RUBRICA AGGIORNAMENTO GIURISPRUDENZIALE N. 6/2021
D.L. n. 77/2021: affidamento dei servizi fino a 139.000 euro.
L’art. 51 del d.l. n. 77/21, ha apportato una serie di modifiche sulle procedure semplificate emergenziali (affidamento diretto e procedura negoziata) disciplinate dal d.l. n. 76/2020.
La norma, in primo, luogo ha prorogato le varie semplificazioni fino al 30 giugno 2023, ad eccezione della cosiddetta deroga generalizzata prevista al co. 4 dell'art. 2 della l. n. 120/2020, prevista per gli appalti sopra la soglia comunitaria. In particolare, il comma in commento ha ammesso la “deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto”. Questa prerogativa rimane utilizzabile solo per la determina a contrarre (o atto equivalente di avvio del procedimento) adottati entro il 31 dicembre 2021 e non beneficia, come detto, dell'estensione generalizzata al 30 giugno 2023.
Il co. 3 dell'art. 51 ha introdotto la norma che definisce l'aspetto applicativo delle nuove disposizioni ad esempio, circa l'utilizzo dell'affidamento diretto, per beni/servizi, compresi i servizi di architettura ed ingegneria, infra 139.000 euro (l'affidamento diretto dei lavori rimane immutato nell'importo inferiore ai 150.000 euro) e le procedure negoziate. Sulle procedure negoziate, comprese tra i 139.000 euro e il sottosoglia comunitaria, per beni e servizi, è rimasto l'invito alla competizione, con avviso pubblico o tramite utilizzo dell'albo fornitori di almeno 5 operatori economici; stesso numero di operatori sono necessari per la procedura negoziata relativa all'affidamento di lavori compresi tra i 150.000 euro ed un milione. Per importi pari a un milione di euro e inferiori al sotto soglia comunitario, i lavori potranno essere aggiudicati con invito di almeno 10 operatori economici. È rimasto fermo, ovviamente, il rispetto della rotazione, dell'adeguata dislocazione territoriale degli inviti e la prerogativa dell'esclusione automatica (a soli 5 partecipanti alla competizione da aggiudicare al massimo ribasso), di cui la recente giurisprudenza (TAR Campania, sent. n. 3429/2021) ha ribadito il carattere eterointegrativo della norma (art. 1, co. 3, l. n. 120/2020).
Per le lettere di invito (nel caso di procedure negoziate) inviate, o bandi pubblicati, entro il 31 maggio continueranno a operare le norme della legge 120/2020. Le modifiche si applicheranno solamente alle procedure avviate dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 77/2021. Le nuove norme innestate nel corpo degli artt. 1 e 2 della l. n. 120/2020 continueranno, però, ad avere come riferimento, quanto alla loro applicazione, la data dell'adozione della determina a contrarre (o altro atto equivalente).
TRGA di Trento, sent. n. 101/2021: deve essere annullata l’aggiudicazione in caso di discordanza tra offerta tecnica ed offerta economica.
Nel caso vi sia discordanza tra i contenuti dell'offerta tecnica e quelli dell'offerta economica la stazione appaltante, legittimamente, procede all'annullamento d'ufficio del provvedimento di aggiudicazione precedentemente disposta a favore dell'offerente. Tale discordanza rende, infatti, incerti i contenuti dell'offerta complessivamente intesa, né può essere invocato per superare l'errore materiale. Sono queste le affermazioni contenute nella sentenza del TRGA di Trento in commento, che affronta una peculiare fattispecie incentrata sulla duplice valenza delle dichiarazioni rese in gara.
La Provincia di Trento aveva indetto una gara telematica, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per l'affidamento dei lavori di realizzazione di un nuovo Palasport. Ai fini della qualificazione, il disciplinare di gara prevedeva una categoria prevalente e alcune categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria. Secondo la normativa vigente, i lavori appartenenti a queste ultime erano eseguibili direttamente dall'aggiudicatario se in possesso della relativa qualificazione; in caso contrario il concorrente doveva dichiarare la volontà di affidarli in subappalto, pena l'esclusione. Era, inoltre, stabilito che l'eventuale dichiarazione di volere subappaltare tali lavorazioni doveva essere contenuta nell'offerta economica. Nel contempo, il disciplinare, nell'ambito dei criteri di valutazione delle offerte, attribuiva un punteggio premiale all'offerta che esplicitasse la volontà di subappaltare i lavori a imprese con sede operativa localizzata entro 60 chilometri dalla sede del cantiere. Inoltre, veniva precisato che nell'ipotesi in cui il concorrente avesse deciso di eseguire in proprio tutte le lavorazioni senza ricorrere al subappalto avrebbe ottenuto il massimo del punteggio relativo al criterio in questione.
