Rubrica di aggiornamento giurisprudenziale n. 3/2020
Gare, illegittimo escludere l'impresa per numerosi indizi: serve una prova univoca.
Se la stazione appaltante non individua prove certe e univoche relativamente a un fatto che configura uno dei casi previsti dall'art. 80 del codice dei contratti, l'esclusione dell'impresa è illegittima, anche in presenza di una “ricorrenza di numerosi indizi” tra operatori aderenti allo stesso contratto di rete. È questa la motivazione con la quale il TAR Lazio ha accolto il ricorso di due imprese che erano state escluse da due gare (con procedura ristretta).
Alla base della decisione la stazione appaltante ha addotto una numerosa serie di indizi compatibili con la sussistenza di unico centro decisionale a monte delle due imprese. La stazione appaltante è andata anche oltre l'esclusione dei due operatori dalle procedure, avendo deciso di sospendere gli operatori dai sistemi di qualificazione della stazione appaltante, con conseguente interdizione alla partecipazione delle relative gare.
I due operatori hanno presentato una articolata serie di ricorsi (contestando - ma in questo caso senza esito - l'aggiudicazione ad altri operatori concorrenti) che hanno dato luogo a ben sei sentenze del TAR Lazio, di accoglimento del ricorso principale.
Elemento comune di tutte le pronunce dei giudici della sez. II-ter è il principio, già affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui “l'onere della prova del collegamento tra imprese ricade sulla stazione appaltante o, comunque, sulla parte che ne affermi l'esistenza, al fine della loro esclusione dalla gara, dimostrazione che deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci - non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie - desumibili sia dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti (ossia dal loro assetto interno, personale o societario — cd. aspetto formale), sia dal contenuto delle offerte dalle stesse presentate (cd. aspetto sostanziale); ai fini della predetta esclusione non è sufficiente una generica ipotesi di collegamento « di fatto », essendo necessario che per tale via risulti concretamente inciso l'interesse tutelato dalla norma, volta ad impedire un preventivo concerto delle offerte, tale da comportare un vulnus al principio di segretezza delle stesse”.
La stazione appaltante, invece, secondo i giudici, non ha fornito elementi certi e univoci ma si è limitata ad elencare una serie di indizi rispetto ai quali i giudici hanno sostanzialmente accolto le spiegazioni fornite dagli operatori.
Gli indizi erroneamente apprezzati dalla stazione appaltante, erano i seguenti: entrambi i concorrenti hanno utilizzato erroneamente un modulo invece di un altro; parziale coincidenza di alcuni dei soggetti apicali investiti di funzioni di vigilanza in tutte e due le imprese; l'utilizzo del medesimo indirizzo IP per scaricare la documentazione di gara e inserire gli elementi dell'offerta e l'offerta economica; l'appartenenza delle due imprese a un'aggregazione tra imprese aderenti al medesimo contratto di rete; la circostanza che le rispettive sedi legali si trovano nello stesso comune; i plichi contenenti i primi giustificativi erano stati consegnati contemporaneamente da entrambi gli operatori economici; i plichi contenenti le integrazioni ai giustificativi risultavano di analoga fattura.
Il TAR ha ritenuto che quasi tutti questi indizi possano essere spiegati da una circostanza
che la stazione appaltante ritiene un indizio e che, invece, i giudici hanno considerato una spiegazione e cioè l'adesione al contratto di rete. È proprio la condivisione di spazi, struttura e risorse che può spiegare le coincidenze, dalle professionalità dell'organismo di vigilanza fino alla messa a disposizione delle due imprese dello stesso modulo errato. L'ulteriore circostanza che entrambi gli operatori “avrebbero offerto entrambe ribassi consistenti, a sostegno della esistenza di un collegamento sostanziale tra loro”, è stata segnalata dalla stazione appaltante successivamente, in sede defensionale, e come tale è stata giudicata inammissibile.
TAR Molise, sez. I, sent. n. 92/2020: concorsi di idee, illegittima la richiesta di un progetto, basta una proposta ideativa.
Nel concorso di idee ai concorrenti può essere richiesto non un progetto ma una mera “proposta ideativa”, una embrionale idea progettuale. Lo ha chiarito il TAR Molise con a sentenza in commento, evidenziando che l'art. 156, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, prevede per il concorrente l'esposizione della proposta ideativa nella forma più idonea alla sua corretta rappresentazione.
Inoltre, per i lavori il bando non può richiedere elaborati di livello pari o superiori a quelli stabiliti per il progetto di fattibilità tecnica ed economica, e non più il progetto preliminare, come nella normativa previgente. È stata cosi attribuita alla stazione appaltante una ampia discrezionalità nella definizione del prodotto da richiedere, che giunge fino al progetto di fattibilità tecnica, ossia al primo livello della attività di progettazione.
Le valutazioni svolte dalla commissione di gara possono essere censurate solo se in contrasto con il bando o con specifiche disposizioni di legge, non quando riguardano il merito dell'attività amministrativa. Il giudice amministrativo può solo limitarsi a verificare se i motivi di ricorso siano irragionevoli in modo manifesto.