Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale del 16 dicembre 2015
Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 5663 del 14 dicembre 2015 – edificazione in zona vincolata ed interdipendenza tra permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica.
La sentenza in commento affronta la nota questione relativa alla necessità, in caso di edificazione in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, di munirsi di due titoli abilitativi: l’uno rilasciato dal Comune, l’altro dalla locale Soprintendenza. Il progetto su cui Comune e Soprintendenza sono chiamati a pronunciarsi, deve essere, necessariamente, il medesimo, essendo i rispettivi atti di assenso diretti a tutelare interessi diversi (paesaggistico, la seconda, edilizio ed urbanistico, il primo).
“Costituisce principio pacifico quello per cui laddove si voglia edificare in zona vincolata, occorre ottenere due titoli abilitativi: quello concessorio e l’autorizzazione paesaggistica. E perché il principio sia rispettato è necessario che entrambi si formino sul medesimo elaborato progettuale, chè altrimenti di tale “doppia” abilitazione non rimarrebbe che la forma, perché nel merito si sarebbe al cospetto di due distinti atti ampliativi, formatisi su istanze non aventi analogo contenuto e tenore.
La concessione edilizia può essere rilasciata anche in mancanza di autorizzazione paesaggistica, fermo restando che è inefficace, e i lavori non possono essere iniziati, finché non interviene il nulla osta paesaggistico: in ogni caso, l'inizio dei lavori è subordinato all'adozione di entrambi i provvedimenti. Ciò implica che la concessione edilizia rilasciata in carenza dell’autorizzazione paesaggistica non sia invalida, ma inefficace, in quanto la predetta autorizzazione potrebbe sopravvenire. Nel caso in cui la concessione edilizia per un terreno soggetto a vincolo paesaggistico sia stata rilasciata sulla base di un presupposto (id est: avvenuto rilascio dell’autorizzazione paesaggistica) in realtà non sussistente se non nominatim (in quanto l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata su un progetto diverso) si è in presenza di una doppia situazione patologica: la concessione edilizia è inefficace, in quanto la autorizzazione paesaggistica è carente; ed è anche invalida, in quanto fondata su un errato presupposto. La mancanza di un'autorizzazione paesaggistica, quindi, rende non eseguibile le opere e ben giustifica, in caso di loro realizzazione, provvedimenti inibitori e sanzionatorio-ripristinatori”.
In altri termini, la sentenza richiama l’attenzione sulla necessità che di ogni eventuale modifica del progetto edilizio sia dato conto in entrambi i procedimenti amministrativi. L’efficacia della concessione edilizia, infatti, è subordinata all’acquisizione del nulla osta della Soprintendenza reso sul medesimo progetto.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
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Limiti alla sindacabilità delle scelte urbanistiche.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto più volte occasione di pronunciarsi in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate. Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).
Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478; Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015 n. 960).
Si tratta, come detto, di principio pacifici nella giurispruenza amministrativa. Cfr., ad es., Tar Sicilia, Palermo 4 dicembre n. 3196: “Si premette che, secondo giurisprudenza consolidata, da cui il Collegio ritiene di non doversi discostare (cfr. ex multis T.a.r. Genova, sez. I, 3 maggio 2012 n. 623; T.a.r. Trieste, sez. I, 7 ottobre 2014, n. 488), le scelte effettuate dall'Amministrazione all'atto dell'approvazione del P.R.G. costituiscono apprezzamenti di merito e sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che siano inficiate da errori di fatto, da grave illogicità o da contraddittorietà. Inoltre è stato chiarito come tali scelte non necessitino di apposita motivazione, oltre quella che possa evincersi dai criteri generali di ordine tecnico discrezionale seguiti per l'impostazione del piano stesso, salvo che particolari situazioni consolidate non abbiano creato aspettative qualificate del privato (v. la stipula di convenzioni di lottizzazione e di accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, in specie non sussistenti né dimostrati). Ciò implica, quale necessario corollario, che l'aspettativa del privato all'ottenimento di una tipizzazione più gradita, è cedevole rispetto all'esercizio della potestà pianificatoria finalizzata alla corretta e razionale disciplina urbanistica del territorio comunale”.
avv. Riccardo Rotigliano
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Termini per il rilascio della autorizzazione unica di cui all’art.12 D.Lgs. 387/03 e risarcimento del danno da ritardo.
Il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, all’art. 12, rubricato Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative, prevede espressamente che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata in seno alla Conferenza dei servizi appositamente convocata entro 30 giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.
L'autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento, per l’appunto, unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto.
Il comma IV del citato articolo prevede che "il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale".
Di analogo tenore il D.M. 10/09/10, recante le Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili: l'art. 14, co. 16, stabilisce, infatti, che il termine per la conclusione del procedimento unico "non può comunque essere superiore a 180 giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell'istanza. Ai sensi dell'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, della medesima legge, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento".
In caso di mancato rispetto del suddetto termine l’amministrazione è tenuta a risarcire il danno, in armonia, del resto, con la norma di carattere generale dell'art. 2 - bis, L. 241/90. Inoltre, l'art. 30, co. 2, D.Lgs. 104/10, dispone che "può essere richiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria".
In questi termini la recente sentenza del Tar Liguria del 20 novembre 2015 n. 933, con la quale il Giudice Amministrativo ha ritenuto fondata la pretesa risarcitoria della ditta ricorrente, riconoscendo integralmente, in particolare, i costi inutilmente sostenuti, a titolo di danno emergente, e tutti i costi interni aziendali e di consulenza sostenuti per lo sviluppo del progetto a fronte della condotta di un Comune che aveva posto in essere comportamenti ostruzionistici e concretamente preclusivi della realizzazione di un impianto, rilasciando l’atto di assenso con grave ritardo.
Va, però, segnalato, che ai fini dell’integrale riconoscimento del danno il privato dovrà avere cura di perseguire l’inerzia dell’amministrazione, anche, se del caso, impugnando il silenzio – inadempimento serbato dall’amministrazione. Diversamente, almeno secondo una certa giurisprudenza, la condotta del privato, che non ha attivato per tempo il rimedio giurisdizionale del ricorso al Tar contro il silenzio, comporta una riduzione del risarcimento a titolo di concorso di colpa.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
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