Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale n. 7, 2017
Cass. civ., Sez. II, 22/3/17, n. 7310: le società di ingegneria e l’esercizio della professione a committenza privata.
Solo con l’entrata in vigore della Legge n. 183/2011 si è dato il via libera all’esercizio della professione ingegneristica a committenza privata mediante lo strumento societario. Prima di quel momento (il 1° gennaio 2012), le società di ingegneria potevano svolgere attività di progettazione e direzione dei lavori, unicamente, nell’ambito dei lavori pubblici.
Ciò è quanto precisato dalla Suprema Corte con la sentenza in commento, riguardante il tema delle prestazioni professionali di soggetti costituiti in forma societaria.
Nel ricostruire il complesso quadro normativo riguardante le società di ingegneria, la Corte ha rammentato che dalla seconda metà degli anni 70’, con interventi di carattere settoriali, il legislatore ha introdotto una serie di disposizioni che consentivano la costituzione di società di ingegneria, nella duplice forma del cd. commercial e del cd. consulting engineering. In tal modo, il legislatore aveva parzialmente abrogato il divieto di esercizio in forma anonima dell’attività ingegneristica, previsto dall’art. 2, L. n. 1815/1939.
Tuttavia, la Corte, chiamata a giudicare sugli incarichi affidati nel periodo antecedente al 1994, aveva circoscritto la validità degli stessi alla sola ipotesi in cui l’apporto intellettuale dell’ingegnere costituiva solo uno dei vari fattori del più complesso risultato promesso (ad es. di un’attività preparatoria e accessoria rispetto a quella di progettazione). Tale validità, diversamente, veniva esclusa in tutte le altre ipotesi in cui l’attività oggetto del contratto tra committente e società consisteva in un’opera di progettazione di ingegneria civile, interamente, rientrante nell’attività professionale tipica dell’ingegnere e dell’architetto. Pertanto, si riteneva “nullo il contratto che affida ad una società l’esecuzione di incarichi rientranti in pieno nell’ordinaria attività del libero professionista” (cfr. Cass. civ., nn. 10872/99, 10937/99, 24922/07): “La tesi della liceità degli incarichi di progettazione tout court faceva perno, sin da allora, sull’evoluzione normativa della disciplina delle società di ingegneria, in particolare sulla legge n. 109 del 1994, di cui si assumeva la natura ricognitiva. A parte l’ovvio rilievo della applicabilità della citata legge agli incarichi affidati successivamente alla sua entrata in vigore, questa Corte rilevò che la legge n. 109 del 1994 poteva considerarsi ricognitiva unicamente della “liceità” della costituzione di società di ingegneria (sent. n. 10872 del 1999), altro essendo l’ambito di operatività consentito”.
Invero, con l’introduzione di tale disciplina (L. n. 109/1994) il legislatore ha individuato, fra i soggetti idonei ad effettuare attività di progettazione, anche, le società di ingegneria (art. 17, L. n. 109/94). I requisiti tecnico-organizzativi che tali società dovevano possedere, ai fini dell’affidamento di un incarico di progettazione da parte di una stazione appaltante, erano e sono tutt’ora contenuti nell’art. 53, d.P.R. n. 54/99: “è agevole osservare che la disciplina sommariamente richiamata riguarda le società di ingegneria che operano nell’ambito del settore dei lavori pubblici”.
La trasposizione dei richiamati principi fuori dal settore dei lavori pubblici non è avvenuta neppure a seguito del successivo intervento del legislatore, attuato con la L. n. 266/1997. L’art. 24 di tale legge, che ha abrogato definitivamente il divieto di cui all’art. 2, L. n. 1815/1939, prevedeva, al comma 2, l’emanazione di un regolamento di fissazione dei requisiti per l’esercizio delle attività di cui all’art. 1 della citata legge del 1939.
Tale decreto, tuttavia, non fu mai emanato. Sicché, la disciplina dell’esercizio in forma societaria delle professioni regolamentate è rimasta priva di attuazione sino al 2012.
Infatti, il primo intervento in tale direzione si è avuto solamente con la legge n. 183/11, entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Ai sensi dell’art. 10, “E' consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre” (co. 3). La norma, peraltro, abroga nuovamente il divieto risalente al 1939 e fa, espressamente, salvi i modelli societari già vigenti (fra i quali quelli di cui all’art. 17, l. n. 109/94).
“Così ricostruito il sistema, e tenuto conto che nell’ambito delle limitazioni previste dall’art. 41, secondo e terzo comma, Cost. l’esercizio delle professioni intellettuali è rimasto oggetto di speciale disciplina, sia pure con forme, modalità e limitazioni diverse nel tempo e nel vario regolamento delle singole professioni, l’operazione ermeneutica richiesta dal ricorrente, il cui significato evidentemente trascende il caso in esame, si risolverebbe in una evidente forzatura del dato normativo, che dimostra appieno la difficoltà del percorso di affrancazione dell’ordinamento nazionale dalla tradizionale restrizione del mercato delle professioni ai soggetti giuridici, e in specie alle società di capitali. Si deve concludere, pertanto, che la società di ingegneria costituita in forma di società di capitali non potesse svolgere attività coincidente con quella riservata ai professionisti iscritti all’albo dopo il 1997, e che, di conseguenza, come affermato dalla Corte d’Appello, i contratti di affidamento in oggetto sono nulli per contrasto con l’art. 2231 cod. civ.”.
