi il punto d’accesso privilegiato per i migranti in fuga dal Medio Oriente e dall’Africa. Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo, ha chiosato a margine dei vertici che l’onda di rifugiati più grande non è ancora arrivata.
Volkswagen è finita al centro di un vero e proprio scandalo dalle ripercussioni globali dopo la scoperta di una maxi-frode sulle emissioni inquinanti di ben 11 milioni di auto in tutto il mondo. Esploso con forza negli Stati Uniti, il caso non mancherà di avere ripercussioni anche in Europa. La vicenda si complica per via dei legami fra il mondo politico tedesco e il secondo costruttore mondiale di auto: nel management di Vw siede infatti l’autore delle riforme del lavoro e del welfare del Governo Schröder, mentre il Land della Bassa Sassonia, da cui proviene il leader della Spd nonché ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, è azionista del gruppo e dipende da esso per i dividendi e posti di lavoro che assicura. Con un giro d’affari di oltre 200 miliardi di euro l’anno e 600 mila posti di lavoro diretti in Germania, secondo gli analisti il rischio è che il Governo Merkel reputi la Vw “too big to fail” (proprio come accadde per le banche di Wall Street agli occhi del governo americano nel 2008) e decida di intervenire per salvarla. Con buona pace delle regole europee sugli aiuti di Stato.
Sul fronte politico interno, si registra l’intesa raggiunta fra la maggioranza e la minoranza Pd sulle modifiche al ddl Boschi e in particolare la questione dell’elettività dei senatori, quella dei giudici costituzionali da parte della nuova Camera Alta nonché le funzioni di quest’ultima. Dopo le polemiche degli ultimi giorni, per il Presidente del Consiglio si tratta di una svolta importante che dovrebbe rendere ancora più probabile l’approvazione del ddl in occasione del voto finale fissato per il 13 ottobre. In precedenza, il Primo Ministro Renzi aveva comunque fatto sapere che punterà in ogni caso all’abolizione dell’Assemblea di Palazzo Madama, sia che ciò avvenga tramite l’approvazione del ddl Boschi, sia mediante altri provvedimenti ad hoc.
Secondo il costituzionalista Michele Ainis, l’attuale dibattito sulle nuove norme costituzionali è però viziato da una serie di “pregiudizi” che contribuirebbero ad accrescere la confusione e dunque la faziosità. Sul Corriere di venerdì 18 settembre, il giurista aveva confutato sia l’assunto governativo secondo cui questa riforma costituisce una sorta di ultima spiaggia (dal 1989 a oggi sono state approvate 13 leggi di revisione costituzionale, senza che ciò abbia portato vantaggi definitivi al sistema), sia la rivendicazione delle opposizioni secondo cui la revisione della Costituzione è materia di competenza parlamentare e non dell’esecutivo.
Per quanto riguarda la lentezza del processo legislativo, continuava Ainis, i dati dimostrano che nonostante gli “svantaggi” del bicameralismo, negli ultimi 15 anni il tempo medio d’approvazione dei disegni di legge è calato sensibilmente, prima di aggiungere che buona parte dell’instabilità politica dei nostri esecutivi è dipesa dal meccanismo della doppia fiducia e non dal doppio voto sulle leggi. Sul fronte degli emendamenti e del ruolo di Grasso, Ainis ha ricordato come alla seconda carica dello Stato spetterà “solo” la decisione di mettere ai voti gli articoli, implicando con ciò che eventuali défaillance della compagine governativa dipenderanno esclusivamente dalla sua capacità di tenuta. Per quanto riguarda le urne anticipate, spauracchio agitato in più di un’occasione dal Governo per disinnescare i dissidenti, è opportuno considerare un fatto: ossia che di qui fino al luglio del 2016 si voterà con un sistema proporzionale puro che rischierà di danneggiare, per primo, lo stesso Premier.
Ocse, Confindustria, e Moody’s hanno rivisto al rialzo le proprie stime sul Pil nel 2015, preconizzando – rispettivamente – un’espansione dello 0,7%, dell’1% e ancora dello 0,7%. Divergenti invece quelle per il 2016: sempre in rialzo secondo Confindustria (+1,5%) e Moody’s (+1,2% dal precedente +1%), in ribasso invece quelle dell’Ocse (Pil all’1,3%, in calo dello 0,2% sull’ultima previsione). L’organizzazione parigina ha inteso comunque lodare gli sforzi dell’esecutivo Renzi, definiti come “importanti” per il rilancio economico del paese, mentre secondo Confindustria nel prossimo biennio si assisterà a un incremento dell’occupazione per quasi mezzo milione di unità grazie al combinato degli sgravi contributivi e del Jobs Act. L’agenzia di rating americana ha invece spiegato che potrebbe rivedere il giudizio Baa2 assegnato all’Italia nel caso di un «effettivo rafforzamento» della crescita grazie alle riforme, benché reputi «credit negative» il taglio delle tasse sulla prima casa annunciato dal Governo, poiché andrebbe a intaccare una «fonte di gettito relativamente stabile e meno distorsiva di altre».
SINTESI DI MONITORAGGIO LEGISLATIVO E REGOLATORIO
LAVORI PUBBLICI
Delega appalti
Dopo tanti annunci, mercoledì 23 (con un po’ di ritardo rispetto sono stati presentanti gli emendamenti dei Relatori al disegno di legge delega per la riforma del codice degli appalti.
Punti cardine delle proposte emendative sono un decreto per recepire le direttive entro il 18 aprile 2016, un altro per riformare il sistema degli appalti entro il 31 luglio 2016; poi le regole di attuazione affidate alle linee guida firmate insieme dal ministero delle Infrastrutture e dall'Anticorruzione.
Ci sarà quindi una divisione in due tempi della riforma, destinata a a mandare in pensione il Dlgs 163/2016, insieme al suo decreto attuativo (Dpr 2017/2010) per un totale di oltre 600 articoli.
Inoltre, tra gli emendamenti, c’è anche la previsione di una disciplina specifica per i contratti sottosoglia, l'obbligo di sottoporre i contratti secretati alla vigilanza della Corte dei Conti (prevedendo un numero minimo di partecipanti), l'individuazione precisa dei settori esclusi, l'uso delle tecnologie Bim (Building information modeling) nella progettazione di edifici e infrastrutture.
I lavori della commissione sul testo riprenderanno la prossima settimana. La votazione degli emendamenti è prevista per mercoledì pomeriggio al termine dei lavori dell'Aula e alla presenza del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. In quella sede dovrebbero arrivare le altre correzioni annunciate dalla relatrice Raffaella Mariani (modifica del bonus 2% per in tecnici Pa, sospensione immediata del performance bond, abolizione legge obiettivo).
Il Rapporto sugli appalti a Roma
Il giudizio finale è netto e non fa distinzione tra le due amministrazioni che si sono succedute in Campidoglio negli ultimi quattro anni: l’analisi dei dati condotta dagli ispettori dell’Anticorruzione ha reso di palese evidenza il massiccio e indiscriminato ricorso a procedure non a evidenza pubblica in grado di assorbire di fatto, in termini quantitativi, quasi il 90% delle procedure espletate, per un valore pari al 43% degli appalti affidati. Ciò significa che poco meno della metà dei lavori e dei servizi assegnati a Roma e pagati con denaro pubblico sono stati attribuiti attraverso trattative private, scegliendo direttamente i beneficiari.
Inoltre il sospetto di interessi corruttivi o criminali di altro genere dietro gli appalti a trattativa privata è confermato dalla constatazione di generalizzata carenza e omissione della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici invitati, offerenti e aggiudicatari.
