Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale - gennaio 2018
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 3130/2014: divieto per le amministrazioni di limitare la partecipazione al bando ai soli istituti universitari per la procedura di affidamento di un incarico di studio e consulenza per la redazione del P. G. T. comunale.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dalla Consulta Regionale dell’Ordine degli Ingegneri della Lombardia che riforma una sentenza del TAR relativa all'affidamento di un incarico di studio e consulenza per la redazione di un Piano di Governo del Territorio (P. G. T.).
Nel 2009 il Comune di Pavia aveva pubblicato un avviso di selezione per l’affidamento dell’incarico di studio e consulenza tecnico-scientifica per la redazione del P. G. T. comunale.
L’oggetto dell’incarico era precisato al punto 1 dell’avviso, a mente del quale “la prestazione dell’opera intellettuale di studio e consulenza tecnico scientifica finalizzata alla redazione degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio, e precisamente:
- documento di piano
- piano dei servizi
- piano delle regole”.
In premessa l’avviso di selezione precisava “che, in linea con le indicazioni della Giunta Comunale n. 133 del 6/8/2 009 si ritiene che gli Istituti Universitari siano i più adatti a garantire, in ragione del carattere multidisciplinare della loro organizzazione e delle loro strutture scientifiche, un livello di attività di studio consulenza e coordinamento adeguata a consentire al Comune di Pavia di dare al redigendo P, G. T. un carattere innovativo nel rispetto dei tempi previsti dalla normativa regionale per l’approvazione del P. G. T. cittadino, anche in considerazione della difficoltà insita nel dover integrare e attualizzare il materiale e gli atti già predisposti dall’Ente”.
Pertanto, al punto 4 dell’avviso, recante “Requisiti dei soggetti che intendono manifestare la propria candidatura al conferimento dell’incarico in oggetto”, il Comune di Pavia restringeva la partecipazione alla procedura di affidamento ai soli istituti universitari, pubblici e privati.
Con ricorso al TAR la Consulta Regionale dell’Ordine degli Ingegneri lombardi censurava l'avviso, deducendo la violazione dei principi generali in materia di affidamento di incarichi di servizi, ai sensi della normativa nazionale e comunitaria.
Il TAR per la Lombardia respingeva però il ricorso, osservando che il diritto comunitario consente alle amministrazioni aggiudicatrici, in alternativa allo svolgimento di una procedura di evidenza pubblica, di stipulare accordi a titolo oneroso con altre amministrazioni pubbliche (sentenze CGCE 13 novembre 2008, causa C 324/07 e 9 giugno 2009, causa C 480/06), e che il principio trova applicazione nell’ordinamento nazionale laddove è riconosciuta alle amministrazioni pubbliche la possibilità di concludere fra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune (art. 15, l. n. 241/1990).
La V sezione del Consiglio di Stato, dopo aver respinto i motivi di appello incidentale, in ordine alla dedotta inammissibilità del ricorso di primo grado, con separata ordinanza rimetteva alla Corte di Giustizia UE la questione interpretativa pregiudiziale volta a verificare la compatibilità con la direttiva sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari 2004/18/CE dell’affidamento in via diretta di contratti della specie di quello in contestazione, a soggetti qualificabili, a loro volta, come amministrazioni aggiudicatrici ma, al contempo, come operatori economici in base alla suddetta direttiva.
Con ordinanza del 16 maggio 2013 (causa n. C-564/11) la Corte di Giustizia ha stabilito che:
1) l’affidamento senza gara da parte di un’amministrazione aggiudicatrice di un contratto contrasta con le norme ed i principi sull’evidenza pubblica comunitaria quando ha ad oggetto servizi i quali, pur riconducibili ad attività di ricerca scientifica, “ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18, oppure nell’ambito dei servizi d’urbanistica e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato”;
2) non sussiste, per contro, l’obbligo della gara in caso di “contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi”;
3) questa ipotesi è configurabile quando dette forme di cooperazione rispettino le seguenti condizioni: “siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico”.
Il Giudice comunitario ha, quindi, demandato a Palazzo Spada l’accertamento delle predette condizioni. Nondimeno, lo stesso ha potuto rilevare che le attività dedotte nel contratto, pur connotate da metodologie e fondamenti di carattere scientifico, si sostanziano in prestazioni “che vengono generalmente svolte da ingegneri o architetti e che, pur se basate su un fondamento scientifico, non sono assimilabili però ad attività di ricerca scientifica. Di conseguenza … la funzione di servizio pubblico che costituisce l’oggetto della cooperazione tra soggetti pubblici istituita da detto contratto non sembra garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune al Comune di Pavia e all’Università”.
Il Consiglio di Stato è quindi pervenuto alla conclusione che va escluso che il contratto in contestazione dia luogo ad “una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi”, dato che l’Università di Pavia si pone rispetto ad essa nella veste di operatore economico privato, in grado di offrire al mercato servizi rientranti in quelli previsti nell’allegato II-A alla direttiva 2004/18.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha accolto l'appello proposto dagli ingegneri ed ha annullato l'avviso di selezione pubblicato dal Comune di Pavia.
Avv. Giuseppe Acierno
Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. La sola residenza nei pressi della nuova costruzione non è sufficiente a giustificare l’interesse all’impugnativa del titolo edilizio.
Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 4830/2017, ha chiarito che per giustificare l’interesse a ricorrere non è più sufficiente rilevare unicamente la residenza nei pressi di una nuova costruzione (nella specie la sentenza ha negato la legittimazione attiva al soggetto che aveva la propria abitazione a 284 metri).
Il concetto di vicinitas è infatti ormai superato, o quanto meno deve essere ulteriormente integrato dalla parte ricorrente con la prova concreta della lesione specifica, inferta dagli atti impugnati alla propria situazione giuridica soggettiva (es. deprezzamento del valore di un proprio bene).
Non è più sufficiente a sostanziare una situazione qualificata di legittimazione (e di interesse) a ricorrere la generica deduzione di una semplice riduzione del panorama dovuta all’intervento edilizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 383/2016).
Infatti, nel tempo la nozione di vicinitas è stata meglio specificata nella sua portata effettiva dalla giurisprudenza. In particolare, è stata affermata la necessità di dimostrare la sussistenza di un reale pregiudizio che derivi dalla realizzazione dell’intervento. Tale pregiudizio, peraltro, deve essere specificato con riferimento alla situazione fattuale (dunque, è indispensabile dimostrare come, perché, ed in quale misura il provvedimento impugnato incide sulla posizione sostanziale dedotta in causa), dovendo presentare i caratteri della concretezza, immediatezza ed attualità che devono necessariamente connotare l’interesse fatto valere nel processo.
E così, con particolare riferimento al settore commerciale, la vicinanza è diversamente apprezzata quando ad impugnare sia un operatore economico. In questo caso, la nozione ha subìto un’ulteriore elaborazione da parte della giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3563/2017).
In particolare, il criterio dello stabile “collegamento territoriale”, che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente. Ma, anche in questo caso, l’interesse processuale deve collegarsi oggettivamente all’apprezzabile calo del volume d’affari del ricorrente.
Per quanto invece riguarda i ricorsi promossi dai proprietari dei fondi vicini, specie per gli interventi minori (ad esempio, quelli aventi ad oggetto le opere svolte nello stesso condominio in cui risiedono), queste considerazioni ovviamente rilevano meno. Si maniste sta, tuttavia, in maniera più stringente la necessità di impugnare tempestivamente i titoli edilizi, ossia entro i 60 giorni dall’esposizione del cartello di cantiere, soprattutto se integrato.
Avv. Davide Ferrara