Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale del 3 settembre 2016
Cassazione Civile, sez. II, sent. n. 1204/2016: cancellazione dall’albo per perdita dei diritti civili.
Secondo una recente sentenza della Suprema Corte, “la cancellazione dall'albo professionale, ex art. 20 del r.d. n. 2537 del 1925, da parte del consiglio dell'ordine degli architetti per la perdita del "pieno" godimento dei diritti civili, per effetto di condanna penale comportante l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ex art. 28 c.p., ha natura meramente accertativa del sopravvenuto difetto dei requisiti dell'iscrizione e non integra un provvedimento irrogativo di sanzione disciplinare”.
A mente della norma citata nella sentenza, “la cancellazione dall'albo, oltre che a seguito di giudizio disciplinare, a norma dell'articolo 37, n. 2, del presente regolamento, è pronunciata dal consiglio dell'ordine, di ufficio o su richiesta del pubblico ministero, nel caso di perdita della cittadinanza italiana o del godimento dei diritti civili da qualunque titolo derivata, ovvero di condanna che costituisce impedimento alla iscrizione” (art. 20, Regio Decreto sulla costituzione provinciale dei consigli professionali degli architetti ed ingegneri).
Nel caso di specie, il professionista era stato condannato alla pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tale pena accessoria comporta la perdita del godimento dei diritti civili, come ad esempio l’elettorato attivo e passivo e di ogni diritto politico.
Nel ricorso per Cassazione, il professionista ha eccepito che nel procedimento disciplinare, azionato dal consiglio dell’ordine, egli non era stato invitato a dedurre le proprie difese e, pertanto, chiedeva l’annullamento del provvedimento di cancellazione.
La Corte ha correttamente rilevato che il fatto che il professionista non abbia potuto esporre le proprie difese non ha in alcun modo inciso sulla decisione finale adottata dal consiglio dell’ordine, trattandosi, infatti, non di provvedimento disciplinare, bensì di un atto “vincolato ossia con un atto dovuto, che esclude qualsiasi margine di discrezionalità in capo al Consiglio dell'Ordine”.
In altri termini, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici costituisce, ex art. 20, R.D. cit., condizione sufficiente perché si proceda alla cancellazione del condannato dal relativo albo di appartenenza, senza che sia necessaria la partecipazione al procedimento del soggetto interessato.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 8700/2016: responsabilità del direttore dei lavori.
Con tale recente sentenza la Suprema Corte ha ribadito il principio di diritto al lume del quale “In materia di appalto, il principio dell'esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini ("nudus minister") non si applica al direttore dei lavori che, per le sue peculiari capacità tecniche, assume nei confronti del committente precisi doveri di vigilanza, correlati alla particolare diligenza richiestagli, gravando su di lui l'obbligazione di accertare la conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera appaltata al progetto sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, sicché non è esclusa la sua responsabilità nel caso ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e, in difetto, di riferirne al committente”.
Pertanto, anche ove il direttore dei lavori abbia agito sotto un preciso ordine impartito dal committente, egli non è, per ciò solo, esonerato dai propri obblighi di vigilanza e di direzione e, pertanto, permane la sua responsabilità nei confronti del committente.
Del tutto diversa risulta, invece, la posizione dell’appaltatore che agisca nell’adempimento di un ordine impartitogli dal committente o, per suo tramite, dal direttore dei lavori. In tale evenienza, risulta esente da qualunque responsabilità, purché abbia preventivamente enunciato le possibili difformità dell’opera. “Nell'esecuzione di lavori edilizi l'appaltatore è esentato da responsabilità solo ove dimostri che gli errori non potevano essere riconosciuti con l'ordinaria diligenza richiesta all'appaltatore stesso, ovvero nel caso in cui, pur essendo gli errori stati chiaramente prospettati e denunciati al committente, questi ha però imposto, direttamente o tramite il direttore dei lavori, l'esecuzione del progetto ribadendo le istruzioni, posto che in tale eccezionale caso l'appaltatore ha agito come nudus minister, a rischio del committente e con degradazione del rapporto di appalto a mero lavoro subordinato” (TAR Molise, sentenza n. 202/2016)
Dunque, alla luce dei principi richiamati nelle due sentenze citate, nel mentre il direttore dei lavori non può invocare a proprio discarico il fatto che di avere agito in esecuzione di una direttiva o di un ordine impartitogli dal committente, lo stesso non è dirsi per l’appaltatore, nel caso in cui abbia operato quale nudus minister della volontà del committente.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza n. 21/2014: riconoscimento dei titoli di studio del professionista appartenente ad altro stato membro della U.E..
Come noto, il diritto dell’Unione Europea riconosce e garantisce la libera circolazione dei cittadini comunitari, anche a scopi lavorativi. A tal fine, l’Unione ha operato una sostanziale equiparazione tra i titoli di studio ottenuti nei diversi paesi membri. Pertanto, un architetto o un ingegnere, che abbia conseguito la laurea in Italia, mantiene la medesima qualifica anche nel caso in cui si trovasse ad esercitare la propria professione in uno stato membro diverso da quello dove ha conseguito il titolo.
Ciò posto, il diritto dell’U.E. ha introdotto alcune doverose limitazioni al fine di tutelare, nei singoli stati, tanto le categorie professionali, quanto il corretto svolgimento dei lavori.
Sul punto il Consiglio di Stato ha affermato “Non è esatto affermare che l'ordinamento comunitario riconosca a tutti gli ingegneri di Paesi Ue diversi dall'Italia (con esclusione dei soli ingegneri italiani) l'indiscriminato esercizio delle attività tipiche della professione di architetto (fra cui - ai fini che qui rilevano - le attività afferenti le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico, ovvero relative ad immobili di interesse storico e artistico); - al contrario, in base alla pertinente normativa UE, l'esercizio di tali attività - in regime di mutuo riconoscimento - sarà consentito ai soli professionisti i quali (al di là del nomen iuris del titolo professionale posseduto) possano vantare un percorso formativo adeguatamente finalizzato all'esercizio delle attività tipiche della professione di architetto. (...) l'art. 3 della direttiva n. 85/384/Cee include in modo espresso gli studi della storia e delle teorie dell'architettura, nonché delle belle arti e delle scienze umane fra quelli che integrano il bagaglio culturale minimo e necessario perché un professionista possa svolgere in regime di mutuo riconoscimento le richiamate attività (anche) in relazione ai beni di interesse storico e culturale; - quindi, anche ad ammettere che un professionista non italiano con il titolo professionale di ingegnere sia legittimato sulla base della normativa del Paese di origine o di provenienza a svolgere attività rientranti fra quelle esercitate abitualmente col titolo professionale di architetto, ciò non è sufficiente a determinare ex se una discriminazione "alla rovescia" in danno dell'ingegnere civile italiano. Ed infatti, sulla base della direttiva n. 85/384/Cee, l'esercizio di tali attività sarà possibile (non sulla base del mero possesso del titolo di ingegnere nel Paese di origine o di provenienza, bensì) in quanto tale professionista non italiano avrà seguito un percorso formativo adeguato ai fini dell'esercizio delle attività abitualmente esercitate con il titolo professionale di architetto”.
Tali correttivi sono stati introdotti al fine di garantire parità di trattamento a professionisti, di paesi diversi, che operino nello stesso territorio.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com