In più, negli affidamenti negoziati non si rileva un’adeguata rotazione tra i soggetti affidatari e, nelle delibere di affidamento o autorizzazione, emerge la frequente carenza di un’esplicita motivazione della scelta effettuata, il mancato richiamo alla tipologia di affidamento applicata, nonché assenza di presupposto di imprevedibilità non imputabile alla stazione appaltante.
La relazione dell’Autorità Anticorruzione è ora all’esame del procuratore Giuseppe Pugnatone e potrebbe confluire nel maxi fascicolo Mafia Capitale.
Nuovo Regolamento appalti a Roma
Nel regolamento appalti approvato lo scorso 22 settembre dalla giunta capitolina è la centralizzazione il tratto più evidente che emerge negli 80 articoli del codice dei contratti, dove spesso vengono replicate disposizioni già operanti perché previste dal codice nazionale (dlgs 163/2006 e dal relativo codice attuativo).
La vera novità sta nella concentrazione delle gare in capo a un unico soggetto: la centrale unica di committenza, che non sarà un mero ente banditore, ma una struttura deputata al controllo di merito e legalità dei documenti di gara. La struttura sarà dipendente dal segretariato generale del comune di Roma. La centralizzazione è obbligatoria per tutti i centri di spesa capitolini. L'articolo 20 (Centrali di committenza) spiega che la struttura avrà le seguenti responsabilità nei lavori pubblici: «svolgere la procedura di selezione dell'esecutore; stipulare con l'aggiudicatario l'accordo quadro; attuare, monitorare e governare l'accordo quadro; svolgere attività di monitoraggio e verifica, anche attraverso controlli a campione, al fine di accertare la piena e corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali rese dall'affidatario a favore delle stazioni appaltanti nell'ambito dei singoli contratti applicativi, che relazionano periodicamente sull'andamento degli stessi». Sotto il cappello della centrale unica finiscono tutti gli «organismi interamente partecipati da Roma Capitale».
Opera di centralizzazione anche sugli albi delle imprese per l'affidamento di servizi e lavori di piccolo importo: spariscono i singoli albi di dipartimenti, municipi o altri uffici della Capitale e si strutturano solo alcuni albi unici, definiti dagli articoli 33 (procedure ristrette e semplificate), 34 (procedure negoziate lavori), 35 (procedure negoziate forniture e servizi), 36 (appalti a cooperative di tipo B), 37 (servizi alla persona) e 38 (affidamenti in economica di beni e servizi).
Novità anche nelle commissioni di gara (articoli 41-43), dove si prevede un sistema di rotazione di funzionari e dirigenti iscritti a un unico albo e sorteggiati attraverso un sistema automatico effettuato con computer.
Riforma PA. A ottobre i primi decreti attuativi: si parte dalla semplificazione di Scia e Dia
Venti decreti attuativi per completare la riforma della pubblica amministrazione. A pochi giorni dal varo della riforma Madia (legge n. 124 del 2015), il Governo ha fatto partire le grandi manovre per chiudere rapidamente il suo percorso. E, come già accaduto per il Jobs act e la delega fiscale, i tecnici si sono immediatamente messi all'opera per scrivere i testi. I primi tasselli arriveranno in Consiglio dei ministri nel giro di qualche settimana, probabilmente già a ottobre. Si partirà dall'agenda digitale, dalle norme sulle partecipate e dalle modifiche a Scia e Dia. Qualche settimana in più servirà, invece, per le nuove regole sulla conferenza di servizi e per le procedure semplificate in materia di grandi opere. A parlare del calendario è Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, che parte dai tempi. «Finora si è parlato di ottobre. Non posso confermare, perché la decisione su quando andare in Consiglio dei ministri appartiene al premier». La sostanza, però, è che sono già composte le commissioni che stanno lavorando sui venti decreti che daranno vita alla riforma. Saranno divisi in due tranche, una dedicata ai rapporti tra Pa e cittadino e una orientata sulle procedure interne della pubblica amministrazione.
Il primo blocco sarà il più rapido. E contiene molte novità importanti per l'edilizia. Soprattutto, ci saranno tutte le nuove regole sull'agenda digitale, le modifiche ai procedimenti amministrativi, a partire da Dia e Scia, e la riforma delle partecipate. Nel caso dell'agenda digitale, si cercherà di rendere più elettronici i rapporti tra cittadino e amministrazione. Sulla Scia e la Dia, poi, verranno chiariti i casi nei quali è sufficiente il silenzio assenso, quelli nei quali serve un'autorizzazione espressa e quelli per i quali, invece, basta una comunicazione preventiva. Mentre, sul fronte delle partecipate, sarà avviata l'opera di riordino e taglio sulla quale il Governo sta ragionando ormai da anni. E che sarà, in parte, anticipata dalla manovra in presentazione a metà ottobre.
Nel secondo blocco, che sarà più lento, ci saranno invece i provvedimenti dedicati alle procedure interne alla pubblica amministrazione. Tra questi, spicca l'attesissima riforma della conferenza di servizi, che dovrebbe risolvere molti problemi legati alla formazione dei pareri della Pa. Ma non solo: ci sarà anche il regolamento sui procedimenti amministrativi semplificati e velocizzati per le grandi opere. Senza dimenticare il riordino di tutti gli obblighi di trasparenza e pubblicità attualmente a carico delle pubbliche amministrazioni.
Riforma appalti. Antitrust: affidamenti in house solo a società interamente pubbliche
Affidamenti in house possibili solo alle società interamente pubbliche. È la soluzione caldeggiatadall'Antitrust per la riforma degli appalti. Una strada che rappresenterebbe una stretta, rispetto a quanto previsto dalle direttive europee, ma che per i tecnici dell'Autorità garante della concorrenza rappresenterebbe la migliore soluzione possibile.
Le nuove regole Ue sugli affidamenti in house hanno cambiato gli assetti consolidati che rendevano possibile l'asegnazione degli appalti senza gara tra amministrazioni pubbliche a tre condizioni: 1) che la società in house fosse a capitale interamente pubblico (niente privati); 2) che svolgesse attività prevalentemente per l'amministrazione (fatturato al 90%) e 3) che la Pa esercitasse un controllo analogo (diritto di veto) sulla società in house.
La direttiva 2014/24 (articolo 12) ha cambiato due dei tre criteri, rendendo meno rigidi i paletti a presidio dell'obbligo generale di affidare appalti e servizi con gara. In particolare viene permesso l'affidamento in house anche a società partecipate da privati, mentre la percentuale relativa al l'attività svolta prevalentemente per il pubblico è scesa dal 90 all'80%. «Si tratta di due aperture - sottolinea Filippo Arena, capo di gabinetto dell'Antitrust - che in qualche modo sono andate oltre la giurisprudenza della Corte Ue». E che rischiano di generare effetti controproducenti, in un mercato come quello italiano in cui la concorrenza non è sempre il primo obiettivo. «Lo è invece per le direttive - aggiunge Arena -.Per questo sarebbe utile stringere le maglie, tornando al controllo interamente pubblico e alzando anche la soglia di fatturato relativa all'attività prevalente».
Non c'è il rischio di contraddire le direttive Ue o di cadere nella tagliola «gold plating»? «Qualunque misura mirata ad aumentare la concorrenza - spiega Arena- è in linea con le direttive che hanno sempre questo obiettivo primario. Il gold plating poi impedisce di aggiungere oneri aggiuntivi rispetto a quelli minimi previsti dalle direttive: qui di oneri non ce ne sarebbero per nessuno».
