Aggiornamento giurisprudenziale 7/2019
- TAR Lazio – Roma, sez. II bis, sent. n. 8849/2019: impossibilità di sanare col soccorso istruttorio la mancanza della firma di uno dei partecipanti all’RTP su un elemento essenziale dell’offerta.
Il caso esaminato dal Tribunale riguarda l’allegazione, nella domanda di partecipazione, di un curriculum professionale non firmato e non corredato da un documento di identità.
Il seggio di gara, valutando l’offerta presentata, invitava il professionista a sottoscrivere, tramite soccorso istruttorio, il curriculum, attribuendo un punteggio.
Orbene, tale operato è illegittimo. Difatti, non ogni irregolarità può essere sanata col soccorso istruttorio.
A lume della sentenza in commento “Questa Sezione ha già avuto modo di precisare che l’omissione della firma dei partecipanti alla gara in una riunione temporanea costituenda su un elemento dell’offerta tecnica, proprio in quanto incidente sulla certezza della provenienza e della piena assunzione di responsabilità in ordine ai contenuti della dichiarazione nel suo complesso, non può essere considerata mera irregolarità formale sanabile con il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, essendo ciò anche coerente con il principio di par condicio tra i concorrenti, e senza che sia necessaria ai fini dell’esclusione una espressa previsione della legge di gara (cfr. sentenza 7 giugno 2019 n. 7470, e la giurisprudenza ivi citata).
Tale ultima precisazione è legata alla constatazione che l’esclusione del partecipante alla gara, in tali ipotesi, non si pone neanche in contrasto col principio di tassatività delle clausole di esclusione dalle procedure previsto dall’articolo 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, il quale si riferisce ai criteri di selezione dei concorrenti e non riguarda le modalità di formulazione delle offerte, ivi comprese quelle tecniche, che sono espressamente sottratte alla sfera di applicazione del soccorso istruttorio (Cons. St., sez. III, 25.7.2018 n. 4546; vedi anche Id., sez. V, 27/11/2017 n. 5552: “la certezza della provenienza dell'offerta è assicurata dalla sottoscrizione del documento contenente la manifestazione di volontà, con cui l'impresa partecipante «fa propria la dichiarazione contenuta nel documento», vincolandosi ad essa ed assumendone le responsabilità; il difetto di sottoscrizione invalida la manifestazione contenuta nell'offerta, e legittima l'esclusione dalla gara pur in assenza di espressa previsione della lex specialis”).
- Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sent. n. 19673/2019: la responsabilità solidale tra committente e appaltatore non si applica alle PA.
La responsabilità solidale che lega committente-imprenditore e appaltatore nei confronti dei lavoratori (art. 29, d.lgs. n. 276/2003) non si applica alle amministrazioni pubbliche.
Per dirlo in altri termini, le PA non possono essere considerate responsabili delle inadempienze retributive e contributive verso i lavoratori al pari degli appaltatori perché questo comporterebbe effetti economici non prevedibili, violando il principio generale della prevedibilità della spesa pubblica. Con questa motivazione la Corte di Cassazione ha ribadito, con la sentenza in commento, l'inapplicabilità del principio di responsabilità solidale negli appalti alle amministrazioni pubbliche.
Il caso nasce per un appalto di pulizie di un Tribunale. Una dipendente aveva chiamato in causa il proprio datore di lavoro inadempiente (mancata retribuzione) insieme al Ministero della Giustizia in quanto stazione appaltante. In prima istanza il Tribunale di Venezia aveva accolto il ricorso della dipendente condannando il Ministero al pagamento delle somme dovute dall'appaltatore.
La Cassazione ha bocciato, però, l'impostazione seguita dal Giudice di prime cure. La sentenza, ricordano i giudici, contrasta con l'orientamento dato in più occasioni dalla stessa Cassazione, secondo cui la responsabilità solidale negli appalti “non è applicabile alle pubbliche amministrazioni”. La responsabilità solidale prevista dall'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 - si legge nella sentenza - non è applicabile alle PA in quanto “in contrasto con il principio generale in forza del quale gli enti pubblici sono tenuti a predeterminare la spesa e, quindi, non possono sottoscrivere contratti che li espongano ad esborsi non preventivamente preventivati e deliberati”.
La responsabilità solidale prevista dal citato art. 29, infatti, prevede che il committente sia responsabile in via solidale con l'appaltatore, per eventuali inadempienze verso i lavoratori, anche quando il primo abbia già saldato al secondo tutto il conto relativo alle opere o al servizio da realizzare. È questo il motivo per cui le PA devono essere escluse dal suo raggio d'azione.
Nel caso delle PA, conclude la sentenza, “vengono in rilievo interessi di carattere generale che sarebbero frustrati ove si consentisse la lievitazione del costo dell'opera pubblica, quale conseguenza dell'inadempimento dell'appaltatore nei confronti dei propri dipendenti”.
