Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale n. 11, 2017
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2444/2017: termine per proporre appello avverso l’esclusione da una gara ad evidenza pubblica.
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha ribadito la corretta interpretazione da dare agli artt. 119 e 120 del c.p.a..
In merito, il caso su cui il Consiglio è stato chiamato a giudicare aveva ad oggetto un ricorso proposto da un’azienda esclusa da una gara, che aveva, però, impugnato il provvedimento oltre i 30 giorni previsti dal c.p.a.. La ricorrente ha provato a sostenere le proprie ragioni affermando che l’art. 119, co. 2, del c.p.a., tra cui rientrano anche i provvedimenti attinenti le procedura ad evidenza pubblica (v. lett. a)), sancisce che “tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo…”.
Sennonché, la stessa lett. a) citata introduce una deroga espressa per quanto riguarda le procedure concernenti l’affidamento di pubblici contratti, rinviando al successivo art. 120 del codice. A mente del co. 5, dell’art. 120 cit. “per l’impugnazioni degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni…”.
Ciò premesso, il Consiglio di Stato, nella sentenza in oggetto, ha sancito che “L’appellante sostiene che gli artt. 119, comma 1, lett. a), e 120 del codice del processo amministrativo, richiamati dal giudice di primo grado a sostegno della propria statuizione, non possono essere applicati nel caso di specie, perché il termine di 30 giorni previsto dal combinato disposto di queste due norme – in particolare dal comma 5 dell’art. 120 – è operante nel solo caso «della impugnazione dell’affidamento di una gara di appalto», mentre nel presente giudizio è impugnato un provvedimento di esclusione. La Plastitalia assume che in questa diversa evenienza si applica il comma 2 dell’art. 119, che esclude dal dimezzamento del termine per ricorrere, tra gli altri, il «ricorso introduttivo» del giudizio di primo grado. A fondamento di questo motivo è richiamato un precedente di questo Consiglio di Stato, consistente nella sentenza della IV Sezione del 25 febbraio 2013, n. 1140.
Il motivo è manifestamente infondato.
Sono infatti soggetti al c.d. rito appalti, ovvero al giudizio ordinario di legittimità che si svolge davanti al giudice amministrativo, e che ha ad oggetto la complessiva attività della pubblica amministrazione finalizzata alla conclusione di contratti, gli «atti delle procedure di affidamento» relative «a pubblici lavori, servizi o forniture» (comma 1 dell’art. 120 cod. proc. amm., sopra citato). In termini analoghi si esprime il parimenti sopra citato art. 119, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., attraverso l’impiego dell’espressione «procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture».
Entrambe le formule normative hanno carattere generale. Esse sono in altri termini riferite a tutti gli atti che si collocano nella fase c.d. pubblicistica di selezione del contraente privato e che precedono la stipula del contratto. Quindi, sulla base di un’interpretazione letterale delle norme in esame, ai sensi dell’art. 12, comma 1, delle preleggi, il riferimento non può che comprendere anche gli atti di esclusione di concorrenti adottati dalla stazione appaltante nell’ambito della procedura di gara.
In conseguenza di ciò, anche a questi atti si applica il comma 5 dell’art. 120 cod. proc. amm., che assoggetta al termine di «trenta giorni» il ricorso in sede giurisdizionale contro gli atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ed in questo senso si è espressa di recente questa Sezione (sentenza 9 maggio 2017, n. 2119).
L’interpretazione letterale finora svolta è poi corroborata da un argomento di ordine logico, in base al quale deve essere esclusa l’opzione volta a distinguere regimi processuali diversi, sotto il fondamentale profilo del termine per proporre l’impugnativa giurisdizionale, nell’ambito di un’unica attività amministrativa quale appunto quella ad evidenza pubblica che precede la stipula di contratti.
A questa notazione può essere aggiunta una che fa leva sull’«intenzione del legislatore» (art. 12 delle preleggi sopra citato), alla stregua del quale appare manifestamente irrazionale assoggettare a termini differenziati, ed in particolare esentare alcuni atti della procedura di gara dal dimezzamento del termine per ricorrere ai sensi del citato art. 120, comma 5, pur a fronte dell’unitaria esigenza di politica legislativa di celere definizione del contenzioso relativo all’attività contrattuale della pubblica amministrazione. Si tratta in particolare dell’esigenza che è alla base della specialità del rito appalti e della conseguente deroga prevista in materia rispetto al termine ordinario per ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa (in senso analogo si è espressa la sopra citata pronuncia di questa Sezione del 9 maggio 2017, n. 2119).
