Rubrica di aggiornamento giurisprudenziale n. 7/2020
Cons. Stat., sez. V, sent. n. 3504/2020: nessuna esclusione automatica in caso di subappalto necessario.
Anche nel caso del subappalto così detto necessario – in cui, cioè, il ricorso al subappalto è indispensabile per supplire a una carenza di qualificazione del concorrente –, nell'ipotesi in cui il subappaltatore indicato in sede di offerta abbia perso i requisiti di qualificazione in corso di gara, l'esclusione del concorrente non è automatica. In questa ipotesi è, infatti, rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante la possibilità di procedere alla sostituzione del subappaltatore, tenuto anche conto della presenza, nell'ambito della terna di subappaltatori indicata in sede di offerta, di altri soggetti in possesso dei prescritti requisiti. Sono queste le affermazioni contenute nella pronuncia in commento, che ritorna sul tema del subappalto necessario, introducendo un elemento di flessibilità nel funzionamento dell'istituto.
Alla base dell'appello, contro la sentenza di primo grado, la considerazione secondo cui, poiché il subappaltatore aveva perso il suo requisito prima del provvedimento di aggiudicazione definitiva, tutti i concorrenti che avevano indicato tale subappaltatore dovevano essere esclusi per carenza di qualificazione. E infatti l'ipotesi andrebbe assimilata a quella in cui è il concorrente stesso che durante lo svolgimento della gara perde i requisiti di qualificazione, poiché il subappalto qualificatorio viene a incidere direttamente sulla qualificazione del concorrente. Né l'ipotesi in esame potrebbe essere ricondotta a quella disciplinata dall'articolo 105, co. 12 del d.lgs. n. 50. Quest'ultima disposizione consente, infatti, la sostituzione del subappaltatore nei confronti del quale sia stato rilevato un motivo di esclusione per carenza dei requisiti generali, ma purché ciò avvenga nella fase di esecuzione del contratto di appalto.
In sostanza, a fronte della sopravvenuta carenza di un requisito in capo al subappaltatore si avrebbe una doppia disciplina a seconda del momento in cui tale carenza si manifesta. Nel caso si manifesti durante lo svolgimento della gara si dovrebbe procedere all'esclusione del concorrente; mentre nel caso avvenga nella fase esecutiva, si potrebbe procedere alla sostituzione del subappaltatore. Questa prospettazione del ricorrente è stata respinta dal Consiglio di Stato.
In via preliminare, il giudice amministrativo di secondo grado ricorda che anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50 vi è ancora spazio nell'ordinamento dei contratti pubblici per il subappalto necessario o qualificatorio. Ne è testimonianza proprio il bando in questione, in cui la stazione appaltante ha esplicitamente previsto che i concorrenti che non fossero in possesso dei requisiti di qualificazione in relazione a determinate prestazioni potessero ricorrere al subappalto, indicando in sede di offerta una terna di subappaltatori adeguatamente qualificati.
Ciò premesso, la questione che si pone è se, nell'ipotesi in cui il subappaltatore che supplisce alla carenza di qualificazione del concorrente perda il suo requisito in corso di gara, si possa procedere alla sostituzione dello stesso. Secondo il Consiglio di Stato, per dare risposta alla questione occorre considerare le previsioni contenute negli artt. 80, co. 5, lettera c) e 105, co. 12, del d.lgs. n. 50. In particolare, secondo la prima norma, qualora in corso di gara emerga un motivo di esclusione nei confronti di uno dei subappaltatori indicati nella terna, la stazione appaltante deve procedere all'esclusione del concorrente. L'art. 105, co. 12, consente, invece, la sostituzione del subappaltatore nel caso in cui il motivo di esclusione emerga nella fase di esecuzione del contratto. Dalla lettura coordinata di queste due norme il Consiglio di Stato ricava una prima conclusione: non è legittimo estendere alla fase di gara una previsione – la possibilità di sostituzione del subappaltatore – che vale solo per la fase esecutiva.
Questa prima conclusione va tuttavia riconsiderata alla luce dell'orientamento accolto dalla Corte di giustizia UE, con la recente sentenza del 30 gennaio 2020, causa C- 395/18. Con questa pronuncia il giudice comunitario ha sancito l'incompatibilità con la direttiva UE di una norma nazionale che sancisca il carattere automatico dell'esclusione del concorrente qualora nei confronti di un subappaltatore indicato in sede di offerta ricorra una causa di esclusione. Questo principio affermato dalla Corte di Giustizia influisce anche sulla soluzione del caso in esame. Infatti, nonostante il principio sia stato sancito in relazione alle cause di esclusione derivanti dalla mancanza dei requisiti generali di idoneità morale, la medesima conclusione deve valere anche nell'ipotesi in cui la carenza riguardi i requisiti speciali di qualificazione, che anzi deve considerarsi meno grave rispetto alla prima.
