Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale del 9 marzo 2016
Piano regolatore generale: vincolo conformativo e vincolo espropriativo.
Il Tar Palermo ha avuto modo di tornare sul distinguo, quanto alla natura ed al connesso regime temporale di cui di cui all’art. 92 del TU sugli espropri approvato con DPR n. 327/2001, tra vincoli a contenuto espropriativo e vincoli conformativi. Con la sentenza n. 212 del 26 gennaio u.s., in particolare, il Tribunale Amministrativo Siciliano ha precisato che il carattere conformativo del vincolo non dipende dalla sua collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma dai requisiti oggettivi degli stessi: “Come noto, il carattere conformativo dei vincoli non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi, per natura e struttura, degli stessi, ricorrendo, in particolare, tale carattere qualora i vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto con un’opera pubblica; di contro il vincolo, qualora incidente su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, deve essere qualificato come espropriativo (ex plurimis Consiglio di Stato, IV, 22 novembre 2013, n. 5553 con richiami alle decisioni della medesima sezione n. 4321 del 30 luglio 2012 n. 4321 e n. 244 del 19 gennaio 2012)”.
Nella specie il vincolo era finalizzato alla realizzazione del nuovo cimitero comunale sul terreno di proprietà della ricorrente, ovverosia alla realizzazione di un’opera pubblica su un fondo privato e, pertanto, aveva natura espropriativa e non conformativa.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
www.scozzarirotigliano.com
Costo di costruzione: le esenzioni di cui all’art. 17, comma 3, del T.U.
Già con la c.d. Legge Bucalossi (L. n. 10/77), l’ordinamento italiano ha introdotto il principio fondamentale secondo cui ogni attività comportante trasformazione urbanistico/edilizia del territorio partecipa agli oneri da essa derivanti (cfr. art. 1, a tenore del quale “Ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge”).
Tale principio dell’onerosità del permesso di costruire è oggi confermato dall’art. 11 comma 2 del T.U. n. 380 del 2001, il quale poi precisa all’art. 16 “Salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo”.
Rispetto a tale regime generale, l’art. 17 del citato T.U. contempla alcune ipotesi di riduzione o esonero dal contributo di costruzione, ipotesi che devono considerarsi tassative e di stretta interpretazione proprio perché derogatorie rispetto alla regola della onerosità.
L’art. 17 comma 3 lettera c) prevede che il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Con la sentenza n. 595 dell’11 febbraio 2016, la IV sezione del Consiglio di Stato ha precisato che “l’esenzione può essere riferita anche ad un’opera di interesse generale realizzata da un privato per conto di un ente pubblico. Ma in questa ipotesi – secondo consolidata giurisprudenza - l’esenzione spetta soltanto qualora ( come avviene nella concessione di opera pubblica e in altre analoghe figure organizzatorie) lo strumento contrattuale utilizzato consenta formalmente di imputare la realizzazione del bene direttamente all’ente per conto del quale il privato abbia operato. ( cfr. ex multis V Sez. n. 536 del 1999 e n. 1901 del 2000). In altri termini, l’esenzione spetta solo se il privato abbia agito quale organo indiretto dell’amministrazione, come appunto nella concessione o nella delega”.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
www.scozzarirotigliano.com
Tar Palermo, sentenza 23 febbraio 2016 n. 532: sulla legittimità dell’ordine di demolizione dopo un ventennio dall’abuso.
Con la sentenza in rassegna, il Tar Palermo ha ritenuto legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha ordinato la demolizione di un manufatto abusivamente realizzato in zona a verde agricolo, a nulla rilevando che, al momento dell'adozione del provvedimento repressivo, il manufatto medesimo risulti costruito da oltre vent'anni, oltreché destinato a civile abitazione e sottoposto agli adempimenti fiscali e catastali previsti dalla legge.
Con una pronuncia che, invero, si discosta da alcuni recenti precedenti in materia de qua (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. VI, sentenza 18 maggio 2015 n. 2512), tuttavia, il Giudice Amministrativo ha escluso, per siffatti provvedimenti, uno specifico obbligo motivazionale, rilevando che i provvedimenti attraverso i quali l’autorità preposta alla tutela del territorio provvede alla repressione degli illeciti amministrativi in materia edilizia ed urbanistica non richiedono alcuna particolare motivazione in quanto la repressione degli abusi edilizi si connota come un preciso obbligo dell'Amministrazione, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo.
“In tema di abusi edilizi ed urbanistici si è in presenza di illeciti di carattere permanente, caratterizzati dall’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum jus lo stato dei luoghi, con l’ulteriore conseguenza che se l’Autorità emana un provvedimento repressivo di demolizione non emana un atto «a distanza di tempo» dall’abuso, ma reprime una situazione antigiuridica ancora sussistente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2160) e non esercita alcuna discrezionalità (cfr. C.G.A., Sezioni riunite, 26 maggio 2015, n. 608/14)”.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
www.scozzarirotigliano.com
Il Tar Lombardia su un singolare caso di mutamento di destinazione giuridicamente rilevante.
La realizzazione di opere tali da determinare il passaggio da una categoria ad un'altra ex art. 23 ter del Testo Unico dell'edilizia (DPR n. 320/2001), incidendo sulla struttura edilizia, alterandone la destinazione originaria e determinando un mutamento della struttura stessa, deve ritenersi contra legem qualora realizzato senza idoneo titolo edilizio deve senza dubbio reputarsi. In questi termini la sentenza testé in rassegna, a tenore della quale è legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha ordinato, tanto al proprietario dell’immobile, quanto al legale rappresentante dell’associazione di cultura religiosa che occupa il bene (nella specie si trattava di una Comunità Islamica), la demolizione di alcuni manufatti abusivi ed il ripristino dello stato dei luoghi, che sia motivato con riferimento al fatto che è stata realizzato, senza titolo e con opere edilizie, il mutamento di destinazione d’uso del medesimo immobile - avente destinazione d’uso industriale, con la sua trasformazione da laboratorio artigianale a sede di un centro e/o associazione culturale (nella specie, di culto islamico): “L’art. 23-bis del DPR 380/2001 individua una serie di categorie funzionali autonome e il passaggio dall’una all’altra – anche senza opere edilizie – configura un mutamento di destinazione d’uso rilevante sotto il profilo urbanistico. Orbene, la categoria “produttiva e direzionale” di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo citato, nella quale può comprendersi quella a laboratorio industriale, non può consentire attività culturali e formative – in senso lato – che l’associazione asserisce di svolgere”.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
www.scozzarirotigliano.com