Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale del 12 gennaio 2016
Traforo Torricelle di Verona: interviene l’ANAC.
Nell’ambito della procedura ristretta per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stradale per il completamento dell'anello circonvallatorio a nord - Traforo delle Torricelle, è intervenuta l’ANAC con il parere n. 206 del 25 novembre 2015, con riguardo alla possibilità, per il Comune, a seguito delle modifiche apportate alla proposta dal raggruppamento Technital S.p.A. – Verona Infrastrutture Consorzio Stabile, di rinnovare solo i segmenti procedimentali successivi alla designazione del promotore, previo atto di ritiro/decadenza dell’aggiudicazione definitiva, in considerazione dell’unicità della procedura.
Al riguardo, come noto, è unanime l’orientamento che riconosce al project financing la caratteristica di essere una fattispecie a formazione progressiva il cui scopo finale – l’aggiudicazione della concessione – è interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore. Essa si realizza, infatti, attraverso due fasi, la selezione del progetto di pubblico interesse e la gara ad evidenza pubblica sulla base del progetto dichiarato di pubblica utilità, che non solo sono funzionalmente collegate, ma anche biunivocamente interdipendenti, così che la prima non è logicamente e giuridicamente concepibile senza la seconda e viceversa, non potendo essere separate tra loro pena l’inesistenza della procedura (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. II-ter , sentenza n. 9662 del 17 luglio 2015, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 1 del 28 gennaio 2012).
Orbene, come rilevato dall’Autorità, se i due segmenti procedimentali avviati, il primo, nel 2008, con l’avviso indicativo e, il secondo, nel 2011, con l’indizione della procedura ristretta ai sensi dell’articolo 155 del d.lgs. n. 163/2006 (nel testo in vigore prima del terzo correttivo) erano entrambi volti all’aggiudicazione del contratto di concessione, avvenuta nel 2013, e dunque costituivano un unico iter procedurale, la rappresentata intenzione di agire in autotutela sull’atto di aggiudicazione, resasi necessaria per le mutate condizioni e per garantire la soddisfazione dell’interesse pubblico perseguito dal Comune mediante la riapertura del confronto concorrenziale, con conseguente riedizione della seconda fase della procedura, non sembrerebbe interrompere il nesso funzionale e di interdipendenza tra le due fasi, fermo restando, in ogni caso, il necessario esito negativo delle verifiche preliminari di competenza del Comune in ordine alla essenzialità delle modifiche sulla natura dell’opera ed all’eventuale capovolgimento del rischio dal concessionario al concedente.
Ne consegue che, in tale ipotesi, la nuova procedura che l’amministrazione intende bandire, in esito alle valutazioni discrezionali che le competono, sembra potersi incardinare nell’iter procedimentale avviato nel 2008, applicando ad essa la normativa all’epoca vigente, anche per quanto concerne la non riconoscibilità del diritto di prelazione al promotore.
È, infatti, proprio nel carattere unitario della procedura che si incardina l’immodificabilità delle regole inizialmente poste, fino al provvedimento conclusivo di aggiudicazione (cfr., sul punto, Determinazione n. 8 dell’11 ottobre 2007).
avv. Riccardo Rotigliano
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Muri di recinzione: nuova pronuncia del Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, con la recentissima pronuncia della VI sezione, n. 10 del 4 gennaio u.s., ha affrontato la invero non chiara questione relativa al procedimento amministrativo da applicare nel caso di realizzazione di un muro di cinta.
La questione riguarda la doverosità, o meno, nell’ipotesi di costruzione di un muro di recinzione, di munirsi di un permesso di costruire, ovvero di una semplice s.c.i.a..
Con la sentenza in rassegna, il Consiglio ha preliminarmente constatato che il Testo unico dell’edilizia (approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) non contiene indicazioni dirimenti sul punto. Non vi è precisato, infatti, se il muro di cinta necessiti del permesso di costruire in quanto intervento di nuova costruzione (ai sensi degli articoli 3, comma 1, lettera e) e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), ovvero se sia sufficiente la denuncia di inizio di attività di cui all'articolo 22 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 (in seguito: segnalazione certificata di inizio di attività, ai sensi dell' articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel testo introdotto dal comma 4-bis dell' articolo 49 d.-l. 31 maggio 2010, n. 78, come convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122 ).
Aderendo ad una impostazione più sostanzialistica, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate rimane assoggettata al regime della d.i.a. (in seguito: s.c.i.a.) ove dette opere non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, occorrendo - invece - il permesso di costruire, ove detti interventi superino tale soglia: «la realizzazione di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al solo regime della denuncia di inizio di attività di cui all'articolo 22 e, in seguito, al regime della segnalazione certificata di inizio di attività di cui al nuovo articolo 19 della l. n. 241 del 1990… Da quanto sopra consegue che il muro divisorio di che trattasi, in quanto assoggettato a semplice d.i.a. (ora s.c.i.a.), non era passibile di ordinanza di demolizione, atteso che per le opere sottoposte a d.i.a. la sanzione applicabile è unicamente la sanzione pecuniaria (cfr. art.37 T.U. cit., che fa salve le ipotesi, qui non ricorrenti, degli interventi eseguiti su beni culturali ovvero in zona tipizzata come“A” dallo strumento urbanistico)».
avv. Riccardo Rotigliano
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Nozione di pertinenza sotto il profilo urbanistico: differenze con la più ampia accezione civilistica.