Né si può ritenere che il divieto di esclusione automatica del concorrente non possa operare in relazione al subappalto c.d. qualificatorio in quanto a tale tipologia di subappalto non sarebbe applicabile la disciplina che riguarda l'istituto nella fase tipicamente esecutiva. Ciò in quanto anche questa particolare tipologia di subappalto attiene comunque alla fase esecutiva e rileva nell'ambito della gara ai soli fini dell'indicazione in sede di offerta dei subappaltatori in possesso dei necessari requisiti di qualificazione. In sostanza, l'indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta, accompagnata dalla dichiarazione che a uno dei tre subappaltatori il concorrente intende affidare l'esecuzione di quelle prestazioni, rispetto alle quali egli ha un deficit di qualificazione, non trasforma i caratteri peculiari dell'istituto, che continua a configurarsi come un tipico subappalto proprio della fase esecutiva. Il rapporto tra il concorrente e il subappaltatore – diversamente da quanto accade nel caso dell'avvalimento – non è in alcun modo attratto nella fase della gara, ma continua a rilevare solo nella fase esecutiva.
Quanto all'obiezione fondata sulla specifica clausola del bando di gara, secondo cui il mancato possesso dei prescritti requisiti di qualificazione da parte di uno o più subappaltatori indicati nella terna avrebbe comportato, nel caso di subappalto c.d. qualificatorio, l'esclusione del concorrente dalla gara, il giudice amministrativo ha ritenuto che della stessa si dovesse dare un'interpretazione comunitariamente orientata. Ciò implica che la lettura che occorre dare di questa clausola è quella che ne privilegia un'interpretazione conforme alla disciplina sul subappalto contenuta nelle norme comunitarie. Di conseguenza, l'esclusione poteva essere disposta dalla stazione appaltante in maniera automatica solo nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna fosse risultato privo dei requisiti di qualificazione fin da subito, cioè fin dal momento dell'inserimento del suo nominativo in sede di offerta (e anche rispetto a questa ipotesi sarebbero comunque residuati dubbi sulla legittimità di una tale soluzione).
Al contrario la clausola del bando non può essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell'esclusione anche alla diversa ipotesi in cui il subappaltatore, originariamente in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione, li abbia poi persi in corso di gara. L'insieme delle indicate considerazioni porta a una conseguente conclusione: nel caso di indicazione di una terna di subappaltatori in sede di offerta, l'esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore che in corso di gara abbia perso i requisiti non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto necessario o qualificatorio, potendo la stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore.
Come è noto, l'obbligo di indicare in sede di offerta la terna dei subappaltatori è stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 dal c.d. decreto sblocca cantieri. Tuttavia le conclusioni cui giunge il Consiglio di Stato possono mantenere una loro validità per la specifica ipotesi del subappalto qualificatorio, rispetto al quale non si può escludere che le stazioni appaltanti, nel consentirlo, impongano la preventiva indicazione della terna di subappaltatori. Anche se, a rigore, un'indicazione in questo senso non appare pienamente aderente a quanto statuito dall'Adunanza Plenari del Consiglio di Sato nella sentenza n. 9 del 2015.
TAR Toscana, sez. I, sent. n. 698/2020: avvalimento, anche i servizi analoghi rientrano nelle esperienze professionali pertinenti.
Lo svolgimento di servizi analoghi rientra nella nozione di “esperienze professionali pertinenti” che rappresenta un requisito per il quale la disciplina sull'avvalimento, contenuta all'art. 89 del d.lgs. n. 50/2016, prevede che l'impresa ausiliaria debba eseguire direttamente le relative prestazioni. Si è espresso in questi termini il TAR Toscana, che offre una lettura estensiva di una specifica disposizione in tema di avvalimento, in realtà di non facile interpretazione. Tale disposizione investe un profilo non particolarmente chiaro dei rapporti che devono intercorrere tra impresa principale e impresa ausiliaria in relazione alla particolare fattispecie in cui oggetto di avvalimento siano i “titoli di studio o professionali” o le “esperienze professionali pregresse”. La pronuncia offre, poi, ulteriori spunti su altri profili dell'avvalimento, utili a meglio definire la disciplina complessiva dell'istituto.
Il giudice amministrativo ha accolto il ricorso che si incentra sulla corretta interpretazione della specifica previsione contenuta al co. 1 dell'art. 89 del d.lgs. n. 50. Il richiamato co. 1, dopo aver ribadito il principio generale secondo cui possono essere oggetto di avvalimento tutti i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, stabilisce che, qualora l'avvalimento si riferisca al requisito relativo ai titoli di studio e professionali o alle esperienze professionali pertinenti l'avvalimento, è consentito solo se l'impresa ausiliaria che presta il requisito esegue direttamente le prestazioni che sono correlate al requisito medesimo. In sostanza, la previsione in esame sembra delineare una duplice tipologia di avvalimento. L'avvalimento valido in via generale, che si riferisce indistintamente a tutti i requisiti di qualificazione; e una sorta di avvalimento speciale, che si riferisce ai requisiti dei titoli di studio e professionali e delle esperienze professionali pertinenti, che si caratterizza per l'obbligo dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria.
