RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE, N. 7/2021
Decreto semplificazioni: affidamento diretto ai soli operatori in possesso di pregressa esperienza.
Anche il servizio studi del Senato – nel tradizionale dossier che contiene una lettura delle modifiche apportate al d.l. n. 77/2021 e, in particolare, dalla legge di conversione 108/2021 – conferma il passaggio, in tema di affidamento diretto ex articolo 1, co. 2, lett. a), della l. n. 120/2020, a una assegnazione diretta “veicolata” dal legislatore dell'emergenza a operatori che abbiano già maturato esperienze, anche solo analoghe, a quelle oggetto dell'affidamento.
Il d.l. n. 77/2021, come noto, introduce una ulteriore modifica all'affidamento diretto emergenziale, prevedendo che, nei casi in cui l'importo del contratto risulti inferiore ai 139.000 euro (per servizi e forniture compresi i servizi tecnici), o ai 150.000 euro per i lavori, “la stazione appaltante procede all'affidamento diretto, anche senza consultazione di più operatori economici, fermi restando il rispetto dei principi di cui all'articolo 30 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
All'inciso in parola, la legge di conversione n. 108/2021 del d.l., prevede l'introduzione dell'ulteriore passaggio istruttorio che impone al RUP il rispetto dell'esigenza “che siano scelti soggetti in possesso di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento, anche individuati tra coloro che risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante, comunque nel rispetto del principio di rotazione”. Si tratta, pertanto, di una assegnazione che potrebbe dirsi ulteriormente "guidata" dal legislatore, che rende l'affidamento diretto, in questo modo, maggiormente spedito – limitando enormemente la stessa eventuale indagine di mercato informale e/o quella espletata su avviso pubblico - anche sotto il profilo della motivazione.
Non può non rilevarsi, infatti, che l'indicazione del legislatore di privilegiare – sempre facendo salva la rotazione – operatori economici che abbiano maturato esperienze, almeno analoghe, sull’appalto oggetto dell'assegnazione, riduce ulteriormente lo spazio da dedicare alla motivazione già, ampiamente ridotto dalla stessa giurisprudenza che ritiene, in tema, applicabili le precisazioni dell'ANAC. Si allude alle Linee Guida n. 4, in cui si precisa che la scelta dell'affidatario deve avere una motivazione limitata alla verifica del possesso dei requisiti.
La conferma sul fatto che il nuovo affidamento diretto "emergenziale" possa essere configurato come "veicolato" dal legislatore, quanto al potenziale beneficiario, emerge chiaramente, come anticipato, dal dossier del servizio studi del Senato.
Nella lettura delle norme del d.l. n. 77/2021 e della legge di conversione, testualmente, si evidenzia che “A seguito dell'approvazione di una modifica presso la Camera dei Deputati, si prevede che la scelta debba ricadere su soggetti in possesso di pregresse e documentate esperienze analoghe a quelle oggetto di affidamento, anche individuati tra coloro che risultano iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante, comunque nel rispetto del principio di rotazione”.
Non viene posto in dubbio, pertanto, che si è in presenza di una nuova, inedita, indicazione al RUP che, per quanto attiene al supporto motivazionale nell'assegnazione dell'appalto, ben potrebbe attingere alla indicata esigenza, ovvero che l'affidatario abbia già maturato esperienza nel settore oggetto dall'appalto.
L'affidamento diretto "emergenziale", che appare già rafforzato nella previsione del d.l. n. 77/2021, si arricchisce, dunque, di un ulteriore elemento istruttorio che lo rende ultra semplificato, visto che l'azione del RUP deve essere diretta solamente verso quegli operatori già contraenti, non solo della stessa stazione appaltante – fatta salva l'esigenza dell'alternanza e, quindi, il divieto di reiterare gli affidamenti senza adeguatissima motivazione – ma anche di stazioni appaltanti limitrofe. La scelta può avvenire anche attingendo direttamente dagli albi/elenchi della stazione appaltante, ma sempre tra operatori che abbiamo già esperienze pregresse.
Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 5561/2021: il frazionamento dell’appalto è illegittimo se non vengono indicate le ragioni nella determina a contrarre.
