RUBRICA DI AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE N. NOVEMBRE 2018
Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 5859/2018: per far decorrere il termine di 30 giorni per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva l’amministrazione deve motivare la decisione.
Il termine per l'impugnare davanti al giudice amministrativo l’aggiudicazione definitiva decorre dal momento in cui l'ente appaltante ha trasmesso il provvedimento di aggiudicazione con la relativa motivazione, non essendo sufficiente la mera comunicazione dell'intervenuta aggiudicazione.
È questo il principio affermato dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento, che ha così risolto una questione interpretativa derivante da un difetto di coordinamento tra Codice del Processo Amministrativo e Codice degli Appalti, conseguente al mancato adeguamento della disciplina sul termine di impugnazione contenuta nel primo alle novità introdotte dal secondo.
Nel caso di specie, una Asl ha bandito una procedura aperta per l'affidamento biennale del servizio di gestione internalizzata del sistema logistico. A fronte dell'intervenuta aggiudicazione un concorrente ha proposto ricorso al TAR. Con specifico riferimento alla decorrenza del termine per l'impugnazione, il ricorrente ha sostenuto di aver avuto piena cognizione dell'aggiudicazione solo a seguito della specifica comunicazione con cui l'ente appaltante trasmetteva il provvedimento di aggiudicazione corredato delle relative motivazioni. A seguito di tale comunicazione, il ricorrente ha esercitato il diritto di accesso agli atti ed ha, quindi, avuto piena conoscenza di tutti gli atti rilevanti dell'ente appaltante, idonei ad articolare i motivi di ricorso.
Questa ricostruzione è stata contestata dall'ente appaltante e dall'aggiudicatario. Essi hanno sostenuto che, antecedentemente alla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, vi era stata un'altra comunicazione, che occorreva considerare ai fini della decorrenza del termine per l'eventuale impugnazione.
In verità questa comunicazione antecedente consisteva in una pec con cui l'ente appaltante rendeva noto che con delibera dell'organo competente era stata approvata l'aggiudicazione definitiva del servizio, senza, tuttavia, fornire alcun ulteriore elemento conoscitivo.
Secondo questa tesi, la citata comunicazione era sufficiente per far decorrere il termine per l'impugnazione, con la conseguenza che il ricorso, essendo stato proposto dopo che erano trascorsi trenta giorni dalla stessa, doveva considerarsi tardivo e quindi improcedibile.
Questa prospettazione è stata accolta dal TAR Veneto, che ha effettivamente dichiarato improcedibile il ricorso per tardività.
Secondo il giudice amministrativo di primo grado ai fini dell'individuazione del termine di decorrenza per l'eventuale impugnazione occorre fare riferimento al momento in cui il concorrente abbia avuto conoscenza degli elementi essenziali dell'atto lesivo, che gli consentono di avere cognizione del pregiudizio alla propria sfera giuridica. E tale conoscenza ben può derivare anche da una semplice comunicazione con cui il concorrente viene informato dell'intervenuta aggiudicazione, poiché tale comunicazione è idonea a far percepire al concorrente l'effettiva lesione del proprio interesse all'aggiudicazione dell'appalto, rendendo, pertanto, attuale l'interesse ad agire e facendo conseguentemente decorrere il termine per l'impugnazione.
Contro la decisione del TAR il ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato, che ha efficacemente individuato la questione interpretativa da cui trae origine la controversia oggetto di esame. Tale questione nasce dal mancato coordinamento tra il Codice del Processo Amministrativo ed il nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016. Infatti, l'art. 120, co. 5, del c.p.a. subordina l'impugnazione dell'aggiudicazione al ricevimento della comunicazione di cui all'art. 79 del d.lgs. n. 163/2006 (cioè la comunicazione prevista dal precedente regime normativo). Non vi è stato, quindi, alcun adeguamento alle successive previsioni del d.lg. n. 50 che, per ciò che concerne la comunicazione di avvenuta aggiudicazione, fa riferimento a quanto previsto all'art. 76.
Le due norme si distinguono per un aspetto che, ai fini della questione in esame, assume un valore dirimente. L'art. 79 prevedeva, infatti, che la comunicazione di aggiudicazione sia accompagnata dal relativo provvedimento e dalla connessa motivazione che deve avere un contenuto minimo, dovendo illustrare almeno le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta aggiudicataria e il nominativo dell'aggiudicatario. Al contrario, l'art. 76 si limita a prevedere che l'ente appaltante comunichi l'aggiudicazione, senza fornire alcun elemento ulteriore, che deve eventualmente essere messo a disposizione solo su richiesta dell'interessato.
È evidente che qualora si ritenga valida la previsione contenuta all'articolo 76 gli obblighi informativi saranno minori, e si potrà coerentemente ritenere che il termine per l'impugnazione decorra da questa semplice comunicazione di aggiudicazione. Al contrario, la tesi che ritenga vigente il riferimento all'art. 79 del vecchio Codice comporta la necessità di accompagnare la comunicazione di aggiudicazione con il relativo provvedimento e la conseguente motivazione, con l'effetto di far decorrere il termine per l'impugnazione solo dalla conoscenza compiuta di tutti questi elementi.