In realtà, la previsione del co. 1 relativa ai titoli di studio e alle esperienze professionali - che riproduce un'analoga disposizione contenuta nella direttiva comunitaria - ha una formulazione che non risulta particolarmente chiara, né nella sua impostazione concettuale, né nei suoi riflessi pratici. Occorre, infatti, partire dalla premessa che uno degli elementi tipici dell'avvalimento consiste nella messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria dei propri mezzi e risorse a favore dell'impresa principale. Sulla base di questo presupposto, al fine di dare un senso compiuto alla previsione specifica che impone l'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria in caso di avvalimento dei titoli di studio e delle esperienze professionali, si deve ritenere che la messa a disposizione di mezzi e risorse in questi casi specifici si connoti in termini diversi da quanto avviene ordinariamente.
In particolare, mentre nell'avvalimento ordinario mezzi e risorse possono essere inglobate nell'organizzazione dell'impresa principale, nella particolare tipologia di avvalimento sopra ricordata (speciale), l'esecuzione diretta da parte dell'impresa ausiliaria sembra imporre che le stesse siano utilizzate in via autonoma e diretta da parte di quest'ultima. In sostanza, nel primo caso è l'impresa principale che opera, avvalendosi anche di mezzi e risorse dell'impresa ausiliaria; nel secondo caso quest'ultima opera invece direttamente e autonomamente.
Questa diversità operativa appare strettamente correlata alla particolare tipologia di requisiti che vengono in considerazione. Sia i titoli di studio e professionali che le esperienze professionali pertinenti - in maniera più netta nel primo caso e più sfumata nel secondo - appaiono requisiti che sembrano connotarsi per il carattere personale della relativa prestazione.
Sotto quest'ultimo profilo non appare del tutto convincente la ricostruzione che il TAR Toscana opera - rifacendosi peraltro a un pregresso orientamento giurisprudenziale - relativamente alla nozione di esperienze professionali pertinenti. Il giudice amministrativo respinge, infatti, l'interpretazione secondo cui tale nozione andrebbe riferita a servizi di natura intellettuale o ad altissima specializzazione o comunque a prestazioni che richiedono l'utilizzo di capacità non trasmissibili e quindi infungibili. Secondo il TAR Toscana, questa interpretazione non è giustificata né dalla lettera della norma né dalla ratio dell'istituto, poiché sotto entrambi i profili, ai fini dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria relativamente agli specifici requisiti indicati, non viene operata alcuna distinzione in relazione alla natura materiale o intellettuale delle prestazioni medesime.
Partendo da questa considerazione, il giudice amministrativo, in relazione al caso di specie, arriva alla conclusione che i servizi analoghi possano rientrare nella nozione di “esperienze professionali pertinenti” e che, quindi, anche in relazione a tale requisito operi l'obbligo di esecuzione diretta delle relative prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria. Si tratta in realtà di una conclusione che, al di là delle difficoltà interpretative poste dalla disposizione in questione, suscita perplessità. L'obbligo dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria sembra, infatti, collegato dalla norma a requisiti che, per le loro caratteristiche intrinseche, richiamano una competenza e una capacità di natura strettamente personale. Il possesso di “titoli di studio o professionali” o di “esperienze professionali pertinenti” appare collegato alla presenza di risorse infungibili rispetto alle quali, proprio in quanto tali, si richiede l'esecuzione diretta da parte dell'impresa ausiliaria.
Non sembra, invece, che queste caratteristiche possano essere rinvenute nel requisito relativo ai servizi analoghi che, per definizione, chiama in causa l'organizzazione imprenditoriale complessivamente considerata, senza particolari riferimenti al carattere infungibile di specifiche prestazioni. Di conseguenza, non si comprende la ragione per la quale il contratto di avvalimento relativo al prestito di detto requisito dovrebbe prevedere l'esecuzione diretta delle relative prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria, posto che appare ragionevole che - analogamente a quanto avviene per l'avvalimento in generale - l'impresa ausiliaria si limiti a mettere a disposizione dell'impresa principale mezzi e risorse che vengono utilizzate autonomamente da quest'ultima.
Sul punto, il giudice amministrativo ribadisce il principio che, nell'attuale disciplina dell'avvalimento, il rapporto che deve sussistere tra impresa principale e impresa ausiliaria non subisce modifiche in relazione alla circostanza che lo stesso si svolga nell'ambito di un medesimo gruppo imprenditoriale. Di conseguenza, anche in questa ipotesi è necessario che tale rapporto sia formalizzato in un vero e proprio contratto di avvalimento, non essendo stata riprodotta nell'attuale disciplina la previsione semplificatoria contenuta nella normativa previgente che, in caso di avvalimento infragruppo, riteneva sufficiente una mera dichiarazione unilaterale attestante il legame giuridico ed economico derivante dall'appartenenza a un medesimo gruppo imprenditoriale.
