RUBRICA DI AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE MAGGIO 2018
Delibera ANAC n. 416/2018: la stazione appaltante deve essere messa al corrente di tutti i fatti astrattamente idonei a minare l'affidabilità dei concorrenti.
Non spetta all'impresa, ma solo alla stazione appaltante valutare se la condanna inflitta al concorrente è tale da metterne in dubbio la sua affidabilità e dunque vada o meno sanzionata con l’esclusione dalla gara. Per questo, il professionista che omette di autodichiarare con il DGUE l'arrivo di una sentenza definitiva di condanna deve essere escluso dal pubblico incanto.
È l'indirizzo offerto dall'Autorità Anticorruzione con la risposta a un parere di precontenzioso (delibera n. 416 del 2 maggio 2018) relativo al delicatissimo tema dell'esclusione per “gravi illeciti professionali”, cioè le macchie sul curriculum del professionista (o dell’impresa) che la stazione appaltante può prendere in considerazione per valutare l'integrità e i comportamenti passati dei partecipanti e, dunque, escluderli dalle gare per evitare di mettere l'appalto in mani giudicate poco affidabili.
Nel caso di specie l'impresa e la stazione appaltante hanno chiesto all'ANAC se la mancata indicazione di una condanna penale per omicidio colposo da parte di uno dei dirigenti principali dell'impresa avrebbe dovuto essere sanzionata con l'esclusione. Nel merito la condanna, resa definitiva dall'intervento della Cassazione, riguarda una sentenza per omicidio colposo “motivata dal mancato controllo della sicurezza dei luoghi (Forte Belvedere a Firenze) le cui aree esterne erano affidate in concessione” alla società “per l'organizzazione di attività di intrattenimento e, in particolare, per non avere predisposto le adeguate misure di sicurezza che tenessero gli spettatori distanti dai camminamenti e dai parapetti esterni della struttura”.
Ricostruita la normativa, il contenuto delle Linee guida n.6 che l'Autorità ha dedicato proprio a questo tema e i fatti, il presidente dell'ANAC spiega che “la valutazione della sussistenza di gravi illeciti professionali tali di integrare la causa di esclusione è sottratta all'operatore economico ed è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante”, che deve accertane la consistenza aprendo un contraddittorio con l'impresa. A questo scopo, “la stazione appaltante deve essere posta nella condizione di conoscere tutti i fatti astrattamente idonei ad integrare la causa di esclusione”. Dunque, la dichiarazione sostitutiva resa tramite DGUE deve avere “ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l'integrità o l'affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico». Cantone ricorda che anche i giudici amministrativi hanno volte ribadito che «il concorrente non può operare alcun filtro nell'individuazione dei precedenti penali valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell'ammissione della procedura di gara, in quanto tale potere spetta esclusivamente alla stazione appaltante (Consiglio di Stato 5 settembre 2017 n. 4192)”.
In conclusione, “L'omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l'applicazione dell'art. 80, comma 1, lett. f-bis) del codice e dunque determinano l'esclusione dalla gara del concorrente per avere presentato nella procedura di gara in corso dichiarazioni non veritiere”.
Avv. Giuseppe Acierno
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2853/2018: applicazione dell'articolo 42 del codice quando supera le eccezioni dell'articolo 24, comma 7.
Il progettista con il doppio incarico di consulente dell'impresa concorrente e progettista firmatario del progetto esecutivo posto a base di gara giustifica l'esclusione dalla gara dell'operatore economico, ai sensi dell'art. 42 del Codice degli Appalti, che detta i principi che determinano le situazioni di conflitto di interesse.
È questa la conclusione dei Giudici della sezione V del Consiglio di Stato che si legge nella complessa ed estesa pronuncia in commento. La sentenza, peraltro, ripercorre e riafferma (anche richiamando precedenti pronunce) l'esatto confine tra le competenze di carattere tecnico-discrezionali riservate alla commissione di gara (insindacabili in sede giurisdizionale), e le competenze del giudice, che attengono “difetti palesi che rendano la scelta tecnica abnorme o gravemente inadeguata ovvero quando riguardi elementi specifici componenti l'offerta, autonomamente valutabili e da ritenersi essenziali”.
Il cuore della pronuncia sta nell’interpretazione delle cause di esclusione in presenza di casi di conflitto di interesse richiamati dall'art. 42 del citato, senza che possano applicarsi le eccezioni indicate nell'art. 24 del Codice (progettazione interna della PA) nell'ultimo periodo del co. 7, relativamente ai casi di collegamento o controllo tra progettista che ha lavorato per la PA e l'operatore economico che partecipa alla gara.