La nozione di pertinenza dettata dal diritto civile è più ampia di quella che regola la materia urbanistica, per cui beni che, secondo la normativa privatistica, assumono senz'altro natura pertinenziale, non sono tali ai fini dell'applicazione delle regole che governano l'attività edilizia, perlomeno in tutti quei casi in cui gli stessi assumano una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio.
Questo il principio ribadito dalla sentenza n. 19 del 4 gennaio 2016, con la quale la VI sezione del Consiglio di Stato ha affermato che “La nozione di pertinenza accolta dalla giurisprudenza amministrativa è però meno ampia di quella civilistica. La giurisprudenza è generalmente orientata a ritenere che gli elementi che caratterizzano le pertinenze siano, da un lato, l’esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l’assetto del territorio; dall’altro, l’esistenza di un collegamento funzionale tra tali opere e la cosa principale, con la conseguente incapacità per le medesime di essere utilizzate separatamente ed autonomamente.
Un’opera può definirsi accessoria rispetto a un’altra, da considerarsi principale, solo quando la prima sia parte integrante della seconda, in modo da non potersi le due cose separare senza che ne derivi l’alterazione dell’essenza e della funzione dell’insieme.
Tale vincolo di accessorietà deve desumersi dal rapporto oggettivo esistente fra le due cose e non dalla semplice utilità che da una di esse possa ricavare colui che abbia la disponibilità di entrambe (…)”.
Nella specie, ad avviso del Consiglio, non può considerarsi una mera pertinenza, costituendo al contrario un intervento di nuova costruzione ex art. 3, lett. e), del t.u. n. 380 del 2001, con il consequenziale assoggettamento dell’intervento medesimo, di trasformazione edilizia, al permesso di costruire, una tettoia di mq. 25 circa con copertura in lamiera e struttura in paletti metallici in alluminio, imbullonata alla recinzione dell’area privata, realizzata in sostituzione di precedente tettoia in ondulato metallico.
Secondo i Giudici di Palazzo Spada, si tratta di un manufatto tutt’altro che agevolmente rimovibile, destinato, sotto l’aspetto funzionale, a soddisfare esigenze prolungate nel tempo e in ogni caso tutt’altro che temporanee, con la conseguenza che, per la realizzazione del manufatto medesimo, occorre conseguire il permesso di costruire.
avv. Riccardo Rotigliano
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Concessione edilizia in sanatoria: i termini per l’esercizio del potere di autotutela e le novità introdotte dal decreto “sblocca Italia”.
La vicenda oggetto della sentenza testé in rassegna, riguarda l’annullamento, in autotutela, di alcune concessioni edilizie in sanatoria relative a manufatti realizzati in un’area soggetta a vincolo monumentale storico e architettonico.
Il Tar, adito dalla società titolare delle concessioni in sanatoria poi annullate in autotutela, aveva accolto il ricorso, ritenendo che che l’autotutela fosse stata esercitata in relazione a «concessioni edilizie in sanatoria rilasciate oltre undici anni prima (…) per fabbricati realizzati inizialmente sin dagli anni cinquanta» (cfr. Tar Lazio, sentenza 20 novembre 2014, n. 11652).
Avverso la sentenza proponeva appello il Ministero per i beni, le attività culturali e il turismo, rilevando, tra l’altro, che il provvedimento di condono dovrebbe considerarsi nullo, perché rilasciato senza il preventivo assenso della Soprintendenza, con conseguente impossibilità di configurare un legittimo affidamento in capo al privato.
I Giudici della VI sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 5625 del 10 dicembre 2015, hanno respinto l’appello, in considerazione non solo del lungo lasso di tempo intercorso tra il rilascio della concessione e il suo annullamento in autotutela e, dunque, del legittimo affidamento maturato dal privato, ma anche del carattere tassativo dei casi di nullità del provvedimento amministrativo.
Così la sentenza: “L’art. 21-nonies della legge 17 agosto 1990, n. 241 prevede che il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Nella specie, pur volendo prescindere dalla questione relativa alla sussistenza del vizio di legittimità dell’atto di primo grado, manca il requisito rappresentato dalla valutazione motivata della posizione dei soggetti destinatari del provvedimento. Nel caso in esame tale affidamento era particolarmente qualificato, come messo correttamente in rilievo dal primo giudice, in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione delle concessioni annullate. (…)
Né varrebbe rilevare che tale affidamento non potrebbe venire in rilievo trattandosi di un provvedimento nullo. L’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 indica, in modo tassativo, quali sono i casi di nullità del provvedimento: mancanza degli elementi essenziale dell’atto; difetto assoluto di attribuzione; violazione o elusione del giudicato; casi previsti dalla legge. Nella fattispecie in esame non è dato riscontrare nessuno dei casi sopra indicati: il Comune, infatti, nella prospettiva dell’appellante, ha adottato un atto difforme dal modello legale per mancanza del parere che, in quanto tale, potrebbe ritenersi annullabile e non nullo”.
Nella sentenza in rassegna, inoltre, il Consiglio di Stato, ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti, stante l’inapplicabilità della novella normativa al caso in esame ratione temporis, ha, altresì, ricordato che il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), c.d. decreto “sblocca Italia”, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha posto uno sbarramento temporale all’esercizio del potere di autotutela, rappresento da «diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici».
avv. Riccardo Rotigliano
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