Operata nei termini anzidetti la ricognizione del quadro normativo, il Consiglio di Stato prospetta tre possibili diverse opzioni interpretative.
- La prima a lume della quale il riferimento all'art. 79 contenuto nel c.p.a. andrebbe sostituito con il riferimento all'art. 76 del nuovo Codice Appalti. Di conseguenza, il ricorso presentato dopo i trenta giorni dall'intervenuta conoscenza dell'aggiudicazione – anche se non accompagnata da alcun elemento ulteriore – deve considerarsi tardivo. Questa tesi in realtà suscita perplessità in relazione al fatto che viene operata un'automatica sostituzione tra due norme diverse, di modo che più che un'interpretazione della norma vigente si risolve quasi nella creazione di una nuova norma.
- La seconda tesi è quella che interpreta il nuovo art. 76 in continuità con il precedente art. 79 cosicché, nonostante il primo non faccia un riferimento esplicito al provvedimento di aggiudicazione, deve intendersi che quest'ultimo deve comunque essere comunicato con la relativa motivazione.
- Infine, la terza tesi a mente della quale ci si troverebbe di fronte a un rinvio recettizio, nel senso che essendo la norma richiamata dall'art. 120 del c.p.a. – e cioè l'articolo 79 – stabilmente incorporata in quest'ultima essa rimarrebbe indifferente ai successivi interventi normativi. In sostanza il riferimento all'art. 79 continuerebbe ad avere una sua valenza anche se da un punto di vista formale tale norma – contenuta nel d.lgs. n. 163 - è stata abrogata a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 50.
Il Consiglio di Stato, pur senza scegliere tra la seconda e la terza tesi interpretativa, ha ritenuto che vada privilegiata la soluzione secondo cui il termine per la presentazione del ricorso decorre solo a seguito della comunicazione del provvedimento di aggiudicazione con la relativa motivazione.
Decisive in questo senso sono le previsioni contenute nella normativa comunitaria. In particolare, nelle direttive ricorsi che si sono succedute nel tempo è sempre stato indicato che la comunicazione di aggiudicazione che viene inviata agli interessati deve contenere le informazioni pertinenti che sono indispensabili per la presentazione di un ricorso efficace.
Nella stessa direzione si è mossa anche la Corte di Giustizia UE.
In alcune pronunce la stessa ha affermato chiaramente che ricorsi efficaci possono essere garantiti solo se i relativi termini per la presentazione cominciano a decorrere dal momento in cui il ricorrente è venuto a conoscenza delle ragioni della presunta violazione delle regole di gara.
In sostanza, il quadro comunitario rafforza la conclusione del Consiglio di Stato secondo cui ai fini della decorrenza del termine di impugnazione è necessario che l'ente appaltante abbia provveduto a comunicare il provvedimento di aggiudicazione con la relativa motivazione. Con la conseguenza che non può considerarsi tardivo il ricorso che sia presentato entro i trenta giorni da tale comunicazione, anche se in precedenza il concorrente era comunque venuto a conoscenza dell'intervenuta aggiudicazione.
Avv. Giuseppe Acierno
Non è obbligatorio procedere con le gare elettroniche per gli affidamenti sotto i 1.000 euro.
Gli obblighi di comunicazione elettronica negli appalti, entrati in vigore lo scorso 18 ottobre, non riguardano i microaffidamenti sotto i mille euro.
La precisazione arriva dal presidente dell’ANAC Raffaele Cantone. Con un comunicato reso noto ieri, il numero uno dell’Autorità risponde alle numerose richieste di chiarimento inoltrate dai funzionari delle stazioni appaltanti, preoccupati che dallo scorso 18 ottobre le nuove regole sulle comunicazioni elettroniche tra PA e imprese andassero applicate anche ai microappalti.
Da Cantone arriva la rassicurazione sul fatto che gli affidamenti sotto i mille euro restano esclusi da questi obblighi. Per l’ex magistrato, infatti, ad escludere le assegnazioni sotto i mille euro dal vincolo di procedere usando mezzi telematici è la disposizione della legge finanziaria 2007 (legge 296 del 27 dicembre 2006, art. 1, co. 450) ai sensi della quale la soglia minima per l’obbligo di ricorrere a procedure telematiche è l’importo di mille euro. La norma, si precisa nel comunicato, non è stata abrogata dal nuovo codice appalti (d.lgs. n. 50/2016),
Per questo motivo, è la conclusione, “l'Autorità ritiene che, per gli acquisti infra 1.000 euro, permanga la possibilità di procedere senza l'acquisizione di comunicazioni telematiche”.
Avv. Riccardo Rotigliano