La mancata programmazione dell'acquisizione del servizio, obbligatoria se l'appalto è di importo pari o superiore ai 40.000 euro (art. 21, co. 6, del Codice), costituisce indizio per affermare l'arbitrario frazionamento dell'appalto. Soprattutto se la determina a contrarre non chiarisce le ragioni sul frazionamento.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha affrontato una questione non frequente in giurisprudenza, ovvero la rilevanza della programmazione degli acquisti di beni e servizi (articolo 21 del Codice dei contratti) ed i rapporti con il c.d. artificioso frazionamento dell'importo dell'appalto. Ovvero, della suddivisione arbitraria, in sostanza, per veicolare l'applicazione della disciplina, maggiormente semplificata del sottosoglia comunitario in luogo di quella prevista per il sopra soglia in cui opera, semplificando, il principio dell'evidenza pubblica e quindi della gara tradizionale.
Il ricorrente ha censurato il comportamento della stazione appaltatane, colpevole di avere artificiosamente frazionato l'appalto per esperire un procedimento semplificato (sotto soglia) e applicare la rotazione (escludendo il pregresso affidatario), in luogo del più corretto esperimento della procedura aperta.
Procedura aperta che, se esperita, avrebbe consentito la libera partecipazione alla competizione, senza necessità di applicare la rotazione. Viene contestato anche il difetto di adeguata programmazione biennale del servizio.
In prima istanza, le ragioni del censurante sono state respinte (TAR Toscana, sent. n. 1495/2020) sul presupposto della assoluta discrezionalità della stazione appaltante in tema di programmazione degli acquisti.
Il giudice dell'appello ha ritenuto, invece, fondate le censure.
In primo luogo, sulla questione della corretta programmazione, la sentenza ha chiarito che pur non sussistendo “una giurisprudenza consolidata sull'efficacia della programmazione degli acquisiti e dunque sulle conseguenze dell'assenza della medesima; è però indubbio che l'articolo 21, comma 1, del Dlgs 50/2016 ne enuclea una portata obbligatoria, con un'evidente finalità di pianificazione e di trasparenza”.
La questione non è irrilevante considerato che la totale assenza di programmazione impedisce anche la possibilità di avviare la gara ed i motivi della mancata programmazione devono anche essere indicati nella sezione trasparenza della stazione appaltante.
In ogni caso, ha proseguito il giudice, pur ritenendo la programmazione come strumento ad efficacia interna e, quindi, “con carattere cogente nei soli confronti dell'amministrazione (Consiglio di Stato, n. 651/2016)”, non può negarsi “l'incidenza della stessa sotto il profilo dell'impiego razionale delle risorse, e dunque, per coerenza, ammettersi che la carenza di programmazione possa riflettersi sulla frammentazione degli affidamenti”.
L'aver, comunque, esperito la gara – ha rilevato il Collegio – avrebbe dovuto portare la stazione appaltante a indicare le ragioni che imponevano l'effettuazione del servizio non inserito nel programma biennale “a termini dell'articolo 7 del Dm 14/2018”.
Il giudice ha ritenuto fondato, quindi, sulla base di quanto evidenziato, anche la censura sull’illegittimo frazionamento temporale dell'appalto ridotto, arbitrariamente, a una “durata di soli venti mesi, onde rimanere al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria (per soli 11mila euro), in violazione di quanto prescritto dall'articolo 35, comma 6, del Dlgs 50/2016, mentre sarebbero bastati dieci giorni in più per superare la predetta soglia”.
Il tutto, senza che nessuna ragione oggettiva sia stata esplicitata. Infatti, la determinazione a contrarre non conteneva “alcuna esternazione delle ragioni idonee a giustificare il frazionamento dell'appalto su base temporale, limitandosi a rappresentare la necessità del rispetto del principio di rotazione e di garantire la continuità del servizio”.
In assenza di motivazione, pertanto, “l'artificiosità del medesimo può essere dimostrata in via indiziaria”, in particolare per il fatto che si sia deciso di giungere a un contratto per venti mesi “implicante il raggiungimento di un importo che "lambisce" la soglia comunitaria, non coerente con la programmazione biennale”.
Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 5077/2021: ampia autonomia del RUP nella gestione del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
I giudici di Palazzo Spada, con la sentenza in commento, hanno affrontato la censura, già respinta in primo grado (TAR Puglia, sent. n. 335/2021), sulla non corretta conduzione del subprocedimento di verifica dell’anomalia da parte del RUP, che si era avvalso dell'ausilio di un esperto esterno in luogo della commissione di gara.
L'appellante ha posto la questione della mancata previsione dei criteri di scelta dell'esperto esterno e dell'approccio istruttorio del RUP che si sarebbe limitato “a prendere atto delle conclusioni del consulente senza alcuna volizione propria, sostanzialmente abdicando all'esercito del potere-dovere di valutare la congruità dell'offerta”. Infine, è stata posta anche la questione del ruolo della commissione di gara che avrebbe dovuto essere, obbligatoriamente, consultata dal RUP.
Il Consiglio di Stato non ha condiviso nessuna delle censure prospettate, indicando il chiaro approccio istruttorio che il RUP deve seguire nella gestione del subprocedimento di verifica dell'anomalia.
In sentenza sono stati rammentati gli orientamenti giurisprudenziali consolidati in tema di valutazione sulla potenziale anomalia dell'offerta espressa dalla stazione appaltante e, quindi, sull'ambito del giudizio.
In relazione al primo aspetto, il collegio ha segnalato che “il giudizio di anomalia costituisce espressione di tipico potere - tecnico discrezionale riservato alla pubblica amministrazione, insindacabile in sede giurisdizionale se non per manifesta erroneità, irragionevolezza e/o inadeguatezza dell'istruttoria, senza che possa essere sostituita alla verifica compiuta dall'amministrazione una autonoma valutazione di congruità delle offerte da parte del concorrente controinteressato o del giudice”.
Riguardo alla corretta delimitazione dell'ambito della valutazione, va rammentato che il giudizio sulla potenziale anomalia, proprio perché solo potenziale, è un giudizio globale che riguarda l'offerta nel suo complesso e non si estrinseca in una verifica chirurgica “per singole voci”. Ciò che il RUP deve accertare, in sostanza, è “la serietà e affidabilità nel suo complesso” dell'offerta “ed eventuali inesattezze o inadeguatezze di singole voci” devono considerarsi “irrilevanti ai fini dell'esclusione dalla gara”.
Sulla scelta di un consulente esterno, in luogo dell'ausilio della commissione di gara, il giudice rimarca come queste decisioni rientrino nell'ampia discrezionalità del RUP a “cui è affidata la […] verifica, non essendo il giudizio di congruità di competenza della Commissione di gara, le cui incombenze sono limitate alla valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico previste dall'articolo 77 del Dlgs 50/2016 (Consiglio di Stato n. 3602/2020)”.
Avendo, il RUP, la responsabilità/presidio del subprocedimento di verifica della potenziale anomalia, compete a questo soggetto determinare lo svolgimento istruttorio ed i soggetti eventualmente necessari.
In pratica, se il RUP ritiene che sia necessario il supporto di una professionalità esterna, come nel caso di specie, ha assoluta libertà di azione e non ha alcun obbligo di “rivolgersi alla commissione o a dipendenti interni (Consiglio di Stato n. 7805/2019; n. 3602/2020)”.
Né questa prerogativa può dirsi inibita da prescrizioni contenute nel disciplinare di gara che, evidentemente, non possono condizionare l'azione amministrativa del RUP che, in difetto, non potrebbe rispondere pienamente della propria decisione.
Allo stesso modo, prosegue la sentenza, “neppure può sostenersi fondatamente che l'aver preso atto delle risultanze del parere tecnico da parte del Rup equivalga a spogliarsi della propria competenza o recepirne acriticamente le conclusioni”.
L'accettazione delle risultanze dell'attività esterna non richiede un apparato motivazionale di particolare intensità mentre, a contrario, una adeguata motivazione si renderebbe necessaria nel caso di scostamento dalla valutazione espressa dall'esperto.
A poco rileva, infine, il fatto che la scelta dell'esperto esterno non sia stata preceduta dalla previa definizione di criteri di competenza/esperienza visto che, in questi casi, è sufficiente la motivazione indicata negli atti di conferimento dell'incarico.