I giudici di Palazzo Spada affermano che “il progettista, già incaricato della stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, che sia stato indicato, nell'offerta tecnica di un operatore economico concorrente per l'affidamento dell'appalto dei lavori, quale consulente esterno dell'aggiudicatario, in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, è in posizione di incompatibilità ai sensi dell'art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche se non è legato all'aggiudicatario da un rapporto di dipendenza o di subordinazione … Una diversa lettura finirebbe per rendere più che agevole l'elusione dei divieti di cui all'art. 24, comma 7, mediante la partecipazione alla gara di enti dotati di personalità giuridica distinta da quella dei progettisti o dalla persona fisica dei progettisti, ove fosse consentito attribuire nella sostanza a questi ultimi un ruolo comunque rilevante in fase di esecuzione dei lavori … Conseguentemente spetta all'operatore economico aggiudicatario dimostrare che l'esperienza acquisita nell'espletamento dell'incarico di progettazione dal suo consulente esterno non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara”. Tale prova, come viene estesamente illustrato nella pronuncia, «non può dirsi raggiunta». La stazione appaltante, aggiungono i Giudici, avrebbe dovuto accorgersi per tempo di questa situazione. “Si è in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti di una situazione di incompatibilità, che sarebbe stato onere della stazione appaltante ed, ancor di più, dell'aggiudicataria confutare, fornendo la prova contraria richiesta dall'art. 24, comma 7”.
I Giudici rintracciano l'origine della situazione di palese conflitto di interessi in cui si trova il professionista nella doppia veste di firmatario del progetto esecutivo e consulente dell'impresa concorrente all'appalto di lavori. Il bando, infatti, tra le altre cose, statuisce che le soluzioni progettuali migliorative proposte sulla base del progetto esecutivo redatto dall'impresa saranno “validate in contraddittorio con il progettista dell'opera. Le stesse diverranno fonte di obbligo contrattuale. Ai fini della validazione la stazione appaltante potrà richiedere al concorrente, senza onere aggiuntivo per la stessa committenza, elaborati grafici e tecnici esplicativi delle migliorie proposte nonché approfondimenti e specificazioni delle stesse”. In altre parole, dal bando di gara emergeva in prospettiva il paradosso per cui, non solo il progettista/collaboratore si trova a svolgere un doppio ruolo - quello di progettista della PA e quella di consulente incaricato dall'impresa - ma avrebbe potuto trovarsi nella situazione di ingaggiare l'impossibile contraddittorio tecnico con se stesso.
Avv. Riccardo Rotigliano
Criterio del massimo ribasso al posto di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il Consiglio di Stato dice no all’obbligo di immediata impugnativa del bando.
L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha detto no alla richiesta di obbligare le imprese (o i professionisti) a contestare immediatamente il criterio di aggiudicazione individuato nel bando di gara, così come tutte le altre clausole “procedurali” ritenute illegittime dai concorrenti.
Piuttosto che ridurre i casi di contenzioso una soluzione simile finirebbe per alimentare la vocazione al ricorso, frammentando ancor di più le procedure di definizione delle controversie negli appalti che, già oggi, si dividono tra un rito superaccelerato (obbligo di contestare immediatamente i provvedimenti di ammissione/esclusione) e ordinario. Dunque, tutto resta invariato, con la possibilità di obiettare in giudizio la scelta dei criterio di aggiudicazione al momento della definizione della graduatoria.
Al centro della questione, definita con la sentenza n. 4/2018, c'era il ricorso di un'impresa che contestava alla stazione appaltante di aver scelto il criterio di aggiudicazione al massimo ribasso in una gara che prevedeva, a suo modo di vedere, un servizio di natura complessa e dunque da aggiudicare con l'offerta più vantaggiosa. La vicenda è finita davanti all'Adunanza Plenaria.
I quesiti più importanti riguardavano:
1) la possibilità di stabilire una nuova tagliola per i ricorsi introducendo l'obbligo di contestare subito i criteri di aggiudicazione e le altre clausole del bando, di tipo procedurale, senza, cioè, riflessi sull'ammissione alla gara dell'impresa, che invece già oggi impone la contestazione immediata;
2) l'idea di allargare anche alle imprese che non hanno partecipato alla gara la possibilità di proporre ricorso in questi casi.
L'Adunanza Plenaria ha detto no a tutte e due le domande, con un'articolatissima sentenza che passa in rassegna il vecchio e nuovo quadro normativo per motivare la propria scelta.
Per contestate i criteri di aggiudicazione, “così come le altre clausole del bando che non rivestono certa portata escludente” dei potenziali concorrenti, bisogna aspettare “l'atto conclusivo della procedura di gara”. Ciò perché, in disparte i probabili effetti di ulteriore inflazione del contenzioso, per il massimo giudice amministrativo l'interesse dell'impresa a gareggiare sotto la tutela di un bando perfettamente a norma di legge deve essere considerato recessivo rispetto all'interesse di questi ad ottenere l'aggiudicazione, e che, ove eventualmente resosi aggiudicatario, l'operatore non avrebbe alcun interesse a contestare una lex specialis che comunque gli ha attribuito il bene della vita cui aspirava.
In definitiva, la possibilità di aggiudicarsi il contratto per chi partecipa a un appalto è di sicuro più importante della legittimità formale del bando. Imporre di contestare subito le clausole ritenute illegittime, nell'incertezza di risultare poi anche aggiudicatario della commessa, rischierebbe da una parte di avere impatti negativi sulla partecipazione alla gara e dall'altra di aumentare il contenzioso.
Avv. Riccardo Rotigliano