RUBRICA DI AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE LUGLIO 2018
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2853/2018: va esclusa l’aggiudicataria che si è avvalsa del professionista che ha redatto il progetto posto a base di gara.
Deve essere esclusa l'aggiudicataria, per conflitto di interessi ex art. 42, del d.lgs. n. 50/16, che si sia avvalsa del professionista che ha redatto il progetto posto a base di gara per conto della stazione appaltante, in quanto beneficerebbe di un indebito vantaggio competitivo rispetto a tutti gli altri concorrenti. Ciò, anche se l'attuale testo di legge non prevede espressamente questa ipotesi.
Questa conclusione trova riscontro nell'ampia portata della norma sul conflitto di interessi che attribuisce rilevanza ad ogni situazione di interesse, diretto od indiretto, di qualsivoglia natura, nonché a qualsivoglia posizione del soggetto in conflitto di interessi che gli consenta di influenzare il risultato dell'aggiudicazione. La norma va intesa, inoltre, come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, a salvaguardia della genuinità della gara da assicurare, non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente ivi previsti ma anche attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione.
Tale principio trova diretto riscontro nella recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2853/2018, a mente della quale “Deduce inoltre la violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto la duplice ed antitetica veste dell’ing. Fiou avrebbe posto B.G.F., che si è avvalsa del professionista, in una posizione di oggettivo squilibrio (a se favorevole) nei confronti degli altri concorrenti ed integrante violazione della par condicio; ancora, era previsto un considerevole punteggio (30 punti) per le proposte migliorative ed aggiuntive offerte dai concorrenti ed è dato di comune esperienza che il progettista è colui che meglio conosce le esigenze della committenza e gli obiettivi che vorrebbe conseguire con l’esecuzione dell’appalto, sicché non è dubitabile che il concorrente che disponga, fra i propri consulenti (ed a maggior ragione quale responsabile dei consulenti) il professionista che ha redatto il progetto posto a base di gara per conto della stazione appaltante benefici di un indebito vantaggio competitivo rispetto a tutti gli altri concorrenti. Dopo avere esemplificato tale assunto facendo riferimento alla prima parte della relazione generale di progetto di B.G.F. e ad una parte delle migliorie offerte, l’appellante conclude nel senso che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
Il motivo è fondato.
Il comma 7 dell’art. 24 del d.lgs. n. 50 del 2016 riproduce le incompatibilità previste dall’art. 90, comma 8 e 8 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, stabilendo che gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti o delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione, e prevedendo che il divieto non si applica “laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l’esperienza acquisita nell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori”.
Si estende perciò alla norma attualmente vigente l’interpretazione seguita, riguardo alle corrispondenti previsioni del d.lgs. n. 163 del 2006, dalla prevalente giurisprudenza, la quale ha affermato, tra l’altro, che:
- la disciplina è espressione di un principio generale in forza del quale ai concorrenti ad una procedura di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione deve essere riconosciuta un’omogenea posizione, ex se implicante la più rigorosa parità di trattamento, dovendo comunque essere valutato se lo svolgimento di pregressi affidamenti presso la stessa stazione appaltante possa aver creato, per taluno dei concorrenti stessi, degli speciali vantaggi incompatibili con i principi - propri non soltanto dell’ordinamento italiano, ma anche di quello comunitario - di libera concorrenza e di parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, IV, 23 aprile 2012, n. 2402);
- la ratio dell’art. 90, comma 8, va individuata nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore-esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla P. A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati. Se le posizioni di progettista e di appaltatore -esecutore dei lavori coincidessero vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un “progetto su misura” per una impresa alla quale l’autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell’aggiudicazione dell’appalto (cfr. Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656; id., 2 dicembre 2015, n. 5454).
Nel caso di specie l’appellante assume che rilevi altresì l’art. 42 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Esso, che non ha un diretto precedente nel d.lgs. n. 163 del 2006, recepisce gli artt. 24 della direttiva 2014/24/UE, 42 della direttiva 2014/25/UE e 35 della direttiva 2014/23/UE, espressione della volontà di creare meccanismi di prevenzione dei fenomeni corruttivi anche mediante l’individuazione e la regolazione delle situazioni di conflitto di interessi (cfr. Corte Giust. UE, 12 marzo 2015, C- 538/131).
Sebbene si tratti di una norma di programma, non immediatamente prescrittiva di obblighi e sanzioni, è tuttavia significativo che affidi alle stazioni appaltanti il compito e la responsabilità di prevedere “misure adeguate”, al fine, tra l’altro, di “prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”.