Nessun rischio anche per Valentina Guidi, dirigente del dipartimento delle Politiche comunitarie di Palazzo Chigi. «Si tratta di un punto delle direttive a recepimento facoltativo, quindi agli Stati membri è sicuramente concesso stabilire dei paletti ulteriori per l'affidamento in house. Tra l'altro, alla Camera è stato presentato anche un emendamento in questo senso».
Riforma appalti. Rating di reputazione con formula «patente a punti», altrimenti si rischia la bocciatura Ue
Ottima idea il rating di reputazione, ma attenzione a come si realizza. La migliore soluzione, per gli economisti, è il sistema della «patente a punti». Altrimenti si rischiano effetti distorsivi della concorrenza. Una soluzione appoggiata anche dall'Antitrust, che per bocca di Pierluigi Sabbatini, responsabile del comitato Valutazioni economiche dell'Autorità sarebbe anche l'unico sistema in grado di garantire l'aderenza al dettato delle direttive europee. Il rating di reputazione è stato al centro di un approfondimento specifico della giornata di studio sul recepimento delle direttive appalti organizzata dalla Università di Tor Vergata e ospitata presso la sede dell'Antitrust a Roma. «L'introduzione di un rating di reputazione delle imprese può avere effetti enormi sulla qualità delle realizzazioni - dice Giancarlo Spagnolo, docente a Tor Vergata - in uno studio condotto negli Usa abbiamo verificato l'innalzamento della qualità delle prestazioni dal 20% all'80% in pochi anni, dopo aver comunicato alle imprese che la loro performance sarebbe stata valutata ai fini della partecipazione a gare successive».
Il punto è però come il rating viene effettuato. Ci sono tre possibilità, secondo Spagnolo. La prima è di premiare le imprese che hanno ottenuto buone valutazioni in passato. «Ma in questo modo si penalizzano le nuove aziende, in particolare le Pmi». che entrerebbero con il sistema con un punteggio pari a zero. la seconda è di garantire a tutti un punteggio massimo, da scalare via via in base alle valutazioni negative , tipo, appunto patente a punti. Per valutare Spagnolo ricorda innanzitutto che senza meccanismi reputazionali, nell'esecuzione delle prestazioni si ottiene «bassa qualità, alti prezzi con molti nuovi entranti». Se si utilizza il sistema di rating con punteggio zero per i nuovi arrivati il risultato sarà «alta qualità, bassi prezzi, ma nessun nuovo entrante». Dunque concorrenza penalizzata. Virando sul sistema della patente a punti invece tutte e tre le condizioni sarebbero soddisfatte. «Si otterrebbe infatti alta qualità, bassi prezzi e moltissimi entranti».
L'idea della patente a punti è appoggiata anche dai tecnici dell'Antitrust, anche perchè, ricorda Sabbatini «l'Europa consente sistemi di rating negativi», cioè di penalizzazione di chi si comporta male. Mentre «sarebbe giudicato discriminatorio l'attribuzione di punteggi premiali». Che però è proprio quello che prevede ora la delega in discussione alla Camera (lettera «nn»).
Tar Toscana: nessun risarcimento se le nuove norme annullano l’aggiudicazione
Non è previsto alcun risarcimento se la revoca dell’aggiudicazione definitiva di un appalto deriva dal cambiamento delle norme. Chi presenta domanda ai sensi delle leggi in vigore non può quindi nulla se, nel frattempo, arrivano nuove disposizioni a cambiare le carte in tavola.
È questa la decisione presa dal Tar Toscana con la sentenza 1025/2015. Nel caso preso in esame, una società aveva presentato domanda per la partecipazione ad una gara, che si era aggiudicata in via provvisoria.
A causa di norme approvate successivamente alla gara, che avevano cambiato le condizioni per poter accedere alle selezioni, gli atti erano stati revocati e alla società non era mai stata comunicata l’aggiudicazione definitiva.
La società aveva quindi fatto ricorso sostenendo che la domanda era stata presentata in base alle regole vigenti in quel periodo e che, sempre in base a quelle regole, era risultata idonea.
Di parere opposto il Tar. A detta dei giudici, il provvedimento di revoca era stato causato dal cambiamento della legislazione statale, quindi non poteva essere addebitata nessuna responsabilità alla Stazione Appaltante. Secondo il Tar, il legislatore nazionale è espressione della volontà generale e può quindi incidere sulla situazione soggettiva di un concorrente. Non si può quindi affermare che queste modifiche incidono sui diritti soggettivi o sui diritti acquisiti né che l’Amministrazione abbia violato il sui dovere alla lealtà.Per questi motivi, hanno concluso i giudici, non può essere riconosciuto alcun risarcimento.
Link della sentenza:
http://www.edilportale.com/normativa/sentenza/2015/1025/tar-toscana-nessun-risarcimento-se-le-nuove-norme-annullano-l-aggiudicazione-provvisoria-di-un-appalto_16020.html
Appalti, Consiglio di Stato: nel soccorso istruttorio bisogna valutare la sostanza non i formalismi
Un'impresa che non è riuscita ad aggiudicarsi un appalto (bandito dall'azienda Santa Lucia Fiere per la ristrutturazione di uno stabile) ha presentato ricorso al Tar Veneto contestando il fatto che all'impresa aggiudicataria fosse stato consentito di integrare la documentazione presentando una dichiarazione omessa. Più precisamente il ricorrente lamentava la mancata presentazione dell'aggiudicataria della dichiarazione di cui all'articolo 38 del codice appalti, comma 1, lettera m-ter (per attestare di non essere tra chi «pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell' articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti all'autorità giudiziaria, salvo che ricorrano i casi previsti dall'articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689»).
La stazione appaltante ha consentito all'aggiudicataria di integrare la documentazione con la dichiarazione mancante in sede di soccorso istruttorio.
Il Tar Veneto ha respinto l'appello del ricorrente, che ha fatto appello al Consiglio di Stato. Ma anche i giudici di palazzo Spada, V sezione - con la sentenza 4249, depositata l'11 settembre scorso - hanno respinto l'appello e hanno condannato l'impresa appellante a pagare 8mila euro di spese.
La questione controversa. Nell'argomentazione, il Consiglio di Stato sottolinea che il principio guida alla base del soccorso istruttorio è «assicurare la massima partecipazione alle gare d'appalto, necessaria per assicurare all'amministrazione la massima concorrenza fra le imprese, e quindi il miglior risultato economico». D'altra parte, nel soccorso istruttorio è consentito solamente completare le dichiarazioni esistenti, ma non aggiungerne di nuove. Nel caso in questione, l'impresa ricorrente (e appellante) ha puntato la sua azione legale sul fatto che fosse stata presentata successivamente una dichiarazione non presentata in precedenza, contestando all'amministrazione di aver consentito all'aggiudicataria di sanare un errore da considerare insanabile.
La valutazione del Consiglio di Stato. Di tutt'altro avviso il Consiglio di Stato che nella sentenza affronta la questione distinguendo il piano della sostanza da quello del puro formalismo.
Dal punto di vista formale, l'impresa aggiudicataria ha effettivamente omesso di presentare la dichiarazione di cui all'articolo 38, comma 1, lettera m-ter. Tuttavia, osservano i giudici, l'impresa non si trova nella situazione indicata nel citato punto indicato dal codice appalti (cosa che, diversamente, avrebbe comportato l'esclusione dalla gara). La stazione appaltante, inoltre, prima di concedere il soccorso istruttorio, ha verificato, presso l'allora Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici (ora Anticorruzione), la presenza «di annotazioni ostative alla stipula del contratto ai sensi dell'art. 38 del codice appalti, accertando la loro insussistenza». Pertanto, riconosce il Consiglio di Stato, «la decisione di procedere al soccorso istruttorio è stata quindi preceduta da idonea istruttoria».
