Rubrica di aggiornamento giurisprudenziale, maggio 2019
Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 3376/2019: è sufficiente a comprovare la paternità dei progetti la validazione dei progetti esecutivi, sottoscritta dagli stessi progettisti e dal RUP, pur in assenza della sottoscrizione dei progetti medesimi.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il progetto esecutivo presentato da un RTP, ancorché lo stesso non fosse stato sottoscritto dai progettisti.
Secondo quanto si legge nella sentenza “Passando, dunque, al merito del gravame, deve rilevarsi che la questione che occupa non attiene alla sottoscrizione della domanda, che appare non in discussione, quanto alla necessità della sottoscrizione dei progetti esecutivi alla luce della disciplina di cui al codice dei contratti.
Non ignora il Collegio che su tale aspetto si è formato un orientamento restrittivo nel senso di ritenere che l’assenza di sottoscrizione di un documento tecnico dell’offerta costituisce vizio insanabile della medesima (in particolare, si è pronunziato da ultimo il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, con la sentenza 30 maggio 2017 n. 2908, che risulta appellata e sospesa da un’ordinanza coll. 419/2018 di remissione della questione alla Adunanza Plenaria).
Tuttavia il caso che occupa è caratterizzato da particolarità tale che consente la su autonoma definizione.
Nella specie, il riferimento al codice dei contratti pubblici è contenuto nel bando unicamente ai fini della indicazione di cosa si intenda per progettazione esecutiva, senza che il bando stesso contenga espressamente una clausola di esclusione per il caso di mancata sottoscrizione da parte dei progettisti.
Peraltro, nella specie, nessun dubbio poteva sussistere in ordine alla riconducibilità agli autori del progetto come indicati nell’atto di validazione e sottoscrittori dello stesso insieme al responsabile.
Seppure deve condividersi, dunque, la specifica finalità dell’atto di validazione come indicata dall’Amministrazione, ciò non toglie che la documentazione presentata – integrata dalla validazione medesima – doveva ritenersi per sé completa anche ai fini della paternità del progetto. La contestuale produzione dei progetti e della validazione sottoscritta, non poteva, dunque, far insorgere dubbi in ordine alla riconducibilità del progetto medesimo ai suoi autori, in una visione rigidamente formalistica.
A conferma di tale conclusione concorrono due principi.
Per un verso, come correttamente indicato dal primo giudice, risulta pacifico l’orientamento della giurisprudenza amministrativa nell’escludere che l’Amministrazione, a mezzo di chiarimenti auto interpretativi, possa modificare o integrare la disciplina di gara. I chiarimenti sono ammissibili se contribuiscono, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato e/o la ratio, ma non quando, proprio mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire ad una disposizione del bando un significato ed una portata diversa e maggiore di quella che risulta dal testo stesso, in tal caso violandosi il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione (da ultimo ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 13 gennaio 2016 n. 74).
Nella specie, la precisazione dell’Amministrazione, successiva alla lex specialis, al contrario è intervenuta introducendo un’autonoma ed ulteriore clausola di esclusione confliggente con principio menzionato e contraria dunque, sia al favor partecipationis sia alla parità tra i concorrenti.
Per altro verso, il comportamento del Consorzio concorrente, non può essere ritenuto omissivo ed in violazione dei principi di collaborazione e buona fede sì da precludere, il soccorso istruttorio, previsto dall’art. 6, comma 1, lettera b), della l. n. 241 del 1990 (secondo quanto espresso da questa Sezione con la sentenza 22 febbraio 2019, n. 1236).
Ritiene il Collegio, dunque, che l’interpretazione del principio di cui al menzionato art. 6, debba avvenire in modo coerente con i principi comunitari. Deve trovare applicazione, pertanto, la regola espressa dall’art. 4 del regolamento n. 809/2014 della Commissione europea, evocato dal primo giudice, che consente la correzione di errori palesi.
Nella specie, infatti, non solo l’attestazione di validazione era sottoscritta anche dai progettisti, ing. Roberto Pignatelli e Danilo Di Nardi, ma anche la relazione di verifica (doc. 10 del fascicolo di primo grado dell’originaria ricorrente) risultava sottoscritta dagli stessi.
Con deliberazione n. 124 del 22 agosto 2017, “a seguito della verifica da parte della società S.G.S. srl di Roma del 09/08/2017 e della validazione del rup. ing. Lucio Rea in data 21.08.2017” il commissario del Consorzio approvava il progetto esecutivo (v. doc. 21 del fascicolo di primo grado della ricorrente).
Tali atti erano tutti allegati alla domanda.
Ne discende che non si pone - a differenza di quanto dedotto dall’Amministrazione – un problema di paternità della scrittura privata.
L’errore in cui è incorso il Consorzio, nel non depositare un progetto firmato dai progettisti, si manifesta, nella valutazione complessiva e concreta della documentazione allegata alla domanda, con evidenza “palese” ed in buona fede, e tale da poter essere superato dalla successiva correzione, secondo quanto previsto, anche alla luce della disciplina nazionale, di cui all’art. 6, l. n. 241 del 1990”.