Né il legislatore euro-unitario, né quello interno hanno identificato gli strumenti (“misure adeguate”) di cui le stazioni appaltanti si potranno servire: non vi è dubbio che, in linea di massima, si tratterà di strumenti a portata generale e preventiva (piani anticorruzione, regolamenti di condotta e così via); ma è da ritenere che l’eventuale fallimento dello strumento preventivo debba indurre l’amministrazione aggiudicatrice ad adottare misure riparatorie, volte ad impedire che eventuali distorsioni della concorrenza già prodottesi vengano portate ad ulteriori conseguenze con definitiva lesione della parità di trattamento tra i concorrenti.
Il secondo comma definisce il conflitto di interessi rilevante a questi fini (prevedendo, in particolare, che la fattispecie si concretizzi quando il personale di una stazione appaltante che possa influenzare, in qualsiasi modo, il risultato di un’aggiudicazione, “ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione” ed il quarto comma lo estende alla fase di esecuzione dei contratti pubblici.
Secondo le parti appellate si tratterebbe di norma a rilevanza “interna”, non applicabile alla fattispecie qui in considerazione, perché l’ing. Fiou non è mai stato dipendente della Monterosa S.p.A. Siffatta interpretazione non tiene conto dell’estensione che il secondo comma - recependo la previsione delle direttive che si riferisce anche al prestatore di servizi che interviene per conto dell’amministrazione aggiudicatrice - fa al “prestatore di servizi”: nella previsione normativa certamente rientra il progettista esterno incaricato dalla stazione appaltante della redazione del progetto posto a base di gara il quale - per le più varie ragioni - abbia un interesse personale all’aggiudicazione in favore di un determinato operatore economico e sia in grado di condizionare tale aggiudicazione. Per questo aspetto, è indubitabile il collegamento tra la norma in commento e l’art. 24, comma 7, del quale si è già detto.
Quanto poi al mancato intervento dell’ing. Fiou nella procedura di aggiudicazione - poiché, in effetti, egli non ne ha predisposto alcun atto né ha fatto parte della commissione giudicatrice - viene in rilievo la fattispecie alternativa configurata dall’art. 42, su menzionata, vale a dire la possibilità di “influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato”: l’ampia portata della norma consente di ricomprendere nel suo ambito di applicazione tutti coloro che, anche senza averne titolo, e con qualsiasi modalità, e non necessariamente per conto della stazione appaltante, senza intervenire nella procedura, ma, anche dall’esterno, siano in grado di influenzarne il risultato.
Quanto all’interesse rilevante per l’insorgenza del conflitto, la norma, come rileva l’appellante, va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, a salvaguardia della genuinità della gara da assicurare (non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente previsti dal terzo comma, ma anche) attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione (cfr. Cons. Stato, V, 11 luglio 2017, n. 3415).
Peraltro, quando la situazione di conflitto non sia altrimenti risolvibile, l’art. 80, comma 5, lett. d) dello stesso codice prevede, come extrema ratio, che sia l’operatore economico a sopportarne le conseguenze con l’esclusione dalla partecipazione alla procedura d’appalto.
Il quarto comma dell’art. 42, infine, impone alla stazione appaltante un obbligo di vigilanza, sia in fase di aggiudicazione che in fase di esecuzione, specificamente in riferimento al rispetto dell’obbligo di astensione, ma è da ritenere che esso si estenda a tutte le possibili misure che possano ancora essere prese per prevenire o porre rimedio al conflitto.
Nel caso di specie, si ha che:
- non può essere in discussione la funzione dell’ing. Fiou di progettista dell’opera, avendo redatto, per conto della Monterosa S.p.A., unitamente al dott. Ceriani (il quale è un dottore forestale) il progetto esecutivo posto a base di gara, e non essendo decisivo che - come sottolinea l’appellata e come indicato nell’art. 1 n. 3 del bando di gara - la progettazione risulti redatta dallo Studio Ceriani di Charvensod (AO);
- l’ing. Fiou è indicato nell’offerta dell’aggiudicataria come “Responsabile del team consulenza tecnica”, destinato ad operare nella fase esecutiva dell’appalto;
- l’ing. Fiou non ha predisposto gli atti di gara né ha partecipato alla procedura di aggiudicazione e non risulta aver materialmente redatto o partecipato alla redazione dell’offerta tecnica di B.G.F. ;
- vi è una previsione del bando che demanda al progettista di valutare le soluzioni migliorative proposte dall’aggiudicatario, in caso di richiesta della stazione appaltante.