Il Consiglio di Stato ci tiene a ribadire l'importanza di distinguere gli aspetti formali da quelli sostanziali. «Il legislatore - ricordano i giudici di Palazzo Spada - ha voluto evitare che l'aggiudicazione degli appalti avvenga sulla base di inutili formalismi, che sviano dal raggiungimento del miglior risultato sostanziale senza nulla aggiungere alla trasparenza dell'attività amministrativa».
Legge regionale siciliana sugli appalti: il CdM impugna il provvedimento
Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la riforma degli appalti, approvata dal Parlamento siciliano a luglio scorso, perché ha rilevato profili di illegittimità costituzionale. Secondo il Governo, l’Assemblea Regionale siciliana non ha competenze in questo settore e cioè quello della tutela della libera concorrenza e fare leggi inerenti tale ambito spetta soltanto al potere centrale.
In concreto la norma – che evita ribassi eccessivi nelle gare di appalto – tecnicamente non è sbagliata ma ci sono alcuni articoli che differiscono dalla normativa nazionale. Il Governo, infatti, ha dichiarato di voler aprire ora un confronto con la Regione Sicilia al fine di trovare delle soluzioni.
Il caso a questo punto passa all’esame della Corte Costituzionale che dovrà decidere in merito. Dovrebbero volerci circa un anno prima di avere il verdetto. Nel frattempo, la riforma resterà in vigore, a meno che il confronto con il Governo non porti all’approvazione di un nuovo testo, più in linea con le disposizioni statali.
Il Veneto firma un protocollo di legalità
Rotazione del personale a rischio corruttibilità e scissione dei contratti in cui si rilevano anomalie criminose. Sono queste le principali «barriere anticrimine» descritte nel nuovo Protocollo di Legalità sottoscritto d'intesa dalle Prefetture del Veneto, dalla Regione, dall'Upi e dall'Anci. L'obiettivo è riportato nel titolo del documento, cioè prevenire i tentativi d'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Si vanno così ad ampliare le misure di prevenzione che già esistevano nelle pubbliche amministrazioni, soprattutto nelle aree più esposte ai tentativi di infiltrazioni mafiose e di «interferenze» o «pressioni» da parte di comitati d'affari e furbetti. Accanto alle tradizionali clausole antimafia sono state aggiunte delle novità per rafforzare l'impegno di trasparenza e legalità da una parte, ed eliminare il rischio di situazioni «privilegiate» dall'altra, impedendo che nel tempo si favoriscano aspettative dovute a relazioni particolari tra amministratori e cittadini. Il protocollo prevede che l'ente abbia la potestà di scindere il contratto dove c'è odore di illegalità: una «clausola risolutiva» che l'amministrazione può applicare ogni volta che un'impresa aggiudicatrice di appalto subisce un tentativo di concussione e tace. Chi subisce ricatti in silenzio è in torto e perde il contratto, stesso trattamento alla luce di accordi corruttivi tra chi ottiene e chi fornisce l'appalto. Queste anomalie illegali devono però essere confermate da misure giudiziarie. E considerato che l'attività criminosa spesso si nasconde dietro appalti regolari che subiscono variazioni in corso d'opera, è necessario un monitoraggio del fenomeno da parte degli enti locali. Sulla scia delle indicazioni fornite dal procuratore distrettuale antimafia di Venezia e dal procuratore regionale alla Corte dei Conti, è stata inviata una circolare agli enti invitando ad assicurare la rotazione del personale dirigenziale e di quello con funzioni di responsabilità (compresi i responsabili dei procedimenti) negli uffici delle attività sensibili, dove il rischio di corruzione è più elevato. La rotazione del personale nelle pubbliche amministrazioni è prevista anche dal Piano nazionale anticorruzione, come a dire: niente relazioni pericolose che durano nel tempo, e allo stesso tempo evitare la sovrapposizione di funzioni e il cumulo di incarichi.
Appalti e corruzione a 61/mo convegno studi amministrativi
Contratti pubblici, codice appalti, contrasto alla corruzione, semplificazione, rilancio dell'economia: sono alcuni dei temi al centro del 61/mo Convegno di Studi Amministrativi, svoltosi da giovedì 17 a sabato 19 settembre a Villa Monastero di Varenna.
Organizzato dalla Provincia di Lecco, sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, ha aperto i lavori il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni.
Sono intervenuti, tra gli altri, Giorgio Giovannini, Presidente del Consiglio di Stato, Raffaele Cantone, Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione, Giovanni Legnini, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Pitruzzella, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
PROFESSIONI
Ctu, pronto il decreto di aggiornamento delle tariffe. L'adeguamento sarà limitato agli indici Istat
Il decreto di aggiornamento delle tariffe dei consulenti tecnici di ufficio è pronto. La conferma arriva direttamente dal sottosegretario al ministero della Giustizia, Cosimo Ferri. Il provvedimento è stato scritto e inviato al ministero dell'Economia per ottenere un parere: l'adeguamento, che sarà parametrato agli indici Istat, costerà circa 40 milioni di euro. Si tratta di risorse che andranno trovate con la legge di Stabilità. Anche se i tecnici del Guardasigilli, in queste ore, hanno avanzato un'ipotesi alternativa: conteggiare i risparmi derivati dal processo telematico, collegati alle mancate notifiche degli atti. In questo modo sarebbe possibile compensare il buco nei conti.«Il provvedimento era atteso da tempo e posso confermare che è pronto», spiega Ferri. Saranno toccati certamente due punti. Il primo riguarda le cause con un valore di riferimento: per fissare i compensi, il giudice usa delle percentuali che non vengono aggiornate dal 2002. Il secondo riguarda le cosiddette "vacazioni": sono i compensi orari, da tenere come riferimento quando la causa non ha un valore predeterminato. Al momento valgono 8,15 euro (sui quali pagare le tasse) ogni due ore.
In entrambi i casi ci saranno adeguamenti. «Abbiamo previsto l'aggiornamento secondo gli indici Istat», prosegue il sottosegretario. È una notizia positiva, ma solo a metà. I professionisti, infatti, chiedevano da tempo che le tariffe fossero radicalmente riformate, elevando di parecchio le soglie delle vacazioni e introducendo meccanismi nuovi, come incentivi nel caso in sui si consegnino le consulenze in anticipo sui tempi. Tutto questo non ci sarà. Il ministero si prepara semplicemente a riconoscere ai Ctu il margine di inflazione maturato in questi anni di attesa.
Cosa manca, allora, per l'approvazione del decreto? «Occorrono, ovviamente, delle coperture che sono abbastanza rilevanti. Stiamo ragionando insieme al ministero dell'Economia su diverse strade», dice ancora Ferri. Dopo avere scritto il decreto, la Giustizia ha inviato il testo al Mef per ottenere un parere sulle coperture necessarie. I tecnici del Tesoro hanno stimato che, per varare la misura, sono necessarie risorse per circa 40 milioni di euro. Un importo piccolo, ma evidentemente difficile da giustificare in epoca di spending review.