Sotto questo profilo, il giudice amministrativo delimita correttamente i presupposti applicativi della previsione contenuta all'art. 89, co. 3, che consente la sostituzione dell'impresa ausiliaria. Tale sostituzione è, infatti, ammessa nell'ipotesi in cui quest'ultima risulti carente sotto il profilo dei criteri di selezione (requisiti di qualificazione) o sia soggetta a uno dei motivi di esclusione relativi alla carenza dei requisiti di carattere generale di idoneità morale. Questa ipotesi non risulta applicabile al caso di specie, in cui la ritenuta carenza non riguarda i profili indicati, bensì il contenuto del contratto di avvalimento che, per le ragioni esposte, viene ritenuto non conforme con la relativa disciplina e in particolare con la previsione specifica dell'art. 89, co. 1. Di conseguenza, non è ammissibile per superare questa carenza procedere alla sostituzione dell'impresa ausiliaria, che la norma consente in relazione a ipotesi del tutto diverse da quella che viene in considerazione nel caso di specie.
Cons. Stat., sez. III, sent. n. 3945/2020: Interdittiva antimafia, è elusiva l'impresa che cerca di ripulirsi subito.
Qualche giorno dopo essere stata colpita da interdittiva antimafia un'impresa ha revocato per giusta causa l'incarico a un consulente ritenuto vicino agli ambienti della criminalità organizzata, con ciò ritenendo che il "self cleaning" messo in atto fosse sufficiente a renderla nuovamente idonea ad acquisire appalti pubblici. Ma si è sbagliata di grosso perché - come ben sottolineato dai giudici del Consiglio di Stato - la presa di distanza formale da persone equivoche non basta “a dare piena garanzia dell'effettiva netta cesura dai contesti mafiosi”.
Il caso è trattato dalla pronuncia della III sezione di Palazzo Spada, con la quale i giudici hanno ribaltato l'esito del TAR Campania, inizialmente favorevole al ricorrente e che ha portato all'annullamento dell'interdittiva. I giudici hanno ritenuto che la revoca dell'incarico al consulente, adottata subito dopo l'informazione interdittiva, avesse il “presumibile solo scopo di eliminare gli effetti del provvedimento antimafia, ferma restando l'inerenza del consulente nella società”. E, pertanto, hanno ritenuto la revoca “elusiva del provvedimento di interdittiva antimafia”.
Sempre secondo i giudici, “già ab origine l'amministratore della società destinataria dell'interdittiva avrebbe potuto e dovuto conoscere il ruolo e la figura complessiva del consulente”. “Se la società ha subìto o cercato l'ingerenza del consulente, certamente non è il suo allontanamento, intervenuto a soli pochi giorni di distanza dall'adozione della stessa interdittiva, a dare piena garanzia dell'effettiva netta cesura dai contesti mafiosi”. La vicinanza del consulente alla società e agli ambienti malavitosi costituisce, insomma, un dato ancora attuale che pienamente giustifica la valutazione, compiuta dalla Prefettura, di permeabilità mafiosa, con tutto ciò che ne consegue sul piano interdittivo. Ragionevolmente, dunque, il Prefetto ha ritenuto che fosse ancora "più probabile che non" la vicinanza della società agli ambienti della criminalità organizzata”.
Conclusione: i giudici ritengono “che ciò che occorre verificare, nel caso di adozione di misure di self cleaning, non è lo scopo soggettivamente perseguito dall'ente attinto dall'informativa e dai suoi esponenti, bensì l'effettiva idoneità delle misure stesse a recidere quei collegamenti e cointeressenze con le associazioni criminali che hanno fondato l'adozione della precedente informazione antimafia”.
Nel caso particolare Palazzo Spada, diversamente dal primo giudice, ritiene che “siano stati individuati gli elementi in base ai quali dovesse ritenersi persistente il condizionamento”. Il TAR Campania, invece, aveva “ritenuto sussistente il difetto di motivazione e di istruttoria, rilevando che la Prefettura avrebbe dovuto evidenziare gli elementi fondanti il persistente condizionamento da parte del signor (...) sull'Associazione stessa, nonostante la revoca dell'incarico e il licenziamento dei (...) non potendo ancorare il provvedimento avversato ad una forma di presunzione assoluta, fondata esclusivamente sullo scarso lasso temporale decorso tra l'adozione dell'informazione antimafia e le misure poste in essere dall'Associazione”.
Cons. Stat., sez. V, sent. n. 3504/2020: nessuna esclusione automatica in caso di subappalto necessario.