Le argomentazioni difensive della Monterosa S.p.A. e della B.G.F. si basano, in primo luogo, sul fatto che l’ing. Fiou non è dipendente di alcuna impresa partecipante al r.t.i. aggiudicatario e che nell’organigramma dell’offerta tecnica è stato indicato come collaboratore esterno, per la fase esecutiva, non come progettista incaricato o responsabile di un team di progettazione.
Tale argomento non è decisivo per escludere l’applicabilità dell’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016.
E’ vero che la lettera della norma è nel senso indicato dalle appellate, in quanto stabilisce il divieto per “gli affidatari degli incarichi di progettazione” di essere, a loro volta e personalmente, “affidatari degli appalti”.
E’ vero altresì che il testo dell’originario art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006, che ne costituisce l’immediato precedente, prevedeva che gli affidatari degli incarichi di progettazione non potessero “partecipare agli appalti” e che venne modificato con l’art. 20, comma 1, della legge n. 161 del 2014 nel testo poi trasfuso nell’attuale art. 24, comma 7.
Tuttavia, a questa vicenda normativa non conseguono affatto né l’irrilevanza dell’elaborazione giurisprudenziale formatasi sul testo precedente, né la necessaria interpretazione restrittiva sostenuta dalle appellate.
L’intento del legislatore del 2014 fu quello di coordinare la previsione del comma 8 con la previsione, contestualmente introdotta, del (nuovo) comma 8 bis. Quest’ultima è ora inserita nell’ultimo inciso dell’art. 24, comma 7, e consente al soggetto, che si trovi in una situazione che potrebbe astrattamente dare luogo ad incompatibilità, di fornire la prova contraria dimostrando “che l’esperienza acquisita nell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori”.
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La questione può essere riassunta nel quesito se l’incompatibilità dell’art. 24, comma 7, si ponga soltanto tra affidatario dell’incarico di progettazione ed affidatario dell’appalto di lavori per cui ha svolto progettazione (generalmente in RTI), ovvero si estenda al progettista che, pur non avendo partecipato alla gara quale concorrente o quale soggetto ausiliario o cooptato, sia tuttavia investito, da parte dell’operatore economico aggiudicatario, in forza di un rapporto di dipendenza o di collaborazione intrattenuto con quest’ultimo, di attività inerenti lo svolgimento dei lavori appaltati, indicate nell’offerta tecnica.
Malgrado l’attuale testo di legge non preveda espressamente questa ipotesi, la Sezione è dell’avviso che essa ricada nei divieti ivi contemplati.
In primo luogo, è significativo che i rapporti di dipendenza e di collaborazione rilevino se riferiti al progettista, in quanto i divieti “sono estesi ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai lori dipendenti”. Identica ratio legis sorregge l’estensione del divieto all’operatore economico affidatario che, avvalendosi dell’apporto del progettista, come dipendente o collaboratore, si conquisti una situazione di vantaggio idonea ad alterare la par condicio dei concorrenti.
Questa conclusione trova riscontro nell’ampia portata della norma sul conflitto di interessi, che, come detto, attribuisce rilevanza ad ogni situazione di interesse, diretto od indiretto, di qualsivoglia natura, nonché a qualsivoglia posizione del soggetto in conflitto di interessi che gli consenta di influenzare il risultato dell’aggiudicazione.
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Giova aggiungere che la mancanza di un legame contrattuale attuale di dipendenza del progettista da una delle imprese del r.t.i. aggiudicatario - su cui pure insiste la Monterosa S.p.A. - è priva di significato, sol che si consideri che la pianificata e, per certi versi, indispensabile attività di consulenza dell’ing. Fiou non potrebbe non comportare un legame di natura contrattuale tra lo stesso r.t.i. aggiudicatario ed il libero professionista obbligato a fornire la propria prestazione d’opera intellettuale secondo quanto indicato già in fase di offerta (che, peraltro, nel caso di specie trova riscontro nella proposta di contratto inviata dall’ing. Fiou a B.G.F. prodotta nel primo grado di giudizio: allegato al doc. 19).
In conclusione deve riconoscersi che il progettista, già incaricato della stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, che sia stato indicato, nell’offerta tecnica di un operatore economico concorrente per l’affidamento dell’appalto dei lavori, quale consulente esterno dell’aggiudicatario, in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, è in posizione di incompatibilità ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche se non è legato all’aggiudicatario da un rapporto di dipendenza o di subordinazione.