Questo denaro sarà, comunque, trovato nel perimetro della manovra. «Speriamo di farcela», dice ilsottosegretario. Probabilmente, si farà ricorso a una compensazione, ipotizzata dagli uffici del Guardasigilli in queste ore. Nel quadro della riforma digitale dei processi sono maturati risparmi notevoli, ad esempio per le mancate notifiche, che non passano più dalle raccomandate ma dalla posta elettronica certificata. Sarebbe, allora, possibile conteggiare queste minori spese e, in parte, utilizzarle per trovare le coperture necessarie a ritoccare le tariffe. Insomma, serve ancora un po' di lavoro. Ma l'adeguamento dei compensi dei Ctu pare finalmente in arrivo.
L'esonero contributivo negli appalti finisce sotto il «monitoraggio» del ministero del Lavoro
Il ministero del Lavoro sta contrastando la fruizione indebita, nell’ambito degli appalti, dell’esonero contributivo introdotto dalla legge di stabilità 2015 per le nuove assunzioni. Ma non si escludono ulteriori iniziative per combattere il fenomeno.
L’indicazione è stata fornita dal sottosegretario Luigi Bobba alla commissione Lavoro della Camera in risposta a un’interrogazione presentata da alcuni parlamentari del Pd tra cui Patrizia Maestri, prima firmataria, e Maria Luisa Gnecchi. Secondo quanto evidenziato nell’interrogazione, a fronte di un cambio di appalto alcune imprese subentranti preferiscono non concludere l’accordo per il passaggio del personale dalla vecchia azienda, anche se questo comporta delle sanzioni, perché in questo modo assumono nuovo personale beneficiando dell’esonero contributivo introdotto dalla legge 190/2014 (fino a 8.060 euro all’anno per un triennio) per chi assume a tempo indeterminato nel 2015. Questa pratica, contraria allo spirito della norma secondo i parlamentari, comporta anche l’ulteriore onere a carico dell’Inps di corrispondere la Naspi ai lavoratori che restano senza impiego.
Il ministero del Lavoro ha affermato di essere a conoscenza del problema e di essere già intervenuto con la circolare del 17 giugno 2015. In particolare è stata contrastata una pratica più sofisticata messa in atto da alcune imprese committenti che, dopo aver rescisso un contratto, continuano a utilizzare gli stessi lavoratori ma tramite un contratto di somministrazione di almeno sei mesi, per poi farli assumere a tempo indeterminato da una terza impresa appaltatrice appositamente costituita per beneficiare dell’esonero contributivo.
Di fronte a queste situazioni, ha affermato il sottosegretario, oltre a contestare l’omissione contributiva per gli interessati scatta la denuncia all’autorità giudiziaria per il reato di truffa a danno degli enti previdenziali. L’attività di controllo effettuata in questi mesi, evidenzia il ministero, ha determinato per alcune imprese operanti nella provincia di Padova la revoca dei benefici contributivi indebitamente ottenuti nonché la trasmissione degli atti all’Inps per il recupero dei contributi e l’irrogazione delle sanzioni.
Inoltre il ministero ritiene che la circolare abbia svolto funzione deterrente, ma i controlli proseguiranno, anche nella prospettiva di ulteriori iniziative più mirate a contrastare il fenomeno. «Siamo soddisfatti per l’attività di vigilanza svolta dal ministero - ha commentato Patrizia Maestri - ma sottolineo che comunque l’attività in appalto si presta a fenomeni di concorrenza sleale. Quanto all’utilizzo dell’esonero contributivo, già in fase di discussione della legge delega del Jobs act avevo evidenziato il pericolo. Auspico che con la prossima legge di stabilità le risorse siano assegnate in maniera più selettiva a chi effettivamente crea nuova occupazione».
DDL Concorrenza: quasi al termine l’esame alla Camera. Previsto a inizio ottobre l’approdo in Senato
E’ arrivato in Aula alla Camera il disegno di legge per il mercato e la concorrenza. Il testo dovrebbe essere approvato in prima lettura la prossima settimana per poi passare all’esame in seconda lettura in Senato. L’obiettivo è quello di incardinare il provvedimento in Senato prima dell’inizio della sessione di bilancio.
Le norme di interesse sono gli artt. 26, 31 e 31-bis che recepiscono gli emendamenti in materia di svolgimento dell’attività professionale in forma associata. In particolare, nel corso dell’esame in Commissione sono stati approvati degli emendamenti che:
- intervengono sulla disposizione che prevede l’estensione alle società di ingegneria costituite in forma di società di capitali o cooperative della disciplina della legge n. 266 del 1997, che per prima ha consentito l’esercizio della professione in forma societaria, così da affermare la validità dei contratti conclusi, a decorrere dall’11 agosto 1997, tra le suddette società di ingegneria e i privati, superando interpretazioni opposte date dalla giurisprudenza. Con la modifica approvata la validità dei suddetti contratti è subordinata al possesso, da parte delle società di ingegneria, dei requisiti prescritti dalla legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011) e dal regolamento attuativo (DM 8 febbraio 2013, n. 34) per le società tra professionisti (e in particolare, requisiti del socio che svolge la prestazione professionale, copertura assicurativa, rispetto del codice deontologico).Le società di ingegneria hanno 6 mesi di tempo, dall’entrata in vigore della legge annuale per il mercato e la concorrenza, per soddisfare tali requisiti.
- introducono un nuovo articolo nella legge annuale per il mercato e la concorrenza attraverso il quale modifica il comma 4 dell’art. 9 del decreto legge n. 1 del 2012 in tema di compenso per le prestazioni professionali. La disposizione impone ai professionisti che la comunicazione ai clienti circa il grado di complessità dell’incarico, gli oneri ipotizzabili dal conferimento dello stesso alla sua conclusione, gli estremi della polizza assicurativa, sia resa per iscritto (anche eventualmente in forma digitale). La stessa forma scritta dovrà avere anche il preventivo di massima del compenso della prestazione professionale.
- consentono la formazione di società composte da avvocati e professionisti di altri ordini.
Ingegneri e architetti: il D.M. parametri va interpretato con «accorgimenti» per ottenere il congruo compenso
Il Dm parametri, in materia di piani urbanistici, non va interpretato alla lettera. Servono almeno un paio di accorgimenti, che consentano di arrivare a determinare un compenso congruo per i professionisti. È la conclusione più interessante alla quale giunge il nuovo documento licenziato dai Consigli nazionali di ingegneri e architetti per chiarire le questioni applicative più controverse che riguardano il decreto ministeriale n. 143/2013. La norma guida per fissare i corrispettivi da porre a base di gara continua a porre dubbi a stazioni appaltanti, ordini territoriali e Rup. Così, Cni e Cna cercano di chiarire qualche nuovo aspetto.
Lo schema di calcolo. Il primo passaggio problematico riguarda il modo in cui va declinato il requisito dell'obbligatorietà del riferimento al Dm parametri. "L'Anac – spiega il documento - ha ribadito l'obbligatorietà di riportare uno specifico quadro analitico delle prestazioni e dei relativi corrispettivi, per consentire ai concorrenti la formulazione di congrue offerte". Quindi, non bisogna soltanto inserire un riferimento generico al Dm 143/2013 nel bando, ma bisogna invece spiegare come è stato calcolato l'importo a base di gara.Questo modo di procedere "garantisce di evitare la sottostima dell'importo dei corrispettivi relativi alle prestazioni", ma anche la sovrastima: la legge impone che le nuove tariffe non possano essere più elevate di quelle vecchie (contenute nel Dm del 4 aprile del 2001). Quindi, nel bando va inserito un apposito quadro che spieghi il metodo utilizzato per la determinazione dei compensi a base di gara, consentendo di fare tutte le verifiche.
