Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale n. 6, 2017
Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 4176/2015: la PA può chiedere modifiche minime sul progetto presentato con la scia dal privato.
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato afferma che i provvedimenti in materia edilizia possono contenere prescrizioni, correttivi e integrazioni minime o di esigua entità rispetto alla domanda avanzata dal cittadino. Di contro, è fatto divieto di imporre stravolgimenti progettuali.
Secondo quanto prospettato dal Consiglio di Stato, l’amministrazione ha la possibilità di chiedere chiarimenti in merito all’elaborato progettuale presentato; cessa, dunque, il binomio assenso – diniego ed emerge il c.d. “dissenso costruttivo”.
L’amministrazione è, così, tenuta a suggerire al privato eventuali rimedi da apportare alla richiesta, così che essa possa essere approvata.
Tale maggior articolazione del procedimento, comunque, potrebbe rivelarsi, in astratto, rischiosa per l’amministrazione. Difatti, una volta che il privato ha apportato le modifiche progettuali suggerite dalla PA, non sarà più possibile per quest’ultima “tornare indietro” e/o rimettere in discussione tematiche non affrontate in precedenza. Si tratta, al riguardo, del c.d. principio del “one shot”, secondo il quale “l'amministrazione ha l'obbligo di esaminare l'affare nella sua interezza, sollevando, una volta per tutte, l'insieme delle questioni che ritenga rilevanti, dopo di ciò non potendo tornare a decidere sfavorevolmente neppure in relazione a profili non ancora esaminati (c.d. one shot). Tale regola può soffrire di una limitata eccezione unicamente in relazione a rilevanti fatti sopravvenuti o che non sono stati esaminati in precedenza per motivi indipendenti dalla volontà dell'amministrazione ovvero su una nuova normativa” (TAR Liguria, sez. II, sent. n. 541/2015).
Avv. Riccardo Rotigliano
Corte di Cassazione n. 15138/2017: la responsabilità penale del progettista
La recente sentenza n. 15138/2017 della quarta sezione penale della Corte di Cassazione, stabilisce il principio secondo il quale la condotta del progettista è penalmente rilevante per il crollo di un edificio solo se non ha rispettato le norme tecniche in vigore al momento della progettazione. La valutazione circa la correttezza del progetto, per configurare l'ipotesi di colpa, non potrà essere fatta su standard successivi che il professionista, ovviamente, non poteva conoscere.
Il caso prende le mosse dal crollo di un edificio nel comune di Castelnuovo di Porto (RM).
A determinare il crollo è stato il cedimento di un muro nella struttura al pianterreno. In pratica, esso era diventato, nel corso tempo ed a causa di ulteriori successivi interventi, il supporto di una struttura molto più grande e, di conseguenza, aveva dovuto sopportare un carico di circa cinque volte maggiore rispetto a quello consentito dalle norme. Il progettista era stato condannato in appello ma la Suprema Corte ha riformato la decisione in quanto il consulente tecnico dei PM aveva fatto riferimento, nella propria relazione, a norme tecniche emanate successivamente rispetto a quelle in vigore al momento della progettazione della struttura.
Secondo la Corte quindi, ad un architetto o ad un ingegnere, cioè, non si può chiedere di prevedere il futuro, applicando standard tecnici che saranno in vigore solo decenni dopo. Ciò in quanto “va ricordato che la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione – da parte del garante medesimo – di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso”.
Avv. Davide Ferrara