- TAR Campania – Salerno, sez. I, sent. n. 1273/2019: nell’appalto integrato l'indicazione dei progettisti da parte delle imprese non fa scattare l'avvalimento.
Nell'appalto integrato il concorrente può limitarsi ad indicare i progettisti di cui intende avvalersi che devono rilasciare, a loro volta, le relative dichiarazioni di impegno, fermo restando che tali progettisti non assumono la veste di concorrenti e che la suddetta indicazione non dà luogo ad un avvalimento in senso proprio.
Si è espresso in questo senso il Tar Campania, con una serie di affermazioni che, ancorché rese con riferimento alla vigenza del d.lgs. n. 163/2006, mantengono la loro validità anche in relazione alla normativa vigente. Ed anzi, l'interesse della pronuncia è accresciuto dalle novità introdotte dal decreto “sblocca cantieri” che, come è noto, ha reintrodotto in via sperimentale la possibilità di ricorrere all'appalto integrato.
Nel merito, un ente appaltante aveva bandito una gara per l'affidamento di un appalto integrato di progettazione ed esecuzione, avente ad oggetto il risanamento ambientale di corpi idrici. A fronte dell'intervenuta aggiudicazione il concorrente secondo classificato proponeva ricorso, articolando una serie di censure tutte incentrate su ritenute carenze dell'offerta dell'aggiudicatario, in relazione all'indicazione dei progettisti di cui quest'ultimo intendeva avvalersi per lo svolgimento dell'attività di progettazione.
Prima di entrare nel merito, il giudice amministrativo ha affrontato la questione pregiudiziale relativa alla tempestività del ricorso.
Infatti, poiché il ricorso riguardava una questione attinente ai requisiti di ammissione di un concorrente, veniva in rilievo la previsione dell'art. 120, co. 2-bi,s del c.p.a., a mente del quale il provvedimento che determina le ammissioni (e le esclusioni) alle procedure di gara va impugnato entro trenta giorni dalla sua pubblicazione sul profilo del committente, ai sensi dell'art. 29 del medesimo d.lgs. n. 50/16.
Tale previsione, tuttavia, va coordinata con quella contenuta nel medesimo art. 29 – nella versione modificata ad opera del d.lgs. n. 56/2017 (decreto correttivo) – secondo cui il termine per proporre l'impugnazione decorre dal momento in cui il provvedimento di ammissione (o di esclusione) è reso in concreto disponibile, corredato dalla relativa motivazione.
Ciò significa che il termine per l'impugnazione non può farsi decorrere semplicemente dalla pubblicazione sul profilo del committente del provvedimento di ammissione (o di esclusione), poiché la mera pubblicazione dello stesso non garantisce la concreta disponibilità dell'atto corredato dalla relativa motivazione. Ciò vale in particolar modo proprio per le ammissioni, giacché queste di regola si basano su una mera presa d'atto da parte dell'ente appaltante del possesso dei requisiti richiesti, senza che vi sia alcuna documentazione di supporto. Con la conseguenza che affinché sia integrata la concreta disponibilità dell'atto e fornita la relativa motivazione – necessarie per mettere il concorrente eventualmente interessato all'impugnazione nelle condizioni di promuoverla – è necessario che tale documentazione di supporto sia messa a disposizione.
Solo dall'esame di tale documentazione, infatti, il concorrente è posto nelle condizioni di valutare se proporre l'impugnazione ed eventualmente di articolare compiutamente i motivi di ricorso.
In questo senso si è peraltro espressa recentemente la Corte di Giustizia UE, che ha ritenuto le previsioni della legislazione nazionale sull'obbligo di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione compatibili con l'ordinamento comunitario solo a condizione che detti provvedimenti siano accompagnati dall'indicazione dei motivi alla base degli stessi e che tali motivi siano resi conoscibili al concorrente eventualmente interessato a proporre l'impugnazione.
Nel caso di specie, la mera messa a disposizione del verbale di gara da parte dell'ente appaltante non era sufficiente allo scopo, giacché dallo stesso non risultava alcun elemento da cui poter eventualmente cogliere le ragioni della ritenuta illegittimità del provvedimento di ammissione. Solo a seguito dell'esercizio del diritto di accesso agli atti il concorrente ha potuto prendere visione della documentazione amministrativa relativa all'ammissione dell'aggiudicatario e, quindi, avere piena cognizione dei ritenuti profili di illegittimità della stessa. Con la conseguenza che è solo da tale momento che decorre il termine di impugnazione di trenta giorni previsto dalla normativa.
Entrando nel merito della controversia, il giudice amministrativo si è espresso in merito alle modalità con cui i progettisti possono essere coinvolti ai fini della loro partecipazione a un appalto integrato.