I piani urbanistici. L'altro tema chiave riguarda i compensi per la redazione di piani urbanistici. Sul punto diversi ordini territoriali hanno chiesto chiarimenti, evidenziando come l'applicazione del decreto parametri porti a risultati spesso troppo bassi, se confrontati con il riferimento della vecchia circolare del ministero dei Lavori pubblici n. 6679 del primo dicembre 1969. "Il primo elemento di criticità che si rileva nei casi segnalati – spiega il documento - attiene all'applicazione del Pil per abitante per la determinazione del valore "V" di riferimento per il calcolo del corrispettivo". La norma parla di Pil territoriale, ma questo porta corrispettivi differenti in diverse parti del paese, a parità di prestazioni. "Si è quindi del parere che per ovvi motivi di uniformità, il valore del Pil pro capite da assumere non potrà che essere quello medio nazionale".A questo si accompagna un'importante indicazione sulla modalità di calcolo del corrispettivo. Tra le prestazioni da considerare non ci sarà solo la "Pianificazione urbanistica generale"; andranno comunque sempre considerate "le prestazioni Qa.0.02 "Rilievi....", Qa.0.03 "Pianificazione paesaggistica...", Qa.0.05 "Programmazione economica...", che costituiscono parte inscindibile dell'attività di pianificazione così come oggi richiesta". Questo pacchetto costituisce una base da inserire sempre nei computi.
La classificazione dei servizi. Infine, c'è il tema della classificazione dei servizi. Dice il documento: "Ai fini della qualificazione per la partecipazione alla gare, secondo quanto deliberato dall'Anac, le attività svolte per opere analoghe a quelle dei servizi da affidare, non necessariamente di identica destinazione funzionale, sono da ritenersi idonee a comprovare i requisiti, quando il grado di complessità sia almeno pari a quello dei servizi da affidare". Considerazioni da applicare soprattutto a tre categorie: edilizia, strutture e viabilità.
Professionisti, in Lombardia fondi per 30 milioni per finanziare l'apertura di un nuovo studio
Un finanziamento di 30 milioni di euro destinato anche ai liberi professionisti (anche in forma associata e iscritti al loro albo professionale) e non più solo alle imprese: in questo modo la Regione Lombardia ha equiparato architetti e ingegneri alle aziende.
Con la delibera X/3960 della Giunta regionale (approvata lo scorso 31 luglio) sono stati adottati i criteri applicativi per accedere al finanziamento della linea Start e ReStart che nasce per favorire l'imprenditorialità lombarda. In gioco ci sono risorse nell'ambito del Programma operativo regionale, il Por, a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) 2014-2020. Nei criteri si chiarisce che possono accedere al finanziamento anche i liberi professionisti che abbiano avviato un'attività da non più di 24 mesi o che stanno per avviarla. Mancano ancora i relativi bandi per accedere ai finanziamenti che sono attesi a breve. Ma la delibera si può considerare il successo dell'attività di Confprofessioni Lombardia, l'organizzazione che rappresenta gli interessi generali dei liberi professionisti, che nel dicembre del 2014 aveva presentato un'istanza al Pirellone proprio per ottenere il riconoscimento anche dei singoli professionisti che se non sono iscritti alla Camera di commercio non potevano partecipareall'assegnazione dei bandi.
«Questa linea di finanziamento – commenta Giuseppe Calafiori, notaio e presidente di Confprofessioni Lombardia – presta attenzione alla nascita di nuovi soggetti professionali e per la prima volta in Lombardia si tiene conto espressamente dei liberi professionisti. È un pacchetto di risorse che rappresenta un supporto alle start up e ai professionisti singoli e associati. Meno di un anno fa avevamo presentato uno esposto in Regione perché i singoli professionisti non potevano partecipare al bando perché non sono iscritti alla camera di commercio. Nell'allegato alla delibera si identificano i beneficiari offrendo una chance ai giovani che non hanno ancora una struttura e che stanno per aprire il loro studio».
Gli investimenti agevolabili e i fondi. L'agevolazione è concessa per investimenti funzionali all'avvio di attività imprenditoriali - si legge nel testo - (imprese o liberi professionisti) o di rilancio di attività imprenditoriali in Lombardia. Nel dettaglio le risorse in gioco del fondo Linea Start e ReStart gestito da Finlombarda (la controllata della Regione Lombardia) ammontano a 30 milioni di euro distribuiti tra i 2015 per 8,950 milioni di euro, 2016 per 9,025milioni e altrettanti per il 2017 a tasso agevolato. Mentre per il 2017 saranno a disposizione anche i 3 milioni di euro a fondo perduto. «Si tratta di un bacino potenziale di oltre 133 mila professionisti lombardi, tra avvocati, dentisti, medici, architetti, ingegneri, commercialisti e tutti gli altri professionisti iscritti agli albi professionali, oltre a quelli che si accingono ad avviarsi alla libera professione», ha aggiunto Calafiori.
Un'occasione per i 30.536 ingegneri e i 27.585 architetti iscritti all'albo nella Lombardia. Certo presso Confprofessioni non si fanno illusioni che questo bando possa drasticamente cambiare l'andamento del settore anche perchè il massimo ottenibile per ogni erogazione è di 100mila euro, ma è considerato un segno di lungimiranza aver previsto solo il 10% a fondo perduto. Inoltre calcolano l'effetto moltiplicatore che 30 milioni possono generare visto che è necessario presentare un business plan, giustificare l'investimento che si intende fare e presentare il piano di ritorno del prestito prima di
Link della delibera:
http://www.ue.regione.lombardia.it/shared/ccurl/798/857/dgr%203960-start%20e%20restart.pdf
Da architetti e ambientalisti una proposta di legge per la rigenerazione urbana
Prendere definitivamente atto che la condizione del patrimonio abitativo è pessima, che le periferie sono invivibili, che la prima “spending review” da fare è quella energetica e che la garanzia del nostro debito pubblico è il risparmio degli italiani, la metà del quale è costituita da immobili, e che se vogliamo salvaguardare questo patrimonio serve occuparsene e anche molto in fretta. È questo - secondo architetti e ambientalisti - il cambiamento di verso necessario per l’habitat delle città e per l’edilizia e che passa inevitabilmente attraverso una forte innovazione negli approcci alle politiche di questo settore.
Il concetto è quindi diventato il filo conduttore delle “Proposte per una politica di rigenerazione urbana e degli edifici” - realizzate congiuntamente a Legambiente - che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha consegnato al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio.
In tema di sostituzione edilizia, ossia la demolizione e ricostruzione di edifici - la più innovativa tra le proposte presentate - il Documento ricorda che “in Italia i brutti e malconci edifici delle periferie e dei sobborghi non vengono rottamati perché con le norme attuali è impossibile farlo: infatti, per demolire un edificio e ricostruirlo a parità di volume e superficie utile, bisogna chiedere un permesso di demolizione e poi uno per nuova costruzione”.
Essendo la sostituzione classificata come nuova costruzione, essa ricade nelle prescrizioni di densità dei piani urbanistici, normalmente molto più bassi di quando l’edificio è stato costruito: se si demolisce un edificio esistente - ricorda il Documento - la volumetria realizzabile diminuisce del 30%. Si devono ripagare gli oneri di urbanizzazione anche se essi sono stati già pagati in origine. Vi sono poi gli oneri di costruzione.
