Rubrica di aggiornamento legislativo e giurisprudenziale del 03 maggio 2016
Ribadito il divieto di partecipazione alla gara per i lavori per chi abbia collaborato alla progettazione.
Il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, pubblicato sul supplemento ordinario n. 10 alla G.U. del 19/4/2016 n. 91), conferma l’assetto della disciplina previgente (art. 90, co. 8 e 8-bis, del d.lgs.vo n. 163/06) in ordine al divieto di partecipazione a gare pubbliche per l’affidamento di appalti, concessioni di lavori pubblici, subappalti o cottimi, per i professionisti che abbiano svolto le relative suddette attività di progettazione. Va, però, precisato, che non si tratta di una presunzione assoluta (che non ammette deroghe). Si tratta, invece, di una presunzione relativa, nel senso che l’esclusione non opera automaticamente, ma solo qualora il concorrente a carico del quale operi il divieto (perché, ad esempio, in a.t.i. con un professionista che ne ha curato la progettazione) fornisca la prova che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
Partecipazione alla gara ed interesse al ricorso: novità dal nuovo codice appalti
In linea generale, per potere contestare in sede giudiziaria la determinazione negativa della stazione appaltante occorre avere presentato la domanda di partecipazione nei termini fissati dal bando o dalla lettera d’invito. Chi non partecipi alla gara, non ha, di regola, titolo per contestarne gli esiti.
Il rigore di tale principio è però temperato in presenza di circostanze eccezionali, individuate dalla giurisprudenza. La quinta sezione del Consiglio di Stato, in una recentissima pronuncia (n. 1242/2016), ha messo in luce come la legittimazione a ricorrere possa essere riconosciuta anche al non partecipante alla gara in sole in tre specifiche ipotesi: 1) quando il ricorrente abbia specificatamente impugnato la scelta dell’amministrazione di indire la gara; 2) quando il ricorrente non abbia potuto partecipare alla gara per mancanza della stessa in quanto l’Amministrazione ha proceduto ad affidamento diretto; 3) quando il bando di gara contenga clausole escludenti per il ricorrente.
Il nuovo codice degli appalti pubblici (d. lgs.vo n. 50/16) contiene un’importante novità al riguardo. Modificando l’art. 120 del codice del processo amministrativo, infatti, è ora previsto che “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa impugnazione preclude la facolta' di far valere l'illegittimita' derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E' altresi' inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesivita'”. In altre parole, l’illegittimità dell’ammissione di altri concorrenti va ora fatta valere immediatamente, ovverosia a prescindere dalla graduatoria delle offerte. In questo modo, si vuole evitare che quest’ultima possa essere successivamente messa in discussione da ricorsi giurisdizionali proposti contro l’aggiudicazione definitiva. Sul piano del rispetto del principio costituzionale del diritto di difesa (art. 24), la norma lascia adito a molti dubbi (si onera il concorrente di impugnare l’ammissione di un altro prima ancora che si sappia se ha interesse a tale esclusione). Essa fa il paio con le modifiche al vecchio codice degli appalti introdotte dal d.l. n. 90/14 (art. 38, co. 2 bis), in seguito alle quali una volta disposta l’aggiudicazione (non è ancora ben chiaro se provvisoria o definitiva), non si procede più al ricalcolo della soglia ancorché vengano successivamente ammesse imprese inizialmente escluse o, viceversa, escluse imprese ammesse.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
Il Consiglio di Stato rimette alla Corte di Giustizia la questione interpretativa circa la possibilità che un progettista indicato in un appalto integrato ricorra all'istituto dell'avvalimento.
Con ordinanza 17/02/2016, n. 636, Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte di Lussemburgo se l'art. 53, co. 3, d. lgs. n. 163/06 sia compatibile con l'art. 48 direttiva CE 31/03/2004 n. 18.
Entrambe le norme menzionate disciplinano la possibilità, per coloro i quali partecipino ad una gara pubblica senza averne i requisiti, di poter ricorrere all'avvalimento (istituto attraverso il quale una soggetto, ausiliario, si impegna nei confronti di un altro soggetto, ausiliato, a fornirgli i mezzi necessari ad eseguire l'appalto, impegno che assume anche nei confronti della P.A.).
Sennonché, l'art. 53, co. 3 circoscrive tale possibilità ai soli “operatori economici”, per tali dovendosi intendere i soggetti che partecipano alla gara (concorrenti). Per questo motivo, nel caso di appalti integrati il Giudice Amministrativo ha costantemente negato la possibilità per i progettisti “indicati” dell’impresa esecutrice – e quindi non concorrenti – di ricorrere all'avvalimento. Ora il Consiglio di Stato dubita che la norma statale, così interpretata e applicata, sia in linea con la direttiva del 2004. Al riguardo, richiama alcune sentenze della stessa Corte di Giustizia che hanno fatto dell'istituto dell'avvalimento un’applicazione ad ampio spettro, applicandolo non solo ai concorrenti stricto sensu, ma a tutti i soggetti tenuti, a qualsiasi titolo, a dimostrare il possesso dei requisiti in sede di gara (cfr. da ultimo C.G. 10/10/2013, C – 94/12).
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com
Parere del Consiglio di Stato, sullo schema di decreto contenente Norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, ai sensi dell’articolo 4 della legge Madia
Il 15 aprile scorso il Consiglio di Stato ha reso il proprio parere sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi, ai sensi dell’articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124”. Lo schema di regolamento propone un innovativo meccanismo, di cd. “fast track procedure”, che permette sia di individuare, con cadenza annuale, i procedimenti amministrativi per i quali sussista un interesse pubblico ad un’accelerazione dell’iter, riducendone fino alla metà i tempi di conclusione, sia di ricorrere, in caso di inadempienza dell’amministrazione, ai poteri di sostituzione. Nel proprio parere, il Consiglio di Stato ha evidenziato l’opportunità che il regolamento venga completato con una serie di misure volte ad assicurarne la concreta realizzazione degli obiettivi. Benché il regolamento abbia portata generale, riguardando tutti i procedimenti relativi “a rilevanti insediamenti produttivi, a opere di interesse generale o all’avvio di attività imprenditoriali”, manca una disciplina specifica sul monitoraggio ex post, pur costituendo esso uno strumento cruciale per il successo o per il fallimento di una riforma. Oltretutto, l’elencazione contenuta nell’art. 2 del regolamento, che individua i procedimenti oggetto di semplificazione e accelerazione, è operata per categorie procedimentali generali e non individua specificamente i singoli procedimenti ascrivibili a ciascuna categoria. Un altro rilievo riguarda la disciplina dell’esercizio del potere sostitutivo spettante al Presidente del Consiglio dei ministri in caso di inutile decorso del termine di conclusione del procedimento (art. 4). Tale potere sostitutivo presenta elementi di significativa novità rispetto a quello già previsto, in via generale, dall’art. 2, comma 9-ter, della legge n. 241 del 1990, poiché è esercitabile d’ufficio, è attribuito ad un soggetto diverso rispetto all’Amministrazione ritardataria e riguarda solo alcuni procedimenti (quelli individuati ai sensi dell’art. 2) e non tutti quelli ad istanza di parte. Attesa la diversa natura dei due poteri sostitutivi, il Consiglio di Stato auspica che tale coesistenza venga resa esplicita attraverso l’inserimento di una specifica previsione di raccordo.
avv. Riccardo Rotigliano
rrotigliano@scozzarirotigliano.com