Alla gara partecipava un Consorzio stabile che risultava aggiudicatario. Tuttavia, la stazione appaltante in sede di verifica dei requisiti rilevava che, da un lato, in sede di offerta tecnica il concorrente aveva dichiarato di non volere ricorrere al subappalto, acquisendo in questo modo il massimo del punteggio, dall'altro, in sede di offerta economica aveva presentato la dichiarazione di subappalto, peraltro imprescindibile non essendo il concorrente in possesso delle qualificazioni necessarie per eseguire le lavorazioni delle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria.
Alla luce di questa manifesta contraddizione e tenuto conto che l'offerta tecnica non poteva essere ritenuta ammissibile, considerato che escludeva il ricorso al subappalto pur non essendo il concorrente qualificato per l'esecuzione di determinate lavorazioni, la stazione appaltante procedeva all'annullamento d'ufficio del provvedimento di aggiudicazione. In sostanza, la presenza di due dichiarazioni tra loro assolutamente alternative e, in quanto tali, inconciliabili rendeva del tutto incerto il contenuto dell'offerta complessivamente considerata, non potendo certamente il seggio di gara sostituirsi al concorrente per definire quale tra le due dichiarazioni dovesse avere la preferenza.
Il provvedimento di annullamento è stato impugnato dall'aggiudicatario davanti al giudice amministrativo. Secondo il ricorrente, il disciplinare di gara era chiaro nello stabilire che la dichiarazione del concorrente di voler ricorrere al subappalto doveva essere contenuta nell'offerta economica. Di conseguenza, solo ed esclusivamente da tale documento doveva essere desunta l'effettiva volontà del concorrente, ed in questo documento l'aggiudicatario aveva chiaramente espresso la sua intenzione di ricorrere al subappalto per l'esecuzione delle lavorazioni appartenenti alle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria.
Alla luce di questa considerazioni, non poteva che concludersi che il concorrente aggiudicatario fosse incorso in un mero errore materiale nella compilazione della propria offerta tecnica. Aveva infatti erroneamente sbarrato una casella indicando “no” alla volontà di subappaltare, laddove avrebbe dovuto (e voluto) sbarrare la casella indicante il “si”.
Trattandosi di un errore materiale rilevabile con immediatezza, la stazione appaltante, constatata la discrasia contenuta nell'offerta tecnica, avrebbe dovuto procedere in autonomia alla correzione dell'errore, configurandosi la stessa come un'attività meramente ricognitiva e non integrativa dell'offerta. In alternativa, l'ente appaltante avrebbe dovuto ricorrere al soccorso istruttorio, che non è una facoltà ma un vero e proprio obbligo per il medesimo ente appaltante, finalizzato a superare inutili formalismi in nome del principio del favor partecipationis.
Il punto focale della controversia risiede nello stabilire se la discordanza tra offerta economica e offerta tecnica, nei termini sopra indicati, possa ricondursi a un mero errore materiale. Al riguardo il TRGA Trento ricorda come la giurisprudenza abbia definito in maniera sufficientemente puntuale i limiti entro i quali si può parlare di errore materiale in sede di presentazione dell'offerta, come tale emendabile mediante un semplice intervento correttivo. Tali limiti si basano sul principio secondo cui il concorrente è gravato dall'obbligo di diligenza che comporta a sua volta l'assunzione dell'altro principio di autoresponsabilità, che implica l'impossibilità di modificare liberamente le dichiarazioni rese in sede di gara e, in primis, i contenuti dell'offerta presentata. Quest'ultima, infatti, si cristallizza all'atto della sua presentazione e non può, quindi, essere oggetto di variazioni, adducendo errori di distrazione.
Sulla base di questi presupposti è ammissibile in casi eccezionali la correzione dell'offerta a condizione che vi sia la prova certa che si tratti effettivamente di un refuso e non di un modo improprio di modificare la propria volontà negoziale. Sotto quest'ultimo profilo, l'attività interpretativa volta a individuare tale effettiva volontà negoziale può spingersi anche alla rettifica di eventuali errori materiali, ma sempre a condizione che a tale rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta medesima o a dichiarazioni integrative dell'offerente.
In sostanza, si deve trattare di un errore materiale chiaramente riconoscibile, la cui rettifica non deve sostanziarsi in operazioni manipolative e di adattamento dell'offerta, pena la violazione dei principi di par condicio e di trasparenza. Operato questo inquadramento della nozione di errore materiale e dei limiti che ne caratterizzano il ricorso, il giudice amministrativo ne propone l'applicazione al caso concreto.
Risulta evidente e incontestato che vi sia stata una palese incongruenza tra quanto dichiarato dal concorrente nell'offerta tecnica e quanto dichiarato nell'offerta economica in merito alla volontà di ricorrere al subappalto. Questa incongruità nasce in relazione al ruolo che il subappalto giocava nell'ambito delle regole della gara, giacché il ricorso all'istituto, da un lato, rilevava ai fini del possesso dei requisiti richiesti per l'esecuzione del contratto, dall'altro, veniva in considerazione ai fini della valutazione delle offerte tecniche e dell'attribuzione dei relativi punteggi.