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Tuttavia, il vantaggio rilevante ai fini dell’alterazione del meccanismo concorrenziale che la norma dell’art. 24, comma 7, mira ad impedire, è quello che venga speso nell’espletamento della gara, quando il concorrente si sia potuto avvalere dell’apporto di conoscenze e di informazioni del progettista, al fine di predisporre un’offerta tecnica meglio rispondente alle esigenze ed agli obiettivi della stazione appaltante.
In tale ottica, i detti deliberati della commissione di gara, in quanto evidentemente finalizzati a rimuovere una conclamata situazione di conflitto di interessi, sono altresì rivelatori del ruolo determinante da attribuirsi all’operato dell’ing. Fiou, su incarico e per conto della committenza.
Trattandosi del soggetto deputato a dirigere il team di consulenti dell’aggiudicataria, egli è altresì a pieno titolo coinvolto nell’esecuzione dei lavori da lui stesso progettati, sì da aver potuto mettere a disposizione le conoscenze e le informazioni possedute come progettista anche per la redazione della relazione generale di progetto e per l’ideazione e la predisposizione delle soluzioni migliorative, pur senza aver sottoscritto le diverse parti dell’offerta tecnica; tanto più che sarebbe stato destinato ad assumere un ruolo determinante proprio nell’esecuzione di tali opere migliorative, per previsione della lex specialis, destinate ad essere validate dalla stazione appaltante proprio con il suo contributo”.
Avv. Giuseppe Acierno
TAR Piemonte, sez. I, n. 704/2018: Per gli RTI è sempre valido il principio della corrispondenza tra qualificazione e quote di esecuzione - anche se il bando non lo prevede.
Per i raggruppamenti temporanei di imprese che partecipano alle gare per l'affidamento di appalti di servizi vige, anche nel rinnovato quadro normativo conseguente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, il principio della corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione delle prestazioni. Tale principio opera anche in mancanza di un'esplicita previsione in tal senso nei documenti di gara.
Sono queste le affermazioni contenute in una interessante pronuncia del TAR Piemonte, sez. I, n. 704/2018, che affronta il tema delle regole che governano il sistema di qualificazione dei raggruppamenti temporanei alla luce delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 50/16.
Nel caso di specie, un ente appaltante aveva svolto una procedura negoziata per l'affidamento della gestione dei servizi bibliotecari. Da tale procedura veniva escluso un raggruppamento temporaneo in ragione del mancato possesso in capo a una mandante dei necessari requisiti di qualificazione. In particolare l'ente appaltante aveva riscontrato un deficit di qualificazione della mandante in relazione alla quota del servizio che la stessa si era impegnata a svolgere.
A causa dell'esclusione il raggruppamento interessato proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. A fondamento del ricorso veniva evidenziato che, in mancanza di un'esplicita previsione in senso contrario contenuta negli atti di gara, i requisiti di qualificazione dovevano essere posseduti dal raggruppamento nella sua globalità. In sostanza, il provvedimento di esclusione doveva considerarsi illegittimo, in quanto ciò che deve rilevare ai fini della partecipazione alla gara è che il raggruppamento nel suo complesso sia in possesso dei requisiti di qualificazione richiesti, senza che possa assumere importanza il fatto che singoli componenti dello stesso siano singolarmente carenti dei requisiti nella misura corrispondente alla quota di prestazioni che si sono impegnati ad eseguire.
A fronte della censura mossa il giudice amministrativo ricorda, in primo luogo, come le nuove norme introdotte dal Codice degli Appalti attribuiscano agli enti appaltanti la facoltà di determinare in sede di gara la misura dei requisiti di qualificazione da richiedere ai componenti del raggruppamento (mandataria e mandanti). Nel caso di specie tale facoltà non è stata esercitata; di conseguenza si tratta di stabilire quali siano le conseguenze ai fini della qualificazione del raggruppamento nell'ipotesi in cui il bando di gara nulla dica al riguardo.
Secondo un primo orientamento negli appalti di servizi non opererebbe il principio di corrispondenza tra requisiti di qualificazione, quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione delle prestazioni. In particolare, nessuna norma specifica prevede che i requisiti di qualificazione debbano essere correlati alle quote di esecuzione, cosicché se il bando di gara nulla prevede non è legittimo richiedere la qualificazione in una determinata misura ai singoli componenti del raggruppamento. Né assume rilievo in senso contrario la previsione contenuta all'art. 48, co. 4, del Codice che impone di indicare le parti del servizio che saranno eseguite dai singoli componenti del raggruppamento. Secondo questa tesi si tratta, infatti, di un mero obbligo informativo da cui tuttavia non può in alcun modo derivare che le imprese raggruppate devono partecipare al raggruppamento in misura corrispondente alle parti del servizio che hanno dichiarato di eseguire.