La norma di riferimento vigente all'epoca dei fatti era l'art. 53, co. 3, del d.lgs. n. 163/2006. Tale norma prevedeva che qualora il concorrente non fosse di per sé in possesso dei requisiti previsti per la progettazione – essendo titolare di una Soa per progettazione ed esecuzione – aveva due possibilità: poteva partecipare in raggruppamento con i progettisti ovvero indicare questi ultimi in sede di offerta.
La prima alternativa porta alla costituzione di un raggruppamento tra esecutore e progettista che deve qualificarsi di tipo misto, nel senso che vi partecipano soggetti chiamati a svolgere prestazioni ontologicamente diverse (esecuzione e progettazione). Tutti i componenti del raggruppamento assumono la qualità di concorrenti.
La seconda alternativa si sostanzia nella semplice indicazione dei progettisti che, qualunque sia la forma del loro coinvolgimento (progettisti singoli o raggruppamento di progettisti), non assumono la qualifica di concorrenti.
Peraltro, non essendo concorrenti in senso proprio, non sono neanche soggetti alle norme relative al possesso dei requisiti generali. In questo senso si è, infatti, espressa la giurisprudenza, anche se si tratta di una deroga significativa ai principi generali che regolano l'esecuzione dei lavori pubblici, posto che si consente che l'accertamento in ordine al possesso dei suddetti requisiti non venga operato nei confronti di soggetti che sono comunque coinvolti nel processo di realizzazione dell'opera.
Quanto alla qualificazione, se i progettisti indicati sono una pluralità è possibile che gli stessi si ripartiscano le attività per quantità e tipologia, senza tuttavia che tale ripartizione dia luogo alla costituzione di un raggruppamento temporaneo. Si tratterebbe, quindi, di una forma organizzativa peculiare, distinta da quella tipica del raggruppamento, che trova spazio esclusivamente nell'appalto integrato.
L'indicazione dei progettisti deve avvenire in sede di offerta, e deve essere accompagnata da una dichiarazione di impegno di questi ultimi. Tuttavia questo meccanismo di indicazione/impegno non va assimilato all'avvalimento in senso proprio, come disciplinato dalla specifica norma.
Se è vero che la dizione testuale dell'art. 53 collega l'indicazione dei progettisti alla volontà di avvalersi degli stessi, si deve ritenere che il concetto di avvalimento non vada riportato allo specifico istituto disciplinato dall'art. 49, ma vada inteso in senso generico come volontà di utilizzare l'opera di progettisti qualificati per lo svolgimento di alcune delle prestazioni tipiche dell'appalto integrato.
Di conseguenza, nell'appalto integrato i progettisti indicati in sede di offerta non assumono la veste di partecipanti alla gara ma neanche quella di ausiliari, tipica dell'avvalimento in senso proprio. Non sono, quindi, in alcun modo parti contrattuali e non entrano in rapporti diretti con l'ente appaltante, ma solo con il concorrente che li ha indicati in sede di gara. Non valgono, dunque, le specifiche disposizioni che le norme speciali sull'avvalimento dettano per l'impresa ausiliaria, prima fra tutte quella che sancisce la responsabilità solidale nei confronti dell'ente appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di avvalimento.
In sostanza, i progettisti indicati svolgono le loro prestazioni esclusivamente nell'ambito e in esecuzione del rapporto contrattuale in essere con il concorrente, senza assumere alcuna obbligazione diretta nei confronti dell'ente appaltante.
Ciò posto, il decreto “sblocca cantieri” ha reintrodotto la possibilità di ricorrere all'appalto integrato in via ordinaria fino al 31 dicembre 2020. Nel contempo, ha integrato la disciplina normativa attraverso l'inserimento di alcune specifiche previsioni relative proprio alla progettazione, contenute nel co. 1-bis, dell'art. 59 del d.lgs. n. 50/2016.
In primo luogo, viene previsto esplicitamente che nei documenti di gara devono essere indicati espressamente i requisiti necessari per l'attività di progettazione, in conformità a quanto previsto dalle norme legislative e regolamentari.
Quanto alle modalità di dimostrazione di tali requisiti, viene replicata la triplice possibilità già prevista in passato.
La prima opzione è che le imprese concorrenti abbiano un'attestazione per progettazione e costruzione. Al riguardo viene tuttavia introdotta un'importante precisazione. Le imprese concorrenti, nonostante siano di per sé in possesso di un'attestazione per progettazione ed esecuzione, devono dimostrare che il proprio staff di progettazione possieda i requisiti richiesti dal bando. In caso contrario si deve ritenere che debbano comprovare il possesso di detti requisiti in una delle altre due modalità previste dalla norma. Viene, infatti, confermato che i concorrenti possono sia riunirsi in raggruppamento con progettisti in possesso dei requisiti richiesti, che limitarsi ad indicarli in sede di offerta.