RUBRICA DI AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE GIUGNO 2018
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2381/2018: una società tra professionisti non può usare i requisti di un associato per partecipare ad una gara pubblica.
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha sancito un importante principio in tema di appalti pubblici, a mente del quale “il partner associato (id est: l’associato in partecipazione) ad una società tra professionisti non può contribuire ad integrare i requisiti di partecipazione, di carattere tecnico – professionale ed economico – finanziario richiesti dal bando di gara alla società stessa che vi partecipa, se non attraverso la stipulazione di un contratto di avvalimento (o mediante l’attivazione delle altre forme di collaborazione previste dal codice dei contratti pubblici)”.
Nello specifico, la sentenza è stata resa in seno ad un appello in cui l’appellante chiedeva l’esclusione di una società di ingegneria perché, ai fini della comprova dei requisiti di capacità tecnico-professionale, aveva fato ricorso ai requisiti posseduti da un professionista associato (non socio).
L’Amministrazione al termine della gara aveva proceduto ad aggiudicare l’appalto alla società, ritenendo pienamente legittimo il concorrere dei requisiti dell’associato. Il raggruppamento secondo graduato, però, eccepiva l’illegittimità dell’aggiudicazione stante la carenza in capo alla società del predetto requisito, non potendo quest’ultima far ricorso ai requisiti posseduti da un soggetto estraneo alla compagine sociale.
Il TAR, in primo grado, non condividendo le censure avanzate dalla ricorrente rigettava il ricorso. In sede di appello, invece, i giudici di Palazzo Spada, fornendo una innovativa disamina della questione, hanno accolto l’appello.
A lume della sentenza in commento “La censura esaminata conduce ad affrontare la questione principale posta dal primo motivo di appello, vale a dire l’incidenza del ruolo rivestito dall’ing. Chianura nell’ammissione dell’aggiudicataria alla procedura, nonché nella valutazione dell’ offerta tecnica dello Studio Ancona & partners s.t.p..
L’appellante sostiene, al punto 1.2. dell’atto di appello, che la sentenza di primo grado avrebbe erroneamente riconosciuto all’associato di una società di professionisti di poter concorrere ad integrare i requisiti tecnico – professionali richiesti dal bando di gara per la partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica, e che, dunque, lo Studio Ancona & partners s.t.p. poteva dichiarare il possesso dei requisiti di capacità tecnica professionale ed economico – finanziari richiesti dall’art. 6 del bando confidando nel curriculum dell’ing. Chianura.
Tale conclusione, continua l’appellante, è in contrasto con l’art. 253, comma 15, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per il quale, per un periodo di cinque anni dalla costituzione, le società tra professionisti possono documentare il possesso dei requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi solo attingendo ai requisiti dei soci, se costituite in forma di società di persone o di società cooperativa, e dei direttori tecnici o dei professionisti dipendenti della società con rapporto a tempo indeterminato e con qualifica di dirigente o con funzioni di collaborazione coordinata e continuativa, qualora rivestano la forma di società di capitali. Sarebbe, dunque, escluso il ricorso ai requisiti posseduti dai meri associati alla società.
L’appellante rileva, poi, il contrasto anche con l’art. 10, comma 4, lett. c) l. 12 novembre 2011, n. 183 che, nel disciplinare le società di professionisti, prevede che l’esecuzione dell’incarico sia opera solamente dei soci.
Quest’ultima disposizione assume rilievo anche ai fini della censura esposta nel secondo motivo di appello, che per evidenti ragioni di connessione, deve essere esaminata congiuntamente.
Lamenta l’appellante che, in sede di valutazione dell’offerta tecnica, l’esperienza curriculare dell’ing. Chianura (e segnatamente, la circostanza che questi aveva progettato il PUG di Fragagnano, redatto di regolamento edilizio del PUG di Fragagnano e redatto di rapporto ambientale per la VAS del PUG di Fragagnano), ovvero di un associato e non di un socio, ha assunto rilevanza decisiva ai fini dell’attribuzione del punteggio allo Studio Ancona & partners s.t.p. che era risultato, per questa via, primo graduato.
I motivi sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
Va premesso l’esame dei rapporti intercorrenti tra l’ing. Chianura e lo Studio Ancona & Partners s.t.p..
La sentenza di primo grado si sofferma su tale profilo solo per evidenziare che l’associato fa parte a pieno titolo dell’organigramma sociale, senza che rivesta alcuna rilevanza la circostanza che abbia o meno il potere di uscire dalla compagine sociale.