Questa linea interpretativa arriva anche all'affermazione di un principio di notevole impatto, secondo cui la garanzia della corretta esecuzione del contratto sarebbe recessiva rispetto all'esigenza di derivazione comunitaria volta ad assicurare la più ampia partecipazione alle gare. Quest'ultima esigenza, infatti, sarebbe più agevolmente soddisfatta non ponendo alcun vincolo alle modalità di composizione e di qualificazione del raggruppamento temporaneo.
A fronte di questo orientamento se ne contrappone un altro di segno opposto. In base ad esso anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/16 (che non contiene alcuna specifica previsione in tal senso) vige il principio di corrispondenza tra requisiti di qualificazione delle singole imprese raggruppate e quote di esecuzione delle prestazioni. Questo principio va a colmare un vuoto legislativo ed è espressione, a sua volta, di un principio ancora più generale secondo cui deve considerarsi immanente al sistema degli appalti pubblici che ogni impresa esecutrice, a qualsiasi titolo, di determinate prestazioni debba possedere la qualificazione commisurata alle prestazioni stesse. In sostanza le imprese raggruppate devono essere qualificate in relazione alle prestazioni che sono chiamate ad eseguire, in caso contrario, infatti, si consentirebbe che l'esecuzione di tali prestazioni possa avvenire ad opera di un soggetto non qualificato, con un'evidente vulnus del sistema.
Il TAR Toscana ha aderito a questa seconda tesi. In particolare, sottolinea come a sostegno della stessa si ponga la previsione di cui all'art. 48, co. 4, che impone ai raggruppamenti di indicare in sede di offerta le parti del servizio che saranno eseguite da ciascun componente del raggruppamento. Questo obbligo di indicazione ha un senso solo se viene considerato funzionale alla verifica delle capacità imprenditoriale delle singole imprese, verifica che a sua volta implica il riscontro dei requisiti di qualificazione posseduti da queste ultime.
Secondo questa tesi, anche se le nuove norme del d.lgs. n. 50/16 non richiedono più, in maniera esplicita, la corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione delle prestazioni, è comunque necessario che la singola impresa raggruppata abbia una qualificazione idonea all'esecuzione della parte di appalto che è stata indicata nell'offerta come di sua competenza. La ragione fondamentale a sostegno di tale tesi è che la stazione appaltante deve essere messa in grado di verificare l'affidabilità degli operatori economici chiamati ad eseguire le prestazioni e per fare ciò non può che fare riferimento ai requisiti di qualificazione da essi posseduti. Né si può ammettere che questa legittima esigenza possa essere superata in virtù del principio della massima apertura al mercato, giacché detto principio non può estendersi fino al punto da mettere in pericolo la corretta esecuzione dell'appalto. D'altronde se non si ritenesse vigente il principio della corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione si consentirebbe al raggruppamento temporaneo di concludere degli accordi interni totalmente disancorati dalla reale capacità imprenditoriale dei singoli componenti. Conclusione contraria ai principi generali dell'ordinamento dei contratti pubblici e a quelli che governano il relativo sistema di qualificazione. Né, a sostegno della tesi per cui non sarebbe necessaria alcuna corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione, può valere l'elemento incentrato sulla responsabilità solidale che fa capo alle imprese raggruppate, che sarebbe di per sé sufficiente a garantire l'ente appaltante.
Come correttamente rilevato dal giudice amministrativo, il principio di corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione e quello relativo alla responsabilità solidale delle imprese raggruppate operano su due piani distinti. Il primo si colloca a monte e vuole garantire la scelta di esecutori affidabili in un momento anteriore all'aggiudicazione, mentre il secondo agisce a valle ed ha l'unico effetto di assicurare una garanzia di natura risarcitoria la cui attivazione sta a dimostrare che la verifica precedente sull'affidabilità dei concorrenti non ha funzionato efficacemente. In questa logica trova piena spiegazione l'onere imposto ai raggruppamenti di imprese di indicare in sede di offerta le parti di servizio che saranno eseguite da ciascun componente. Tale onere è posto a presidio dell'effettività della qualificazione non solo del raggruppamento nel suo complesso, ma anche delle singole imprese raggruppate, e solo in quest'ottica trova la sua ragione di essere. Se così non fosse il suddetto onere si risolverebbe in un aggravio procedimentale privo di ogni logica, non garantendo alcuna possibilità di verifica sulla effettiva qualificazione delle singole imprese raggruppate.
Avv. Riccardo Rotigliano