È evidente quindi - ricordano ancora architetti e ambientalisti - che nessun condominio o operatore ha interesse a “rottamare”, preferendo operare con ristrutturazioni o manutenzioni che non ottengono praticamente mai il risultato di migliorare sensibilmente la qualità dell’habitat. Per favorire la rottamazione di edifici che non garantiscono più la sicurezza o qualità dell’abitare, che sono in classe energetica E, F o G o sono inadeguati dal punto di vista sismico o del rischio idrogeologico o comunque a “fine vita”, la proposta è che la demolizione e ricostruzione di un edificio a fini residenziali, all’interno della medesima proprietà, di pari volumetria e superficie utile non venga considerata nuova costruzione ai sensi del DPR 380/2001 e quindi sia sottoposta a oneri solo sulla eventuale parte eccedente alla volumetria precedente, laddove realizzabile ai sensi delle norme urbanistiche vigenti.
L’intervento di sostituzione - sottolinea ancora il Documento - sarà realizzabile solo laddove si realizzi un edificio di classe energetica A e consumo di suolo pari o minore del precedente”. “Una tale innovazione - sottolinea il presidente degli architetti italiani, Leopoldo Freyrie - non solo ci metterebbe alla pari con tutti gli altri Paesi occidentali, che prevedono normalmente la sostituzione edilizia, ma rilancerebbe anche l’edilizia italiana con effetti importanti sul Pil e sulla occupazione. Una politica di questo tipo attuata in Francia e in Germania ha dimostrato - come confermato dai rapporti dell’ANRU francese e della KFW tedesca - che ogni euro di incentivo investito dallo Stato ha prodotto 3 euro di ritorno nelle casse pubbliche in termini di tasse e di diminuzione di costi sociali”.
ISFOL: Rapporto sistema di istruzione e formazione professionale
Continua la crescita del sistema di istruzione e formazione professionale, raggiungendo i 328mila iscritti nell’annualità 2013-14, vale a dire l’8,7% in più rispetto all’annualità precedente. E’ questo un dato significativo che emerge dal Rapporto dell’Isfol sul Sistema di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), presentato a Roma.
Emerge dunque, come il sistema IeFP, sia riuscito a costruire in questi anni, un argine di indubbia efficacia al fenomeno della dispersione formativa, soprattutto nei confronti di coloro che scarsamente motivati dalle metodologie scolastiche tradizionali, hanno visto, nei percorsi realizzati dai centri accreditati, una modalità attrattiva ed efficace per reinserirsi nei percorsi.
Formazione per architetti e ingegneri pubblici e privati, a Milano i corsi promossi dagli ordini
Progettisti e formazione, parte la seconda edizione del progetto per l'aggiornamento dei professionisti pubblici e privati promossa dall'ordine degli architetti di Milano insieme con il Comune e l'ordine degli ingegneri. Un ciclo di eventi didattici sui temi delle bonifiche, del regolamento edilizio, della rigenerazione e sostenibilità, della classificazione sismica e della collaborazione pubblico-privato rivolta sia ai dipendenti del comune iscritti agli ordini che ai progettisti esterni che lavorano con gli uffici di Palazzo Marino.
«Si tratta di un'iniziativa fortemente voluta dagli organizzatori per il suo riflesso positivo a favore della città e dei cittadini – dice Valeria Bottelli, presidente dell'ordine milanese degli architetti - perchè architetti e ingegneri, siano essi dipendenti pubblici o liberi professionisti, svolgono un lavoro di pubblica utilità, e per svolgerlo al meglio hanno bisogno di collaborare e condividere gli aggiornamenti.
Il corso - aggiunge - è pensato perché il tavolo attorno al quale si trovano a operare i professionisti di entrambe le parti non sia una diga ma un terreno di dialogo tra colleghi».La partecipazione, tramite webinar, ad almeno 5 dei 6 eventi formativi dei professionisti privati garantisce i 20 crediti formativi annuali, compresi quelli obbligatori (deontologici). La partecipazione al singolo modulo (il cui costo è 10 Euro) prevede il conseguimento di 4 Cfp.Il primo degli eventi formativi previsti , quello dedicato alle bonifiche, si terrà a Milano il prossimo 6 ottobre dalle ore 9.00 alle 13.00
Per info e calendario completo degli eventi cliccare su:
http://www.ordinearchitetti.mi.it/it/notizie/dettaglio/8169-un-ciclo-dedicato-ai-dipendenti-pubblici-e-non-solo
Roma, prestiti agevolati per i giovani architetti
Sostenere i giovani architetti romani attraverso finanziamenti agevolati di 2 mila euro da restituire in 12 rate mensili senza interessi.
Questo ciò che prevede il bando ‘Start up degli studi di architettura: le nuove forme della professione’promosso dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Roma e provincia e dalla Banca di Credito Cooperativo (BCC) di Roma.
Agenzia demanio: Nasce il Manifesto "Progettare Città per le Persone"
Gli immobili pubblici da costo a occasione di rigenerazione urbana, sostenibile e inclusiva, offerta a cittadini, associazioni e imprese. E’ uno degli obiettivi con i quali l’Agenzia del Demanio ha aderito al nuovo Manifesto “Progettare Città per le Persone” elaborato da professionisti, ecclesiastici e rappresentanti del settore pubblico e privato durante il seminario della Conferenza Episcopale Italiana “Città: arte, architettura, umanesimo – Riflessioni per la politica e l’economia”che si è tenuto a Torino il 12 e 13 settembre. Roberto Reggi, intervenendo al convegno, ha sottolineato come l’Agenzia del Demanio sia costantemente impegnata in attività, iniziative e progetti ispirati coerenti con i temi su cui è articolato il Manifesto: ecologia urbana, inclusione sociale, economia d’impatto e bellezza.
Grazie al proprio ruolo e al know-how in tema di valorizzazione e riuso degli immobili l’Agenzia sta, infatti, promuovendo il recupero dei patrimoni pubblici sia dello Stato che degli Enti locali, supportando le Amministrazioni nella gestione della complessità e finanziando studi di fattibilità per progetti di qualità. Tra gli strumenti legislativi a disposizione per la valorizzazione del patrimonio pubblico inutilizzato, il D.L. Sblocca Italia, che con l’art. 26 semplifica e accelera le procedure per il riuso di immobili statali abbandonati con priorità all’housing sociale. Con l’art. 24, parallelamente, il decreto introduce il concetto di “baratto amministrativo” tra cittadini e Comuni per il recupero di aree urbane da parte della cittadinanza a fronte di agevolazioni da parte degli amministratori. L’obiettivo dell’Agenzia è di innescare processi virtuosi di sviluppo locale attraverso il patrimonio immobiliare pubblico e di stimolare la società civile a diventare protagonista attiva dei processi di recupero, attraverso forme virtuose e innovative di Partenariato Pubblico Privato.
Pari Opportunità: ProRetePA, Banca dati "Professioniste per le PA"
È stata presentata la Banca Dati ProRetePA "Professioniste in rete per le P.A.", il nuovo strumento di promozione delle donne nei luoghi decisionali individuato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e realizzato in collaborazione con l’Università di Udine.
ProRetePA è una Banca dati alla quale potranno iscriversi le professioniste che intendono mettere le proprie competenze a disposizione della Pubblica Amministrazione. Da parte loro, le Pubbliche Amministrazioni potranno accedere alla Banca dati in occasione dei rinnovi degli organi sociali di società o enti da loro controllati e, attraverso una serie di filtri, individuare le migliori professionalità. L’obiettivo è avere una maggior partecipazione delle donne ai processi decisionali e far emergere nuovi modelli di governance basati sulla parità e sul merito.
Le Regioni coinvolte sono quelle dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).