Avv. Riccardo Rotigliano
N.B. Il disegno di legge “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, attualmente all’esame della Camera dei deputati (AC 3012 B) prevede all’art. 1 comma 149 l’estensione – nel testo così come modificato dal Senato il 3 maggio u.s. – alle società di ingegneria costituite in forma di società di capitali o cooperative la disciplina della legge 266/1997. La norma, se approvata in via definitiva, consente di affermare la validità dei contratti conclusi a decorrere dall'11 agosto 1997 (entrata in vigore della legge 266/1997) tra le società d'ingegneria e i privati.
TAR Sardegna, sez. I, n. 283/2017: sul criterio del prezzo più basso per i servizi inerenti l’ingegneria.
Il Tar ribadisce l’illegittimità, per difetto di motivazione, della scelta della stazione appaltante di aggiudicare una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un appalto di servizi inerenti l’architettura e l’ingegneria d’importo superiore a 100 mila euro, con il criterio del prezzo più basso, piuttosto che con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, tale principio vale nel caso in cui la P.A. abbia omesso di indicare nella lettera di invito le ragioni della scelta di osservare il primo dei citati criteri di aggiudicazione. In quest’ultima ipotesi, infatti, potrebbero determinarsi dei ribassi sull’importo posto a base di gara del tutto sproporzionati (ciò che il legislatore precisamente intende evitare, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni).
Nel caso di specie, la P.A. appaltante aveva disposto, secondo il criterio del prezzo più basso, l’aggiudicazione in favore di una ditta che aveva effettuato un ribasso pari all’83%. La commissione di gara (pur avendo evidenziato le carenze dell’offerta risultata vittoriosa), senza chiedere alcuna giustificazione alla ditta interessata circa lo sproporzionato ribasso offerto, ha comunque ritenuto congrua la sua offerta.
Il provvedimento di aggiudicazione doveva certamente ritenersi viziato da illogicità manifesta. Ciò, soprattutto, alla luce di quanto anche affermato dall’Anac (Determinazione n. 4 del 25 febbraio 2015): “Per gli affidamenti superiori a 100.000 euro il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come espressamente indicato all’art. 266, del Regolamento, appare il più idoneo a garantire una corretta valutazione della qualità delle prestazioni offerte dagli operatori economici”.
Anche il Tar, richiamando la determina Anac in parola, ha osservato che “La stessa premessa al Regolamento, recita, tra l’altro, che «Ritenuto che, in relazione all’articolo 266, comma 4, la disposizione che configura il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa come unico criterio di aggiudicazione applicabile per l’affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria, sia necessaria in quanto trattasi di specifici servizi che richiedono una valutazione dell’offerta non limitata al solo elemento prezzo ma estesa anche ad elementi relativi all'aspetto tecnico dell’offerta e che la disposizione trova copertura normativa di rango primario nell’articolo 81, comma 1, del codice, attuativa degli articoli 55 e 53, rispettivamente della direttiva 2004/17/CE e 2004/18/CE, che fa salve disposizioni, anche regolamentari, relative alla remunerazione di servizi specifici»”.
Queste le ragioni per cui il tribunale ha affermato che: “Il caso che qui occupa il Collegio è, lo si ripete, una ipotesi di scuola di manifesta illogicità dell’operato dell’amministrazione che durante tutta l’istruttoria muove puntuali, dettagliati, stringenti rilievi all’offerta della controinteressata per poi concludere con quello che in modo condivisibile la difesa della ricorrente qualifica come un salto logico (aggiunge questo Giudice, evidente e manifesto) per la congruità dell’offerta senza che vi sia traccia di una giustificazione plausibile che possa superare i rilievi effettuati. Il vizio è flagrante e i provvedimenti impugnati devono essere annullati limitatamente all’accoglimento del motivo dedotto in via principale”.
Avv. Davide Ferrara
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sent. n. 194/2017: possesso del requisito tecnico – professionale per l’avvenuto espletamento di servizi nei dieci anni antecedenti alla pubblicazione del bando.
Con la sentenza in commento, il CGA ha affermato la mancanza del requisito tecnico – professionale, in capo alla ditta aggiudicataria di un appalto di servizi, costituito dai servizi svolti negli ultimi dieci anni.
Secondo il CGA, “nella gara in esame non avrebbe potuto essere speso quale requisito tecnico-professionale il servizio espletato a favore dell’Autorità Portuale di Palermo (per un importo di euro 42.971.422,39), in quanto il relativo progetto definitivo era stato approvato dalla Regione siciliana solo in data 6 giugno 2014, e pertanto ben dopo la pubblicazione del bando della gara in controversia, avvenuta il 27 dicembre 2013, e quindi al di fuori del decennio antecedente la pubblicazione del bando”.
Pertanto, il concorrente, che intenda far valere i servizi svolti precedentemente la partecipazione ad una gara, deve dimostrare che gli stessi siano stati ultimati e approvati prima della pubblicazione del bando. In mancanza del certificato della stazione appaltante che accerti l’approvazione dei servizi espletati, questi ultimi non possono concorrere a formare il requisito tecnico – professionale relativo ai servizi resi nei dieci anni precedenti.
Dott. Giuseppe Acierno