Anche nel caso del subappalto così detto necessario – in cui, cioè, il ricorso al subappalto è indispensabile per supplire a una carenza di qualificazione del concorrente –, nell'ipotesi in cui il subappaltatore indicato in sede di offerta abbia perso i requisiti di qualificazione in corso di gara, l'esclusione del concorrente non è automatica. In questa ipotesi è, infatti, rimessa alla valutazione discrezionale della stazione appaltante la possibilità di procedere alla sostituzione del subappaltatore, tenuto anche conto della presenza, nell'ambito della terna di subappaltatori indicata in sede di offerta, di altri soggetti in possesso dei prescritti requisiti. Sono queste le affermazioni contenute nella pronuncia in commento, che ritorna sul tema del subappalto necessario, introducendo un elemento di flessibilità nel funzionamento dell'istituto.
Alla base dell'appello, contro la sentenza di primo grado, la considerazione secondo cui, poiché il subappaltatore aveva perso il suo requisito prima del provvedimento di aggiudicazione definitiva, tutti i concorrenti che avevano indicato tale subappaltatore dovevano essere esclusi per carenza di qualificazione. E infatti l'ipotesi andrebbe assimilata a quella in cui è il concorrente stesso che durante lo svolgimento della gara perde i requisiti di qualificazione, poiché il subappalto qualificatorio viene a incidere direttamente sulla qualificazione del concorrente. Né l'ipotesi in esame potrebbe essere ricondotta a quella disciplinata dall'articolo 105, co. 12 del d.lgs. n. 50. Quest'ultima disposizione consente, infatti, la sostituzione del subappaltatore nei confronti del quale sia stato rilevato un motivo di esclusione per carenza dei requisiti generali, ma purché ciò avvenga nella fase di esecuzione del contratto di appalto.
In sostanza, a fronte della sopravvenuta carenza di un requisito in capo al subappaltatore si avrebbe una doppia disciplina a seconda del momento in cui tale carenza si manifesta. Nel caso si manifesti durante lo svolgimento della gara si dovrebbe procedere all'esclusione del concorrente; mentre nel caso avvenga nella fase esecutiva, si potrebbe procedere alla sostituzione del subappaltatore. Questa prospettazione del ricorrente è stata respinta dal Consiglio di Stato.
In via preliminare, il giudice amministrativo di secondo grado ricorda che anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50 vi è ancora spazio nell'ordinamento dei contratti pubblici per il subappalto necessario o qualificatorio. Ne è testimonianza proprio il bando in questione, in cui la stazione appaltante ha esplicitamente previsto che i concorrenti che non fossero in possesso dei requisiti di qualificazione in relazione a determinate prestazioni potessero ricorrere al subappalto, indicando in sede di offerta una terna di subappaltatori adeguatamente qualificati.
Ciò premesso, la questione che si pone è se, nell'ipotesi in cui il subappaltatore che supplisce alla carenza di qualificazione del concorrente perda il suo requisito in corso di gara, si possa procedere alla sostituzione dello stesso. Secondo il Consiglio di Stato, per dare risposta alla questione occorre considerare le previsioni contenute negli artt. 80, co. 5, lettera c) e 105, co. 12, del d.lgs. n. 50. In particolare, secondo la prima norma, qualora in corso di gara emerga un motivo di esclusione nei confronti di uno dei subappaltatori indicati nella terna, la stazione appaltante deve procedere all'esclusione del concorrente. L'art. 105, co. 12, consente, invece, la sostituzione del subappaltatore nel caso in cui il motivo di esclusione emerga nella fase di esecuzione del contratto. Dalla lettura coordinata di queste due norme il Consiglio di Stato ricava una prima conclusione: non è legittimo estendere alla fase di gara una previsione – la possibilità di sostituzione del subappaltatore – che vale solo per la fase esecutiva.
Questa prima conclusione va tuttavia riconsiderata alla luce dell'orientamento accolto dalla Corte di giustizia UE, con la recente sentenza del 30 gennaio 2020, causa C- 395/18. Con questa pronuncia il giudice comunitario ha sancito l'incompatibilità con la direttiva UE di una norma nazionale che sancisca il carattere automatico dell'esclusione del concorrente qualora nei confronti di un subappaltatore indicato in sede di offerta ricorra una causa di esclusione. Questo principio affermato dalla Corte di Giustizia influisce anche sulla soluzione del caso in esame. Infatti, nonostante il principio sia stato sancito in relazione alle cause di esclusione derivanti dalla mancanza dei requisiti generali di idoneità morale, la medesima conclusione deve valere anche nell'ipotesi in cui la carenza riguardi i requisiti speciali di qualificazione, che anzi deve considerarsi meno grave rispetto alla prima.