Pertanto, alla luce della giurisprudenza sopracitata, tutti gli atti attinenti ad una procedura di appalto pubblico soggiacciono, per l’impugnazione, al termine perentorio di trenta giorni previsto dall’art. 120, co. 5, c.p.a..
Avv. Riccardo Rotigliano
Edilizia privata: introdotta la segnalazione certificata per l’agibilità
In attuazione di quanto previsto dal D. Lgs. n. 222/2016, nell’ambito della Conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali è stata raggiunta l’intesa sulla modulistica standard per le attività edilizie, ed ha introdotto la segnalazione certificata per l’agibilità.
Ciò comporta che per l’attestazione della sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità degli edifici, prevista dalla normativa di settore, viene meno il certificato di agibilità comunale, sostituito da una dichiarazione resa dal professionista su moduli e formulari uguali per tutti i comuni italiani. Tale segnalazione certificata è necessaria per le nuove costruzioni, per gli interventi di ricostruzione, di sopraelevazione totale o parziale e per la realizzazione di interventi che possano incidere su tutte le condizioni inerenti l’agibilità. Il termine per la presentazione è sempre di 15 giorni dall’ultimazione dei lavori, previste sanzioni da € 77 ad € 464.
La segnalazione va presentata dal soggetto al quale è stato rilasciato il permesso di costruire o che abbia presentato la Scia, fermo restando che occorre necessariamente l’intervento di un professionista che ha diretto i lavori, o al quale viene specificamente affidato tale incarico, per la certificazione tecnica di sussistenza delle condizioni di agibilità. Alla segnalazione vanno allegati il certificato di collaudo statico, nonché la dichiarazione di conformità dell’opera alla normativa vigente in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche.
Allo stato attuale le Regioni hanno tempo fino al 20 giugno per proporre modifiche alla modulistica, allo scopo di armonizzare la stessa in tutto il territorio italiano; entro il 30 giugno i Comuni dovranno adeguare la propria modulistica agli schemi vigenti.
Avv. Davide Ferrara
Correttivo al Codice appalti: le novità per i professionisti
La novità principale, invocata da anni dal settore, riguarda il decreto parametri (D.M. 17 giugno 2016).
Nella formulazione dei bandi, infatti, le stazioni appaltanti avranno l’obbligo (e non più la mera facoltà) di attenersi, ai fini della determinazione degli importi da porre a base d’asta nelle gare relative alla progettazione, alle tabelle del Ministero della Giustizia.
Inoltre, viene riaffermata nel “nuovo” codice appalti la norma, già presente nel “vecchio” D. Lgs. n. 163/2006, che fa divieto alle stazioni appaltanti di subordinare la corresponsione del compenso professionale relativo allo svolgimento della progettazione o di attività di tipo tecnico-amministrativo all’ottenimento del finanziamento proprio dell’opera progettata.
Nei contratti per l’affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria sono vietate forme di sponsorizzazione o rimborso come corrispettivo; è inoltre previsto l’obbligo per le Amministrazioni di emettere i certificati di pagamento entro 45 giorni dall’approvazione dello stato di avanzamento lavori.
Demandate all’adozione di successivi decreti attuativi sono la semplificazione sui livelli di progettazione (la relativa competenza è del Ministero per le Infrastrutture ed i Trasporti, che deve provvedere con proprio decreto) nonché la verifica preventiva sull’interesse archeologico dell’area interessata dalla realizzazione dell’opera (che sarà regolata da un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Infine, per ciò che concerne l’appalto integrato, esso è ammissibile qualora l’oggetto della gara sia caratterizzato da elevato contenuto tecnologico, o riguardi beni culturali o lavori urgenti. Per il resto vi è un generale divieto di appalto integrato che non vige, però, transitoriamente per le opere i cui progetti definitivi sono stati approvati dall’organo competente entro il 19 aprile 2016: potranno essere rimessi a gara entro un anno.
Avv. Davide Ferrara