Da quanto detto discende che, seppur parte della giurisprudenza ritenga che il progetto debba sempre essere sottoscritto dai professionisti che l’hanno redatto, ove dal complesso della documentazione presentata si evinca con lampante evidenza la paternità del progetto si può ricorrere all’art. 4 del regolamento n. 809/14 UE circa la correzione degli errori palesi.
Avv. Riccardo Rotigliano
Consiglio di Stato, A.P., sent. n. 8/2019: offerta più vantaggiosa obbligatoria anche per gli appalti di servizi standardizzati.
Usare il criterio dell'offerta più vantaggiosa, evitando dunque di basarsi solo sul prezzo, è obbligatorio anche per assegnare le gare di servizi standardizzati. È questo il principio stabilito dalla sentenza in commento.
Le difficoltà di interpretazione nascono intorno a due diversi punti dell'art. 95 del codice. Da una parte si stabilisce che i servizi ad alta intensità di manodopera devono sempre essere affidati all'offerta economicamente più vantaggiosa. Dall'altra che servizi e forniture standardizzati possono essere affidate anche con il criterio del minor prezzo. Che succede se un servizio possiede entrambe le caratteristiche (alta intensità di lavoro e soluzioni standard)? Secondo l'Adunanza Plenaria vince il principio generale, cioè l'obbligo di assegnazione con criteri di qualità, oltre che di sconto sul prezzo.
Bisogna, comunque, segnalare che col decreto legge n. 32/19 (c.d. Sbocca Cantieri) è stato introdotto il co. 9-bis all’art. 36, quest’ultimo concernente gli appalti sotto soglia. A lume del nuovo comma “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 95, comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del criterio del minor prezzo ovvero, previa motivazione, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.
Pertanto, col citato decreto è stato ribaltato il precedente orientamento che vedeva il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa come il criterio principale attraverso il quale aggiudicare gli appalti, lasciando a quello del minor prezzo un ruolo marginale e limitato a determinate ipotesi. Peraltro, tale nuova norma pare porsi in contrasto col co. 5 dell’art. 95 del Codice, a mente del quale “le stazioni appaltanti che dispongono l’aggiudicazione ai sensi del comma 4 (minor prezzo) ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta”.
Avv. Giuseppe Acierno
Niente esclusione dalla gara per inadempimenti di terzi.
Le innovazioni al Codice degli Appalti in tema di penali da ritardo (art. 113-bis del d.lgs. n. 50/2016, modificato dall’art. 5 della l. europea n. 37/2019), avranno effetti anche sulle cause di esclusione dalle gare pubbliche.
La legge europea riguarda le sanzioni per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, imponendo proporzionalità ai giorni di ritardo ed all’importo del contratto. Di fatto, tuttavia, l’innovazione incide anche sulle cause di esclusione dalle gare, perché l’art. 80, co. 5 lett. c-ter, del d.lgs. n. 50/2016 prevede un’esclusione automatica delle imprese che abbiano subito penali per inadempimenti. Imponendo proporzionalità alle penali contrattuali, si limita, di fatto, anche il potere di esclusione da parte della pubblica amministrazione.
Il tema è stato approfondito di recente dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2794/19, relativa a un appalto per smaltimento rifiuti: un’impresa era stata esclusa da una gara per non aver dichiarato precedenti sanzioni contrattuali, cioè penali economiche subite nell’esecuzione di un precedente, analogo contratto per smaltimento rifiuti.
L’omessa dichiarazione di questa irregolarità aveva causato in modo automatico l’esclusione dalla gara successiva. Secondo il Consiglio di Stato, però, non basta aver subito una penale contrattuale per essere ritenuti inidonei, soprattutto se mancano altri elementi significativi o sintomi di gravi errori professionali.
Questo perché un inadempimento può derivare anche da comportamenti di soggetti terzi o da eventi esterni. Ad esempio, non è causa di esclusione da successivi rapporti contrattuali, nel settore dello smaltimento rifiuti, il mancato raggiungimento di una predeterminata percentuale di raccolta differenziata (Consiglio di Stato, sent. n.1346/2018).
Secondo i giudici, inoltre, la pattuizione di una clausola penale non sottrae il rapporto alla disciplina generale delle obbligazioni, che esclude la responsabilità del debitore quando costui prova che l’inadempimento, o il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione, siano stati determinati dall’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore (ad esempio, per caso fortuito).
Inoltre, l’importo delle penali deve essere significativo, valutando la gravità dell’inadempimento con il metro adottato nelle Linee Guida ANAC, che danno rilevanza a penali di importo superiore all’1% dell’importo del contratto.
Oggi l’art. 5 della l. europea 37/2019 prevede penali giornaliere tra lo 0,3/1000 e l’1/1000 dell’importo contrattuale, senza poter superare, complessivamente, il 10% dell’importo del contratto; ma solo dall’1% in su la penale contrattuale, secondo il Consiglio di Stato, influisce sulle gare successive.
Avv. Giuseppe Acierno