Né si può ritenere che il divieto di esclusione automatica del concorrente non possa operare in relazione al subappalto c.d. qualificatorio in quanto a tale tipologia di subappalto non sarebbe applicabile la disciplina che riguarda l'istituto nella fase tipicamente esecutiva. Ciò in quanto anche questa particolare tipologia di subappalto attiene comunque alla fase esecutiva e rileva nell'ambito della gara ai soli fini dell'indicazione in sede di offerta dei subappaltatori in possesso dei necessari requisiti di qualificazione. In sostanza, l'indicazione della terna dei subappaltatori in sede di offerta, accompagnata dalla dichiarazione che a uno dei tre subappaltatori il concorrente intende affidare l'esecuzione di quelle prestazioni, rispetto alle quali egli ha un deficit di qualificazione, non trasforma i caratteri peculiari dell'istituto, che continua a configurarsi come un tipico subappalto proprio della fase esecutiva. Il rapporto tra il concorrente e il subappaltatore – diversamente da quanto accade nel caso dell'avvalimento – non è in alcun modo attratto nella fase della gara, ma continua a rilevare solo nella fase esecutiva.
Quanto all'obiezione fondata sulla specifica clausola del bando di gara, secondo cui il mancato possesso dei prescritti requisiti di qualificazione da parte di uno o più subappaltatori indicati nella terna avrebbe comportato, nel caso di subappalto c.d. qualificatorio, l'esclusione del concorrente dalla gara, il giudice amministrativo ha ritenuto che della stessa si dovesse dare un'interpretazione comunitariamente orientata. Ciò implica che la lettura che occorre dare di questa clausola è quella che ne privilegia un'interpretazione conforme alla disciplina sul subappalto contenuta nelle norme comunitarie. Di conseguenza, l'esclusione poteva essere disposta dalla stazione appaltante in maniera automatica solo nel caso in cui uno dei subappaltatori indicati nella terna fosse risultato privo dei requisiti di qualificazione fin da subito, cioè fin dal momento dell'inserimento del suo nominativo in sede di offerta (e anche rispetto a questa ipotesi sarebbero comunque residuati dubbi sulla legittimità di una tale soluzione).
Al contrario la clausola del bando non può essere interpretata nel senso di estendere la sanzione dell'esclusione anche alla diversa ipotesi in cui il subappaltatore, originariamente in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione, li abbia poi persi in corso di gara. L'insieme delle indicate considerazioni porta a una conseguente conclusione: nel caso di indicazione di una terna di subappaltatori in sede di offerta, l'esclusione del concorrente che abbia indicato un subappaltatore che in corso di gara abbia perso i requisiti non è automatica, anche qualora si tratti di subappalto necessario o qualificatorio, potendo la stazione appaltante consentire la sostituzione del subappaltatore.
Come è noto, l'obbligo di indicare in sede di offerta la terna dei subappaltatori è stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 dal c.d. decreto sblocca cantieri. Tuttavia le conclusioni cui giunge il Consiglio di Stato possono mantenere una loro validità per la specifica ipotesi del subappalto qualificatorio, rispetto al quale non si può escludere che le stazioni appaltanti, nel consentirlo, impongano la preventiva indicazione della terna di subappaltatori. Anche se, a rigore, un'indicazione in questo senso non appare pienamente aderente a quanto statuito dall'Adunanza Plenari del Consiglio di Sato nella sentenza n. 9 del 2015.
TAR Toscana, sez. I, sent. n. 698/2020: avvalimento, anche i servizi analoghi rientrano nelle esperienze professionali pertinenti.
Lo svolgimento di servizi analoghi rientra nella nozione di “esperienze professionali pertinenti” che rappresenta un requisito per il quale la disciplina sull'avvalimento, contenuta all'art. 89 del d.lgs. n. 50/2016, prevede che l'impresa ausiliaria debba eseguire direttamente le relative prestazioni. Si è espresso in questi termini il TAR Toscana, che offre una lettura estensiva di una specifica disposizione in tema di avvalimento, in realtà di non facile interpretazione. Tale disposizione investe un profilo non particolarmente chiaro dei rapporti che devono intercorrere tra impresa principale e impresa ausiliaria in relazione alla particolare fattispecie in cui oggetto di avvalimento siano i “titoli di studio o professionali” o le “esperienze professionali pregresse”. La pronuncia offre, poi, ulteriori spunti su altri profili dell'avvalimento, utili a meglio definire la disciplina complessiva dell'istituto.
Il giudice amministrativo ha accolto il ricorso che si incentra sulla corretta interpretazione della specifica previsione contenuta al co. 1 dell'art. 89 del d.lgs. n. 50. Il richiamato co. 1, dopo aver ribadito il principio generale secondo cui possono essere oggetto di avvalimento tutti i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, stabilisce che, qualora l'avvalimento si riferisca al requisito relativo ai titoli di studio e professionali o alle esperienze professionali pertinenti l'avvalimento, è consentito solo se l'impresa ausiliaria che presta il requisito esegue direttamente le prestazioni che sono correlate al requisito medesimo. In sostanza, la previsione in esame sembra delineare una duplice tipologia di avvalimento. L'avvalimento valido in via generale, che si riferisce indistintamente a tutti i requisiti di qualificazione; e una sorta di avvalimento speciale, che si riferisce ai requisiti dei titoli di studio e professionali e delle esperienze professionali pertinenti, che si caratterizza per l'obbligo dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria.