Invero, l’ing Chianura riveste la posizione di “partner associato”; si tratta di qualifica espressamente prevista dallo Statuto della società versato in atti in questi termini: “I soci riconoscono la presenza, nella compagine dei professionisti della S.T.P., del Partener associato, senza diritto di voto nelle assemblee, nelle nomine, nelle decisioni relative all’andamento delle procedure di incarico e nella ripartizione delle spese, nonché nella firma degli elaborati, fatto salvo il concorso nella ripartizione degli utili per l’attività effettivamente da lui eseguita, pur svolgendo il ruolo professionale e tutti gli obblighi e i doveri rivenenti dall’appartenenza all’ordine professionale di competenza, concorrendo con il proprio curriculum alle referenze della società di professionisti, fermo restando i casi di incompatibilità previsti dal C.C. e dal Codice degli appalti. L’ammissione degli associati è decisa dai soci in assemblea ordinaria. In ordine agli aspetti contributivi e previdenziali gli Associati non hanno necessità di dichiarare la regolarità previdenziale in quanto non hanno titolo alla firma degli elaborati, avendo un rapporto di consulenza solo nei confronti della società e pertanto non accedono al conferimento diretto di incarichi da parte di soggetti terzi (pubblici e/privati) che conferiscono incarichi alla stessa società”.
Dalla disposizione statutaria si trae un convincimento diverso da quello espresso dalla sentenza impugnata: l’ing. Chianura si trova in una posizione assimilabile, più che al socio, all’associato in partecipazione di cui all’art. 2549 Cod.civ.
Rilevano in tal senso:
- l’espressa previsione per la quale l’associato partecipa alla ripartizione degli utili prodotti dall’attività che ha effettivamente espletato in cambio di un apporto che consiste principalmente in un’attività consulenziale (in conformità allo schema tipico del contratto di associazione in partecipazione come delineato dal primo comma dell’art. 2549 Cod. civ.);
- la gestione dell’affare (così come dell’attività societaria) è rimessa unicamente alla società associante (come previsto dall’art. 2552, comma 1, Cod. civ.);
- i limiti di partecipazione all’affare sono esattamente definiti, con, in particolare, l’impossibilità per l’associato di ottenere il conferimento diretto dell’incarico (come previsto dall’art. 2552, comma 2, Cod.civ.).
Così ricostruito il rapporto dell’ing. Chianura con la società tra professionisti, la questione da risolvere è se questi possa, con il proprio curriculum professionale, integrare i requisiti tecnico – professionali ed economico – finanziari di una società tra professionisti partecipante alla procedura in conformità a quanto richiesto dal bando di gara.
Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, il Collegio dà risposta negativa alla questione e proprio per le ragioni opposte a quelle individuate dal primo giudice.
L’evoluzione giurisprudenziale e normativa ha definito esattamente quali sono gli strumenti giuridici dei quali l’operatore economico, che intende partecipare ad una procedura per l’aggiudicazione di un appalto pubblico e che non sia in possesso di tutti i requisiti richiesti dall’amministrazione, può servirsi per ampliare le proprie competenze tecnico – professionali e capacità economico – finanziarie e poter così rispondere adeguatamente alla domanda proveniente dall’amministrazione appaltante.
Ferma restando la possibilità per gli operatori economici di associarsi secondo varie formule (i raggruppamenti temporanei, i consorzi temporanei o stabili, le aggregazioni di imprese nella forma del c.d. contratto di rete, il c.d. gruppo europeo di interesse economico, GEIE) l’apporto di un soggetto esterno all’operatore che ne ha bisogno per integrare i requisiti di partecipazione richiesti dal bando deve avvenire mediante lo strumento del contratto di avvalimento di cui all’art. 49 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (in vigore al momento dello svolgimento della procedura in esame).
Tale forma di collaborazione consente ad un operatore, che sia privo di elementi esperenziali o requisiti economici, di partecipare alle procedure di gara e, d’altra parte, garantisce adeguatamente l’amministrazione, sia nella fase genetica, potendo verificare documentalmente l’effettività dell’impegno dell’ausiliaria, sia nella fase esecutiva, condividendo ausiliata ed ausiliaria la responsabilità nell’esecuzione dell’appalto (comma 4 dell’art. 49 cit.: “Il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto”).
La sentenza impugnata non è quindi condivisibile laddove esclude l’utilizzazione del contratto di avvalimento, probabilmente per aver erroneamente premesso che il partner associato fa parte a pieno titolo della compagine societaria in ciò differenziandosi dall’ausiliaria rispetto all’ausiliata; è vero, invece, che il partner associato in partecipazione resta estraneo alla compagine societaria e contribuisce solo al singolo affare (tanto è che in dipendenza degli esiti di questo partecipa agli utili). La sua condizione è dunque del tutto assimilabile a quella dell’ausiliaria rispetto all’ausiliata in relazione alla singola procedura di gara.
È chiaro, poi, che, in mancanza delle condizioni di legge, non vi è spazio affinchè questo giudice possa riconoscere, in prevalenza della sostanza sulla forma, natura di avvalimento al rapporto intercorrente tra l’ing. Chianura e lo Studio Ancona & partners.
