Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale n. 7, 2017
Tar Liguria, sez. II, 28/02/2017, n. 144: se il bando di gara lo prevede, i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale di un raggruppamento temporaneo di professionisti (r.t.p.) possono essere posseduti per il 100% dal solo mandatario.
La pronuncia che si porta all’attenzione dei lettori riguarda l’aggiudicazione definitiva, in favore di un r.t.p. (costituito da due architetti), del servizio di “ispettore di cantiere” nell’ambito di un appalto per la realizzazione di un nuovo ospedale. I ricorrenti (due architetti, anch’essi partecipanti in r.t.p.), posizionatisi al secondo posto, impugnavano il provvedimento di aggiudicazione, affidando il ricorso a tre motivi di censura.
Con il primo motivo (violazione dell’art. 48, co. 4, d. lgs.vo n. 50/16), si contestava che la Commissione di gara aveva aggiudicato l’appalto ad un r.t.p. composto da un soggetto privo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale necessari per eseguire il relativo servizio (circostanza desunta dall’omessa indicazione da parte del professionista dei pregressi servizi analoghi per opere di edilizia civile, prescritta dalla lex specialis). Con il secondo motivo, i ricorrenti censuravano il provvedimento di aggiudicazione sotto il profilo della violazione dei principi di ragionevolezza e parità di trattamento, per avere la Commissione sopravvalutato l’offerta tecnica del r.t.p. aggiudicatario. Con l’ultimo motivo, infine, si rilevava che la Commissione aveva illegittimamente attribuito ai ricorrenti un punteggio inferiore a quello ad essi spettante, in relazione alle qualità tecniche di adempimento del servizio, alle modalità di interfaccia con la committenza, alle attrezzature ed ai beni strumentali.
Con la sentenza in commento, il Tar Liguria ha ritenuto il ricorso interamente infondato. Quanto al primo motivo, concernente la mancata dichiarazione da parte del professionista dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale prescritti dal disciplinare di gara, il Tribunale adito ha ritenuto preliminarmente necessario delineare il sottostante quadro normativo: “Al tal proposito, il Collegio osserva che, in relazione alle procedure di gara per l’affidamento di servizi a cui partecipino raggruppamenti temporanei di operatori economici, il D. Lgs. n. 50/2016 si limita a prescrivere che l’offerta debba contenere l’indicazione delle specifiche parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti (art. 48, comma 4). Nessuna prescrizione specifica viene invece dettata in merito alla quota percentuale minima dei requisiti di qualificazione e/o di capacità che deve essere posseduta da ciascun operatore economico che partecipi all'appalto, riunendosi in un raggruppamento temporaneo. Da ciò consegue che il compito di definire i requisiti di idoneità che devono essere posseduti dai componenti del raggruppamento è rimesso alla discrezionalità della stazione appaltante”.
Da tale sintesi normativa emerge che la distribuzione delle quote in ordine al possesso dei requisiti tra mandatario e mandanti è stabilita direttamente dalle stazioni appaltanti nei documenti di gara. I predetti requisiti, peraltro, devono essere posseduti cumulativamente tra mandante e mandatario, fermo restando l’obbligo per quest’ultimo di essere dotato dei requisiti necessari per la partecipazione in misura maggioritaria.
Ulteriore conferma in tal senso si evince dalla Linee guida Anac n. 1 del 14/9/2016, recanti “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”. In particolare, il punto 2.2.3, dedicato ai raggruppamenti e ai consorzi stabili, prevede che: “La distribuzione delle quote tra mandataria e mandanti è stabilita direttamente dalle stazioni appaltanti nei documenti di gara. I requisiti finanziari e tecnici di cui al paragrafo 2.2.2, della presente parte IV, lettere a), b) e d), devono essere posseduti cumulativamente dal raggruppamento. Il bando di gara, la lettera di invito o l’avviso di gara possono prevedere, con opportuna motivazione, ai fini del computo complessivo dei requisiti del raggruppamento, che la mandataria debba possedere una percentuale minima degli stessi requisiti; la restante percentuale deve essere posseduta cumulativamente dal o dai mandanti, ai quali non possono essere richieste percentuali minime di possesso dei requisiti. La mandataria in ogni caso possiede i requisiti necessari per la partecipazione alla gara in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna dei mandanti. La mandataria, ove sia in possesso di requisiti superiori alla percentuale prevista dal bando di gara, dalla lettera di invito o dall’avviso di gara, partecipa alla gara per una percentuale di requisiti pari al limite massimo stabilito. Il requisito di cui al paragrafo 2.2.2, lett. c), della presente parte IV, non è frazionabile”.
Nella scia di tale processo argomentativo, il Collegio ha affermato che “la lex di gara non ha previsto, in caso di offerte provenienti da soggetti raggruppati temporaneamente, requisiti minimi in capo ai mandanti, limitandosi ad imporre che, in caso di frazionamento di capacità economico-finanziaria, il mandatario possieda almeno il 50% di quanto richiesto. Risulta dunque conforme alla lex specialis un’ipotesi – come quella occorsa nel caso di specie – in cui sia il solo mandatario ad indicare il possesso del 100% dei requisiti prescritti”.