In realtà, la previsione del co. 1 relativa ai titoli di studio e alle esperienze professionali - che riproduce un'analoga disposizione contenuta nella direttiva comunitaria - ha una formulazione che non risulta particolarmente chiara, né nella sua impostazione concettuale, né nei suoi riflessi pratici. Occorre, infatti, partire dalla premessa che uno degli elementi tipici dell'avvalimento consiste nella messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria dei propri mezzi e risorse a favore dell'impresa principale. Sulla base di questo presupposto, al fine di dare un senso compiuto alla previsione specifica che impone l'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria in caso di avvalimento dei titoli di studio e delle esperienze professionali, si deve ritenere che la messa a disposizione di mezzi e risorse in questi casi specifici si connoti in termini diversi da quanto avviene ordinariamente.
In particolare, mentre nell'avvalimento ordinario mezzi e risorse possono essere inglobate nell'organizzazione dell'impresa principale, nella particolare tipologia di avvalimento sopra ricordata (speciale), l'esecuzione diretta da parte dell'impresa ausiliaria sembra imporre che le stesse siano utilizzate in via autonoma e diretta da parte di quest'ultima. In sostanza, nel primo caso è l'impresa principale che opera, avvalendosi anche di mezzi e risorse dell'impresa ausiliaria; nel secondo caso quest'ultima opera invece direttamente e autonomamente.
Questa diversità operativa appare strettamente correlata alla particolare tipologia di requisiti che vengono in considerazione. Sia i titoli di studio e professionali che le esperienze professionali pertinenti - in maniera più netta nel primo caso e più sfumata nel secondo - appaiono requisiti che sembrano connotarsi per il carattere personale della relativa prestazione.
Sotto quest'ultimo profilo non appare del tutto convincente la ricostruzione che il TAR Toscana opera - rifacendosi peraltro a un pregresso orientamento giurisprudenziale - relativamente alla nozione di esperienze professionali pertinenti. Il giudice amministrativo respinge, infatti, l'interpretazione secondo cui tale nozione andrebbe riferita a servizi di natura intellettuale o ad altissima specializzazione o comunque a prestazioni che richiedono l'utilizzo di capacità non trasmissibili e quindi infungibili. Secondo il TAR Toscana, questa interpretazione non è giustificata né dalla lettera della norma né dalla ratio dell'istituto, poiché sotto entrambi i profili, ai fini dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria relativamente agli specifici requisiti indicati, non viene operata alcuna distinzione in relazione alla natura materiale o intellettuale delle prestazioni medesime.
Partendo da questa considerazione, il giudice amministrativo, in relazione al caso di specie, arriva alla conclusione che i servizi analoghi possano rientrare nella nozione di “esperienze professionali pertinenti” e che, quindi, anche in relazione a tale requisito operi l'obbligo di esecuzione diretta delle relative prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria. Si tratta in realtà di una conclusione che, al di là delle difficoltà interpretative poste dalla disposizione in questione, suscita perplessità. L'obbligo dell'esecuzione diretta delle prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria sembra, infatti, collegato dalla norma a requisiti che, per le loro caratteristiche intrinseche, richiamano una competenza e una capacità di natura strettamente personale. Il possesso di “titoli di studio o professionali” o di “esperienze professionali pertinenti” appare collegato alla presenza di risorse infungibili rispetto alle quali, proprio in quanto tali, si richiede l'esecuzione diretta da parte dell'impresa ausiliaria.
Non sembra, invece, che queste caratteristiche possano essere rinvenute nel requisito relativo ai servizi analoghi che, per definizione, chiama in causa l'organizzazione imprenditoriale complessivamente considerata, senza particolari riferimenti al carattere infungibile di specifiche prestazioni. Di conseguenza, non si comprende la ragione per la quale il contratto di avvalimento relativo al prestito di detto requisito dovrebbe prevedere l'esecuzione diretta delle relative prestazioni da parte dell'impresa ausiliaria, posto che appare ragionevole che - analogamente a quanto avviene per l'avvalimento in generale - l'impresa ausiliaria si limiti a mettere a disposizione dell'impresa principale mezzi e risorse che vengono utilizzate autonomamente da quest'ultima.