In definitiva, il partner associato (id est: l’associato in partecipazione) ad una società tra professionisti non può contribuire ad integrare i requisiti di partecipazione, di carattere tecnico – professionale ed economico – finanziario richiesti dal bando di gara alla società stessa che vi partecipa, se non attraverso la stipulazione di un contratto di avvalimento (o mediante l’attivazione delle altre forme di collaborazione previste dal codice dei contratti pubblici).
Per le esposte ragioni, la previsione della clausola statutaria, riportata al punto 13.2. secondo cui il partner associato può concorrere“con il proprio curriculum alle referenze della società di professionisti, fermo restando i casi di incompatibilità previsti dal C.C. e dal Codice degli appalti”, non ha rilevanza nei rapporti con i terzi e, certamente, non può intendersi nel senso che la società ha facoltà di integrare i requisiti di partecipazione richiesti dal bando di una procedura di gara, dei quali sia sprovvista, ricorrendo a quelli del partner associato.
La disposizione contenuta nell’art. 10 [Riforma degli ordini professionali e società tra professionisti], comma 4, lett. c), l. 12 novembre 2011, n. 183, poi, nel definire il contenuto necessario dell’atto costitutivo di società tra professionisti, stabilisce che occorre prevedere “criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta”; il legislatore ha, così, inteso affidare ai soli soci professionisti (con esclusione, dunque, delle altre figure professionali che eventualmente collaborano con la società) l’esecuzione dell’incarico acquisito dalla società.
Ciò induce a ritenere che, in una procedura per l’aggiudicazione di un contratto d’appalto, l’amministrazione, nel valutare le capacità tecniche della società tra professionisti così come esposte nell’offerta presentata, deve far conto solamente sul bagaglio professionale dei soci, poiché questi sono gli unici che saranno chiamati all’espletamento dell’incarico professionale.
Applicando le conclusioni raggiunte alla vicenda in esame se ne ha che la sussistenza dei requisiti di ammissione alla procedura dello Studio Ancona & Partners s.t.p. va verificata senza tener conto dell’apporto proveniente dall’associato ing. Chianura e, allo stesso modo, la valutazione dell’offerta tecnica da parte della Commissione va fatta senza tener conto della pregressa esperienza professionale del suddetto associato”.
Avv. Riccardo Rotigliano
Corte di Cassazione, sez. Civ. II, sent. n. 14293/2018: Sulla prestazione gratuita il professionista risponde all’Ordine, ma il contratto è comunque valido.
La Corte di Cassazione ribadisce la libertà, per architetti o ingegneri, di stipulare contratti in deroga alle tariffe di riferimento
Il compenso tra un architetto o un ingegnere e il committente è oggetto di libera contrattazione tra le parti, incluso il caso della rinuncia, da parte del professionista, al compenso. Pertanto, la mancata determinazione del compenso in base a tariffe di riferimento non può configurare la nullità del contratto.
Questi, in sintesi, i principi affermati dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento.
“Il primato della fonte contrattuale - si legge in uno dei passaggio chiave della pronuncia della Cassazione - impone di ritenere che il compenso spettante al professionista, ancorché elemento naturale del contratto di prestazione d'opera intellettuale, sia liberamente determinabile dalle parti e possa anche formare oggetto di rinuncia da parte del professionista, salva resistenza di specifiche norme proibitive che, limitando il potere di autonomia delle parti, rendano indisponibile il diritto al compenso per la prestazione professionale e vincolante la determinazione del compenso stesso in base a tariffe”.
Per quanto riguarda le conseguenze della riduzione del compenso (fino all’eventuale azzeramento), i giudici escludono che l’elemento del prezzo abbia a che fare con l’interesse generale della collettività o alla qualità dell’opera. L’unico elemento da valutare è in relazione alla comunità dei professionisti, rispetto ai quali il progettista che accetta incarichi gratuiti può essere, “in determinate circostanze”, semmai oggetto di provvedimenti da parte dell’Ordine di riferimento, ma nulla di più.
“Nella normativa concernente le professioni di ingegnere ed architetto - proseguono i giudici - manca una disposizione espressa diretta a sanzionare con la nullità eventuali clausole in deroga alle tariffe e, sul piano logico, le norme sull'inderogabilità dei minimi tariffari sono contemplate non a tutela di un interesse generale della collettività ma di un interesse di categoria, onde per una clausola che si discosti da tale principio non è configurabile il ricorso alla sanzione della nullità, dettata per tutelare la violazione d'interessi generali. Il principio d'inderogabilità è diretto a evitare che il professionista possa essere indotto a prestare la propria opera a condizioni lesive della dignità della professione (sicché la sua violazione, in determinate circostanze, può assumere rilievo sul piano disciplinare), ma non si traduce in una norma imperativa idonea a rendere invalida qualsiasi pattuizione in deroga, allorché questa sia stata valutata dalle parti nel quadro di una libera ponderazione dei rispettivi interessi”.
Avv. Giuseppe Acierno