Proprio in considerazione di questa duplice valenza del subappalto, tenuto conto del canone ermeneutico secondo cui le clausole del bando si interpretano le une per mezzo delle altre, il giudice amministrativo ha ritenuto che ciascun concorrente avrebbe dovuto garantire la piena coerenza tra quanto contenuto nell'offerta tecnica e quanto contenuto nell'offerta economica e che, in ogni caso, non vi fosse alcuna ragione per considerare la dichiarazione allegata all'offerta economica prevalente su quella dell'offerta tecnica.
Quanto alla possibilità di valutare la dichiarazione dell'offerta tecnica in termini di mero errore materiale, il giudice amministrativo ha evidenziato che, nel caso di specie, non era riscontrabile un errore riconoscibile a prima vista, senza un'indagine circa l'effettiva volontà del concorrente e senza un'istruttoria da parte dell'ente appaltante. Si è trattato, infatti, di una palese incongruenza che non trova alcuna giustificazione nelle clausole del bando di gara, che erano chiare e inequivoche. Tale incongruenza, quindi, poteva essere superata solo attraverso un'operazione ricostruttiva dell'ente appaltante volta a definire gli esatti contenuti dell'offerta, che deve, tuttavia, ritenersi preclusa nel caso in cui si tratti di correggere un mero errore materiale.
Ha quindi agito correttamente l'ente appaltante che, sulla base della insanabile contraddizione tra i contenuti dell'offerta tecnica e dell'offerta economica, ha disposto l'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione, tenuto conto che il principio del favor partecipationis non può che recedere di fronte a quello della par condicio dei concorrenti e, soprattutto, a quello di autoresponsabilità dell'operatore economico che partecipa alla gara.
ANAC, parere n. 402/2021: il superamento dei limiti dimensionali dell’offerta non può comportare l’esclusione.
Con il parere in commento, l'ANAC esprime alcune importanti precisazioni sulla possibilità della commissione di gara di correggere l'offerta e sulle conseguenze determinate dal superamento dei c.d. “limiti dimensionali dell'offerta” nel caso in cui la lex specialis di gara imponga di contenerla entro un numero limitato di pagine.
Circa la questione della correzione dell'offerta, tra le doglianze portate all'attenzione dell'ANAC dai diversi operatori economici partecipanti alla gara, è emerso che in un caso il modello di presentazione dell'offerta economica risultava compilato in modo non rispettoso delle richieste della stazione appaltante. In particolare, oltre al ribasso da esprimersi in percentuale sulla base d'asta il concorrente avrebbe dovuto indicare, in lettere, anche la cifra del ribasso. Nel caso sottoposto all'attenzione dell'Autorità anticorruzione l'offerente invece del ribasso espresso in lettere ha indicato il prezzo offerto (al netto del ribasso). La commissione è intervenuta rilevando l'errore materiale, calcolando il ribasso ed ammettendo il concorrente. La prospettata illegittimità non viene condivisa dall'ANAC.
Si legge nella deliberazione, a tal proposito, che “l’offerta economica del concorrente può essere modificata, anche ex officio, allorché la stessa rechi un mero errore materiale, la cui correzione non alteri l’effettiva volontà dell’offerente, risultante chiaramente dagli altri elementi dell’offerta economica stessa”. Perché sia ammissibile un intervento correttivo della commissione, prosegue il parere, sono necessarie almeno due condizioni:
a) che sia possibile, attraverso l'attività interpretativa, giungere ad una rettifica degli elementi della dichiarazione che non lasci margini di incertezza;
b) che l'interpretazione non faccia ricorso a fonti di conoscenza esterne alla dichiarazione di offerta della quale si tratta, né a dichiarazioni integrative dell'offerente (ex multis, Cons. Stat., sez. IV, sent. n. 1827/2016; TAR Lazio, sez. III, sent. n. 1965/2019).
L'altro aspetto di rilievo ha riguardato il superamento, da parte dell'operatore economico poi risultato aggiudicatario, del limite dimensionale dell'offerta tecnica. Limite fissato dalla legge di gara in 40 pagine, senza ulteriori prescrizioni. Secondo il segnalante l'offerta, per ciò stesso, avrebbe dovuto essere esclusa. L'ANAC non condivide neppure detta conclusione.
In dettaglio, nel parere si ragiona intorno al principio della tassatività della cause di esclusione precisando che, secondo l’orientamento della più recente giurisprudenza, le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica.
Al netto di queste considerazioni, nel parere si rammenta che “la nota illustrativa al bando tipo n. 1/2017, rimarca che la limitazione dimensionale della relazione tecnica rappresenta una mera indicazione e non può costituire causa di esclusione dalla gara”.
In sostanza, la previsione di un limite dimensionale della relazione “tecnica, non dovrebbe dunque avere una natura prescrittiva”. E una lettura in senso prescrittivo, tale da determinare l'esclusione, si scontrerebbe, in ogni caso, con il principio di tassatività delle cause di esclusione. Il superamento del limite, in ultima analisi, dovrebbe avere per effetto quello di impedire una valutazione di quanto indicato nelle pagine ulteriori e ciò deve essere esplicitato comunque nella legge di gara.