INU: i vincitori del Premio urbanistica
Proclamati i vincitori del Premio Urbanistica, il concorso indetto dalla rivista scientifica dell’Inu che, dal 2006, seleziona i progetti preferiti dai visitatori di Urbanpromo, l’evento nazionale per il marketing urbano e territoriale organizzato da Inu e Urbit: nel corso della manifestazione dello scorso anno i visitatori hanno scelto, per la prima volta on line, dieci progetti tra quelli esposti nella gallery del sito www.urbanpromo.it. I progetti saranno premiati nel corso della dodicesima edizione di Urbanpromo – dal 17 al 20 novembre alla Triennale di Milano – e saranno poi pubblicati su Urbanistica, la storica rivista dell’Inu.
Tre le categorie in cui sono suddivisi i riconoscimenti.
“Equilibrio degli interessi nel rapporto pubblico/privato” nella quale hanno prevalso Regione Umbria, Cdp Investimenti Sgr, Regione Abruzzo. “Inserimento nel contesto urbano” i cui vincitori sono Confcommercio, la Città di Sarno, la Fondazione Cassamarca, il Programma Housing della Compagnia di San Paolo. “Qualità delle Infrastrutture e degli spazi pubblici” con i premiati Regione Umbria, Fondazione Golinelli, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino).
SOGIN: concorso Officina Futuro
C’è tempo fino al 30 ottobre per poter partecipare a “Officina Futuro”, il concorso nazionale, riservato ad architetti ed ingegneri, anche in forma associata, regolarmente iscritti all’Albo di appartenenza, di idee per professionisti e studenti, bandito dalla Sogin SpA, la società di Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare. L’oggetto de concorso è la realizzazione del Parco Tecnologico connesso al Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e l’obiettivo e acquisire una proposta ideativa che definisca un modello d’intervento per la realizzazione del Parco e delle aree attorno ad esso, con lo scopo di consentire alla comunità ospitante di disporre di un’area fortemente attrattiva e di alto significato tecnologico.
Il costo minimo presunto per la realizzazione dell’intervento è pari a 150 milioni di Euro.
Sono previste due sezioni del concorso: una destinata agli studenti e una ai professionisti. La Sezione professionisti mette a disposizione premi per l’importo complessivo di 230.000€ ai primi 10 in graduatoria, che abbiano superato il punteggio d 60/100 così suddivisi: 1° classificato: 50.000€; Dal 2° al 10° classificato: 20.000€ ciascuno
Bando
Architetti: Becoming architect
L’iniziativa - lanciata alcune settimane fa dal Dipartimento Europa ed Esteri del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e che aveva chiamato professionisti, accademici, ricercatori, enti e organizzazioni italiane ed estere a presentare, attraverso un video ed entro il mese di settembre, le loro proposte sul ruolo dell’architetto in un contesto di globalizzazione - viene ulteriormente arricchita e valorizzata con la sua trasformazione in un Osservatorio permanente in grado di raccordare e raccogliere le idee e gli scenari che giungono dalla professione.
Gli obiettivi sono ora più impegnativi: si tratta, infatti, di avviare una vera e propria discussione sulle sfide che coinvolgeranno le città ed i territori negli anni a venire e di riflettere non solo sui nuovi percorsi per la professione di architetto, ma di comprendere come un sistema economico obsoleto e insostenibile, come quello attuale, possa essere trasformato in una nuova opportunità che costituisca una risposta solida agli squilibri creati dalla globalizzazione.
Una riflessione, quindi, che riguarda anche il futuro delle città e dei territori e che coinvolge, quindi, i responsabili delle politiche urbane e gli operatori coinvolti nel processo dello sviluppo urbano che si trovano a dovere gestire una espansione metropolitana incontrollata, risorse naturali sottoposte ad uno sfruttamento eccessivo e non più sostenibile, mentre gli ecosistemi urbani sono fortemente stressati e sotto pressione.
I contributi all’Osservatorio permanente potranno pervenire oltre che come file video, anche come file testo e/o immagini e saranno periodicamente oggetto di dibattito e di approfondimento nel corso di iniziative che saranno via via organizzate.
Tutte le informazioni su http://becomingarchitect.awn.it
FISCO
CdM approva cinque decreti attuativi della Legge di Riforma fiscale
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, ha approvato definitivamente martedì 22 settembre cinque decreti legislativi di attuazione della delega per il riordino del sistema fiscale (legge 11 marzo 2014 n. 23).
Si completa così il pacchetto dei provvedimenti attuativi della riforma fiscale volta ad introdurre maggiore equità e trasparenza nel sistema e a favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese.
I testi approvati oggi, sostanzialmente invariati nei contenuti rispetto a quelli approvati dal Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2015 tengono conto di alcune delle richieste presenti negli ultimi pareri delle Commissioni parlamentari. I decreti legislativi approvati definitivamente sono i seguenti:
• misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (per le materia di interesse di segnala che per le controversie afferenti alla materia catastale sono abilitati all'assistenza tecnica nel processo tributario - se iscritti nei relativi albi professionali - gli ingegneri, architetti, geometri, periti industriali);
• misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione;
• misure per la revisione della disciplina dell’organizzazione delle agenzie fiscali;
• misure per la revisione del sistema sanzionatorio;
• stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale.
La principale novità riguarda il decreto legislativo “misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione”.
Per venire incontro alle esigenze dei contribuenti in difficoltà con i pagamento dei debiti fiscali, accogliendo la richiesta contenuta nel parere della Commissione Finanze della Camera dei deputati, viene prevista la possibilità di accedere ad una ulteriore rateizzazione ai soggetti che non sono stati in grado di completare il pagamento di piani precedenti di rateizzazione. In particolare, la nuova disposizione stabilisce che le somme non ancora versate, oggetto di piani di rateazione da cui i contribuenti siano decaduti nei 24 mesi antecedenti l’entrata in vigore del presente decreto, possono su richiesta degli stessi contribuenti, da presentare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, essere oggetto di un nuovo piano di rateazione, ripartito fino a un massimo di 72 rate mensili. Dal piano di rateazione si decade per il mancato pagamento di sole due rate.
Le proposte Lapet (Associzione Nazionale Tributaristi) per la Legge di Stabilità 2015
Dalla revisione del regime dei minimi alla gestione separata Inps, dall’Irap agli incentivi ai professionisti. Sono queste le proposte della Lapet, nell’ambito di Cna Professioni, per la Legge di Stabilità 2015.
Sulla revisione del regime dei minimi, a fronte della proroga dell’imposta al 5% sino al 31 dicembre 2015, la Lapet chiede ora conferma del provvedimento. In particolare le proposte riguardano l’elevazione delle proposte di ricavo a 30.000 euro per l’accesso al regime e la riduzione dell’aliquota d’imposta sostitutiva al 10%.
In materia di Irap, invece, sarebbe auspicabile la definizione dei parametri necessari per l’esclusione dei professionisti dal pagamento.
Altro capitolo sul quale Lapet richiede degli interventi è quello della formazione: “Sarebbe opportuno prevedere la deducibilità integrale per le spese di formazione e aggiornamento”, ha spiegato il presidente Roberto Falcone.
Per quanto riguarda le misure previdenziali, Lapet vorrebbe modificare l’impianto normativo relativo alla gestione separata dell’Inps, prevedendo, ad esempio, il riconoscimento di una effettiva tutela della malattia, anche attraverso la sospensione dell’obbligo contributivo nei casi di malattie gravi e invalidanti.
Infine Lapet chiede forme di incentivazione per la certificazione delle competenze.
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