Quanto alle rimanenti censure (l’assegnazione dei punteggi operata dalla Commissione, la quale avrebbe, da un lato, sopravvalutato l’offerta del r.t.p. aggiudicatario, dall’altro, sottovalutato l’offerta del r.t.p., secondo graduato), il Tar adito ha richiamato i limiti del sindacato giurisdizionale rispetto alla sfera di discrezionalità amministrativa, evidenziando che “siffatti motivi di gravame vertono su valutazioni amministrative espressione dell’esercizio di discrezionalità tecnica che, com’è noto, sfugge al sindacato intrinseco del Giudice amministrativo. La correttezza dell’operato della stazione appaltante può essere dunque scrutinata esclusivamente sotto i profili della logicità della motivazione, della sussistenza di errori di fatto e della completezza istruttoria … Non è per contro sindacabile da questo Collegio la concreta determinazione quantitativa del punteggio specificamente attribuito ai singoli concorrenti, pena l’invasione di uno spazio legislativamente riservato alla scelta della P.A.”.
Dott.ssa Cristina Gagliano
Parere del Consiglio di Stato sul decreto correttivo al codice degli appalti pubblici, con particolare riferimento all’art. 24
In data 30 marzo 2017 il Consiglio di Stato ha pubblicato il parere n. 782/2017 sul correttivo appalti. In riferimento all’art. 24 del codice (progettazione interna ed esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici), il Consiglio di Stato ha formulato due rilievi principali.
In merito al comma 8 della disposizione citata, il correttivo appalti contempla l’ipotesi secondo la quale il c.d. “Decreto parametri” (D.M. 17 giugno 2016) diverrebbe obbligatorio per la determinazione dei corrispettivi a base d’asta. Il CdS ha criticato tale paventata innovazione, osservando che: “l’introduzione, in luogo della mera facoltà, di un sostanziale obbligo per le stazioni appaltanti di riferirsi alle tabelle ministeriali dei corrispettivi comporta di per sé un aggravio dei costi, non considerato dalla relazione tecnico/finanziaria, e in definitiva una violazione del criterio di invarianza. D’altra parte la disposizione – ove se ne consideri la portata sostanziale – presenta anche profili di criticità in relazione al generale disfavore comunitario per i minimi tariffari inderogabili. Si suggerisce pertanto di mantenere il testo vigente o, in alternativa, di prevedere una possibilità di deroga alle tabelle ministeriali. In tale ultima ipotesi sarebbe allora opportuno sostituire nel correttivo le parole: “sono utilizzati” con le seguenti: “sono, salvo motivata deroga, utilizzati”.
Tale orientamento non è condivisibile, in quanto la base d’asta è soggetta a ribasso, per cui non si è in presenza di un “limite tariffario inderogabile”. Inoltre, dato che già esistono dei minimi tariffari per le opere, non si comprende perchè non possa farsi altrettanto con riferimento ai servizi intellettuali. Permettere alle stazioni appaltanti di tralasciare il riferimento alle tabelle ministeriali nella determinazione della base d’asta andrebbe a tutto detrimento dei progettisti esterni, con inevitabili ricadute in primis sulla qualità della prestazione offerta.
Il secondo rilievo formulato dal Cds riguarda il comma 3 della disposizione in commento, che prevederebbe (secondo il correttivo appalti) l’introduzione dell’obbligo di iscrizione all’albo professionale anche per i progettisti interni all’Amministrazione. Sul punto, il Consiglio di Stato ha osservato: “Dal momento che l’unico requisito soggettivo legalmente indispensabile per lo svolgimento dell’attività professionale è il conseguimento della relativa abilitazione, non si riesce a individuare, alla luce della relazione illustrativa, l’interesse pubblico che giustifichi l’introduzione dell’obbligo generalizzato di iscrizione. Va ricordato che nel vigore del previgente codice del 2006, lo stesso Consiglio Nazionale degli Ingegneri aveva ritenuto, alla luce di tale codice, che prevedeva la firma dei progetti da parte dei progettisti interni, alla sola condizione che fossero abilitati dell’esercizio della professione (art. 90, comma 4, d.lgs. n. 163/2006), non necessaria l’iscrizione all’Ordine professionale dei progettisti-dipendenti pubblici. D’altro canto, trattandosi di pubblici dipendenti sottoposti al controllo dell’Amministrazione, nemmeno può ipotizzarsi che la novità risponda all’esigenza di attrarre i professionisti sotto la vigilanza del relativo Ordine. Infine la nuova previsione comporta un aggravio di spesa – non considerato nella relazione tecnico/finanziaria – per l’Amministrazione di appartenenza, la quale dovrà presumibilmente sostenere i costi relativi all’iscrizione in Albo del dipendente, e ciò in violazione del criterio di invarianza dei costi (v. Cass., sez. lav., 16 aprile 2015, n. 7776 con riferimento alla imputazione alla pubblica amministrazione di appartenenza dei costi di iscrizione all’albo professionale per gli avvocati-dipendenti pubblici)”.
Anche tali osservazioni non risultano conducenti: esse non tengono in debita considerazione il contesto normativo di riferimento (si veda il d.P.R. n. 137/2012, in base al quale per l’esercizio della professione sono richiesti l’iscrizione all’Albo e il rispetto degli obblighi sulla formazione), inoltre anche i pubblici dipendenti, come i liberi professionisti, devono rispettare le regole deontologiche del proprio Ordine di appartenenza e frequentare i corsi della formazione continua, al fine di assicurare un adeguato livello qualitativo delle prestazioni fornite nello svolgimento del loro ruolo professionale, in seno alla pubblica amministrazione.
Dott. Giuseppe Acierno