Sul punto, il giudice amministrativo ribadisce il principio che, nell'attuale disciplina dell'avvalimento, il rapporto che deve sussistere tra impresa principale e impresa ausiliaria non subisce modifiche in relazione alla circostanza che lo stesso si svolga nell'ambito di un medesimo gruppo imprenditoriale. Di conseguenza, anche in questa ipotesi è necessario che tale rapporto sia formalizzato in un vero e proprio contratto di avvalimento, non essendo stata riprodotta nell'attuale disciplina la previsione semplificatoria contenuta nella normativa previgente che, in caso di avvalimento infragruppo, riteneva sufficiente una mera dichiarazione unilaterale attestante il legame giuridico ed economico derivante dall'appartenenza a un medesimo gruppo imprenditoriale.
Sotto questo profilo, il giudice amministrativo delimita correttamente i presupposti applicativi della previsione contenuta all'art. 89, co. 3, che consente la sostituzione dell'impresa ausiliaria. Tale sostituzione è, infatti, ammessa nell'ipotesi in cui quest'ultima risulti carente sotto il profilo dei criteri di selezione (requisiti di qualificazione) o sia soggetta a uno dei motivi di esclusione relativi alla carenza dei requisiti di carattere generale di idoneità morale. Questa ipotesi non risulta applicabile al caso di specie, in cui la ritenuta carenza non riguarda i profili indicati, bensì il contenuto del contratto di avvalimento che, per le ragioni esposte, viene ritenuto non conforme con la relativa disciplina e in particolare con la previsione specifica dell'art. 89, co. 1. Di conseguenza, non è ammissibile per superare questa carenza procedere alla sostituzione dell'impresa ausiliaria, che la norma consente in relazione a ipotesi del tutto diverse da quella che viene in considerazione nel caso di specie.
Cons. Stat., sez. III, sent. n. 3945/2020: Interdittiva antimafia, è elusiva l'impresa che cerca di ripulirsi subito.
Qualche giorno dopo essere stata colpita da interdittiva antimafia un'impresa ha revocato per giusta causa l'incarico a un consulente ritenuto vicino agli ambienti della criminalità organizzata, con ciò ritenendo che il "self cleaning" messo in atto fosse sufficiente a renderla nuovamente idonea ad acquisire appalti pubblici. Ma si è sbagliata di grosso perché - come ben sottolineato dai giudici del Consiglio di Stato - la presa di distanza formale da persone equivoche non basta “a dare piena garanzia dell'effettiva netta cesura dai contesti mafiosi”.
Il caso è trattato dalla pronuncia della III sezione di Palazzo Spada, con la quale i giudici hanno ribaltato l'esito del TAR Campania, inizialmente favorevole al ricorrente e che ha portato all'annullamento dell'interdittiva. I giudici hanno ritenuto che la revoca dell'incarico al consulente, adottata subito dopo l'informazione interdittiva, avesse il “presumibile solo scopo di eliminare gli effetti del provvedimento antimafia, ferma restando l'inerenza del consulente nella società”. E, pertanto, hanno ritenuto la revoca “elusiva del provvedimento di interdittiva antimafia”.
Sempre secondo i giudici, “già ab origine l'amministratore della società destinataria dell'interdittiva avrebbe potuto e dovuto conoscere il ruolo e la figura complessiva del consulente”. “Se la società ha subìto o cercato l'ingerenza del consulente, certamente non è il suo allontanamento, intervenuto a soli pochi giorni di distanza dall'adozione della stessa interdittiva, a dare piena garanzia dell'effettiva netta cesura dai contesti mafiosi”. La vicinanza del consulente alla società e agli ambienti malavitosi costituisce, insomma, un dato ancora attuale che pienamente giustifica la valutazione, compiuta dalla Prefettura, di permeabilità mafiosa, con tutto ciò che ne consegue sul piano interdittivo. Ragionevolmente, dunque, il Prefetto ha ritenuto che fosse ancora "più probabile che non" la vicinanza della società agli ambienti della criminalità organizzata”.
Conclusione: i giudici ritengono “che ciò che occorre verificare, nel caso di adozione di misure di self cleaning, non è lo scopo soggettivamente perseguito dall'ente attinto dall'informativa e dai suoi esponenti, bensì l'effettiva idoneità delle misure stesse a recidere quei collegamenti e cointeressenze con le associazioni criminali che hanno fondato l'adozione della precedente informazione antimafia”.
Nel caso particolare Palazzo Spada, diversamente dal primo giudice, ritiene che “siano stati individuati gli elementi in base ai quali dovesse ritenersi persistente il condizionamento”. Il TAR Campania, invece, aveva “ritenuto sussistente il difetto di motivazione e di istruttoria, rilevando che la Prefettura avrebbe dovuto evidenziare gli elementi fondanti il persistente condizionamento da parte del signor (...) sull'Associazione stessa, nonostante la revoca dell'incarico e il licenziamento dei (...) non potendo ancorare il provvedimento avversato ad una forma di presunzione assoluta, fondata esclusivamente sullo scarso lasso temporale decorso tra l'adozione dell'informazione antimafia e le misure poste in essere dall'Associazione”.