Newsletter aggiornamento giurisprudenziale n. 9/2020
TAR Reggio Calabria, sent. n. 543/2020: ok al soccorso istruttorio per sanare il mancato versamento del contributo ANAC.
Se la disciplina di gara non prevede in modo espresso l'esclusione per il caso di mancato versamento del contributo dovuto all'Autorità Anticorruzione, la stazione appaltante è tenuta ad attivare il meccanismo del soccorso istruttorio, previsto dall'art. 83, co. 9, del Codice dei Contratti Pubblici. In caso contrario, si violerebbe l'obiter dictum della Corte di Giustizia: “i principi di tutela del legittimo affidamento, certezza del diritto e proporzionalità ostano ad una regola dell'ordinamento di uno Stato membro che consenta di escludere da una procedura di affidamento di un contratto pubblico l'operatore economico non avvedutosi di una simile conseguenza, perché non espressamente indicata dagli atti di gara” (sentenza 2 giugno 2016, C 27/15 UE).
Lo ha stabilito il Tar di Reggio Calabria che si è pronunciato sull'applicazione dell'art. 1, co. 67, della l. n. 266 del 2005 (“l'Autorità […] determina annualmente l'ammontare […] del contributo da parte degli operatori economici quale condizione di ammissibilità dell'offerta nell'ambito delle procedure finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche”) anche alla luce dell'orientamento maggioritario della giustizia amministrativa, a mente del quale:
- l'omesso versamento del contributo ANAC non comporta, in linea di principio, l'estromissione dalla gara (Cons. Stat., sez. V, sent. n. 2386/2018);
- il citato art. 1, co. 67, “consente una interpretazione, eurounitariamente orientata, in base alla quale tale adempimento possa essere anche tardivo, costituendo a un tempo violazione formale e di elemento essenziale, sanabile mediante il potere di soccorso istruttorio” (TAR Lazio, sent. n. 11031/2017);
- non può essere applicato il principio di eterointegrazione della lex specialis, in quanto la Corte di Giustizia “ha ritenuto contrario ai principi del diritto comunitario l'operazione attraverso cui la causa di esclusione dalla gara è ricavata sulla base di una interpretazione estensiva di talune previsioni dell'ordinamento positivo” (TAR Abruzzo, sent. n. 100/2020).
Da qui la sentenza che ha accolto il ricorso proposto contro il provvedimento con il quale la Città metropolitana di Reggio Calabria aveva escluso dalla gara una società, a causa del mancato versamento del contributo ANAC nel termine fissato per la presentazione della domanda di partecipazione. Esclusione che era stata motivata richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale in caso di omesso pagamento del contributo ANAC tale omissione non può essere sanata dopo la scadenza del termine perentorio di presentazione delle offerte "poiché il mancato pagamento del contributo [...] costituisce una condizione di ammissibilità dell'offerta e la sanzione dell'esclusione dalla gara deriva direttamente ed obbligatoriamente dalla legge" (Cons. Stat., sez. III, sent. n. 1572/2018).
Sono prevalse invece le ragioni della ricorrente che aveva sostenuto che:
1) la mancata presentazione della ricevuta del contributo ANAC non sarebbe stata contemplata quale causa di esclusione da nessuna disposizione del bando di gara;
2) il versamento del contributo ANAC sarebbe previsto solo per l'affidamento di opere pubbliche e non per l'affidamento di servizi di architettura e ingegneria messo a bando;
3) l'ANAC, all'epoca della pubblicazione del bando di gara, non aveva ancora determinato il quantum del contributo dovuto per l'anno 2020;
4) l'incertezza del quadro normativo legato all'emergenza sanitaria da Covid-19 avrebbe ingenerato il ragionevole affidamento che le amministrazioni committenti non potessero più pretendere il versamento del contributo anche perché l'ANAC, con la delibera n. 289/2020, aveva chiesto al Governo di sospendere l'annualità 2020 (come avvenuto in forza dell'art. 65 del decreto legge n.34/2020, convertito dall'art. 1 della legge n.77/2020).
TAR Campania – Salerno, sez. II, sent. n. 1143/2020: il risparmio economico legittima la revoca dell'aggiudicazione.
Deve ritenersi legittima la revoca dell'aggiudicazione nel caso in cui la stazione appaltante decida di aderire a una specifica convenzione, proposta dal soggetto aggregatore regionale, che comporti anche un consistente risparmio economico. È questa la sintesi della sentenza in commento.
L’arresto è piuttosto chiaro nel ritenere legittima la revoca dell'intervenuta aggiudicazione nel caso in cui, nelle more della conclusione della procedura con la stipula del contratto, il RUP della stazione appaltante abbia riscontrato l'esistenza di una apposita convenzione relativa ai servizi appaltati, capace di consentire un cospicuo risparmio economico.
L'aggiudicatario è insorto contro la determina di revoca dell'aggiudicazione e il successivo atto adottato per integrare la prima con un corredo di motivazioni sugli aspetti tecnici/economici che legittimano il provvedimento di ritiro.
La revoca, quindi, è stata disposta per la decisione di aderire alla convenzione del soggetto aggregatore di riferimento.
Il giudice ha ritenuto corretto il modo di operare strutturato dal RUP, evidenziando, in particolare, che una comunicazione preventiva di ritiro del provvedimento di aggiudicazione (art. 7 della l. n. 241/90) in fattispecie simili non è necessaria.
Sulla questione il giudice ha rammentato l'approdo giurisprudenziale, consolidato (Cons. Stat., sent. n.1744/2020), secondo cui “i provvedimenti di ritiro inerenti a procedure di gara per le quali non sia ancora intervenuta l'aggiudicazione definitiva non radicano posizioni qualificate e differenziate in capo ai concorrenti e, […] l'eventuale mancato inoltro delle comunicazioni non inficia il provvedimento di autotutela”.
La decisione di revoca, prosegue la sentenza, è risultata adeguatamente motivata considerato che “l'adesione alla convenzione proposta dal soggetto aggregatore di riferimento […] determina significativi risparmi rispetto all'eventuale affidamento al consorzio ricorrente”.
Determinante, in questo senso, la funzione svolta dalla relazione tecnica predisposta dal settore tecnico della stazione appaltante dalla quale è emerso un risparmio di (oltre) 30 mila euro per effetto dell'adesione alla convenzione.
Non solo, lo stesso schema di contratto/capitolato del Mepa - relativo alla procedura poi revocata - prevedeva espressamente la possibilità della stazione appaltante di svincolarsi dall'aggiudicazione con riferimento “all'ipotesi di attivazione di analoga convenzione da parte del soggetto aggregatore”, prevedendo “la facoltà di recesso dal rapporto contrattuale, ove mai intervenuto, in qualsiasi momento e senza penalità”.
Nel momento in cui il ricorrente ha partecipato alla competizione, giocoforza ne ha accettato anche le clausole e gli effetti conseguenti in giudizio, quindi non può assolutamente “dolersi di una opzione espressamente prevista nella lex specialis e, in fatto, esercitata dalla stazione appaltante”.
Il risparmio economico, tra l'altro consistente, rappresenta, dunque, uno dei motivi che possono tranquillamente giustificare la revoca del procedimento sempre che intervenga in un contesto in cui non sono ancora costituite autentiche posizioni per l'appaltatore.
È importante, pertanto, che l'amministrazione ponga in essere sempre un comportamento in buona fede da intendersi con reciprocità rispetto all'appaltatore che non può pretendere che la stazione appaltante stipuli un contratto più costoso rispetto alle prospettive che emergono dal mercato.